Dominio de Pingus, l'esclusiva di Percorsi di Vino. Parte I.


Quintanilla de Onésimo è un puntino sulla nostra mappa, un posto di frontiera nella Ribera del Duero che per certi versi mi ricorda l'Italia del Sud degli anni '50. C'è un vecchio cinema che trasmette l'ennesima replica di un vecchio film, pochi negozietti dove entri e compri tutto, dalle lamette per rasoi non più in commercio al melone dell'orto della vicina. 

Il cinema di Quintanilla de Onésimo
E poi c'è lui, Pe­ter Sis­seck col suo Dominio de Pingus, la cui cantina è mimetizzata in una stradina secondaria del paesino. Trovarli è un'impresa, abbiamo solo l'indicazione che la struttura è bianca, a due piani ed è situata vicino al ponte sul fiume Duero. Basta. Non si vogliono far trovare, non amano la folla di enoturisti con tanto di pullman, la struttura può essere visitata solo da pochi come per pochi è il loro vino.

La struttura vista dall'esterno
Suono il campanello di una casa ma non so se è quella giusta, sulla targhetta non c'è scritto nulla, magari sto disturbando il sonno di un tranquillo vecchietto che rimanendo a casa sta sfuggendo al caldo di queste parti. Suono ancora, mi apre la porta Paula, il mio contatto, sono nel posto giusto. Evviva.

Peter Sisseck non c'è, è fuori per lavoro, Paula mi spiega che in Agosto è sempre in giro tra Danimarca e Stati Uniti. Faccio spallucce, non è un problema, so già molto di lui: Sisseck, nato a Copenhagen nel 1962, si è laureato all’Università di Bor­deaux e prima di costituire la sua azienda ha lavorato con suo zio, l'enologo Peter Vinding Diers, a Bordeaux (Chateau Raohul) e poi in California con Zelma Zong. 
Nel 1990 giunge in Spagna dove diventa enologo di Ha­cienda Mo­na­ste­rio (con la quale ancora collabora come consulente) ma la voglia di mettersi in proprio è talmente forte che nel 1995, dopo aver trovato ed acquistato vecchissime vigne di Tinto fino (tempranillo) nel piccolo villaggio di La Horra, fonda Dominio de Pingus.

Peter Sisseck
Ad accoglierci, oltre a Paula, c'è la sorridente Patricia, l'enologa "residente" dell'azienda che, per le due ore successive, sarà il nostro Cicerone. 
Iniziamo a parlare del tesoro di Pingus: le sue vigne. Non riusciamo ad andare a vederle di persona ma, mappa catastale alla mano, Patricia ci spiega che i circa cinque ettari di Tinto fino (tempranillo) si dividono nelle seguente parcelle: una in località San Cri­stó­bal (circa 1,2 et­tari con ceppi di ol­tre 70 anni), le al­tre due nei dintorni di Par­roso (una vigna di 2,5 et­tari con ceppi di ol­tre 60 anni e un’altra di circa 1 et­taro). 
I suoli sono sono ovviamente diversi, passano dall'essere estremamente calcari ad essere prevalentemente argilossi, tutti ricoperti di sassi. 



Inizialmente biologico, Dominio de Pingus dal 2000 si è convertito alla viticoltura biodinamica con rese per ettaro ridicole che, mediamente, non superano i 12 hl/ha (stiamo alla stregua di un grappolino per pianta) anche se, in certe annate, si è arrivati anche a 9...

Mentre la giovane enologa ci conduce in cantina, mi rendo conto che, riguardo l'azienda, sono entrato dalla porta con molti pregiudizi.
Mi aspettavo il fighettismo più assoluto mentre, al contrario delle altre Bodegas della zona, da queste parti tutto è a dimensione umana, tutto è assolutamente artigianale e (quasi) familiare. Quella poca tecnologia che ho visto ha riguardato il laboratorio di analisi chimiche che Sisseck ha voluto all'interno della struttura e che Patricia diligentemente dirige.

