I vini calabresi della "punta" dello stivale


di Luciano Pignataro

La Calabria è sicuramente terra da scoprire per gli appassionati di vino. Se la zona del Cirò è ormai consolidata fra gli operatori e gli appassionati, sono innumerevoli le zone di produzione, le uve, le aziende, che attendono di salire ad una ribalta che sono sicuro ci sarà perché sono davvero tante le sorprese, e tutte a favore del consumatore che si trovano in questa regione che è prima in Italia per numero di vitigni autoctoni. Del resto il motivo è facilmente intuibile, la punta dello Stivale è stato sempre un pontile di approdo da Oriente e da Sud del Mediterraneo per chi volesse proseguire la sua corsa alla ricerca di nuove terre. Ancora oggi è tragicamente cosi. Il fascino dei 400 chilometri di Costa Ionica è in questa distesa di mare da cui sembra che debba sempre arrivare qualcuno.

Credit: icalabresi.it

Al Vinitaly mi è così capitato di condurre con Giovanna Pizzi una degustazione della punta dello Stivale, ossia quel tratto di costa che porta dal Tirreno allo Jonio passando per Reggio Calabria la cui provincia è piantonata dall’Aspromonte.
Come vedete, sono numerose le IGT e due le DOC che poggiano alle falde del sistema collinare, di fronte c’è l’Etna con le sue storie dantesche che sbuffa, venti di mare e di terra ed una agricoltura ancestrale di cui si parla veramente poco in sede nazionale. Condizioni pedoclimatiche che in un paese normale renderebbero straordinario questo territorio che invece appare ordinario come il Colosseo ai romani.


Sei etichette non bastano per conoscere tutto, ma possono dare rapide indicazioni, essere un primo assaggio, diciamo un invito ad approfondire, a fermarsi. A bere dalle coppe i vini inebrianti che racconta o secoli di travagli, emigrazioni, fortune e sfortune. Una degustazione che segue solo criteri geografici.

Tramontana - 5 Generazioni Calabria IGT 2023

L’azienda e la tenuta risalgono alla fine dell’800. In degustazione uno dei bianchi tipici della Calabria, il Greco. Siamo tra Villa San Giovanni e Reggio. Mancano ancora studi scientifici su questi vitigno per stabilire se si tratta di uve diverse con lo stesso nome (come nel caso della Falanghina) o se invece parliamo sempre della stessa cosa. Questo, lavorato in acciaio, è ben lontano dalla rusticità del Greco di Tufo, si presenta più equilibrato e con toni agrumati e aromi di fermentazione. Del resto si tratta di un campione da vasca. Ha sicuramente buon corpo e un buon equilibrio inizierà a trovarlo dopo aver scapolato almeno l’estate.

Criserà - Arghillà IGT 2022

Anche Criserà, come Tramontana, conta almeno cinque generazioni , fondata più o meno nello stesso periodo alla fine dell’800. Un segnale che ci troviamo in una zona non inventata di recente, ma con una lunga storia. Del resto le due cantine sono distanti appena una decina di chilometri l’una dall’altra. Una storia di tradizione visto che la igt, nata nel 1995, comprende numerose varietà di rosse e di bianco, davvero un punto di passaggio fra Scilla e Cariddi. Le uve sono Calabrese Nero e Nerello Cappuccio, secondo me la vera arma segreta della Calabria dopo aver fatto alcuni assaggi di rossi moderni e buonissimi. Anche questo sa di Etna per la finezza, l’eleganza e al tempo stesso la forza poderosa, la vivacità della beva. I tannini sono setosi, la freschezza è incredibile, si tratta di un vero e proprio rosso contemporaneo in cui la prima lezione positiva viene dalla bevibilità, da una semplicità di approccio che però non scade nella banalità.


