Boccadigabbia: dal paradiso all'inferno e ritorno

Elvidio Alessandri, Elvio per gli amici, cuore e anima di Boccadigabbia, mi aspetta a Contrada Castelletta di Fontespina (Civitanova Marche) un sabato mattina dello scorso luglio. L'estate è calda, sono le dieci e già la temperatura si attesta sui 33° per cui, dopo aver dato uno sguardo alle vigne, decidiamo di non farci del male ulteriormente ed entriamo all'interno della cantina con annessa sala degustazione.


Mentre scrivo questo articolo ripercorro con Elvio, produttore dalla simpatia contagiosa, la storia della sua azienda agricola che già esisteva nel XIX secolo in quanto facente parte dei poderi dell'Amministrazione Bonaparte di Civitanova che al tempo erano divisi in 110 colonie organizzate in tre fattorie, autonomamente amministrate, situate in località Piane di Chienti, Asola-Poggio Imperiale e Fontespina. Ad ogni podere venne assegnato un nome, alcuni dei quali richiamavano antichi toponimi come ad esempio Boccadigabbia.


La gestione della tenuta andò avanti, con alterne vicende, fino alla Seconda Guerra Mondiale, poi le nuove leggi, i nuovi rapporti di lavoro e lo spopolamento delle campagne hanno portato all’inevitabile decadenza dell’Amministrazione Bonaparte con il conseguente smembramento del latifondo e la vendita progressiva dei singoli poderi uno dei quali, Boccadigabbia, venne acquistato nel 1956 dalla famiglia Alessandri direttamente da Sua Altezza Imperiale il Principe Luigi Napoleone Bonaparte. 

Gli anni successivi vedono l'azienda dedicata alla produzione di uva da tavola ma è solo negli anni '80, quando Elvio prende le redini della proprietà, che arriva la vera svolta per Boccadigabbia grazie a notevoli investimenti sia in vigna (reimpianto accanto alle uve autoctone di vitigni francesi un tempo coltivati dall'Amministrazione Bonaparte  come cabernet sauvignon, merlot e pinot nero) sia in cantina grazie all'aiuto di un vero enologo (Fenocchio) e alla sostituzione del vecchio torchio con una pressa orizzontale di ultima generazione.  


Arrivano poi gli anni '90, quelli del successo e della fama grazie a vini come l'Akronte, cabernet sauvignon in purezza, che tra il 1992 e il 1998 prende per sei volte i Tre Bicchieri del Gambero Rosso lanciando Boccadigabbia nel firmamento delle più celebrate aziende vitivinicole italiane la cui popolarità non fa certo fatica a travalicare anche i confini nazionali. Nel 1996, inoltre, si pone in essere un ulteriore sforzo finanziario acquisendo la Tenuta Villamagna Floriani, situata sulle colline di Montanello, nei pressi della città di Macerata, dove si coltivano, per una estensione di oltre 20 ettari, vitigni autoctoni quali montepulciano, sangiovese, maceratino e verdicchio.

Elvio Alessandri

Sembrerebbe una storia a lieto fine quella di Elvio Alessandri ma il destino è beffardo e così, grazie anche ad un mercato che cambia puntando decisamente sul Verdicchio a scapito di vini rossi strutturati e segnati dal legno, gli anni 2000 vedono Boccadigabbia lentamente ma inesorabilmente ridiscendere la scala della popolarità fino ad arrivare ad uno stato di crisi profonda il cui punto più basso è stato segnato dalla tragica scomparsa di un importante collaboratore aziendale e, successivamente, da profonde ed insanabili incomprensioni col consulente enologo. 

la cantina

Così, per un po', Boccadigabbia sparisce dai radar delle guide e dalla penne dei critici enogastronomici. Durante questo periodo, però, Elvio non sta con le mani in mano e, passo dopo passo, prepara il suo riscatto e ridisegna la seconda vita della sua azienda grazie all'inserimento a tempo pieno di suo figlio Lorenzo e all'aiuto di nuovi consulenti come Luca Severini (agronomo) ed Emiliano Falsini (enologo) che affiancherà Francesco Pennesi nella gestione della cantina. 
Con il peggio ormai alle spalle, la famiglia Alessandrini e tutto il suo staff oggi gestiscono circa 23 ettari di vigneti divisi tra i poderi di Civitanova (vitigni internazionali) e Macerata (vitigni locali) dai quali si producono, grazie a due cantine separate in base al territorio di appartenenza, circa 100.000 bottiglie divisi in 11 etichette diverse.

le  botti

Con Elvio, che nel frattempo mi confida di voler scrivere un libro chiamato "Memorie di un vignaiolo pentito", degustiamo i suoi vini più rappresentativi iniziando dal Garbì 2015, un Marche IGT Bianco a base di chardonnay (40%) sauvignon (40%) e verdicchio (20%) la cui prerogativa è l'assoluta piacevolezza beva che, sono certo, metterà d'accordo neofiti ed esperti i quali potranno altresì apprezzare la notevole scia sapida finale che rende questo vino assoluto compagno di tavole estive dove il pesce la fa da padrone.


