Roberto Cipresso - Chalone Pinot Noir 2021


di Carlo Macchi

L’ AVA Chalone si trova nelle contee di Monterey e San Benito, in California. Roberto Cipresso, enologo “onnivoro” di zone e di novità, raccoglie il pinot nero a altezze elevate e crea un vino che ha le stimmate aromatiche del Pinot Nero e la delicatezza del vitigno. 


Prezzo elevato ma semel in anno…

Alla scoperta del Gavi di Roberto Mazzarello


di Carlo Macchi

Bosio è il comune più a sud del territorio del Gavi, probabilmente quello con le vigne più alte e sicuramente con la maggiore concentrazione di boschi, che accompagnano la denominazione fino al confine con la Liguria. Anche qui i terreni sono bianchi, molto calcarei e il cortese nasce con quella sana verticalità che il cambio climatico sta, da qualche anno, attenuando.

Roberto Mazzarello

Ma non nei 10 ettari di vigne di Roberto Mazzarello, una delle ultime etichette nate nella denominazione. Roberto ha vigneti anche a Parodi Ligure ma quelli a cui è più legato sono in località Le Zucche a Bosio, vicino alla sua piccola cantina minimalista, dove troviamo solo semplici vasche termocondizionate in acciaio e una linea d’imbottigliamento degna di una cantina che può produrre 50/60000 bottiglie e non 7000.


Ho parlato di cantina e quindi vi do subito un consiglio: se volete fargli visita telefonategli (le mail non fanno per lui) e fatevi venire a prendere a Bosio, altrimenti non lo troverete mai! Infatti La prima cosa che ho detto a Roberto è di mettere almeno 4/5 cartelli che indichino la strada per arrivare in azienda. Ma Roberto è così: pensa a fare il vino, non a venderlo. La seconda cosa che gli ho detto è che nelle sue vigne non si vedeva neanche una foglia colpita da peronospora, che quest’anno ha falcidiato mezza Italia. Lui ha sorriso compiaciuto e ho capito di essere di fronte ad una persona che ama lavorare bene, costi quel che costi in termini di tempo e di impegno. Non si tratta tanto di passione quanto di voglia di capire e di fare bene le cose.


La stragrande maggioranza di quello che produce nei suoi 10 ettari lo vende sfuso ad altre cantine, ma dal 2020 ha deciso di mettersi in gioco in prima persona e così ecco nascere le sue due etichette, il Gavi DOCG e la selezione Gavi DOCG Vigna Le Zucche.


Li assaggiai la prima volta un anno fa e mi colpirono sia per freschezza che per nerbo e dinamicità, ma soprattutto per essere dei vini antichi, cioè dei Gavi austeri e senza fronzoli, come nascevano 20-25 anni fa, quando la fama e la nomea del Gavi doveva ancora rinascere dalla crisi dei primi anni ‘90. Vini che vedono solo acciaio, con profumi floreali e note minerali, che al palato mettono l’acidità ben in mostra ma affiancata da un corpo di livello.


Non vi dico il prezzo a cui vende i vini perché gli ho consigliato di aumentarlo, ma in azienda siamo molto al di sotto dei 10 euro.

Fateci un salto!

InvecchiatIGP: Corino - Barolo Vigna Giachini 1995


di Roberto Giuliani

Qualche decennio fa il mondo del Barolo era spaccato in due, da una parte la corrente modernista dei Barolo Boys (e di altri che li hanno poi seguiti), dall’altra la resistenza dei tradizionalisti. Due visioni che allora non sembravano avere alcuno spiraglio d’incontro. E anche dal punto di vista della critica enologica i giudizi erano del tutto eterogenei. Da una parte chi apprezzava le estreme concentrazioni, i colori impenetrabili, la potenza (che erano tutte novità per quei vini a base nebbiolo), dall’altra chi preferiva ritrovare certe espressioni più affini all’immagine di sé che il Barolo aveva tramandato sin dalla sua nascita.


Si dice che la verità sia nel mezzo, ma in questo caso nel mezzo non ci stava quasi nessuno, o eri pro barrique, rotomaceratori, fittezza d’impianto, rese bassissime, macerazioni brevi, o eri pro botti grandi di rovere di Slavonia, macerazioni medio-lunghe, colori scarichi da nebbiolo ecc.
C’è da dire però che almeno fino agli anni ’80 si produceva molta più uva, si concimava anche troppo, le maturazioni erano tardive e le gradazioni piuttosto basse, tant’è che non era rara la pratica dell’arricchimento. La scelta innovativa, quindi, aveva anche le sue ragioni in un contesto con quelle caratteristiche. I cambiamenti climatici, le cui prime avvisaglie potrebbero risalire al 1997, hanno fatto sì che oggi le rese basse e le concentrazioni di sostanze in vigna come in cantina, stiano diventando un serio problema per i vini, le cui gradazioni sono sempre più elevate, le maturità di frutto eccessive e l’acidità più bassa (nei bianchi poi i profumi primari sono sempre più difficili da mantenere).


La lezione, come sempre, arriva dalla natura, non esiste una formula standardizzabile e perenne, bisogna imparare a seguire i ritmi che la natura stessa suggerisce, senza prendere scorciatoie, senza fare improvvisi stravolgimenti in vigna e in cantina, perché i processi devono essere sempre progressivi e misurati, altrimenti si rincorre sempre, con esiti spesso deludenti.


Il
Vigna Giachini 1995 (oggi solo Giachini in etichetta), che fu messo in commercio nel 2000, è figlio di un’annata non facilissima, soprattutto perché il 3 e 4 agosto una maledetta grandinata fece non pochi danni nei vigneti. C’è da dire però che le vigne di Giuliano Corino guardano tutte all’Annunziata e, almeno allora, c’era una buona ventilazione e freschezza. 
Sono passati, dunque, 28 anni dalla vendemmia, un ottimo modo per testare la tenuta di questo vino e dello stile con cui è stato concepito. Va detto che quando uscì, mise in mostra una condizione difficile, tannini tosti e una trama ancora squilibrata, prevederne gli sviluppi futuri non era certo semplice. Con enorme gioia, e un certo stupore, ho davanti un vino di un’integrità impressionante, fra l’altro il tappo ha tenuto perfettamente e non ci sono odori né di muffe né di deterioramento del vino.


Il colore è un impressionante granato vivo e compatto, senza cedimenti, mentre il bouquet (lasciato respirare per parecchie decine di minuti) è davvero sorprendente, perché pur non essendo particolarmente intenso, mostra toni per nulla stanchi, devi insistere a lungo per trovare tracce di funghi, goudron, polvere da sparo, scatola di sigari e cuoio, vince ancora un frutto solido, non marmellatoso, addirittura si coglie una punta di arancia rossa, mentre la speziatura è finissima e non vira verso pungenze da chiodo di garofano.