Malaspina Consolato - Pellaro rosso IGT 2021

Il terzo vino ci porta in un’altra azienda storica, circa una quarantina di chilometri in direzione Sud, ormai sullo Jonio aperto, a Melito di Porto Salvo. Fondata nel 1967, oggi è gestita dalle quattro figlie di Consolato. La IGT Pellaro ha le stesse caratteristiche dell’Arghillà, ma è in una fascia di terreno precisa e il nome associato ad una indiscussa vocazione circoscritta ad alcune zone del comune di Reggio Calabria e del comune di Motta San Giovanni. Le uve del disciplinari sono simili, in questo caso abbiamo, Nerello Cappuccio al 60% e Nocera, altro vitigno molto diffuso in questa parte della Calabria. Il protocollo di vinificazione prevede anche un passaggio in barrique per circa otto mesi. Il vino si presenta dunque appena più complesso al naso con sentori di carruba e note balsamiche, mantiene la freschezza e la bevibilità grazie a tannini ben risolto. La fusione fra il frutto e il legno è perfetta.

Tenuta Regina di Sant’Angelo - Don Saso 2021 Palizzi Rosso IGT

Da Melito di Porto Salvo a Palizzi, dove c’è la tenuta principale di questa azienda a quasi 400 metri di altezza, corro altri trenta chilometri, di fatto inizia la risalita lungo lo Jonio in direzione di Catanzaro. L’azienda della famiglia Idone, aderente alla Fivi, si divide fra questo terreno, gli uliveti e un altro appezzamento a Villa San Giovanni. Il Don Saso è una magnifica sorpresa: prodotto esclusivamente da Nerello Mascalese in purezza, affina in acciaio e in bottiglia prima di essere messo in commercio. Una scelta molto chiara, perché il Palizzi igt, nato nel 1995 come Arghillò e Pellaro, consente l’uso di molte uve a bacca nera e bianca. In questo caso misuriamo quello che ho anticipato nella premessa, vini di grandissima beva, elegante, sorprendenti per la tenuta olfattiva e gustativa, lunghi nella chiusura, in questo caso godiamo di frutta croccante e straordinaria personalità.

Feudo Gagliardi - Biancamusa 2022 Locride Bianco IGT

Da Palizzi alla sede di Feudo Gagliardi a Caulonia corrono altri 90 chilometri. Sulla destra il mare, sulla sinistra le colline piene di ulivi che annunciano l’Aspromonte. L’agriturismo produce olio, ortaggi e vino ed è un luogo magnifico per trascorrere le vacanze. Con la cantina aderisce alla Fivi. Il Locride igt, ricosciuto nel 1995 come i precedenti, copre prticamente tutta la fascia costiera jonica della Provincia di Reggio. Il Biancamusa, poco più di 1500 bottiglie, è lavorato solo in acciaio e vetro e viene commercializzato all’inizio dlel’estate. Il blend prevede la metà di Mantonico e per il resto Insolia e Malvasia.Si presenta con un tono rustico, agrumato, assolutamente abbinabile alla cucina di orto e di mare, ideale per i latticini freschi del territorio. Un piccolo gioiellino di carattere, da bere senza perdersi in chiacchiere e senza aspettare altro tempo.

Cantine Lavorata - Bivongi Riserva DOC 2017

La cantina ha una tradizione di famiglia che risale all’800, ma l’azienda nasce ufficialmente nel 1958 a Roccella Jonica, siamo quasi in provincia di Catanzaro, a 36 chilometri da Caulonia.. Questo è l’unico dei sei vini che ha il riconoscimento doc. Nello specifico la Bivongi doc i cui vini vengono dai Bivongi, Caulonia, Monasterace, Riace e Stiloi in provincia di Reggio e dal comune di Guardiavalle in provincia di Catanzaro. Il Bivongi riserva dell’azienda è ottenuto da uve Greco Nero, Calabrese e Gaglioppo coltivati nel comune di Riace a circa 300 metri di altezza. Dopo la vinificazione in acciaio, dopo sosta per 12 mesi il vino sosta in botti di castagno per circa due anni. Abbiamo un vino di corpo, dai tannini risorti, con note di confettura di amarena, carruba, caffè e tabacco. Sorso lungo, ben sostenuto dalla freschezza.

