Volevo conoscere Antonino Barraco da molto tempo, la sua filosofia basata sulla ricerca delle antiche tradizioni vinicole del marsalese mi ha sempre affascinato, soprattutto se penso che Nino è poco più che trentenne, ha la mia età.
Nino Barra in vigna. Fonte: Sorgente del Vino |
Subito dopo aver visitato Marco De Bartoli siamo stati invitati a pranzo a casa sua, l’influenza che lo attanagliava ci ha impedito di calpestare le vigne e la sua cantina ma questo, forse, è stato un bene perché, tra le mura amiche, abbiamo trovato un Nino più intimo, meno formale, un ragazzo con tanti sogni e solide realtà.
Il primo punto fermo dell’universo Barraco si chiama Terra, un patrimonio genetico unico che parte dai vecchi vigneti di famiglia, circa 10 ettari sparsi tra Marsala e le dune sabbiose di Triscina, che sono stati incrementati ultimamente con qualche fazzoletto di terra preso in affitto in zone particolarmente vocate.
Come De Bartoli, anche Barraco ama smisuratamente il Grillo, il vitigno che racconta più di altri la storia della sua terra. Era un vino perso tra le effimere mode, la mano di Nino gli ha ridato dignità e cultura riportandolo a quello che era 50 anni fa. Oltre al Grillo si producono altri tre vini della memoria: lo zibibbo, il catarratto, il pignatello e il nero d’avola.
Vigneto del Grillo |
L’altro punto fermo dell’universo Barraco si chiama Naturalità: uve raccolte rigorosamente a mano, pressatura con torchio idraulico, fermentazione con lieviti non selezionati a temperatura non controllata in silos da 2.500 litri, malolattica svolta anche per i bianchi in modo da ridurre a zero l'uso di solforosa, affinamento in acciaio e poi in bottiglia. Bandite chiarifiche, microfiltrazioni o stabilizzazioni tartariche.
Barraco segue ogni fase della produzione del suo vino, dalla vigna, dove è aiutato dalle sapienti mani del padre, fino alla cantina dove è enologo di se stesso, padre putativo di un prodotto finale fuori dagli schemi e dai facili risultati.
Durante il pranzo parliamo un po’ di tutto, ci svela paure e sogni di un ragazzo siciliano, progressivamente ci apre la sua anima che, come il suo vino, scopriamo essere di forte personalità e coraggio.
Fonte: Terredivite.it |
Ci apre il primo vino, è il suo Grillo, annata 2008, un vino figlio prediletto di vitigni di trenta anni di età distesi su dune di sabbia rossa che, soprattutto d’estate, in vendemmia, diventano roventi e madide del sudore di chi coglie eroicamnete i preziosi grappoli. Questa annata, non particolarmente calda, offre un vino dal grande equilibrio dove la frutta gialla, non troppo matura, ha un carattere salino e iodato di grande fascino.
Lo Zibibbo 2009, altro vitigno a cui Nino ha ridato identità e valore, non è quel vino piacione e stomacante che spesso si è soliti bere anche sulle migliori tavole. Questo vino profuma di moscato, di uva passa, di sale e di terra siciliana ma, come il precedente, ha un vestito fine, sartoriale, che invita continuamente alla beva senza stancare.
Proseguiamo col Catarratto 2009, vitigno della memoria che Nino vinifica magistralmente per offrirci un vino bilanciato, dal carattere minerale, scuro, a cui da contraltare, con l'ossigenazione, emergono le “classiche” note di frutta e fiori gialli. Da applausi la persistenza sapida finale.
Il primo rosso che Nino mette a tavola è il Pignatello 2008, un vitigno che non conoscevo (mea culpa) e che sorprende al bicchiere per la sua anima mediterranea (linea comune in tutti i vini Barraco) giocata su toni di ginepro, cappero, alloro, a cui seguono note di frutta di rovo e sale marino. Bocca imprevedibile, il vino entra succoso, fresco, e chiude intensamente scuro con un finale piacevolmente amarognolo.
L’ultimo vino è il Nero d’Avola 2005, un vitigno tristemente famoso per essere stato sputtanato dai tanti che, per seguire facili e temporanei guadagni, hanno piantato il vitigno anche dentro la tazza del water. Con Barraco si ritorna al passato, ad un vino territoriale fatto con amore e passione per la qualità totale. Quello che degustiamo è un grande nero d’avola, scuro, mediterraneo, cangiante, dotato di ottima freschezza e grandissima bevibilità, totalmente diverso rispetto a molti suoi "fratelli illegittimi". Esperienza unica.
Questo post mi riporta all'ultima estate trascorsa in Sicilia, dove ho gustato un buon Grillo di Mozia anno 2009 Tasca D'almerita e un buonissimo Zibibbo consigliatomi dal sommelier nel Ristorante di Pino Cuttaia a Licata, di cui però purtroppo non ricordo la casa vinicola. Sono due vini che ho molto gradito e, dalla descrizione che fai della cura e passione con cui questo giovane viticoltore tratta i suoi vitigni, credo che la sua cantina offra ottimi prodotti. Spero di poterli degustare al più presto.Ciao! Pina
RispondiEliminaCiao Andrea, bel post, e grandi davvero i vini di Barraco.
RispondiEliminaA presto!
Gabriele
Grandissimo Nino, non vedo l'ora di rivederlo sabato ad Agazzano... e per il resto quoto tutto quello che hai scritto: un esempio di un grande vignaiolo d'antan di 30 anni... ;-)
RispondiEliminaCiao
Mirco