Luigi Tecce è un personaggio affascinante ed al tempo stesso controverso all'interno del mondo del vino, vuoi per il suo modo di essere anarchicamente e filosoficamente controcorrente, vuoi per alcuni fatti di cronaca relativi alla sua vita privata che in passato lo hanno portato, suo malgrado , alle luci della ribalta.
C'è una cosa, però, che mette d'accordo critica e pubblico quando si parla di Tecce: il suo Aglianico. Territoriale, razionale, per certi versi arcaico, bere il vino è indiscutibilmente un'esperienza unica, pura poesia contadina.
Se lo passi a trovare a Paternopoli, così come abbiamo fatto noi, ti aspetti di incontrare quel personaggio sopra le righe che tutti decantano ed invece ti trovi di fronte una persona umile, per certi versi timida, che ama profondamente il suo lavoro che, a partire dal 20 marzo 1997, giorno della morte di suo padre, lo ha richiamato alla Terra che in precedenza aveva trascurato per incarichi ben diversi e più formali.
Tecce, da dietro i suoi occhialetti da sole, ci studia per un pò, gli basta poco per capire che siamo lì per scoprire il suo mondo e non per misurare i suoi atteggiamenti.
Rassicurato, ci porta subito in nella "sala di affinamento". Varcare la (malandata) porta di legno verde significa entrare all'interno di una macchina del tempo che ci trasporta all'interno di una vecchia cantina dove tutto, a partire dall'odore, trasuda storia e vecchie tradizioni contadine.
Ci troviamo in un ambiente composta da pietre scalfite dal tempo, vecchi attrezzi agricoli ritrovati in loco ed appesi alle pareti, botti di legno, angoli bui e un tavolo per sedersi, bere, e riflettere sui comportamenti della Natura...e dell'Uomo.
La cantina |
Tecce è uno sperimentatore e il suo essere "contro" certi schemi lo si nota appena gli domanda su come vinifica il suo Poliphemo.
Mi guarda, con aria trasognante, e mi dice: "Dipende, ogni anno posso cambiare metodo, l'uva che raccolgo non è sempre la stessa, ci sono tante variabili che entrano in gioco che, spesso, mi fanno adottare metodi di affinamento diversi. Un esempio è l'annata 2009 del Poliphemo: il vino non è stato affinato in tini di castagno ma in botti grandi da 50 hl appena arrivate da Gamba. Stessa cosa per la 2008 dove usavo in vario modo i tini di castagno e così, sempre per farti un esempio, per l'annata 2007 dove metà Aglianico l'ho affinato per 24 mesi in carati da 500 litri (nuovi per i primi 12 mesi) mentre l'altra è andata in tonneau di rovere. La 2006? Ho usato i carati da 500 ettolitri per un quarto di nuovo passaggio mentre per il millesimo 2005 l'invecchiamento è stato di di 12 mesi in carati nuovi per il 40%, e in barrique e carati di secondo e terzo passaggio per il restante 60%".
Il DNA del "personaggio" Tecce è ben ricompreso in quelle frasi che sembrano una vera e propria confessione di irrequietezza ma anche di sensibilità perchè solo chi calpesta la vigna ogni giorno, solo chi conosce la sua Terra come suo figlio, può prendere per mano la Natura e condurla sempre verso risultati affascinanti, a volte grandiosi.
Ovviamente, ogni botte che troviamo in cantina è un mondo a sé stante visto che al suo interno possiamo trovare vino proveniente da viti giovani oppure dal vigneto storico a raggiera del 1930, vino che a sua volta può essere racchiuso all'interno di legni di varia grandezza, provenienza ed età.
Mi guarda, con aria trasognante, e mi dice: "Dipende, ogni anno posso cambiare metodo, l'uva che raccolgo non è sempre la stessa, ci sono tante variabili che entrano in gioco che, spesso, mi fanno adottare metodi di affinamento diversi. Un esempio è l'annata 2009 del Poliphemo: il vino non è stato affinato in tini di castagno ma in botti grandi da 50 hl appena arrivate da Gamba. Stessa cosa per la 2008 dove usavo in vario modo i tini di castagno e così, sempre per farti un esempio, per l'annata 2007 dove metà Aglianico l'ho affinato per 24 mesi in carati da 500 litri (nuovi per i primi 12 mesi) mentre l'altra è andata in tonneau di rovere. La 2006? Ho usato i carati da 500 ettolitri per un quarto di nuovo passaggio mentre per il millesimo 2005 l'invecchiamento è stato di di 12 mesi in carati nuovi per il 40%, e in barrique e carati di secondo e terzo passaggio per il restante 60%".
