Un interessante articolo tratto da "Il Sole 24 Ore" su come misurare la competitività dei vini italiani.
Un indice per misurare la competitività del vino italiano. Lo strumento, messo a punto dall'area Research del Montepaschi di Siena, sarà presentato venerdì nella città toscana al forum dedicato alle produzioni enologiche nazionali che è stato organizzato dal gruppo guidato da Giuseppe Mussari. A distanza di pochi mesi dal precedente lavoro sui vini nostrani, l'Area Research ha completato così il percorso iniziato quasi un anno fa indicando gli scenari di prospettiva e producendo uno strumento finanziario nuovo per la filiera italiana.
In cosa consiste lo strumento? L'indice di competitività mostra un'elevata correlazione con il future Liv-ex Fine Wine 100 Index, il principale benchmark dell'industria mondiale del vino, e dunque consentirà di valutare tendenze e prospettive della produzione enologica italiana. Al forum parteciperanno le massime istituzioni italiane, i rappresentanti della filiera vitivinicola nazionale e alcuni fra i più significativi importatori dei mercati internazionali. Che si confronteranno in due tavole rotonde partendo proprio dalla nuova ricerca Mps.
La prima parte del confronto, che proverà a mettere a fuoco le prospettive di questo fondamentale comparto produttivo del made in Italy, vedrà la partecipazione del ministro delle Politiche agricole, Giancarlo Galan, che si soffermerà sugli scenari futuri insieme al presidente di Mps Mussari, al direttore generale di Banca Mps, Antonio Vigni, al presidente di Ente Vini-Enoteca Italiana (che associa oltre seicento produttori), Claudio Galletti, al numero uno di Federvini, Lamberto Vallarino Gancia, e dell'Unione Italiana Vini (Uiv) Lucio Mastroberardino.
Nella seconda parte del forum, si troveranno invece gli uni di fronte agli altri tutti gli attori della filiera commerciale vinicola: dai produttori rappresentati da Chiara Lungarotti amministratore delle "Cantine Giorgio Lungarotti" e presidente del Movimento Turismo del vino), a Etile Carpenè (presidente di "Carpenè Malvolti"), a Giovanni Poggiali (amministratore delegato di Felsina). Per gli enotecari sarà presente Francesco Bonfio, presidente dell'associazione Vinarius che comprende oltre centocinquanta enoteche. Mentre in rappresentanza del mondo della distribuzione interverranno a Siena Marc Taub, presidente della "Palm Bay International" (specializzata nell'importazione di vini e liquori) e Sen Liu, presidente della "Beijing Zhengyuan Youshi Inc".
Nella seconda parte del forum, si troveranno invece gli uni di fronte agli altri tutti gli attori della filiera commerciale vinicola: dai produttori rappresentati da Chiara Lungarotti amministratore delle "Cantine Giorgio Lungarotti" e presidente del Movimento Turismo del vino), a Etile Carpenè (presidente di "Carpenè Malvolti"), a Giovanni Poggiali (amministratore delegato di Felsina). Per gli enotecari sarà presente Francesco Bonfio, presidente dell'associazione Vinarius che comprende oltre centocinquanta enoteche. Mentre in rappresentanza del mondo della distribuzione interverranno a Siena Marc Taub, presidente della "Palm Bay International" (specializzata nell'importazione di vini e liquori) e Sen Liu, presidente della "Beijing Zhengyuan Youshi Inc".
Tra le due tavole rotonde sarà presentato lo studio realizzato dal giornalista enogastronomico e docente universitario Carlo Cambi sul progetto "Mps Tenimenti 1472". Un'operazione che lega l'anno di fondazione della banca ad alcune produzioni di eccellenza delle aziende gestite da Mps Tenimenti: Villa Chigi e Poggio Bonelli nel cuore del Chianti.
3 commenti:
Il pericolo è di valutare il vino solo con strumenti finanziari, senza fare un ragionamento profondo e strutturale sulle strategie qualitative. Chiaramente, si può anche rimanere nell'ottica degli autoelogi recirpoci, dello sbrodolamento. "Come siamo bravi, come è buono il nostro vino". Ma se non vende comunque quale potrebbe essere il motivo? Il consumatore non capisce? No, il cliente ha sempre ragione. I prezzi non competitivi. Questo sicuro, vista l'ipercomptitività del Sudamerica, per esempio. Quindi, se vogliamo ragionare di marketing su estero, non bisogna prescindere da un'identità fortissima italiana. Ovvero, l'unicità dei nostri autoctoni. Sangiovese, Nebbiolo, Aglianico, Verdicchio, etc... E' quello che bisogna vendere all'estero, è quello che può giustificare un surprul di spesa rispetto ai cileni o agli australiani. E guiai a puntare solo sull'ipernicchia (una stella cadente) dei suprtuscan o altro super. Masseto, esempio, un vicolo cieco, secondo me, una scimmiottatura delle strategie per sceicchi dei mercanti francesi...
L'indice è fatto pr il 91% da Bordeaux e l'Italia sarebbe rappresentata solo da Ornellaia, realtà di qualità ma in territorio con poca storia e molta moda (a confronto con Chateau dalla storia bicentenaria...). Che senso ha tutto questo? :-(
Ancora una volta si fa passare il messaggio che il grande vino sia sempre per pochi...
Io credo che se veramente abbiamo una ricchezza di prodotti e di territorio, dobbiamo avere anche la capacità di organizzarne la promozione.
Se il primo aspetto è assodato...il secondo c'ho dei dubbi.
L'indice di competitività può aiutare nella lettura e nella valutazione delle tendenze del momento: uno studio ad adiuvandum.
Ma poi non si può prescindere da una strategia preesistente e che decida di tenerne o non tenerne conto, a seconda degli obiettivi da raggiungere (a breve, medio, lungo termine).
Se vogliamo valorizzare l'autoctono, dobbiamo fare la stessa cosa con il territorio di riferimento. Non è possibile scindere i due aspetti; bisogna metterli in sinergia.
Io credo che sinergie tra produttori rappresentativi di una certa area oppure tra produttori ed altri protagonisti dell'economia di quella stessa area, siano necessarie per aggredire il mercato internazionale; che va affrontato in un certo modo, che non è detto che sia lo stesso con cui si affronta il mercato interno (ma questo è un altro discorso che non fa parte del tema del post).
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