L’assaggio non fa che confermare un vino che, da una parte manifesta la parte terziaria (sarebbe un marziano se non lo facesse), ma dall’altra mostra una freschezza, un tannino perfettamente integrato e un frutto ancora vivo, accenti ben lontani da lasciare immaginare anche lontanamente che abbia 28 anni!
Forse non raggiunge l’eleganza dei grandi Barolo, ma chapeau per il risultato e la tenuta, veramente eccezionali. Ah, per i più curiosi, la gradazione è di 13,5, oggi ve la potete scordare!

Casali Viticultori - Colli di Scandiano e di Canossa DOC Ca’ Besina Metodo Classico Pas Dosé


di Roberto Giuliani

Ottenuto dal vitigno Spergola, presente in Emilia sin dal XVII secolo, sosta 48 mesi sui lieviti e regala piacevoli note di gelsomino, mandarino, cedro, mela verde e renetta, pesca bianca, erba tagliata. 


Al gusto è ampio, saporito, con accenti di crosta di pane e un finale davvero rinfrescante.

Cantina Crociani - Rosso di Montepulciano 2019


di Roberto Giuliani

Rosso di Montepulciano dieci anni dopo. Sì, perché era il 21 luglio del 2016 quando per Garantito IGP scrissi del 2009, sottolineandone le capacità d’invecchiamento.Mi sembrava giusto tornare a farlo per il 2019, perché Susanna Crociani è una garanzia, con le dovute differenze non ho mai trovato un’annata fiacca, poco stimolante, sottotono, segno di quanta attenzione ci mette già in vigna; poi la selezione delle uve, disponendo di vigne in posizioni leggermente diverse, hai maggiore possibilità di scelta, indirizzandole al Rosso o al Nobile in base a quello che vuoi ottenere.


Dal punto di vista generale a Montepulciano si può parlare di un’annata di qualità più che buona, qualcuno ad aprile ha dovuto fare i conti con la tignoletta, mentre ha avuto problemi di attacchi fungini; nelle prime due settimane le temperature sono state sempre inferiori alla media, superando di poco lo zero termico della vite (10° C), rallentando il periodo di germogliamento. Le piogge sono state frequenti per buona parte del mese e per quella iniziale di maggio. Tra fine maggio e inizio giugno le temperature sono salite velocemente, accelerando i processi vegetativi delle piante. A metà giugno le temperature erano decisamente aumentate, favorendo una rapida fioritura; durante questo processo si è assistito ad alcuni fenomeni di colatura e acinellatura, non di rado i germogli hanno generato due grappoli invece di uno, ma essendo mediamente spargoli non ci sono stati rischi particolari. L’assenza di piogge per tutto il mese di giugno e parte di luglio ha frenato l’attività vegetativa, che si è ripresa dopo le piogge del 28-29 luglio, evitando stress idrici. Poi di nuovo caldo intenso (sopra la media) e il 23 e 24 agosto pioggia rigenerante.


Le temperature di settembre sono tornate nella media, ma le piogge concentrate tra il 22 e i 24 e quelle successive dei primi di ottobre hanno concentrato in un lasso di tempo abbastanza breve la fase di raccolta delle uve. Un’opportuna riduzione dei carichi produttivi ha consentito di salvaguardare la qualità.

Susanna Crociani

Al netto di tutto questo i profumi inebrianti del Rosso di Montepulciano 2019 di Susanna Crociani mi confortano, Antonio Albanese nella sua nota parodia del sommelier direbbe “sa di vino”, pare scontato ma non lo è affatto, il sentore cosiddetto vinoso è sempre meno frequente, come se fosse un limite, invece non c’è niente di meglio di questa premessa alla succosità, alla piacevolezza, all’estasi del frutto. Qui è espresso benissimo e lo ritrovo in un sorso carnoso, fresco e deliziosamente dolce, non per residuo zuccherino ma per la perfetta maturità del prugnolo gentile, il tannino è fine, setoso, non morde, si sente in positivo l’annata calda, segno che è stata ben gestita, tanto che la gradazione si ferma a 13,5 e tutto è avvolto in una felina eleganza. Ennesima dimostrazione che la Cantina Crociani è una sicurezza.

INVECCHIATIGP: Faraone – Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane DOCG “Santa Maria dell’Arco” 2006


Le Colline Teramane sono una porzione di Abruzzo di magnificente bellezza dove l'intreccio tra Uomo, Natura e Tempo ha origini antiche come la storia della viticoltura di questo territorio che, per sua natura, ha l'attitudine a creare vini profondi e scalpitanti, di grande identità, immediatezza ed eleganza.


L'area di produzione abbraccia l’intera collina litoranea ed interna della provincia di Teramo ed è caratterizzata, a est, da ampie colline che scivolano verso il mare Adriatico e dalla presenza imponente del Gran Sasso e dei Monti della Laga, a nord–ovest.


In questi luoghi da cartolina, tra brezze di mare e di montagna e terreni di natura argillo-limosa, il Montepulciano trova un habitat assolutamente unico e di questo, fortunatamente, se ne sono accorci anche i vignaioli locali che, nel corso del tempo, hanno fatto scelte di preservazione del territorio grazie, ad esempio, di l'uso di pratiche agricole improntate alla sostenibilità ambientale visto che oltre il 70 per cento delle aziende, infatti, opera in regimi di qualità certificata come il Biologico, la Lotta integrata, la Biodinamica, etc.


Faraone, nel territorio delle Colline Teramane, è sicuramente una delle aziende storiche visto che già dal 1930 ha iniziato coltivando passerina, sangiovese e, ovviamente, montepulciano che ha iniziato a imbottigliare e commercializzare solo a partire dagli anni ’70 assieme a Trebbiano di Abruzzo e Cerasuolo d’Abruzzo.


Non è difficile, se si cerca bene soprattutto all’interno delle enoteche della zona, imbattersi in qualche vecchia annata di Montepulciano di Abruzzo di Faraone che ha nel Santa Maria dell’Arco il suo fiore all’occhiello essendo il rosso di punta dell’azienda agricola da sempre il cui nome prendi ispirazione da una vecchia cappella dove un tempo, nei primi anni ’90, l’azienda possedeva dei vigneti. Oggi il nome è rimasto per contrassegnare i vini di riserva aziendale sia di Montepulciano (DOCG) che Trebbiano e nello specifico le uve provengono dalla particella più alta del vigneto di Collepietro caratterizzato da terreno sabbioso e ciottoloso con esposizione sud\est.