CONCLUSIONI

Il nostro viaggio sulla Punta dello Stivale termina con la consapevolezza rafforzata della enorme ricchezza di questa regione che rivela un potenziale ancora sostanzialmente inespresso ma che sicuramente ha un grande avvenire: qualità, identità territoriale, non omologazione, ottimo rapporto qualità e prezzo e una purezza ambientale che si riflette in bicchieri allegri e sorprendenti. Da Reggio alla Locride è un caleidoscopio di colori, dal verde degli ulivi all’azzurro del mare, immersi dai profumi del Bergamotto e di una natura straripante. Qui c’è tutto quello che abbiamo perso in città.

InvecchiatIGP: Robert Mondavi - Carneros Merlot 1997


di Carlo Macchi

Erano diversi anni che dovevo mettere a posto seriamente la mia cantina e per farlo ho scelto il lungo weekend di Pasqua. Vi garantisco è stato un lavoraccio, ma ne sono uscito vincitore e soddisfatto. Sono uscite, oltre alla soddisfazione, alcune bottiglie di cui non ricordavo assolutamente l’esistenza, tra cui questo Merlot di Mondavi che probabilmente risale ai tempi in cui studiavo per diventare master of Wine.


Un Merlot che, sempre con il linguaggio dei MW potremmo definire “average” cioè di gamma media, abbastanza rappresentativo della zona ma dal prezzo piuttosto contenuto e quindi un vino non certo adatto, sulla carta, all’invecchiamento.
Carneros è un AVA (American Viticultural Area) che si trova incastrata tra Napa e Sonoma, vicino alla baia di San Pablo che ne condiziona il clima: infatti è considerata zona fresca perchè soggetta sia ai venti che arrivano dal mare sia alle nebbie che spesso ne coprono una buona parte. Il terreno è collinare ma piuttosto morbido e ondulato, con colline che difficilmente superano i 250 metri s.l.m.


E’ una delle poche zone californiane dove il cabernet sauvignon non è di casa ma, come dimostra la mia bottiglia, si coltiva merlot ma soprattutto chardonnay e pinot nero che, visto il clima fresco, servono soprattutto per degli spumanti.


Vista anche l’etichetta non proprio in condizioni ottime non mi aspettavo molto dal vino e purtroppo la sensazione si confermava trovandomi a tu per tu con il tappo, che si è sfaldato velocissimamente.

Invece mi sono dovuto ricredere.

Il colore era ancora rubino, anche se le note aranciate stavano per avere il sopravvento, ma la parte migliore del vino sono stati indubbiamente gli aromi: mai sentito così tanto intensamente note di fungo, tartufo e terra bagnata, mentre lasciando il vino all’aria dopo un po’ arrivavano anche lievi sentori floreali. In bocca era equilibrato ma non certo potente, mostrava però una minima tannicità ancora piuttosto vivace. Tra l’altro, nonostante in etichetta ci fosse scritto Unfiltered, il vino non aveva praticamente depositi.


Insomma, non era certo un vino morto e lo ha dimostrato la sera di Pasqua a circa 10 ore dall’apertura e dall’essere stato messo in un decanter: ancora una volta gli aromi di fungo e tartufo erano netti e profondi e in bocca era ancora di buona ampiezza. Ha accompagnato in maniera degna l’agnello pasquale.

Castello di Cigognola - Oltrepò Pavese DOCG Metodo Classico Rosé Brut 2015 Moratti


di Carlo Macchi

Oltre a profumare di rosa e frutta di bosco, essere elegante al palato con un perlage molto fine, questo rosé 100% pinot nero dell’Oltrepò Pavese porta un nome basilare per chi tifa Inter. 


Modo migliore per brindare alla nascita di GIN (Giornalisti Interisti Naturali) non poteva esserci. Triplete Wine!

Vinitaly 2024 chiude col botto: 100mila presenze per dire sì al grande vino italiano


Vinitaly archivia oggi la 56^ edizione con 97mila presenze. In leggero incremento gli operatori esteri da 140 paesi a quota 30.070 (31% sul totale), di cui 1200 top buyer (+20% sul 2023) da 65 nazioni selezionati, invitati e ospitati da Veronafiere in collaborazione con Ice Agenzia.
Bilancio positivo anche per Vinitaly Plus, la piattaforma di matching tra domanda e offerta con 20mila appuntamenti business, raddoppiati in questa edizione, e per il fuori salone Vinitaly and the city, che ha superato le 50mila degustazioni (+11%). La 57^ edizione si terrà a Veronafiere dal 6 al 9 aprile 2025.


