Fiano e Verdicchio, due grandi vitigni italiani, sono stati valutati e comparati poco tempo fa a Roma in una sfida dove l'obiettivo finale era quello di valutare riconoscibilità e capacità di evoluzione dei relativi vini.
Sono state disposte quattro batterie da tre vini, ciascuna caratterizzata da alcuni elementi comuni come annata o territorio. Tutto è stato eseguito rigorosamente alla cieca. Vediamo come è andata?
PRIMA BATTERIA
Il vino è indiscutibilmente irpino. E' ancora chiuso, giovane, escono sottotraccia i fiori, sbuffi vegetali che terminano con una nota fumè e tostata. Bocca nervosa, tesa, progressiva, finale salino. Avrà un bel futuro il Fiano di Avellino 2011 di Ciro Picariello.
Il secondo vino sembra uscito da un quadro di Botero, è largo, godurioso, sa di frutta matura, esotica. Il sorso è morbido, caldo, intenso, quasi masticabile il vino in bocca. Non può che essere un verdicchio e solo un produttore ha questo stile inconfondibile. Trattasi del Verdicchio di Jesi "San Michele" 2010 di Vallerosa Bonci.
Il terzo vino sembra il più evoluto dei tre per delle note autunnali che, a mio parere, cominciavano a farsi notare all'olfatto. E' anche il più minerale con una netta espressione di pietra focaia. In bocca è maturo, morbido, rotondo ma meno boteriano del precedente per un equilibrio che questa volta è più convincente. Verdicchio con qualche dubbio per me stavolta. Scelta vincente. Trattasi di Verdicchio di Jesi "Capovolto" 2010 de La Marche di San Michele. Stesso vitigno e stessa zona di Vallerosa Bonci. Qualcosa vorrà dire..
SECONDA BATTERIA
Tappone per il primo vino che avevo già degustato durante il mio tour irpino. Peccato perchè era un grande Fiano di Avellino, annata 2010, di Rocca del Principe.
Col vino successivo, appena metti il naso nel bicchiere, capisci che si cambia marcia. L'espressione olfattiva è di grande intensità ed eleganza, l'affumicatura prende la forma della torba e per un pò pensi di stare ad odorare un grande whisky dell'isola scozzese di Skye. Poi, col tempo, escono sensazioni di agrumi, zafferano, terra. Bocca immensa, fresca ed opulenta allo stesso tempo, tridimensionale nella progressione al palato. Finale sapido, terroso, infinito. E' un grande Fiano questo. Di nuovo Picariello che non ho riconosciuto al volo perchè non pensavo ad un bis. E' il Fiano di Avellino 2008, da comprare a casse!
Col terzo vino si ritorna verso situazione aromatiche più fruttate anche se questa volta sembra che tutta la materia sia stata infilata all'interno di un contenitore pieno di zucchero a velo. Un profilo "dolciastro" e piacione fa da anticamera ad un sorso stanco che arriva fino ad un certo punto ma poi crolla per mancanza di quella spina dorsale chiamata acidità. Verdicchio senza dubbio per me anche se trattasi dell'ennesima versione di vino "vorrei ma non posso". Colpa del manico? Trattasi comunque di Verdicchio dei Castelli di Jesi "Albiano" 2008 di Marotti Campi
TERZA BATTERIA
Il timbro aromatico a metà tra l'affumicato e il tostato ti riporta inevitabilmente in Irpinia ed in particolare a Summonte. Fiano sicuro al 100%. Oltre ai precedenti descrittore, aprendosi, il vino offre sentori di mela cotogna, limone candito. In bocca si coniugano complessità, potenza e struttura, tutti fili che si intrecciano alla perfezione formando un arazzo territoriale da appendere alle porte di ogni cantina che si rispetti. La 2008 da quelle parti è stata una grande annata e Guido Marsella ha interpretato il suo Fiano di Avellino nel modo migliore.