Il millesimo 2006 che ho bevuto a casa di amici non fa altro che confermare la grande capacità di evoluzione del Montepulciano d’Abruzzo che, come scritto in precedenza, grazie alle specificità tipiche del terroir delle Colline Teramane non si rivela il classico “vinone” tutto muscoli e scarsa beva. Anzi, questo Santa Maria dell’Arco svela un lato di sé decisamente leggiadro e affascinante grazie ad un naso profondono dove iodio, sensazioni agrumate ed erbe medicinali creano un mix aromatico di invidiabile territorialità. Al sorso l’acidità, quasi agrumata, è ancora sugli scudi tanto da prevalere sulla presenza tannica e, in generale, sulla sostanza di questo Montepulciano ancora vivo, affilato e dalla generosa scia sapida finale. Diciassette anni e non sentirli!

Gaetano Di Carlo - Terre Siciliane IGP “Lù Catarratto” 2021


Gaetano è ritornato nella sua Corleone per dare speranza ad un territorio difficile dove, ad oltre 700 metri, sono state piantate vigne di catarratto su terreni ricchi di calcareniti mioceniche.
 

Ricco e dalla forte influenza iodata, il Lù Catarratto è un vino profondo che sa di memoria e riscatto.

Bertinga, la nuova via del Sangiovese e Merlot in Toscana


A Gaiole in Chianti, nel cuore del Chianti Classico, Bertinga è una delle realtà vitivinicole più giovani e, a guardare bene le sue caratteristiche, potrebbe essere descritta aiutandoci con le dita di una mano: un territorio, due vitigni, tre vigneti e quattro vini.


Adagiata su colline che arrivano a sfiorare anche gli 800 metri s.l.m., l’azienda, attualmente capitanata da Luca Vitiello (direttore commerciale), Elisa Ascani (direttore di produzione) e dall’agronomo David Picci, dispone attualmente di circa 17 ettari di vigneto, in conversione biologica, suddivisi in tre località: Bertinga, appunto, Vertine e Adine.

Elisa Ascani e Luca Vitiello

Il corpo principale, come facile pensare, si trova in località Bertinga, ai piedi del borgo di Lecchi in Chianti, e il suo toponimo sembra risalga agli insediamenti Longobardi del VI sec d.C. facendo riferimento ad antico proprietario di nome “Berto”, da cui “Le Bertinghe” e, più di recente, “Bertinga”.


Nome a parte, si tratta di una alta vallata suddivisa in cinque parcelle, i cui suoli, di origine eocenica (50 milioni di anni fa), sono di colore chiaro, marno-calcarei, compatti, pesanti e “freddi”, dove il Sangiovese e il Merlot danno il meglio di sé. La vallata offre diversi orientamenti e in particolare gli appezzamenti rivolti a nord sono proprio quelli maggiormente argillosi dove il Merlot ha trovato il suo habitat ideale.

Il suolo del Sassi Chiusi

L’appezzamento di Vertine, quello più settentrionale, conta 3 ettari, completamente esposti a sud. Si trova ai piedi dell’omonimo Castello, è un vigneto, diviso in 3 parcelle, che insieme disegnano un ventaglio. Qui la pendenza è molto severa, tanto che i piccoli trattori utilizzati per le attività agronomiche in vigna riescono con difficoltà a risalire la china.

Adine

Ad Adine si trova infine il terzo corpo e anche la cantina. Le viti di questi ulteriori 4,5 ettari (altri 3000 metri quadrati sono in fase di impianto) sono unicamente destinate al Sangiovese le cui piante, con esposizione sud/sud-ovest, sono piantate su suoli di origine marina talmente ripidi che sembrano precipitare letteralmente ai piedi della cantina, oggi in fase di ampliamento, che risulta completamente mimetizzata grazie ai materiali con cui è costruita ovvero pietra e corten, dal caratteristico col ruggine.


La cantina, diretta dal winemaker Stéphane Derenoncourt, affiancato da Romain Bocchio, prevede una zona vinificazione composta da tini di acciaio termocontrollato e vasche di cemento, mentre alla maturazione sono dedicati botti grandi, tonneaux di rovere austriaco e barriques di rovere francese.

Stéphane Derenoncourt

Attualmente l’azienda concentra le sue strategie produttive su quattro rossi IGT Toscana che, secondo l’intenzione della proprietà, hanno il compito di tradurre l’essenza del terroir nella maniera più semplice e diretta possibile. “Sono chiantigiani per DNA, non per denominazione” specifica l’enologo Stéphane Derenoncourt. “E neanche si specchiano pedissequamente nelle loro - pure nobili - varietà. Sono vini profondamente territoriali e per questo emozionanti”.


Per cercare di comprendere al meglio il progetto con Luca Vitiello ho avuto il piacere di degustare a Roma le ultime annate della produzione aziendale iniziando dal Sassi Chiusi 2018, vero e proprio second vin di Bertinga, composto da sangiovese, in netta prevalenza, e merlot. Concepito con l’obiettivo di leggere i vigneti aziendali in modo orizzontale e con un approccio più fresco e accessibile, è un vino dinamico e luminoso i cui cinque anni di affinamento, tra acciaio, cemento e vetro, hanno solo regalato tridimensionalità senza cedere nulla alla piacevolezza di beva.


L’IGT Toscana Bertinga 2017, col suo cuore metà sangiovese e metà merlot (ovviamente le percentuali possono leggermente variare in base alla vendemmia), rispecchia la summa del territorio di provenienza delle uve che vengono vinificate, in acciaio e cemento, per singola parcella dopo di che la maturazione, avverrà in legno (tonneaux per il sangiovese e barrique per il merlot) per almeno un anno e mezzo a cui seguono altri 18 mesi di bottiglia. Il vino degustato, prodotto in un’annata decisamente siccitosa, ha toni mediterranei e sfumature minerali e in bocca mostra una grande armonia tra morbidezza, tipica dell’annata, e sapidità. Affiora nel lungo e caldo finale una peculiare nota di ginepro ed eucalipto.


Punta di Adine, è sangiovese in purezza prodotto dalla parcella numero 100, la terrazza alta, ovvero la punta, del vigneto Adine, che rappresenta per l’azienda il cru più “verticale” ed elegante vista anche la sua esposizione. Vinificato in cemento e maturato in botti da 25 hl di rovere austriaco, questo IGT Toscana, degustato anch’esso nel millesimo 2017, vanta uno scenario aromatico prepotente di ciliegia, ribes, tabacco conciato e ghisa, poi più lieve nella successione di alloro e tabacco mentolato. Di grande sapidità e freschezza, caldo e graffiante nel tannino, percorre il palato con dinamismo e carattere per poi distendersi in un lungo finale balsamico.