Per il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo: “Vinitaly consolida il proprio posizionamento business e un ruolo sempre più centrale nella promozione internazionale del vino italiano. I dati della manifestazione, unitamente al riscontro positivo delle aziende, confermano gli obiettivi industriali dell’attuale governance di Veronafiere fortemente impegnata a potenziare il brand fieristico del made in Italy enologico nel mondo. Va in questa direzione il rafforzamento della collaborazione con tutti i referenti istituzionali, oggi in prima linea con Veronafiere nel sostenere l’internazionalizzazione del settore”.

“La profilazione degli operatori è tra i nostri principali obiettivi strategici - commenta l’amministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese -. Un risultato già centrato nella scorsa edizione, quella della svolta di Vinitaly, e proseguito quest’anno anche nei confronti della domanda domestica, in particolare quella del canale horeca attraverso iniziative di comunicazione e marketing che hanno contribuito all’incremento delle presenze italiane. In questi giorni abbiamo registrato reazioni positive da parte delle aziende, dei consorzi e delle collettive regionali. Una iniezione di fiducia in un momento complesso che ci vede impegnati a supportare il principale prodotto ambasciatore e apripista dell’agroalimentare del Belpaese nel mondo”.

Sul fronte delle presenze estere a Vinitaly 2024, gli Stati Uniti si confermano in pole position con un contingente di 3700 operatori presenti in fiera (+8% sul 2023). Seguono Germania, Uk, Cina e Canada (+6%). In aumento anche i buyer giapponesi (+15%).

Chiuso Vinitaly, si confermano i primi appuntamenti del calendario estero: Wine to Asia (Shenzen 9-11 maggio 2024); Vinitaly China Roadshow, Shanghai, Xian, Guangzhou (2-6 settembre 2024); Wine South America a Bento Gonçalves (RS) Brasile (3-5 settembre 2024); Vinitaly USA (Chicago 20-21 ottobre 2024); Vinitaly @ Wine Vision (Belgrado 22-24 novembre 2024).

Malagousia, la Cenerentola greca che profuma di fiori e albicocche


di Carlo Macchi

Incontrare un vitigno che non conosci è sempre una scoperta, se poi quel vino/vitigno viene dalla Grecia è ancora più intrigante e infine se il solito impagabile Haris Papandreou te ne propone quindici campioni in assaggio il cerchio si chiude e, naturalmente si apre la degustazione nella sede di Winesurf.


Il vitigno in questione è la Malagousia, uva riscoperta negli anni ’70 del secolo scorso nella regione di Nafpaktia e per questo chiamata spesso la Cenerentola dei vini greci. Non ci sono molte notizie su quest’uva: pare che a inizio del secolo scorso venisse apprezzata anche per la buona produttività ma che nel tempo fosse stata sostituita da coltivazioni irrigue molto più redditizie. Comunque Vangelis Gerovassiliou assaggiò, spinto dal suo professore di enologia, l’uva e rimase sorpreso dalle sue caratteristiche, decidendo di vinificarla prima nella cantina Porto Carras e successivamente nella sua. Questo lo ha portato ad essere chiamato “il padre della Malagousia” ma soprattutto ad essere stato il primo a produrla e venderla, subito seguito da un buon numero di produttori greci.


La riscoperta di questo vitigno ha portato infatti a (ri)piantarla in molte zone della Grecia (dalla Macedonia alla Tessaglia alla Grecia Centrale) con climi anche molto diversi tra loro. Siamo di fronte ad un vitigno a bacca bianca, dal grappolo piuttosto esteso, che esprime intense aromaticità, specie su note floreali ma anche su sentori di pesca e albicocca. L’acidità non è altissima ma una vendemmia abbastanza precoce gli permette di conservare una sufficiente freschezza. Al contrario di tanti vini bianchi non si percepisce, anche da campioni di zone diverse, note estremamente sapide o saline. Sicuramente dà il meglio di sé nei primi 2/3 anni di vita e quasi sempre viene vinificata in acciaio a temperatura controllata e messa in commercio giovane. Qualche produttore ha provato anche a vinificarla parzialmente o totalmente in legno con risultati interessanti. Molto interessanti sono anche le poche versioni passite dove i sentori di albicocca matura sono quasi inebrianti.