Il DNA del "personaggio" Tecce è ben ricompreso in quelle frasi che sembrano una vera e propria confessione di irrequietezza ma anche di sensibilità perchè solo chi calpesta la vigna ogni giorno, solo chi conosce la sua Terra come suo figlio, può prendere per mano la Natura e condurla sempre verso risultati affascinanti, a volte grandiosi.
Ovviamente, ogni botte che troviamo in cantina è un mondo a sé stante visto che al suo interno possiamo trovare vino proveniente da viti giovani oppure dal vigneto storico a raggiera del 1930, vino che a sua volta può essere racchiuso all'interno di legni di varia grandezza, provenienza ed età.
Ci viene spillato Aglianico da un pò tutte le botti, ognuno sorso ha le sue caratteristiche e, se provi a chiedere come riuscirà a dipanare questo mosaico etereogeneo, Tecce ti risponderà con un sorriso ed una pacca sulle spalle. Tutti noi, in quel momento, abbiamo capito che, tra i vari, ha anche il pregio di esser alchimista.
Ci accomodiamo nella piccola sala degustazioni/cucina attigua alla cantina. In mano ha una bottiglia di Poliphemo 2009, un vino che in Rete, e non solo, ha fatto discutere e dividere la critica perchè giudicato "diverso" o "strano".
Chiedo a Luigi di parlarmi di questa annata e del suo vino e, tagliando una fetta di una splendido salame che ha tirato fuori da chissà quale anfratto della stanza, mi risponde semplicemente che:"....questa annata ha tirato fuori un aglianico di terra, materiale, maschile, irruento!"
Ovviamente non ha torto, al naso si fa notare per la sua austerità e ritrosia essendo tratteggiato da aromi a connotazione scura di ciliegia nera, rabarbaro, china, liquirizia e cenere. Assaggio dove emerge la struttura e la nervosità del vino che rimane duro, sapido, con sostenuta acidità e progressione. Esemplare e rigoroso, solo il tempo ci dirà quanto è grande questo vino.
Il tempo di degustare due "sperimentazioni fuori commercio" come l'Acquerello (vino di origine medievale bevuto dal popolo ottenuto aggiungendo acqua alla poltiglia delle vinacce) e un passito realizzato con un blend di moscato, fiano, greco e coda di volpe.
Sala degustazione |
Non gli stai appresso, nemmeno quando si alza di colpo e con passo deciso ci porta a visitare la sala di fermentazione che dista pochi metri da noi.
Appena si entra si notano subito i vecchi tini di castagno scolmi dove avviene la fermentazione senza ausilio di lieviti selezionati e senza controllo della temperatura. Le follature, come si vede anche dalle foto, sono totalmente manuali e....ben vigorose.
Vasche di acciaio |
Botti di fermentazione |
Le cinque vasche di acciaio, usate per stabilizzare il vino dopo che è stato tolto dalle botti, rappresentano le solo attrezzature "moderne" presenti in sala.
Tecce prende un bicchiere e si avvicina ad una di queste. "Ti faccio sentire il Poliphemo 2010. Se il 2009 era terrestre, questo sarà....celeste"
Aveva ragione, questo Aglianico è spiazzante, già dal colore più trasparente sembra un altro vino. Al naso ti vengono in mente gli odori del grandi vini piemontesi con questa scorza di arancia, il timo e la violetta a definire dei contorni olfattivi che mi fanno ricordare il Barolo di Mascarello. Nonostante sia ancora in affinamento, al gusto è fine e proporzionato, con tannini già ben definiti e dolci e una progressione commovente.
Il Poliphemo 2010 sarà, se tutto rimane così, un grandissimo vino. Tecce ha ancora voglia di sbalordire, statene certi!
Senza dimenticare le splendide etichette delle sue bottiglie (disegni di Vinicio Capossela) e, soprattutto, le retroetichette, con l'indicazione di tutti quegli “accorgimenti", del tutto legali,che Luigi Tecce non usa nei propri vini.
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