Il Volta di Bertinga, degustato nell’annata 2016, è invece un merlot in purezza proveniente da singola vigna, l’unica rivolta a nord, posta all’interno del vigneto Bertinga. Non essendo amante del vitigno, il Volta di Bertinga è sicuramente tra i quattro vini presentati da Luca Vitello quello che, a mio gusto, mi ha stupito maggiormente per il fatto di non essere il solito merlot magniloquente e lussurioso in grado di affossare le potenzialità del territorio che in questo caso, fortunatamente, esce fuori in maniera prepotente imprimendo una fattura chiantigiana a questo merlot che potremmo definire “d’altura” grazie a molti connotati eterei. Al naso, infatti, esprime chiare sensazioni floreali di peonia, ferro, grafite, agrumi rossi e macchia mediterranea. Al sorso è succoso, salino, pur mantenendo ricchezza gustativa ed articolata struttura. Finale vibrante, fresco e misurato.

InvecchiatIGP: Colli di Salerno Rosso IGT “Montevetrano” 2003


di Lorenzo Colombo

Quando si citano i grandi vini rossi del Sud Italia il Montevetrano è uno di quelli che certamente non può mancare. Si tratta di un vino ad Indicazione Geografica Tipica, e precisamente Colli di Salerno Igt, prodotto tramite un blend tra due vitigni internazionali, il Cabernet sauvignon ed il Merlot più il vitigno locale per eccellenza, ovvero l’Aglianico.

Ma quando questo vino è stato prodotto per la prima volta, ovvero nel 1991, la sua composizione era ben diversa, ovvero il Cabernet sauvignon la faceva da padrone con un 90% sul totale, mentre la presenza dell’Aglianico era limitata ad un 10%.

Ma andiamo con ordine.

Dopo una “prima” vita da fotoreporter di successo in quel di Roma che l’ha portata a girare il mondo, Silvia Imparato decide di tornare alla sua terra d’origine, ovvero San Cipriano Picentino, in provincia di Salerno, dove i suoi nonni avevano acquistato, prima della Seconda Guerra Mondiale, una casa di campagna con annessi 26 ettari di terreno, cinque dei quali vitati.


Durante il soggiorno romano Silvia, frequentando una famosa enoteca situata nei pressi di Piazza di Spagna aveva conosciuto diversi personaggi legati al mondo del vino, tra i quali i due fratelli Cotarella, Renzo e Riccardo ed in loro compagnia aveva potuto conoscere e bere grandi vini.
Ad un certo punto si chiede se non sia possibile produrre anche nel suo vigneto un grande vino ed i Cotarella l’aiutano nel scegliere le giuste varietà da mettere a dimora –Cabernet sauvignon e Merlot- da affiancare all’Aglianico già presente e, nel 1983 il progetto ha inizio.

Silvia Imparato

Con l’aiuto di Riccardo Cotarella in poco tempo il sogno di Silvia si realizza e nel 1991 vengono prodotte le prime bottiglie di Montevetrano, nome derivante dal Castello situato a San Cipriano Picentino, non sono destinate alla vendita, ma unicamente a testare il risultato del lavoro compiuto, dopo essersi resi conto della qualità del vino ottenuto si decide per la sua commercializzazione che avviene con l’annata 1993, ovvero giusto trent’anni fa.

Silvia Imparato e Riccardo Cotarella

Nel corso degli anni sono stati messi a dimora in azienda anche vitigni a bacca bianca, Greco e Fiano e vent’anni dopo la nascita del Montevetrano è nato il Core Rosso frutto di Aglianico in purezza, seguito nel 2015 dal Core Bianco ottenuto da un blend di Fiano e Greco.


La responsabile di questa nuova linea di prodotti è Gaia, la figlia di Silvia entrata definitivamente in azienda, la quale s’occupa anche delle etichette e dell’immagine dell’azienda. L’azienda si sviluppa su un totale di 26 ettari, dei quali 5,5 ettari sono occupati da vigneti condotti parte a Guyot e parte a Cordone speronato con una densità di 4.000 ceppi/ettaro, i suoli sono argillosi, ricchi di scheletro e la resa è di 60 q.li/ettaro, nella parte rimanente troviamo querce, castagni, noccioleti, agrumi ed ulivi. La produzione annuale è di circa 60.000 bottiglie, divise più o meno in parti uguali tra i tre vini prodotti, oltre a Silvia ed a Gaia lavorano in azienda Domenico La Rocca, vignaiolo-cantiniere nativo di Montevetrano, Patrizia Marziale e Monica Martino, mentre sia la conduzione agronomica che quella enologica è affidata all’amico Riccardo Cotarella.

Il Montevetrano 2003

Frutto di un’annata caldissima ha visto iniziare la vendemmia nella prima settimana di settembre.
La fermentazione si svolge in vasche d’acciaio con un salasso su una piccola parte del mosto, l’affinamento s’effettua in barriques di rovere di Nevers, Allier e Tronçais dove il vino sosta per 12 mesi, segue quindi un riposo in bottiglia per almeno sei mesi. Nel corso degli anni la composizione del vino è cambiata, sino ad arrivare attualmente a 60% Cabernet sauvignon, 30% Aglianico e 10% Merlot.


Il colore è granato profondo e compatto con unghia aranciata, ha perso solamente un poco in brillantezza ma d’altra parte stiamo parlando di un vino con vent’anni d’età. Intenso al naso, ampio e complesso, elegante, note balsamiche, sottobosco, tabacco biondo, spezie dolci, cannella e vaniglia, frutto rosso leggermente macerato, prugna, ciliegia matura, accenni di caffè.


Tannino deciso ma vellutato e perfettamente integrato nell’insieme, sapido e morbido, asciutto il giusto, accenni di caffè, frutta rossa matura, note mentolate, cioccolatini After Eight, liquirizia dolce, cioccolato amaro, ancora integro e dalla lunga persistenza. Crediamo comunque (dalla bottiglia assaggiata) che sia giunto il momento di goderne e che non sia consigliabile prolungarne ulteriormente la conservazione in cantina.

Cherchi - Cagnulari Isola dei Nuraghi IGT 2021


di Lorenzo Colombo

Sapido, piccantino, asciutto, con tannino delicato, presenta sentori di sottobosco, erbe essiccate ed un accenno balsamico e vanigliato dato dal parziale affinamento in botte.


Servitelo fresco e questo vino s’abbinerà magnificamente con una notevole varietà di piatti estivi. Assolutamente da provare.

Alla scoperta dei vini dall’Est Europa e dal Caucaso meridionale


di Lorenzo Colombo

Ci sono regioni vitivinicole che pur vantando una storia millenaria nella produzione di vino sono poco conosciute da noi, anche perché la loro produzione difficilmente esce dai rispettivi paesi. Nel mese di maggio, in occasione del Workshop EU4Business: Connetcing companies, 23 aziende, provenienti dai paesi dell’Est Europa e del Caucaso meridionale hanno presentato i loro vini ad un pubblico di operatori presso The Hub Hotel, a Milano.