Se volessimo allestire un podio dei quindici campioni degustati il podio virtuale potrebbe essere composto (in ordine sparso) dal Mikrokosmos 2022 di Zafeirakis, con profumi fini che puntano sull’agrume e dalla netta verticalità, dalla Malagousia 2023 elegante e persistente di Tsikrikonis, e dalla Malagousia 2023 di Vangelis Gerovassiliou, con particolari note fumé che affiancano quelle floreali e un corpo di giusta ampiezza.


In generale sono vini che ancora credo paghino la giovinezza di tanti impianti e forse rese un po’ troppo alte dovute anche ad un mercato nazionale che lo richiede sempre più. Sono convinto che tra 6/7 anni potremo trovare delle Malagousia più piene senza rinunciare alla caratteristica principale che è appunto l’aromaticità. Dimostrano comunque ancora una volta che il vino greco combatte alla pari con i prodotti di qualsiasi altra nazione e che le moderne forme di vinificazione sono oramai ben assimilate e comprese a ogni livello.


Dal punto di vista dell’importazione non siamo messi benissimo ma si possono ordinare direttamente in Grecia su vari siti. I prezzi vanno dai 10/11 euro ai 24-25 per le selezioni più importanti. La media è comunque attorno ai 15 e sono sicuramente soldi ben spesi, specie se ci mettiamo il fattore novità.

Mostra mercato dell’artigianato della valtiberina toscana: Paola De Blasi è il nuovo direttore artistico


La 49ª edizione della Mostra Mercato dell’Artigianato della Valtiberina Toscana si avvicina a grandi passi e in attesa del grande appuntamento, in programma nel cuore di Anghiari dal 25 aprile al 1° maggio, siamo felici di annunciare l’ingresso nel Comitato Organizzatore di una nuova figura. Si tratta di Paola De Blasi, nominata Direttore Artistico della manifestazione. È laureata in Scienze Agrarie, abita a Firenze dove lavora nell’ambito della comunicazione nel settore vitivinicolo nello studio Thurner PR (e non solo), è legata al mondo della televisione, è anghiarese a tutti gli effetti e proprio nel borgo tiberino porta avanti “Beba”, l’azienda di famiglia. Un ruolo nuovo ed importante per dare ulteriore slancio alla Mostra Mercato dell’Artigianato della Valtiberina Toscana già nell’edizione 2024 e soprattutto in vista del prossimo anno, il cinquantesimo di una manifestazione che è da sempre riferimento per il settore del fatto a mano e che promuove le eccellenze dell’artigianato, conservandone tradizioni e peculiarità, ma guardando ogni anno di più verso il futuro.


Paola De Blasi è già al lavoro in vista della Mostra 2024 e si è approcciata con entusiasmo al nuovo ruolo. “Ringrazio l’Ente Mostra per avermi affidato l’incarico di Direttore Artistico, per me motivo di grande emozione. L’artigianato è una bella opportunità per Anghiari e per tutto il territorio ed è nostro compito renderlo fruibile e amato dalle nuove generazioni. Per 48 edizioni - ha sottolineato Paola - il nostro paese, grazie alle storiche botteghe situate nel suo affascinante centro storico, è stato custode di un patrimonio immenso. Dobbiamo continuare questo percorso di valorizzazione con una lettura dell’artigianato profonda, compresa e condivisa, capace di far divenire Anghiari e la Mostra non solo custodi, ma anche ambasciatori di un settore che rappresenta tutte le imprese capaci di portare nel mondo la genialità italiana. Necessario raccontare questo con un linguaggio contemporaneo che consenta una lettura attuale delle tecniche moderne, così da mantenere il cuore autentico dell’artigianato per raccontare il futuro. Per questo stiamo aprendo la strada ad attività convegnistica e a laboratori che possano mostrare cosa significa essere artigiani oggi, innalzando sempre di più la qualità, facendo scoprire oggetti di nicchia, dando una prospettiva internazionale alla narrativa di un’arte preziosa, quella del saper fare con le mani, con attenzione all’ambiente e al gusto. Prospettive valide per questa edizione ed in vista della cinquantesima del prossimo anno. L’artigianato è creatività, ingegno e passione: quell’anima che rende i prodotti autentici, unici ed irripetibili. Affinché l’identità italiana non vada persa - ha concluso il direttore artistico - dobbiamo difenderla, facendo appassionare i giovani all’artigianato, come delicato equilibrio alchemico fra tradizione e intelligenza”

