Giobatta Mandino Cane - Rossese di Dolceacqua Vigneto Arcagna 1989

Giobatta Mandino Cane ancora non l'ho incontrato personalmente ma, se giri per le impervie strade di Dolceacqua, non è difficile incontrarlo con la sua bicicletta nonostante abbia superato da un pezzo gli ottanta anni di età.

Da poco tempo ha lasciato la sua attività di produttore di vino, non ce la faceva più a gestire il lavoro e la fatica dei vigneti per tante ore. In Liguria, si sa, la viticoltura è eroica e quelle pendenze potrebbero fiaccare anche i più giovani. La burocrazia asfissiante e la crisi economica, poi, hanno dato il colpo di grazia finale e così, dopo quasi 40 anni, nel 2009, ha deciso di far uscire la sua ultima annata.

Mandino Cane, assieme a Nino Perrino, Mario Maccario, Enzo Guglielmi, Emilio Croesi, Rodolfo Biamonti, Arnaldo Biamonti, Renato Amalberti e Claudio Rondelli (mi scuso se ne dimentico qualcuno) è un vero e proprio caposaldo della denominazione e, senza paura di smentite, posso tranquillamente dire che l'attuale Rossese di Dolceacqua non sarebbe nulla senza il lavoro e la testardaggine di questo gruppo di pionieri che non hanno mai mollato, creando qualità, spesso sottovalutata, nonostante il mondo cercasse di cambiare il loro modo di produrre vino.

Una delle bottiglie della cantina

Si parlava proprio di questo, seduti al tavolo del Ristorante Hotel Terme di Castel Vittorio, mentre scorrevamo la carta dei vini curata da Claudio Lanteri che, amando il territorio più di se stesso, mantiene da anni una cantina "personale" che trasuda amore e storia. Gli avevamo chiesto di poter bere qualche vecchio Rossese di Dolceacqua e lui, col ghigno di chi la sa lunga, ci porta su, tra i vari, il Rossese di Dolceacqua Vigneto Arcagna 1989 di Mandino Cane

Senza passato non c'è presente nè futuro!

Al tavolo ci guardiamo tutti negli occhi. Cluadio legge nelle nostre menti, sa cosa vogliamo perchè ne parlavamo prima...


La sua veste cromatica color "moneta da cinque centesimi" non faceva presagire nulla di buono e anche l'olfatto, almeno inizialmente, non aveva una complessità da strapparsi i capelli. Non demordo e aspetto.

Nel frattempo ripenso a Mandino Cane, chissà cosa penserebbe di noi se sapesse che stiamo qua davanti alla sua bottiglia, estasiati, a contemplare il suo Rossese di Dolceacqua di quasi un quarto di secolo di età....

Amo quando lo scorrere del tempo non inganna le attese.

Il vino dopo circa mezzora si apre, la farfalla esce dalla crisalide e apre le ali. Non è tanto la parte olfattiva a disegnare arcobaleni terziari, quanto la gustativa che colpisce ed incanta per l'assoluta integrità del vino che è ancora scalpitante, pieno di un'energia che riempie il palato corroborato da una vivacità acida commovente. E' un vino che non ha perso ancora la giovinezza: fruttato, minerale e sapido, chiude lunghissimo.

Al tavolo ci guardiamo tutti, siamo quasi commossi e, nel mentre, guardiamo fuori dalla finestra. Vorremmo scorgere un uomo in bicicletta che ha donato al suo territorio, e alla storia, un piccolo grande capolavoro.

Grazie, da tutti noi.

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