Piovene Porto Godi e il suo Sauvignon


di Lorenzo Colombo

Una famiglia radicata sul territorio dei Colli Berici da tempo immemorabile, e già d’allora dedita alla coltivazione della vite, quella di Alessandro Piovene Porto Godi, colui che ha dato il nome all’azienda. Una mappa catastale del 1584 mostra infatti un embrione dell’attuale azienda agricola, allora proprietà di Flavio Barbarano, che per discendenza diretta è arrivata agli attuali proprietari.

vecchia foto

Una proprietà famigliare in tutti i sensi dunque, che vede coinvolti nell’attività produttiva, spesso figli e nipoti di precedenti dipendenti.
La cantina è situata in una grande e complessa struttura, che comprende anche la villa padronale, tutto qui porta il segno del tempo che passa.
Il cambio di passo nella produzione si colloca all’inizio degli anni novanta, e vede impegnate le nuove generazioni. Rinnovamento dei vigneti e dei sesti d’impianto con grande attenzione all’ambiente e netto interesse per il vitigno locale, il Tai Rosso, prodotto in diverse versioni, tra cui quelle concepite per un lungo affinamento.


L’azienda ora dispone di oltre 220 ettari, ventotto dei quali vitati, diverse le varietà coltivate, dal già citato Tai Rosso (attuale nome dato al Tocai Rosso), sino agli internazionali Cabernet Franc e Sauvignon e Merlot.
Questo per quanto riguarda i vitigni a bacca rossa, tra quelli a bacca bianco troviamo Garganega, Pinot bianco e Sauvignon, quest’ultimo frutto della nostra degustazione.
In realtà di Sauvignon se ne producono due: il Fostine (Colli Berici Doc) ed il Campigie (Igt Veneto).


Il primo viene ottenuto da un singolo vigneto policlonale, sitato in pianura (30 metri slm l’altitudine), esposto a sud-est su suolo calcareo, con densità di 4.000 ceppi/ettaro, i vigneti sono stati impiantati parte nel 1986 e parte nel 2002. Fermentazione ed affinamento avvengono in acciaio. Circa 11.000 le bottiglie prodotte annualmente.

Assai diverso il Campigie, che viene affinato in barrique ed è ottenuto dalla raccolta di uve sovramature in un vigneto policlonale situato a Toare di Villaga, sede dell’azienda, esposto a sud, su suoli calcarei ad altitudini variabili tra i 30 ed i 70 metri slm, densità d’impianto di 5.000 ceppi/ha e vigneti impiantati nel 1986 e nel 2003. La fermentazione avviene in acciaio mentre l’affinamento in barriques di diverse essenze (acacia e rovere) per sei-otto mesi e per almeno altri sei in bottiglia. La produzione è di circa 4.000 bottiglie/anno.


Di quest’ultimo vino abbiamo assaggiato tre diverse annate ed a colpirci particolarmente sono state la 2015 (strepitosa) e la 2003, dalla quale non ci aspettavamo certamente tanta freschezza.


Due vini con espressioni aromatiche assai diverse, come potete leggere nelle sintetiche note di degustazione.

Vigneto Fostine 2017
Il colore è paglierino-verdolino. Intenso al naso, vegetale, con sentori di pompelmo e sedano. Fresco alla bocca, con bella vena acida, vegetale, tornano i sentori di pompelmo, buona la persistenza.


Campigie 2016
Color paglierino luminoso. Di buona intensità olfattiva, sentori di melone, pompelmo maturo, frutto tropicale, accenni vegetali e leggere note tostate che rimandano al caffè.


Campigie 2015
Color paglierino-verdolino luminoso. Intenso al naso, presenta note boisée, sentori di melone maturo e frutta tropicale. Strutturato, elegante, tornano i sentori di melone maturo, buona la persistenza.

Campigie 2003
Paglierino, con riflessi oro verde, luminoso. Intenso al naso, accenni di verdura, sedano, leggere note di legno. Buona la struttura, il vino è ancora fresco, verticale, con lunghissima persistenza. In ottima forma, considerando l’età, anche se ci pare si sia espresso meglio alla bocca che non al naso.


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