Appuntamento da non perdere quindi ad Anghiari con la 49ª Mostra Mercato dell’Artigianato della Valtiberina Toscana. Dal 25 aprile al 1° maggio, per gustare le eccellenze di artigianato e arte in uno dei Borghi più belli d’Italia.

La manifestazione è organizzata dall’Ente Mostra Valtiberina Toscana, in collaborazione con Camera di Commercio di Arezzo-Siena, Regione Toscana, CNA Arezzo, Confartigianato Arezzo, Provincia di Arezzo, Comune di Anghiari, Associazione Pro-Anghiari e Banca di Anghiari e Stia Credito Cooperativo.

Vinitaly 2024, a Verona il festival del vino in programma dal 14 al 17 aprile


Oltre 4mila cantine espositrici da tutte le regioni italiane e da 30 Paesi esteri e più di 30mila operatori internazionali – tra cui i 1200 top buyer da 68 nazioni – , oltre alle delegazioni commerciali dei principali Paesi acquirenti. Si aprirà così domattina alle ore 11 il Vinitaly 2024. In contemporanea, anche la 28ª edizione di Sol, International olive oil trade show, il 25° Enolitech, salone internazionale delle tecnologie per la produzione di vino, olio e birra, e Xcellent Beers, la rassegna dedicata alle produzioni brassicole artigianali, al suo debutto “autonomo” quest’anno.


All’inaugurazione, nell’auditorium Verdi del Palaexpo, interverranno Lorenzo Fontana, presidente della Camera dei Deputati; Barbara Bissoli, vicesindaca del Comune di Verona, Flavio Massimo Pasini, presidente della Provincia di Verona; Federico Bricolo, presidente di Veronafiere; Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale; Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste; Luca Zaia, presidente Regione Veneto; Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, e Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura.

Nel corso dell’inaugurazione verranno assegnati anche i riconoscimenti “Premio Vinitaly International Italia”, “Premio Vinitaly International Estero” e i nuovi “Vinitaly Wine Critics Award” e “Premio Vinitaly 100 anni”.
A seguire, l’inaugurazione dello stand della Regione del Veneto, al padiglione 4. Nella prima giornata di Vinitaly, presente anche Paolo Zangrillo, Ministro per la Pubblica Amministrazione per il taglio del nastro dell’area Piemonte insieme al vicepremier Tajani.

“Se tu togli il vino all’Italia – un tuffo nel bicchiere mezzo vuoto” sarà la ricerca del 56° Salone internazionale del vino e dei distillati per la Giornata del made in Italy, presentata nell’area MASAF del Palaexpo. Lo studio, realizzato dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly-Prometeia, valuta l’impatto in termini socio-economici, culturali, turistici e d’immagine di una eventuale scomparsa del vino dall’Italia, con un focus su 3 territori simbolo dell’economia rurale a trazione enologica: Barolo, Montalcino ed Etna.
Presente il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.
Oltre ai vertici di Veronafiere, intervengono Giuseppe Schirone, principal Prometeia, Carlo Flamini, responsabile dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, Francesco Cambria, presidente del Consorzio Etna, Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio Brunello, Micaela Pallini, presidente di Federvini, e Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione italiana vini.

Vinitaly USA. Nel primo pomeriggio il vicepremier Antonio Tajani visiterà lo stand di Vinitaly USA, dove verrà presentato il nuovo progetto fieristico internazionale targato Vinitaly che debutterà a Chicago il 20 e il 21 ottobre 2024. L’evento è organizzato da Fiere Italiane in compartenariato con Vinitaly, l’Italian American Chamber of Commerce Chicago-Midwest e ICE-Agenzia.

