Sulla critica del vino e sulla "dittatura della democrazia virtuale".


Non si fa in tempo a commentare la triste vicenda che ha visto condannato Gaetano Manti, direttore responsabile delle riviste «Bere» e «Il mio vino», al pagamento di 15.000 euro nei confronti di Paolo Scavino per una "recensione" sopra le righe nei confronti del Barolo Rocche dell’Annunziata Riserva 1997, che Bibenda7 se ne esce stamani con un articolo dove riprende il pensiero di Denis Dubourdieu secondo cui per fare un grande vino c’è bisogno di quattro fattori: vignaioli all’altezza, commercianti capaci di vendere, consumatori che lo vogliano acquistare e critici del vino in grado di valutarlo.  

Il problema è che oggi, per Dubourdieu, tra blogger e social network, chiunque dà il proprio giudizio, anche senza averne la minima competenza, ed il giornalista del vino, complice la crisi della carta stampata, gioca un ruolo sempre più secondario, fin quasi a scomparire, lasciando “solo” il consumatore. 
La salvezza? Passa per una ridefinizione dell’arte della critica che “scongiuri la dittatura di una democrazia virtuale”

Dubourdieu. Fonte: Pignataro wine blog
Ovviamente Bibenda, che fa capo a Ricci, sposa la tesi di Dubourdieu, cioè i consumatori e gli appassionati di vino non hanno il diritto di parlare e, nel caso, di criticare il vino. Solo loro, i giornalisti della carta stampata, gli eletti, possono farlo.

Sapete cosa mi chiedo? Ma non è che vi sta rodendo il culo (scusate per il rodendo) perchè le vostre posizioni di privilegio, i vostri viaggi pagati, le vostre camere in alberghi di lusso, le vostre cene d'elite, si stanno dissolvendo come nebbia al mattino?

Ridicoli!!!

Questa, riporto sempre da Bibenda7, è la versione integrale del pensiero di Dubourdieu:

Pour qu’il y ait de grands vins, il faut, comme le dit si bien Denis Dubourdieu, des vignerons pour produire ces grands vins, des commerçants qui sachent les vendre, des consommateurs qui aient envie de les acheter, et quatrième condition des critiques du vin pour les évaluer, les noter: «Des bloggeurs et des journalistes». Ce n'est pas une fable mais un drame probable en 3 actes et raconté en 10 lignes:
1) D’abord l'apparition d'Internet, des bloggeurs, des réseaux sociaux (tout le monde peut donner son avis, avec ou sans talents, souvent sans expériences et sans expertises, et toujours pour faire son autopromotion!)
2) Puis crise de la presse et en particulier de la presse du vin (moins de 300 journalistes écrivent sur la vigne, sur le vin, sur la gastronomie, en France!) Pas d’argent, pas de moyens, pas d’indépendance, pas d’audace.
3) Et au 3ème et dernier acte, disparition de l’art de la critique du vin... Perdu par la multiplicité des références, des origines, des prix, le consommateur perd confiance et se protège en réduisant ses achats de vins!
Pour éviter le drame, journalistes et éditeurs, du papier ou du numérique, devraient se réunir pour redonner un sens au journalisme du vin, redéfinir l'art de la critique. Enfin, il faudra accepter une certification des acteurs de la critique, de la notation, par une Autorité, sinon les technologies du numérique pourraient imposer la dictature d'une démocratie virtuelle.

Fonte: Bibenda7

6 commenti:

  1. A mio parere una semplice critica sopra le righe non può giustificare la condanna. Evidentemente il giudice ha rilevato o espressioni offensive nei confronti del titolare dell'azienda (e in base a ciò ha quantificato il risarcimento), o l'esistenza di un danno all'azienda, dimostrabile e quantificabile.
    Ho l'impressione che fermarsi semplicemente sul "sopra le righe", sia fuorviante.

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  2. Il web offre a chiunque la possibilità di dire la propria, e questo è un bene. Credo che questa nuova condizione debba esssere da stimolo a chi lo fa di professione: l'autorevolezza viene anche da questa nuova condizione e dalla possibilità di confrontarsi a tutto tondo. L'utente finale sa distinguere tra chi scrive per diletto, chi se la mena, chi fa marchette e chi è un critico o giornalista di mestiere. Stupisce piuttosto che siano spesso le aziende a fare finta di non accorgersene, ma va bene così.
    Ribadire io sono professionista e tu no non serve proprio a niente. Non ècosì che un allenatore o un giocatore possono rispondere ai tifosi. Si devono portare a casa i risultati.
    Voglio poi esprimere solidarietà a Manti, di cui non condivido nulla. Ma trovo deprimente che il diritto alla critica sia oggetto di bavaglio giudiziario. Usare toni forti è sbagliato verso chi lavora, ma lo è ancora di più una sentenza che stabilisce principi liberticidi. Manti non aveva scritto che c'era un trucco, aveva solo espresso dubbi sul risultato. Embé?

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  3. grande enologo, forse, ma sicuramente una persona che fatica a capire come stia cambiando il mondo, in tutti i campi, figuriamoci il vino. Mio figlio di 4 anni gioca e sa fa funzionare da solo un iPad, chi glielo dira' che, tra qualche anno, per poter partecipare alla conversazione globale dovra' avere un patentino?
    Mi sfugge poi che cosa c'entrino tutte le categorie al di fuori dei produttori stessi, nel "fare un grande vino". Poca lucidita', a 360 gradi.

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  4. Tornando a Manti non penso che l'espressione risciacquatura di vaso di marmellata sia offensiva, non ha detto che il Barolo è tossico o conteneva percentuali di cabernet.
    Se usare un descrittore non proprio elegante, che non condivido per altro, sia oggetto di risarcimento danno allora siamo nei guai perchè o si scrive solo bene di un vino oppure...

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  6. Da sempre si è detto dell'antagonismo "carta stampataVSweb" e non meno del "critico professionistaVSl'appassionato". Per dirla con un amico immobiliarista, "è chi compra che fa il prezzo, giammai chi vende..."

    Se quello che uno dice è insignificante rimane tale, e pur se con toni accesi, dopo il fervore della polemica non rimane nulla se non supportato da concrete argomentazioni.

    Diciamo pure che il fatto stesso che tecnici, enologi, direttori di cotanto spessore comincino a preoccuparsi della critica on line è un bel segnale che le cose stanno cambiando, e più velocemente di quanto si pensasse. E come ogni cambiamento, naturalmente, c'è tanta imperfezione...

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