I paesi coinvolti sono Armenia, Azerbaijan, Georgia, Moldova e Ucraina, nel progetto iniziale era inserita anche la Bielorussia, paese poi cancellato dopo il suo coinvolgimento nell’aggressione russa all’Ucraina.


Gentilmente invitati e quindi presenti per qualche ora a quest’evento abbiamo avuto la possibilità d’assaggiare un certo numero di questi vini, scoprendo così qualche chicca unitamente a qualche prodotto che, seppur apprezzato nei rispettivi paesi d’origine, difficilmente, perlomeno crediamo, possa trovare spazio sui nostri mercati. Prima di scrivere in merito a quanto maggiormente abbiamo apprezzato pensiamo sia doveroso fornire qualche cenno sulle rispettive zone di provenienza.

Armenia

L’Armenia contesta alla Georgia il primato nella produzione di vino, pare infatti che qui già nel 4.100 a.C. fosse sviluppata la viticoltura. Attualmente il vigneto armeno si sviluppa su circa 15.700 ettari (44° paese al mondo per superficie vitata - dati 2021), suddivisi in sei regioni, le principali sono Ararat, Armavir, Aragatsotn e Vayots Dzor.


Nel paese si contano circa 400 diversi vitigni ma solamente una ventina di questi vengono vinificati, i più importanti tra quelli a bacca bianca sono Voskeat, Mskhali, Chilar, Lalvari, Garan Dmak, Khardji e Kangun, mentre tra quelli a bacca rossa troviamo Areni, Tozot, Karmrahyut, Akhtanak, Tigrani e Khndoghni.
La produzione annuale è di 131.000 ettolitri (46ª posizione nel mondo), mentre il consumo è di 105.000 ettolitri (4,7 litri pro-capite).

Georgia

La Georgia è una delle più antiche regioni di viticoltura e vinificazione al mondo, si stima che qui vi siano oltre 500 vitigni autoctoni alcuni dei quali sono presenti unicamente qui, come i tre vitigni a bacca bianca Tsolikouri del quale ce ne sono 7.900 ettari, Tsitska (3.640 ettari) e Chinuri (1.220 ettari).
Attualmente di contano circa 49.500 ettari di vigneti (26ª posizione) distribuiti in sei diverse zone viticole, le denominazioni d’origine sono 20, delle quali 18 sono riconosciute dall’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino).
La regione più importante è quella di Kakheti, situata nella parte orientale del paese, qui si trovano ben 15 delle 20 denominazioni.


I principali vitigni coltivati sono Rkatsiteli, Kakhuri Mtsvane (Kakhetian Green), Qisi, Khikhvi, Budeshuri, Mtsvivana, Sapena, Kunsi, Saperavi, Cabernet-Sauvignon, Tavkveri, Ikalto Red, Con una produzione annuale di 2.100.000 ettolitri il paese si colloca al 19° posto tra i produttori di vino, il consumo totale è di 1.200.000 ettolitri/anno e quello pro-capite, sempre secondo l’OIV è di 40,5 litri.
Nota: se quest’ultimo dato fosse corretto i georgiani si classificherebbero al secondo posto (assieme all’Italia) in quanto a consumatori di vino.

Ucraina

In questo paese, che certamente non è tra i primi che vengono in mente quando si parla di vino, la viticoltura è in realtà praticata sin dal IV secolo a.C., sulla costa meridionale della Crimea, mentre nella parte nord del paese arrivò molto più tardi, nell’XI secolo, ad opera dei monaci. Con l’invasione russa della Crimea l’Ucraina ha perso oltre 20.000 ettari della sua superficie vitata ed ha dovuto implementare la produzione in Transcarpazia e nelle regioni meridionali di Odessa e Kherson, venute alla ribalta in quest’ultimo anno per i fatti dovuti alla guerra in corso.
Trovare dati certi sulla superficie vitata dell’Ucraina è molto difficile a causa dell’attuale situazione, infatti le informazioni che si trovano sono molto contrastanti, nel Which Winegrapes Varieties are Grown Where? troviamo 52.293 ha nel 2010 che si riducono a 25.166 ha nel 2016 (avranno calcolato la perdita della Crimea?)
Gli ultimi dati forniti dall’OIV parlano di 41.800 ettari di vigneti concentrati in quattro grandi aree viticole: Odessa, dove si trova circa la metà dei vigneti, Kherson, Mykolaiv e Transcarpazia.


Il sito ufficiale ukr.wine registra 41.500 ettari nel 2019 ma poi i dati per regione non combaciato con il totale, infatti parlano di 52.000 ha nella sola regione d’Odessa, 20.000 ha in quella di Kherson, 15.000 in quella di Mykolaiv ed 8.000 in Transcarpazia. Fatto sta che durante il periodo in cui faceva parte dell’URRS gli ettari vitati pare fossero ben 150.000.
Le varietà coltivate sono circa 180, il vitigno più diffuso è il Telti Kuyruk coltivato nel territorio di Shabo. La varietà selezionata più coltivata è Odesa Black e Sukhyi Liman White, mentre Saperavi, Aligote, Rkatsiteli, Cabernet sauvignon, Chardonnay e Riesling sono le varietà internazionali più popolari.
In Ucraina ci sono ufficialmente cinque regioni vitivinicole riconosciute anche se questo è un residuo di quando la nazione apparteneva all’Unione Sovietica e non appartiene più alla realtà odierna del paese.
In effetti l’Ukrainian Association of Craft Winemakers sta lavorando per aggiornare la situazione ma la guerra in atto ha messo il tutto per il momento in secondo piano.


Le cinque regioni di cui sopra sono: Bessarabia, Black Sea Region, Zakarpattia, Zaporizhzhya e Crimea, a queste si possono aggiungere zone considerate minori come Lviv, Ternopil, Khmelnitsky, Vinnitsa Kyiv e Chernyhiv regions. L’estensione vitata del paese è di 41.800 ettari (torniamo ai dati forniti dall’OIV) il che colloca il paese al 30° posto tra quelli più vitati, la produzione annuale nel 2021 è stata di 660.000 ettolitri (28ª posizione), mentre il consumo totale è stato di 1.122.000 ettolitri pari ad un consumo pro capite di 3 litri.