InvecchiatIGP: Tenuta di Fiorano - Fiorano Rosso 1988


di Roberto Giuliani

Mi sono chiesto in più occasioni come mai la Tenuta di Fiorano, per la sua straordinaria storia e per la qualità dei suoi vini, ha fatto una gran fatica a raggiungere quella fama che le competeva a pieno diritto. Non sto qui a raccontare delle vicissitudini storiche della famiglia Boncompagni Ludovisi, ma vi basti pensare che in quel territorio che fiancheggia l'Appia Antica a due passi da Roma, nel 1946 il Principe Alberico ereditò dal padre Francesco una grossa quota delle tenuta, allora costituita da uliveti, pascoli e seminativi, decise di impiantare il primo vigneto, forte di una conoscenza agricola e agronomica, con i vitigni internazionali cabernet sauvignon e merlot, più sémillon e malvasia per fare dei vini bianchi. Prima di chiunque altro, teniamolo a mente! Chiese la consulenza al mitico Tancredi Biondi Santi, che in più occasioni portò con sé il giovane Giuli Gambelli.


Tutto questo si svolgeva in una terra già allora totalmente incontaminata, che così è rimasta fino ai giorni nostri, quindi un bene preziosissimo, perché da subito si è lavorato sempre in biologico, quello serio, ben più bio di quanto prevedano i disciplinari. Allora non era praticamente possibile visitare la cantina, il vino si poteva acquistare solo in loco, pagando in contanti, uno dei pochi che avevano potuto visitarla era Luigi Veronelli, che si innamorò letteralmente di quei vini e contribuì a far sapere al mondo che la Tenuta di Fiorano era la migliore azienda del Lazio.


Poi, per ragioni mai chiarite, il Principe Alberico nel 1998 decise di espiantare tutte le vigne e interrompere la produzione; a nulla valse la proposta di occuparsene da parte del Marchese Piero Antinori (che aveva sposato la figlia di Alberico, Francesca), di cui non condivideva né la filosofia né il modo di produrre vino. Non mi addentro ulteriormente sulle vicissitudini che seguirono, vi dico solo che a prendere le redini dell'azienda fu poi il Principe Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi, che senza alcuna esperienza in campo vitivinicolo, ma colmo di passione e orgoglioso di guidare l’attività di questa storica Tenuta, dagli inizi del 2000 ha ripreso a produrre vino, con le stesse uve che il cugino aveva impiantato 50 anni prima, tranne il sémillon che arrivò un po’ di anni dopo.

 Il Principe-Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi

Poche settimane fa ho avuto il piacere di tornare in azienda e degustare i vini bianchi e rossi prodotti, con una interessantissima verticale del Fiorano Rosso, di cui l'annata 1988 mi ha davvero emozionato.


Assaggiare questo vino mi ha portato al di fuori del solito contesto degustativo in cui analizzi tecnicamente, tiri fuori i sentori, l'acidità, il tannino, no. Qui entriamo in un ambito diverso, perché questo '88 ti solleva dalla sedia di almeno venti centimetri, sto parlando un grandissimo cabernet sauvignon, perfettamente tarato sul terroir d'appartenenza, che ha mostrato una vitalità, un'energia, una ricchezza espressiva davvero esaltanti. 


Alla cieca non lo avresti mai indovinato, 36 anni che non sembrano neanche 10, con quelle sensazioni che rimandano alla macchia mediterranea, agli aghi di pino, alla resina, al ginepro, poi menta, frutto integro che ricorda la prugna e quella componente vegetale che rimanda al peperone ma maturo, direi affumicato. Tanta eleganza e scioltezza da cavallo di razza, e chi se lo dimentica più!

Alfonso Rinaldi - Colline Novaresi Bianco Costa di Sera dei Tabacchei 2021


di Roberto Giuliani

L’Erbaluce di Alfonso Rinaldi (ora nelle sapienti mani del figlio Riccardo) riesce ad emozionarmi ogni volta che lo assaggio.


Il vino profuma di fiori di campo, susina gialla, cedro maturo, pesca, mandorla, un fiume di sensazioni che chiude salino e con una freschezza integrata grazie all’anno in più di bottiglia.