Enologica, il salone del vino e del prodotto tipico dell’Emilia Romagna, è una manifestazione in continua crescita che dovrebbe essere maggiormente frequentata dai vari enosnob che pensano a questa Regione come il regno del classico sangiovesone da battaglia e del lambrusco da esportazione. A tutti voi dirò questo: VI SBAGLIATE!
Girando tra i vari banchi, ottimamente organizzati e mai con troppa fila, ho potuto apprezzare:
Andrea Bragagni: questo vignaiolo Bio di Brisighella presenta una produzione molto interessante dove spicca il Rigogolo 2008, albana in purezza affinata in tonneau che colpisce per le sue espressioni minerali. Solo magnum.
Fondo San Giuseppe: la piccola azienda di Stefano Bariani si distingue per due vini ancora in affinamento. Il primo è l’ESOR 2010 (85% chardonnay e 15% moscato rosa), un vino prototipo che ha il classico naso floreale del moscato e la bocca fruttata ed intensa dello chardonnay. Un vino double face. L’altro prodotto interessante è il Fiorile 2010, un albana decisamente più netto del precedente che colpisce per un ventaglio aromatico fatto di erba e fiori e per una bocca diretta ed appagante.
Vigne dei Boschi: Paolo Babini conduce questa interessante azienda biodinamica con grande fervore. Tra i vari vini degustati mi ha colpito molto il “16 Anime” 2009, riesling da cloni alsaziani che potrebbe dare notevoli sorprese alla cieca tanto è diretto, fresco e cristallino. In bocca è dotato di personalità e, soprattutto, bevibilità da campioni. Azienda chiocciola Slowine 2012.
Paolo Francesconi: altra azienda chiocciolata Slowine e altre emozioni soprattutto quando il simpatico vignaiolo faentino mi fa degustare il Cördusël, dall’omonimo antico vitigno faentino che Francesconi ha voluto riportare in auge con questo vino fermentato 90 giorni sulle bucce e affinato in barrique per un anno. Il Cördusël non è in vino omologato, ha un naso davvero interessante che varia tra un minerale di sasso e tratti di erbe aromatiche e spezie gialle. Bocca acida, tesa, lunga. Costa pure poco. Un buon vino quotidiano.
Stefano Berti: per molti è “Il Maestro” e non faccio fatica a crederlo quando degusto il suo Calisto 2008, selezione delle migliori uve di sangiovese presenti in azienda con l’aggiunta di un demoniaco 10% di Cabernet Sauvignon che, nonostante il mefistofelico passaggio in barrique, mi è piaciuto moltissimo per il suo essere profondo, verticale, complesso. Ho bevuto anche il millesimo 2007 che, rispetto al precedente, ho trovato più femminile ed avvolgente.
Costa Archi: con Garbriele sono un po’ di parte per cui vi invito a rivedere quanto scritto qua. A parte ciò vorrei segnalare la novità che Succi ha presentato ad Enologica: un’ancellotta in purezza (il nome non lo so) che, nonostante il colore da succo di mirtillo, si fa bere con piacevolezza facendomi cadere più di un pregiudizio. Da aspettare perché in evoluzione continua.
Stefano Berti e Gabriele Succi (Costa Archi) |
Paltrinieri: ovviamente ho voluto provare il Lambrusco di Sorbara Leclisse 2010, un “tribicchierato” con cui si entra subito d’accordo per la sua scarsa banalità e il suo ventaglio aromatico dove giocano sensazioni di rosa, violetta, fragolina di bosco e ciliegia non matura. Bocca sapida, dritta, fresca, davvero un bel bere. Non omologato.
Tenimenti San Martino in Monte: il loro Sangiovese Vigna 1922 è polposo e vellutato ma, a mio parere, manca un po’ di quella complessità e profondità che vigne così vecchie dovrebbero conferire. Forse il sangiovese è troppo “lavorato” prima di finire in bottiglia. Da rivedere.
Podere Pradarolo: questa è stata una vera scoperta avvenuta grazie alle raccomandazioni di due persone eccezionali: Jonathan Nossiter e Pierluca Proietti. L’azienda, situata tra le colline di Parma, è totalmente Bio e produce molti vini degni di nota. Il primo è il Vej 2005 Metodo Classico (100% malvasia di candia), uno spumante metodo classico spiazzante perché è la prima bollicina derivante da vino macerato 270 giorni. Il colore, a metà tra il dorato e l’ambrato, fa da apripista ad un ventaglio aromatico dove, col tempo, possiamo trovare tutti i profumi di ciò che in natura è giallo. Bocca sapida, ruvida, fresca, spiazzante per impatto e tensione. Le sorprese, però, non finiscono qua perché Alberto Carretti, il proprietario, tira fuori il Vej 2005, bianco fermo da malvasia di candia che macera con le bucce per circa 90 giorni. Anche in questo caso la frutta esotica, le spezie orientali, la ginestra e le sensazioni di mieli si fondono in un tuttuno di grande eleganza. In bocca il vino ha freschezza e un tannino talmente vivido che lo vedrei bene su una fiorentina. Passiamo ai rossi.
Il Velius 2006 (barbera 90% croatina 10%) macera circa 90 giorni sulle bucce ed affina in botte grande per oltre 15 mesi. Tutto questo determina un vino dalla grande personalità dove ritrovo appieno la schiettezza e l’irruenza dei due vitigni. Degustata di questo vino anche l’annata 2005 che, per quanto “povera”, ha dato vita ad un vino più elegante ed equilibrato del precedente.
Per finire, con una ottima torta al cioccolato, Alberto ha tirato fuori il Canto del Ciò, un vino dolce ottenuto in ossidazione, botte scolma e interpretato con metodo solera da uve di termarina (vitigno autoctono antico.) appassite al sole. Giuduzio? Assolutamente unico ed inimitabile.
Alberto Carretti - Podere Pradarolo |
Non ho citato Fattoria Zerbina e La Stoppa perché la fila che c’era da fare per bere un po’ del loro vino era talmente importante da schiantare anche uno abituato alla Posta come me….