Moldova

Il paese vanta una superficie vitata di 138.000 ettari (14ª posizione, dopo l’Australia e prima del Sud Africa), la produzione annuale è di 1.430.000 ettolitri (20° paese produttore), mentre il consumo totale risulta essere 329.000 ettolitri e quello pro-capite 13.4 litri. Sono tre le regioni vinicole moldave dove si producono vini ad indicazione geografica: Codru, Ştefan Vodă e Valul lu Traian a questa va aggiunta una quarta GPI (Indicazione Geografica Protetta) “Divin” che s’estende su tutto il territorio moldavo ed è destinata alla sola produzione di acquavite di vino.


Oltre ai vitigni da vino vi si coltiva anche uva Isabella (3.470 ettari) e uva da tavola come Italia (120 ha) e Cardinal (470 ha).

Azerbaijan

Si tratta certamente del paese meno conosciuto tra i cinque in quanto produttore di vino, anche se pare che l’Azerbaijan sia stato uno dei primi territori nei quali si sia sviluppata la viticoltura, sono infatti state rinvenute pianti di vite di almeno 3.500 anni, come pure anfore da vino dell’età del bronzo.
Sino agli inizi degli anni Ottanta il paese era un grosso produttore d’uva (e di vino), poi le campagne antialcolismo volute da Gorbaciov pare abbiano portato alla distruzione di ben 250.000 ettari di vigne (anche se il dato ci pare un poco eccessivo).


Il paese è entrato nel 2014 a far parte dell’OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino), i dati forniti da questa organizzazione che raggruppa 49 paesi produttori attestano che nel 2021 si contavano nel paese 17.300 ettari di vigne – dato in costante crescita a partire dal 2004- collocando il paese al 43° posto nel mondo in quanto ad ettari vitati, la produzione, sempre nel 2021 è stata di 71.000 ettolitri collocandolo al 53° posto come produttore di vino.
Il consumo annuale di vino nel paese è di 108.000 ettolitri, mentre il consumo pro-capite si attesta su valori piuttosto bassi (1,4 litri).
Numerosissimi i vitigni coltivati (circa 450), tra quelli autoctoni troviamo White Shani, Derbendi, Nail, Bayanshire, Gamashara, Ganja Pink, Bendi, Madrasa, Black Shani, Arna-Grna, Zeynabi, Misgali, Khindogni, Agdam Kechiemdzhei, Tebrizi e Maranda, mentre tra i più diffusi vitigni internazionali abbiamo Pinot blanc, Pinot noir, Chardonnay, Merlot, Cabernet Sauvignon, Riesling, Petit Verdot, Viognier e Syrah.

I vitigni

A proposito di vitigni ecco qualche informazione sui principali coltivati nei cinque paesi, la Moldova è quella che vanta il maggior numero di vitigni interspecifici ma anche di vitigni internazionali.

Per quanto riguarda L’Azerbaijan non siamo purtroppo riusciti ad ottenere dati sugli ettari vitati dei vari vitigni.

Saperavi: vitigno a bacca nera originario delle Georgia, il suo nome significa “Tintore” ad indicare che colora molto- dei poco meno di 6.500 ettari presenti nel mondo ben 4.750 ha si trovano in Georgia, 700 in Russia, 570 ettari sono in Moldova e poco più di 400 sono situati in Kazakistan.

Rkatziteli: altro vitigno -questa volta a bacca bianca- originario della Georgia, il cui nome significa “Gambo grosso”, sono oltre 51.000 gli ettari vitati nel mondo, 25.300 ettari dei quali si trovano in Georgia, sono 6.500 quelli situati in Russia, 5.780 in Ukraina, quasi 5.500 ettari sono situati in Bulgaria, 3.900 in Moldova e 3.500 in Kazakistan.

Alb de Suruceni: vitigno a bacca bianca presente unicamente in Moldova dove se ne trovano 780 ettari, si tratta di una varietà interspecifica tra Ichkimar x Seyve-Villard 20-365

Bianca: come dice il nome si tratta di vitigno interspecifico a bacca bianca -Eger 2 (Villard blanc) x Bouvier- del quale ce ne sono poco meno di 5.000 ettari in Ungheria, 3.500 in Russia e 1.340 ettari in Moldova

Fetească Albă: la sua origine è collocabile al confine tra Romania e Moldova, paesi nei quali attualmente è coltivato, la stragrande maggior parte di questo vitigno a bacca bianca si trova in Romania (12.400 ha) mentre in Moldova se ne trovano 950 ha.

Fetească Neagră: altro vitigno, in questo caso a bacca rossa, originario del confine tra Romania e Moldova, prevalentemente diffuso in Romania (2.850 ha), sono invece circa 400 gli ettari situati in Moldova.

Fetească Regală: di nuovo un vitigno -a bacca bianca- presente prevalentemente in Romania (12.600 ha), mentre in Moldova ce ne sono 370 ha

Irsai Olivér: vitigno a bacca bianca prettamente ungherese (1.530 ha) creato tramite incrocio tra Pozsonyi x Csaba Gyöngye, sono 180 gli ettari situati in Moldova.

Kodryanka: altra varietà interspecifica a bacca rossa (Moldova x Marschalskij) presente unicamente in Moldova, dove ce ne sono 1.140 ha

Magaracha Rannii: altro vitigno a bacca rossa -varietà interspecifica tra Madeleine Angevine x Kichmiche Tcheurny) presente unicamente in Moldova, dove ce ne sono 880 ha

Moldova: il nome stesso indica che questo vitigno a bacca rossa è originario della Moldova, i 12.380 ettari di quest’uva si trovano unicamente qui.
Si tratta anche in questo caso di un vitigno interspecifico ottenuto incrociando Seyve-Villard 12-375 x Guylj Kara.

Mtsvane Kakhuri: sono unicamente 320 gli ettari di questo vitigno a bacca bianca, tutti situati in Georgia, il suo nome significa “Verde di Kakheti”.

Odessky Cherny: vitigno a bacca rossa ottenuto tramite incrocio tra Alicante Henri Bouschet x Cabernet sauvignon, ce ne sono 1.250 ha in Ukraina

Pervenets Magaracha: vitigno bianco interspecifico (Rkatsiteli x Magarach 2-57-72), in Moldova se ne trovano 520 ha

I principali vitigni internazionali (o comunque provenienti da altri paesi) presenti nei cinque paesi

Aligoté: 7.760 ettari in Moldova, 4.800 ha in Ukraina e 120 ha in Georgia

Cabernet franc: 760 ettari in Moldova

Cabernet sauvignon: 8.170 ettari in Moldova, 4.900 ha in Ukraina, 290 in Georgia.