La cantina è semplice e rispetta la filosofia tutta al "naturale" di Pingus: una pressa rudimentale è affiancata da una manciata di tini d'acciaio (usati per il Flor de Pingus) e qualche botte di legno aperta usata per fermentare separatamente le varie parcelle di Tinto fino usato per produrre il Pingus. Stop, tutto qua. 

Tini di fermentazione in acciaio
Botti per il Pingus
Dopo la fer­men­ta­zione, che av­viene sia in tini di ac­ciaio inos­si­da­bile che in grandi tini di le­gno, la ma­lo­lat­tica si svolge in barrique nuove di Dar­na­jou e Taransaud dove il vino ri­mane da 18 a 20 mesi e non viene chia­ri­fi­cato né fil­trato. 
Ad Agosto, ovviamente, la malolattica era già terminata e il vino stazionava in legno in attesa di essere travasato nel successivo locale di maturazione. 

La sala dove si svolge la malolattica


E' ora di bere! Patricia comincia a farci degustare i vari campioni di botte del Flor de Pingus, 100% Tinto fino da uve acquistate da piccoli viticoltori della zona di La Horra. Le vigne sono vecchie, minimo 35 anni e la prima annata del Fleur è la 2005. 
Degustiamo l'annata 2010, abbastanza fresca, e prendiamo due campioni dalle barrique di Dar­na­jou e Taransaud perchè, ci spiega l'enologa, "il vino è diverso a seconda del tipo di legno che usiamo e prima di fare il blend definitivo assaggiamo ogni botticella per capire come esprimere al massimo il Flor de Pingus". Ovviamente ha ragione, il vino preso dalla barrique di Dar­na­jou è più caldo, potente, tannico, mentre Taransaud esprime caratteri floreali, femminili, sensuali. A prescindere dalle differenze questo tempranillo è tutt'altro che legnoso (pensavo peggio) ed è un piccolo mostro di elegante persistenza.
Non so come sarà il blend definitivo ma, se questo è il "secondo vino" della casa, mi aspetto che il Pingus sia strepitoso. Il prezzo deve valere la candela....o no?


Già, il prezzo, perchè Peter Sisseck di certo il vino non te lo regala, anzi, per qualcuno il pricing di quel tempranillo è scandaloso, non vale quanto costa e la sua mitizzazione è frutto di una astuta strategia di marketing dove c'ha messo lo zampino quel diavoletto di Robert Parker
Comunque sia la "leggenda" Pingus inizia nel 1995, anno in cui viene prodotta la prima annata, 325 casse che Sisseck prezzò subito arditamente a 200$ a bottiglia. 
La sua fortuna, però, la deve a Jeffrey Davies, un négociant di Bordeaux specializzato nella scoperta di "vin de garage", che portò qualche campione di Pingus '95 in Francia vendendolo "en primeur" alla stregua dei grandi bordolesi. Tutti impazzirono per quel vino, soprattutto Adam Brett-Smith di Corney & Barrow che, una sera, portò una bottiglia durante una cena presenziata da Robert Parker il quale, stando alle cronache, dopo aver bevuto il vino di Sisseck, saltò su dalla sedia esclamando:"One of the greatest and most exciting wines I have ever tasted"

Fonte: Vivino.com
Il conseguente punteggio di 96/100 attribuito da Wine Advocate aprì al rampante enologo danese le porte del paradiso anche se è solo un anno più tardi, nel novembre 1997, che il Pingus divenne un vino di culto. Quell'anno, infatti, naufragò al largo delle isole Azzorre la nave contenente tutte le casse di vino, ben 75, destinate agli Stati Uniti. L'effetto è cosa ben nota: il mercato americano impazzì letteralmente per la conseguente scarsità di vino e i prezzi aumentarono vertiginosamente arrivando a circa 500$ a bottiglia. 
I 100/100 dati da Robert Parker all'annata 2004 dichiararono l'impossibilità per moltissimi di acquistare il vino che oggi, valendo più di 1000 euro a bottiglia, è considerato da molti un bene speculativo.

Patricia non entra nell'ambito commerciale, non fa polemiche, guarda le barrique di Pingus come suoi figli e ci versa con cura nel bicchiere l'annata 2010 e la 2009 che andrà in bottiglia in questi giorni. 

Ci vediamo per la seconda parte!

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