Il vino naturale non esiste?!?

I discorsi stanno a zero, ormai quando si parla di vini naturali deve sempre scoppiare la polemica. Se poi questa viene alimentata da un politico, allora son guai seri.

Foto: Sorgente del Vino

Secondo quanto riportato dall'Ansa, Massimo Fiorio, vicepresidente della Commissione Agricoltura dell’attuale Governo Letta, ha annunciato lo scorso 9 settembre una interrogazione parlamentare avente come oggetto i vini naturali sostenendo che:“Occorre fare chiarezza su cosa significa ‘vino naturale’: molte bottiglie con questa etichetta stanno invadendo il mercato italiano. Si tratta di una definizione ad oggi autodisciplinata che rischia di disorientare i consumatori e penalizzare i produttori. Se da un lato la produzione e la commercializzazione di vino ‘naturale’ sta continuamente aumentando (sono nate associazioni di viticoltori, consorzi di aziende e fiere specifiche), gli uffici competenti del dicastero dell’Agricoltura stanno, al tempo stesso, intensificando le indagini e le ispezioni nei punti vendita intimando il ritiro delle bottiglie con tale denominazione. Per questo motivo abbiamo chiesto al ministro Nunzia De Girolamo di assumere una posizione chiara e coerente, per tutelare in primo luogo i cittadini e le aziende del settore: o si definisce una norma specifica per la dicitura ‘vino naturale’ o va vietato, per legge e senza eccezioni, il commercio in Italia di vino che presenti aggettivi, nelle confezioni, negli imballaggio o nelle etichette, riferiti a disciplinari di produzione non ufficialmente regolamentati”.

Ovviamente, non si sono fatte aspettare le repliche: la prima, banale, è che Fiorio è quanto meno disattento visto che da tempo sulle etichette c'è il divieto di scrivere "vino naturale". 

Il caso Bulzoni ce lo siamo già dimenticato?

Anche il sito Puntarella Rossa non si è fatto sfuggire l'occasione di dire la sua intervistando l'amico Antonio Marino de Les Vignerons il quale ha controbattuto in maniera acuta alle parole di Fiorio che ha poi replicato sostenendo quanto segue:"Vorrei tranquillizzare chi ritiene che l'interrogazione nasca dal tentativo di difendere grandi gruppi, anzi nasce dall'esigenza di tutelare produzioni coraggiose. Vedo imballaggi e promozioni che utilizzano la definizione "vino naturale" per vini prodotti in modo convenzionale".

Foto: Puntarella Rossa

Il dibattito, ovviamente, è andato avanti e ha previsto, oltre che la controreplica di Marino, anche due commenti assolutamente intelligenti e condivisibili di Paolo Rusconi e Francesco Romanazzi

Il primo, nel suo intervento, ha chiesto a Fiorio il motivo per cui il termine naturale debba essere vietato solo sul vino mentre in altri prodotti alimentari è assolutamente legale (vedi ad esempio acqua minerale naturale addizionata di acido carbonico).

Romanazzi, invece, ha ribadito un concetto che sento ripetuto spesso dai piccoli vignaioli c.d. naturali:"La regolamentazione è di per sé un'arma a doppio taglio, che potrebbe aprire la strada non tanto all'invasione del naturale di cui parli tu, ma a quella del finto-naturale che temiamo noi".

Anche su Facebook la discussione è stata accesissima e, in questo contesto, mi permetto di trascrivere integralmente quanto scritto da Marilena Barbera, produttrice siciliana di rara saggezza, che ha pubblicato il suo sfogo sul proprio profilo. Da leggere tutto di un fiato..

Gentile Onorevole Fiorio,

io capisco l’esigenza di chiarezza di cui Lei parla, davvero. Poi, però, ho letto le Sue dichiarazioni, come ampiamente riportate dalle agenzie, e ho iniziato a mettere in discussione alcune mie convinzioni.

Pensavo, certo a torto, che il consumo di alimenti con meno additivi o con nessun additivo fosse preferibile al consumo di alimenti cosiddetti “convenzionali”, ai quali – nel caso del vino - può essere aggiunta legalmente (e senza obbligo di dichiarazione in etichetta) una innumerevole quantità di differenti sostanze di sintesi.

Pensavo, e sicuramente mi sbagliavo, che lo sforzo di molti vignaioli nell’offrire un alimento il meno possibile manipolato e il più possibile fedele alla materia prima di provenienza fosse una scelta produttiva da supportare e favorire, in quanto si pone nella direttrice del rispetto del diritto alla salute dei cittadini che la Repubblica Italiana riconosce e protegge (nel caso non lo ricordasse, all’art. 32 – un po’ in fondo, ma vabbé).

Pensavo, e a questo punto dovrò rivedere le mie convinzioni, che l’articolo 2 della nostra Costituzione, postulando il principio dell’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, si riferisse anche al dovere di protezione del ruolo che i piccoli contadini e vignaioli naturali (non me ne voglia, ma un altro termine non lo trovo) svolgono – nel loro piccolo, certamente – nel perseguimento dell’interesse generale per il benessere [alimentare] della nostra nazione.

Ed infine pensavo, ma evidentemente la mia impressione di fondo è sbagliata, che un Paese nel quale si effettuano trivellazioni petrolifere senza i necessari approfondimenti sulle conseguenze per la salubrità dei mari, dove proliferano discariche abusive, dove si installano dispositivi emettenti radiazioni poco o nulla compatibili con la salute, dove si autorizza lo sventramento di montagne, lo scempio di boschi, l’azzeramento di comunità, dove si sottace e si minimizza l’impatto di stabilimenti altamente inquinanti, fosse un Paese nel quale – a dispetto delle enunciazioni di principio - chiunque potesse fottersene, in realtà, dell’altrui salute e benessere.

Per questo mi meravigliano non poco le sue dichiarazioni, perché delle due l’una: o tuteliamo la salute oppure no. Vietare, come riportato, “per legge e senza eccezioni, il commercio in Italia di vino che presenti aggettivi, nelle confezioni, negli imballaggi o nelle etichette, riferiti a disciplinari di produzione non ufficialmente regolamentati” mi pare una sonora stronzata.
Anche se per affermarla Lei ha, non me ne voglia se mi riesce difficile crederci, tirato in ballo il presunto interesse dei piccoli produttori a non subire la (presunta) sleale concorrenza di prodotti importati.





P.S.: ho chiesto allo stesso Fiorio se mi rilascia una dichiarazione sul tema, attendo...

2 commenti:

  1. Non credo si possa aggiungere altro a quello che ha scritto Marilena Barbera, il mercato predatore e di dubbia etica ha già da anni adocchiato la tendenza del consumatore attento. Quello che ancora non hanno capito i legislatori tromboni- fanfaroni-arruffoni e' che la storia li ha superati senza nemmeno mettere la freccia, e che anche noi stiamo andando oltre. La norma che impone gli ingredienti sull'etichetta nel dicembre 2014 sarà estesa anche al vino, a meno di un colpo di scena a questo punto altamente probabile...Nel caso, li vedremo chi e come produce vini con uva e poco altro e chi genera prodotti diversi... Agevolo link: http://www.ilfattoalimentare.it/lettera-ingredienti-vino.html

    RispondiElimina
  2. Grazie Andrea per aver riportato le mie riflessioni.
    Mi scuso soltanto per le due parolacce di contesto, che hai mantenuto (e ti ringrazio), che magari sul mio profilo FB ci stanno e che i miei amici sicuramente accettano, ma che qui potrebbero anche infastidire qualcuno.
    Un abbraccio,
    M.

    RispondiElimina