Il Fiano fuori il Fiano: Irpinia, Cilento, Sannio, Basilicata e Puglia - Garantito Igp

l Fiano fuori il Fiano: ossia tutto quel che c’è di buono fuori l’areale della docg riconosciuta nel 2003 e che copre quasi tutta la provincia di Avellino. Il motivo di questa piccola mappa è nel successo stesso del Fiano maturato in questi anni, ma anche nella curiosità di capire come si comporta in territori più caldi e, soprattutto, quando è piantato su suoli che non hanno origine vulcanica come il Cilento.

Tracce di questa uva, infatti, si trovano sparse sin dagli anni ’70 nel Beneventano, in parte nel Cilento dove è stato spesso confuso con il Santa Sofia, soprattutto in Puglia dove entra in piccole percentuali in molte doc senza però mai diventarne protagonista.

In primo luogo il Fiano fuori il Fiano è già in provincia di Avellino: coltivato da alcuni produttori impegnati nella coltivazione di quest’uva nella doc Irpinia che copre, questa sì, tutta la provincia di Avellino. Qui molte piccole cantine pur di presentare la gamma completa acquistano uve e si presentano con la Trimurti Bianca pur senza avere le vigne: Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Falanghina Sannio dop un po’ come le aziende conserviere di pomodori presentano pelati, cubettato e polpa.  Molti consumatori, rappresentanti, enotecari e ristoratori primi attori di questa catena di incoltura enologica, vedono la fascetta e danno per acquisito che il vino docg di Fiano di Avellino e di Greco sia di per se migliore del Fiano doc. Come in effetti dovrebbe essere.
Invece no. Può capitare di avere aziende che coltivano proprie uve invece  di acquistare e che hanno anche il coraggio, direi la lungimiranza, di affrontare il mercato dicendo la verità. E le belle sorprese non mancano.

Il fiano di Tenuta Macellaro

Citiamo dunque con piacere i Fiano Irpinia doc di Antico Castello a San Mango sul Calore, Casefatte di Boccella a Castelfranci (lavorato in legno grande) e Sequoia di Fonzone a Paternopoli. Sono nella docg ma non hanno fascetta i due Fiano di Cantina del Barone, il Fiano Paone e il Fiano Particella 928 a seguito di una querelle con la commissione di assaggio della Camera di Commercio, il Fiano JQN Piante a Lapio di Joaquin a Montefalcione. In questa pattuglia è entrato a far parte anche Pasqualino di Prisco con un Fiano prodotto da propie uve a Fontanarosa. Fiano di alta, altissima quota, Il Don Chisciotte di Zampaglione a Calitri sui 650 metri, e Arenara di Cianciulli ad Andretta che tocca gli 800 metri.
Infine ci sono gli assolo di Cantina Giardino ad Ariano Irpino (Gaia e Sophia), non sempre prodotti, improntati alla filosofia biodinamica e che regalano incredibili emozioni con il passare del tempo.

Chi ha adottato il Fiano con maggiore convinzione dopo Avellino è la provincia di Salerno, in particolare l’area a Sud compresa tra la dop Cilento e la Igt Colline Salernitane. Non ci sono studi sulle origini, ma a memoria si ricorda che sicuramente già negli anni ’70 c’erano impianti di fiano le cui uve venivano poi messe insieme a trebbiano, malvasia, moscato e Santa Sofia. In realtà è nella metà degli anni 90 che il Fiano inizia ad essere caratterizzante del bianco di territorio grazie alla spinta decisa di Viticoltori de Conciliis  (Perella, Antece, Donalluna) e Maffini (Kratos e Pietraincatenata) subito seguti da Alfonso Rotolo a Rutino (Fiano e Valentina). Fuori dal suolo vulcanico e in un ambiente decisamente più caldo, il Fiano mostra propensione al floreale e alla frutta esotica ed è in questa direzione che poi evolve nel tempo a differenza di quello irpino, maggiormente caratterizzato da note di idrocarburi. Oggi tutti i produttori dell’areale cilentano hanno uno o più Fiano: Albamarina a Futani è quella più alta, Barone a Rutino, Botti, Marino, Polito e Verrone ad Agropoli, Casebianche a Torchiara (da cui nasce La Matta, versione terrona dei colfondo), Cobellis a Vallo della Lucania, Di Bartolomeo a Castellabate Donnaclara a Licusati di Camerota, Di Bartolomeo e San Giovanni a Castellabate, Tenuta Macellaro a Postiglione e I Vini del Cavaliere a Paestum e San Salvatore a Giungano.
I produttori hanno ottenuto l’introduzione della dicitura Fiano della dop Cilento, ma molti utilizzano la igp Paestum. In sostanza parliamo di una settantina di ettaro e circa 350mila bottiglie: una realtà territoriale piccola ma compatta.
Per restare in provincia di Salerno, c’è Fiano anche nelle colline della Piana del Sele: Melodia e Coccinella di Casula Vinaria a Campagna, Luna Rossa a Giffoni Vallepiana che si contraddistingue per il Quartara, fiano in anfora, Casa di Baal a Montecorvino Rovella e, nel comune di Salerno, il Fiano di Mila Vuolo, di lungo invecchiamento, più vicino a quelli irpini per clima e suolo.


In Provincia di Benevento, il Fiano è ben presente nelle grandi realtà come Cantina La Guardiense, Cantina di Solopaca, Cantina del Taburno, Vinicola Titerno, ma le attenzioni sono quasi tutte dedicate, come è logico che sia, alla Falanghina che da sola copre la metà della produzione. E infatti i vigneti coltivati sono poco più di quelli di Salerno, circa cento. Comunque è diffuso in tutta la Valle Telesina e sul Taburno. Lo producono Oppida Aminea dei fratelli Muratori nel comune capoluogo, Fosso degli Angeli, che ritarda di un anno l’uscita  del Fiano Dulcis, e Terra dei Briganti a Casalduni, Fontana delle Selve a Castelvenere, Cautiero a Frasso Telesino, Aia dei Colombi, Corte Normanna e Terre Stregate a Guardia Sanframondi, Fontanavecchia a Torrecuso. Non mancano delle piacevoli sorprese, soprattutto quando si insiste sulla freschezza e la sapidità, ma la verità è che la stragrande maggioranza dei produttori non ci crede fino in fondo.


In Basilicata il fiano è una testimonianza, la vigna più antica fu piantata negli anni ’80 dal padre di Sara e Luca Carbone a Melfi. C’è poi il Fiano Biancorte di Paternoster e il Sophia di Basilisco che però ha un 5 per cento di traminer. Un peccato perché le condizioni climatiche, l’altezza e il suolo renderebbero il Vulture una zona sicuramente vocata ai bianchi, ma praticamente nessuno ci crede sino in fondo e con convinzione. Tra l’altro c’è la presenza del Moscato e della Malvasia che qui trova espressioni davvero interessanti.

Discorso simile in Puglia, dove il Fiano deve vedersela con l’irresistibile ascesa della falanghina in Daunia, il Minutolo, il Moscato, la Malvasia, la Verdeca, e il Bombino oltre che con i vitigni internazionali. A Corato ci hanno creduto Roberto Perrone Capano con l’azienda Santa Lucia che regala sempre belle espressione di Gazza ladra, Torrevento con Matervitae. A Lucera la Marchesa produce Il Capriccio della marchesa mentre Tormaresca a Minervino presenta il Roycello. Nel Salento interessanti il fiano Alticelli di Cantele, il Fiano di Schola Sarmenti, Angiò di Leone De Castris.
Vi lasciamo con il classico più classico di Fiano fuori dal Fiano, il Cometa di Planeta in Sicilia.


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