Il secondo vino ti riporta al mare appena lo annusi, sa di sale e sole per poi lasciare affiorare la ginestra, il fieno, l'anice, l'oliva verde e la pietra focaia. Bocca densa che scorre nel palato lentamente ma inesorabile con i suoi ritorni di agrumi e sale. Persistenza infinita. E' un grandissimo vino, un grandissimo Verdicchio che non puoi non "beccare" alla cieca. Trattasi del Mirum 2007 della Fattoria la Monacesca.
Nel bicchiere contenente il terzo vino metto il naso più volte ma non riesco a capire di cosa si tratta. Venditti direbbe che è "...chiuso come le chiese quando ti vuoi confessare...". L'esperienza mi dice che siamo di fronte a tanta materia che per ora ha i caratteri dell'algidità e della purezza cristallina che a volte prende la forma dei fiori bianchi e a volta quella della mineralità silicea. Bocca marina, salina, tesa, in divenire. E' il vino più faticoso da riconoscere. E' il Fiano di Avellino "Cupo" 2008 di Pietracupa. Da stappare tra un paio di anni per iniziare a godere.
QUARTA BATTERIA
Il vino ha spiccata connotazione ossidativa che a mio giudizio maschera indelebilmente i caratteri del vitigno di partenza che anche i RIS farebbero fatica ad individuare. Appena vedo il tappo della bottiglia, di silicone di scarsissima qualità, capisco che probabilmente lo stato evolutivo avanzato del vino non dipende dall'annata di produzione. La tanta frutta candita al naso e una bocca che pare uscita da un distillato comprato al supermercato non aiutano la degustazione che termina mestamente strappando la carta argentata che copre l'etichetta del vino. A sorpresa è un Verdicchio dei Castelli di Jesi 2007 della Fattoria il Coroncino. Bottiglia sfigata o....?
Il colore farebbe pensare ad un vino appena uscito dalla cantina e anche al naso, linfatico e ricco di mineralità e fragranze di erbe aromatiche, sambuco, agrumi e non so quanta altra roba. Bocca sapida, ammandorlata, appagante, piena e caratterizzata dalla grande persistenza fruttata ed agrumata. Non finisce mai. So che è un verdicchio, è facile individuarlo. Difficile, e mi complimento visto che mi succede di rado, è riconoscere alla cieca il Verdicchio dei Castelli di Jesi "Riserva 2006" di Garofoli. Caspiterina che vino, giovanissimo nonostante sette anni di età. Nel futuro ci riserverà tante sorprese!
Al naso la prima cosa che noti è la grande complessità di un vino che sicuramente ha qualche anno sulle spalle. Naso caledoscopico dal timbro prettamente vegetale, contadino, dove emergono le note di basilico, timo, maggiorana, fieno bagnato. Poi, col tempo, esce la "canna di fucile" a cui seguono sensazione di pesca matura e nocciola. Bingo, siamo in terra di Fiano! Bocca austera, quasi d'antan, che coniuga setosità e floridezza, vivacità e determinatezza. Quando hanno scoperto l'etichetta ho tirato un sospiro di sollievo. Non poteva che essere un grande vino di un grande vignaiolo: Fiano di Avellino Villa Diamante "Vigna della Congregazione" 2006!!
Piccole considerazioni finali: nonostante una maggiore preferenza per il Fiano non posso dire che questi abbia vinto inesorabilmente sul Verdicchio, magari avrà vinto una battaglia ma la "guerra" è ancora lunga e apertissima, per le Marche mancavano all'appello alcuni numeri uno come Villa Bucci o Collestefano che in futuro potranno riequilibrare la sfida, se ti sfida vogliamo parlare.
Intanto, se vi va, provate ad indicare i prossimi contendenti!
Alla prossima
3 commenti:
Gran bel post, letto tutto d'un fiato e con un filo d'invidia...
Per comprarne a casse, il Picariello 2008 bisognerebbe trovarlo :)
La riserva Gioacchino Garofoli 2006 di Garofoli è il miglior bianco italiano degli ultimi anni....non è nemmeno paragonabile a nessun fiano...
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