Chardonnay: 4.130 ettari in Moldova, 1.500 ha in Ukraina

Chasselas: 330 ettari in Moldova

Côt (Malbec): 160 ettari in Moldova

Gewürztraminer: 1.100 ha in Moldova, 500 ha in Ukraina

Merlot: 7.700 ha in Moldova, 1.400 ha in Ukraina

Muscat Ottonel: 1.860 ha in Moldova

Muscat of Hamburg: 250 ha in Moldova

Muscat blanc a petit grains: 340 ha in Ukraina e 50 ettari in Moldova

Pinot blanc: 220 ha in Georgi, 210 ha in Moldova, 170 ha in Ukraina

Pinot gris: 1.200 ha in Moldova

Pinot meunier: 140 ha in Moldova

Pinot noir: 2.370 ha in Moldova, 380 ha in Ukraina

Riesling: 1.700 ha in Moldova, 1.350 ha in Ukraina

Sauvignon blanc: 6.900 ha in Moldova, 1.550 ha in Ukraina

Trebbiano toscano: 280 ha in Moldova

Nota: gli ettari vitati dei sopracitati vitigni risalgono al 2016 e sono tratti dall’edizione 2020 del

I vini degustati

Sono più di una ventina i vini che abbiamo degustato, ecco quant’abbiamo maggiormente apprezzato.

Armenia

Khaluli -che significa “Vino”- è un brand dell’azienda Wine & More LLC, nata nel 2020. I vigneti si trovano nella regione di Armavir dove si sta costruendo la cantina, attualmente sono tre i vini prodotti con vitigni locali, uno bianco da uve Voskehat, un vino rosa da uve Areni ed il vino rosso qui sotto descritto.


Red Dry Reserve Wine 2020

Le uve, 50% Areni e 50% Khndoghni, provengono dalle regioni vinicole di Vayots Dzor e Armavir, le uve di Areni provengono dal villaggio di Khachik sitato nella regione vinicola di Vayots Dzor ad oltre 1.700 metri d’altitudine.
I vitigni vengono vinificati separatamente in vasche d’acciaio ed il vino s’affina per 12 mesi in barriques di rovere del Caucaso. Sono solamente 2.400 le bottiglie prodotte. Il colore è profondissimo. Intenso al naso dove si colgono note scure, spezie, radici e frutta a bacca nera. Strutturato, asciutto, con buona vena acida, presenta sentori di frutta scura, accenni tostati, legno ancora in evidenza e lunga persistenza. Vino interessante e di buona complessità. 

Republic of Moldova

Divus Winery

L’azienda è stata fondata nel 2018, numerosi i vini in catalogo, prodotti sia con vitigni locali sia con quelli internazionali, tra quest’ultimi vitigni spiccano i rossi Cabernet sauvignon, Merlot e Pinot noir ed il bianco Sauvignon blanc.

Endemic Blend 2020

Frutto di un blend tra 60% Rară Neagră e 40% Feteasca Neagră. 2.700 le bottiglie prodotte. Color rubino-granato trasparente. Pulito e di buona intensità olfattiva, note balsamiche, legno dolce. intenso e succoso, buona trama tannica, legno percepibile ma ben integrato, accenni piccanti di pepe, lunga la persistenza. 


Cei Trei 2018

Blend tra Cabernet sauvignon, Merlot e Saperavi provenienti dalla regione vinicola di Valul lui Traian situata nella zona meridionale della Moldavia. Rubino trasparente e luminoso di media intensità. Buona l’intensità olfattiva, note balsamiche, bel frutto, legno dolce in evidenza. Fresco, bel frutto, legno dolce in evidenza, lunga la sua persistenza. 



Trei Mândre 2021

Blend di uve Viorica, Floricica e Feteasca Regală provenienti dalla zona centrale della Moldavia. La produzione è limitata a 2.800 bottiglie. Color verdolino scarico, quasi bianco carta. Molto intenso al naso, presenta note vegetali, foglia di pomodoro, pompelmo. Ricorda un Sauvignon. Fresco e sapido, frutta a polpa bianca, pompelmo, note vegetali, lunga la sua persistenza.


Château Vartely

L’azienda è stata fondata nel 1996 ed i primi vini sono usciti sul mercato nel 2004, dispone di 520 ettari di vigne situate nelle regioni centrali e meridionali del paese e produce annualmente tre milioni di bottiglie.

Viorica 2022 – Linea Totem

Prodotto con uve Viorica, vitigno ibrido interspecifico, frutto di Seibel 13-666 (madre) e Aleatico (padre), prodotto nel 1969. Cosa curiosa è che entrambe le varietà sono a bacca rossa. Il vitigno occupa una superficie vitata di 95 ettari. Color paglierino luminoso. Intenso e pulito al naso, frutta a polpa gialla, pesca gialla. Discretamente strutturato, fresco, morbido e succoso, frutta a polpa gialla, pesca, lunga la sua persistenza.


Fetească Neagră e Rară Neagră 2019 – Linea Individo

Blend in parti uguali di questi due vitigni. Color rubino di buona intensità. Intenso al naso, speziato, frutto rosso, note balsamiche e di sottobosco. Succoso e strutturato, note piccanti, legno dolce in evidenza. Molto interessante. 


Rară Neagră • Malbec • Syrah 2020 – Linea Individo

Blend tra 45% Rară Neagră, 35% Malbec e 20% Syrah Profondo il colore, purpureo. Buona la sua intensità olfattiva, balsamico, legno dolce, note d’humus, buona l’eleganza. Strutturato, morbido e succoso, leggere note piccanti, legno dolce, tannino leggermente astringente ed un poco verde, buona la sua persistenza. 85



Georgia

Pitskhela’s Marani

Nel 1997 vengono messi a dimora nella regione di Akhmet i primi vigneti con i vitigni Saperavi, Rkatsiteli, Kisa, Mtsvane Kakhuri e Khikhvi e, nel 2018, dopo aver costruito la cantina vengono prodotti i primi cinque vini.

Mtsvane 2022

Prodotto con uve Mtsvane Kakhuri, una tra le sei diverse tipologie di Mtsvane che crescono in Georgia, è una varietà molto antica (menzionata già nel V secolo), diffusa principalmente nella regione di Kakheti (il suo nome significa Verde di Kakheti). Color tra il giallo paglia e l’oro antico. Mediamente intenso al naso, note macerative, accenni di buccia di mela. Asciutto, buccia d’uva e di mela, note tanniche, accenni di distillato di mele. 


Kisi Kvevari 2022

Prodotto con l’antico e raro vitigno georgiano Kisi coltivato principalmente nella regione di Kakheti, situata nell’est del paese. Nel 2016 se ne contavano in tutto 26 ettari. La fermentazione avviene in anfore secondo il metodo kakhetiano, ovvero con macerazione sulle bucce (e con i raspi). Il colore è una via di mezzo tra l’oro antico ed il rame. L’intensità olfattiva è media, si colgono leggeri sentori macerativi e leggere note di buccia di mela. Dotato di buona struttura, asciutto, presenta note tanniche. Un vino molto interessante. 