Le Grane 2015 è una ribona in purezza il cui che Elvidio Alessandri fermenta una seconda volta (fare le grane) attraverso l’aggiunta di uva surmatura. Il vino si caratterizza per un una buona struttura a cui segue, come una sorta di timbro di fabbrica, una vena sapida di ottimo profilo. Piccola curiosità: l'uva ribona, chiamata localmente anche uva montecchiese, greco maceratese o uva stretta è considerata, da recenti studi del DNA, uno dei papà del "moderno" verdicchio. Inoltre, le uve utilizzate per questo vino sono coltivate nella antica contrada Montanello di Macerata, dove Pietro Paolo Floriani, uomo d´arme e architetto militare famoso per aver progettato la rocca Floriana di Malta, fece piantar vigne fin dal 1626. 


Il Rosèo 2015, da uve montepulciano e sangiovese, viene ottenuto tramite assemblaggio dei due mosti di vino e il taglio ottenuto viene fatto fermentare in tini di acciaio inox. Il risultato è un vino giovane e dinamico che col brodetto marchigiano, provato personalmente, trova la massima sublimazione.

Il Rosso Piceno 2013 (montepulciano 50%, sangiovese 50%) è un vino di impatto dotato di importante corredo fruttato e caratterizzato da sorso deciso nobilitato da tannini di nobile trama. Durevole persistenza su note boisé. Nota tecnica: il vino affina in barrique di rovere francese di secondo e terzo passaggio per 10-12 mesi. 


Il Saltapicchio 2012 è un sangiovese in purezza che assume la territorialità marchigiana e si esprime su note olfattive di marasca e tabacco a cui segue un attacco morbido e dai tannini vellutati. Finale piacevole e delicatamente speziato. Nota tecnica: il vino affina in barrique nuove o di secondo passaggio per un periodo di 14-16 mesi, quindi viene imbottigliato e conservato per almeno sei mesi in azienda prima di essere immesso al consumo. 


Il Pix, merlot in purezza degustato nell'annata 2012, assieme all'Akronte è un altro di quei vini che negli anni '90 sono stati uno zoccolo duro della mia cantina e che oggi, dopo vari anni di assenza dal mio palato, ritrovo con grande soddisfazione perchè, alla fine, nulla pare mutato in questo vino che resta sempre un ottimo esempio di come un vitigno internazionale come il merlot possa ben esprimersi in zona marchigiana regalando un vino affatto banale pur essendo, grazie alla sua notevole carica estrattiva, decisamente fuori moda. Se noi ,(presunti) comunicatori del vino, ci togliessimo certe puzzette sotto al naso non potremmo non scrivere che questo è un grande merlot italiano. Con grande pace dei francesi.... Nota tecnica:  dopo la macerazione sulle bucce in fermentazione, il vino viene al più presto messo in barrique nuove dove porta a compimento la malolattica e dove rimane per un periodo che va dai 12 ai 15 mesi.


L'Akronte 2012, 100% cabernet sauvignon, rappresenta senza dubbio il vino simbolo di Boccadigabbia e, sicuramente, è una delle più importanti scommesse vinte da Elvio che ha sempre creduto, contro tutto e tutti, nell'assoluta dignità storica dei vitigni francesi nel territorio maceratese. Se qualcuno pensa ad un cabernet didascalico caratterizzato dalle pirazine dovrà ricredersi perchè questo Akronte è tutt'altro che scontato dimostrando carattere, profondità e finezza gustativa grazie ad un corpo imponente a cui fa da contraltare una sapidità inappuntabile e una persistenza sbalorditiva. Lo diciamo o no che anche questo è un grande cabernet sauvignon italiano? Nota tecnica: dopo una lunga macerazione delle bucce in fermentazione, il vino viene maturato in “barriques” nuove di rovere francese a media tostatura per 18-20 mesi e quindi imbottigliato per essere conservato in azienda alcuni mesi prima dell’avvio alla vendita. 


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