I mondiali di calcio e i vini del Sudafrica

I mondiali di calcio sudafricani mi danno lo spunto per parlare un pò di questo paese che, assieme al Cile, all’Australia e alla Nuova Zelanda, rappresenta una della nazioni emergenti nel panorama vitivinicolo mondiale.
Avente quasi tre volte la superficie dell’Italia, in Sud Africa oggi 4000 aziende agricole coltivano circa 102.000 ettari di vigneto con una prevalenza di vitigni a bacca bianca (Chenin Blanc o Steen in dialetto locale ) rispetto a quelli a bacca rossa dove la fanno da padrone i vitigni internazionali come cabernet sauvignon, shiraz, merlot e pinotage.
La viticoltura in Sud Africa si sviluppa prevalentemente a latitudini comprese tra 27° e 34° nell'emisfero sud, dove prevale un clima di tipo mediterraneo temperato.
Le zone costiere atlantiche, ad ovest e sud-ovest del Capo, risentono del beneficio della corrente del Benguela, proveniente dalle regioni antartiche, che permette di ottenere temperature relativamente più fresche, se riferite alle latitudini del luogo. Durante la primavera e l'estate, inoltre, le coste a sud-ovest del Capo vengono spesso lambite da un vento secco proveniente da sud-est, il Cape Doctor che, oltre a ripulire l’aria di Cape Town, provoca anche un processo di inibizione nei confronti di alcune malattie tipiche della vite, in particolare funghi e muffe.
Il suolo del Sud Africa è molto vario e diversificato, e questo appare come uno dei principali motivi che contraddistinguono la personalità e l'unicità dei vini prodotti nelle diverse aree del paese. Per voler fare un esempio, il solo distretto di Stellenbosch, divenuto oggi il più famoso ed importante produttore di vini di qualità del Sud Africa, è caratterizzato da terreni prevalentemente sabbiosi nel fondovalle occidentale, che divengono invece più pesanti se ci si sposta verso le catene montuose (Stellenbosch Mountains, Simonsberg Mountains, Helderberg Mountains, Jonkershoekberge Mountains ecc.), dove prevalgono terreni composti da detriti granitici. Questo fa si che vini prodotti nell'ambito di una stessa area viticola, così come accade appunto anche al distretto di Stellenbosch, presentino note organolettiche caratterizzate spesso da una spiccata personalità.

Il Sud Africa gode di un sistema a denominazione d'orgine dei vini e dei prodotti derivanti da fermentazione alcolica, che ricalca in buona parte i sistemi già adottati da lungo tempo in molti paesi europei, come le A.O.C. francesi (l’Appelation d'Origine Controlée, ossia Denominazione d'Origine Controllata) o le D.O.C.G. italiane. La certificazione "Wine of Origin", identificata come W.O., fu istituita ufficialmente nel 1973, in base ad uno schema che non protegge solamente la origine delle materie prime, ma anche le cultivar e le annate di produzione (vintage). L'organo di controllo per la W.O. è il Wine and Spirit Board, o Comitato dei Vini e delle bevande Alcoliche, costituito da 12 membri.

La certifica
zione della origine dei vini si basa fondamentalmente sulla identificazione di due fattori principali nella determinazione dei caratteri e della qualità dei prodotti, ossia: fattori naturali come il suolo, il clima, la posizione; fattori derivanti dall'uomo come la scelta della cultivar, la pratica viticola, le tecniche di vinificazione ed affinamento.
I confini che delimitano una W.O. sono definiti per legge, così come sono definite per legge le cultivar ammesse all'interno di ognuna delle unità di produzione.
In totale, sono oggi ammesse circa 75 tipologie di vitigno differenti nell'ambito delle W.O., tra le quali troviamo anche tre uve di origine italiana: Nebbiolo, Barbera e Sangiovese. Il nome del vitigno può essere menzionato in etichetta se presente per almeno il 75%, oppure per un minimo del 85% se il prodotto è destinato all'esportazione in Europa o per tutti i vini prodotti dal 1 gennaio 2006.
Discorso analogo si ottiene per il termine Vintage, che indica la provenienza di almeno il 75% delle uve – oppure l' 85% per i vini esportati in Europa - dalla vendemmia dell'anno specificato in etichetta.
Infine, se il termine Wine of Origin viene associato in etichetta al nome geografico – ad esempio Stellenbosch – è automaticamente certificata la totale provenienza delle uve dalla zona in cui il vino è stato prodotto.

Le aree di demarcazione delle W.O., più propriamente definite unità di produzione, possono essere:
Single Vineyard Unit (Vigneto Singolo): normalmente appartenenti ad una unica azienda, con estensione del vigneto sempre inferiore a 5 ettari;
Estate Wine Unit (Unità Aziendale): unità di produzione normalmente più ampia di 5 ettari, che può comprendere una o più aziende (estates). Se viene indicato in etichetta il termine "Estate Wine", è certificata la provenienza delle uve dalla unità di produzione stessa;
Ward (Circoscrizione): combinazione di più aziende vitivinicole, a volte appartenenti ad un distretto, come la ward Franschhoek del distretto di Paarl, altre volte no, come accade ad esempio alle wards Cederberg e Costantia;

District (Distretto): unità distrettuali, come Paarl, Stellenbosh o Robertson;
Region (Regione): regione vitivinicola, come Klein Karoo o Coastal Region.
Dal 2 aprile 1993 è stato integrato lo schema delle W.O. con l'aggiunta di due Geographical Unit: Western Cape e Northern Cape.
Le due aree di produzione più importanti del Sud Africa sono oggi Paarl e Stellenbosch, entrambi distretti inseriti all'interno della Coastal Region.

LA DEGUSTAZIONE

Ci troviamo nell’area vitivinicola di Stellenbosch dove il pinotage, varietà ottenuta dall’incrocio tra due Vitis Vinifera europee, pinot nero e cinsaut (detto anche hermitage), nacque nel 1925 grazie ad Abraham Perold, ricercatore universitario che volle unire l'eleganza e la finezza del primo vitigno, con la resistenza alle malattie del secondo.
L’azienda Delheim, di proprietà della famiglia tedesca Sperling, di estende per 364 ettari di grande bellezza di cui 150 vitati e produce tutta una serie di vini dallo stampo marcatamente internazionale.

Il Pinotage 2007 che ho bevuto durante il Vinòforum di Roma è un vino dalla facile beva che può essere usato da un neofita come base di partenza per capire pregi e difetti di un vino prodotto per i mercati mondiali. E’ ruffiano ma non troppo visto che dispone di una adeguata complessità, è intenso, giocato su note di frutta di bosco, ciliegia matura, spezie scure e un tocco di goudron. Purtroppo la vaniglia e, in generale, l’uso della barrique si fa sentire anche se devo dire che non è così marcato come ho sentito in altri vini sudafricani. In bocca è piacevole, equilibrato, di buona persistenza, è tutto al suo posto anche se forse manca di quell’anima che lo renderebbe speciale. Al pubblico costa circa 11 euro, una base di partenza non troppo costosa per capire da che parte state.

Fonte: winecountry.it e
Wosa (Wine of Sud Africa)

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