Saperavi 2019

Molto profondo il colore. Intenso al naso, sentori d’humus e di sottobosco, note surmature. Strutturato, tannino un poco asciugante, secchino, buona la persistenza. molto meglio al naso. 

Gurami Maisuradze

Piccola azienda situata nella regione del Khaheti, dispone di 3,5 ettari di vigneto sui quali sono impiantati sei vitigni tipici della Georgia: Rkatsiteli, Kisi, KhiKhvi, Mtsvane, Budeshuri e Saperavi. La maggior parte dei vini vengono vinificati nei Kvevris con lunghe macerazioni sulle bucce. La produzione annuale varia tra le 6.000 e le 10.000 bottiglie

Khikhvi 2022

Sei mesi di macerazione sulle bucce. Colore tra l’ambrato e l’oro antico. Discretamente intenso al naso, buccia di mela, buona l’eleganza. Strutturato, sentori di mela, leggere note piccanti, nota tannica importante, lunghissima la sua persistenza.  Solamente 1.000 le bottiglie prodotte. Questo vino ed il successivo, sono quelli che maggiormente ci hanno colpiti tra tutti quelli assaggiati.

Rktsiteli – Kisi 2022

Sei mesi di macerazione sulle bucce. Color aranciato. Intenso al naso, sentori di mela matura, buccia di mela leggermente ossidata, distillato di mele (Calvados). Strutturato, asciutto, tannico, emerge nettissimo il sentore di mela. Un vino particolare e molto interessante prodotto anche in questo caso solamente in un migliaio di bottiglie. 

Saperavi 2022

Profondissimo e luminoso il colore, unghia purpurea. Intenso al naso, frutti rossi maturi, accenni piccanti. Strutturato, sapido, speziato, piccante (quasi pungente), buona la sua persistenza. 

Ucraina

I seguenti vini sono stati assaggiati qualche mese prima in un’altra occasione, approfittando della stesura di questo articolo li andiamo a riportare.

Beykush Winery

Fondata nel 2010 l’azienda si trova nel villaggio di Chernomorka, nella regione di Mykolaiv. I vigneti sono situati nella penisola di Beykush. Negli 11 ettari di vigneti si trovano numerosi vitigni, originari di diversi paesi, tra i quali troviamo anche il Timorasso. La produzione annuale è di circa 50.000 bottiglie

Telti Kuruk 2021

Il Telti-Kuruk è un vitigno autoctono coltivato per la prima volta presso il villaggio di Shabo, nella regione di Odessa, sin dai tempi del dominio turco, questo vitigno cresce praticamente solo in questa zona dove il clima del bassopiano vicino al Mar Nero favorisce la viticoltura. La superficie vitata totale di questa varietà unica è pari a circa 70 ha. Color giallo paglierino scarico. Intenso al naso, frutta a polpa gialla, netti sentori di frutta tropicale, accenni affumicati. Leggere note aromatiche, bel frutto, albicocca, accenni di frutta candita, buona la vena acida come pure la persistenza. Vino semplice e piacevole a bersi. 



46 Parallel Wine Group

Fondata all’inizio del 2020 da Anna e Taras Gorkun l’azienda utilizza unicamente uve coltivate sul 46° Parallelo, provenienti dalle regioni di Kherson, Mikolaiv e Odessa.

Grand Admiral Brut Nature Rosé 46 Parallel 2019

Metodo Classico da uve Pinot noir, s’affina per 22 mesi in bottiglia. La sua produzione è limitata a1.310 bottiglie. Colore tra il rosa pallido ed il buccia di cipolla. Buona la sua intensità olfattiva, fragolina di bosco, leggeri accenni aromatici. Fresco e sapido, pulito, semplice, piccoli frutti di bosco, buona la sua persistenza. 



Beykush Winery

Fondata nel 2010 l’azienda è situata nel villaggio di Chernomorka sulla penisola di Beykush, nella regione di Odessa, sul Mar Nero. L’azienda dispone di 11 ettari di vigneti con varietà sial locali come pure francesi e vi si coltiva pure l’italiano Timorasso.

APTAHῐᴙ - Artana Reserve 2018

Blend tra 50% Merlot, 37% Saperavi e 13% Cabernet Sauvignon. Fermentazione in vasche d’acciaio ed affinamento per 12 mesi in botti di rovere francese e americano. Colore tra il rubino ed il granato di buona profondità. Intenso al naso, sottobosco, humus, foglie umide, legno dolce, note balsamiche, frutta rossa matura, prugna. Discretamente strutturato, succoso, accenni di legno, cuoio e tabacco, buona vena acida, leggeri accenni piccanti, lunga la sua persistenza.
Ci ha ricordato un poco lo stile dei vini di qualche anno addietro. 


Shabo

Fondata nel 2003 nel villaggio di Shabo -da cui prende il nome- su quello che era un insediamento vinicolo fondato nel 1822 da immigrati svizzeri. Possiede 1.200 ettari di vigneti nella regione di Odessa, tra il Mar Nero e l’estuario del fiume Dniester, nei quali coltiva oltre 20 varietà di vitigni, sia europei che georgiani. La produzione annuale è di oltre 50 milioni di bottiglie esportate in 18 paesi.

Grande Reserve Cabernet Sauvignon 2017

Le uve provengono dalle migliori particelle di vigneti di 20 anni d’età situati su suoli di natura calcarea e composti da sabbie nere. Prima d’essere vinificati i grappoli vengono sottoposti ad una tripla selezione, l’affinamento del vino si svolge in botti di rovere dove sosta per almeno 12 mesi. Granato di buona profondità. Buona l’intensità olfattiva, legno in evidenza, cuoio, un poco austero. Strutturato, asciutto, con tannino in evidenza, accenni di legno, leggermente amarognolo sul lungo fin di bocca. 



Chateau Chizay

Chateau Chizay è una tra le più importanti cantine dell’Ucraina, è stata fondata nel 1995 e si trova nell'area naturale di Chizay, situata nella regione della Transcarpazia. L’azienda dispone di 272 ettari di vigneti per una produzione annuale di 1.600.000 bottiglie.

Troyanda Karpat 2017

Le uve di Traminer rosa provengono da vigneti di 11 anni d’età, il vino s’affina per due anni in botti di rovere, la sua gradazione alcolica è del 16% vol. ed il residuo zuccherino è di 170g/. Color oro antico, luminoso. Molto intenso la naso, aromatico, frutta tropicale candita, pesca sciroppata, albicocca, crema pasticcera. Strutturato ed alcolico, frutta tropicale e crema pasticcera, accenni di distillato.