Il buono, il brutto ed il cattivo del Gewürztraminer dell'Altro Adige

IL CATTIVO

La domanda è: perché? Perché da un po’ di tempo non mi piace più il Kastelaz di Elena Walch? Tristemente mi rispondo che sicuramente è cambiato qualcosa, esigenze di marketing, altro manico in cantina, non so, però qualcosa è cambiato e, a mia opinione, in peggio. Ormai questo Gewürztraminer è una caricatura di sé, troppo grasso e pomposo già al naso dove esce inizialmente una salamoia poco varietale che solo dopo qualche minuto lascia il passo a note di frutta esotica matura, frutto della passione soprattutto, e note oleose di frutta secca. Non c’è leggerezza, i fiori non si sentono, c’è una mineralità compressa che non aiuta a fornire eleganza e complessità.
Al sorso il vino è pesante, il residuo zuccherino di 8 g/l si fa sentire e rende la bocca quasi impastata, pesante, e la media freschezza del vitigno non aiuta certa a rendere pulito il cavo orale. Finale comunque lungo e persistente. Anche troppo. Non ce lo vedo come vino da tavola, coprirebbe tutto e stancherebbe dopo un bicchiere.

IL BRUTTO

La bruttezza qua riguarda solo la bottiglia, con una etichetta ed un collarino verde acido che ha qualcuno, durante la degustazione, ha fatto ricordare l’austera bruttezza di alcune bottiglie di vino austriaco che hanno un’acidità pari al colore della loro etichetta.
Detto ciò vorrei parlarvi di Christian Kerschbaumer, dal nome tipicamente siciliano, giovane viticoltore e cantiniere dell’azienda vinicola Garlider a Velturno che produce un Gewürztraminer da agricoltura biologica e in cantina utilizza soprattutto lieviti autoctoni.
Questo vino, figlio della Valle d’Isarco, si stacca nettamente come profumi e corpo dal Kastelaz e, più in generale, sembra avere delle caratteristiche più ad un Sylvaner o da Grüner Veltliner che da Gewürztraminer. Il suo bouquet aromatico si presenta infatti di grande austerità, minerale, quasi fumè, con tocchi di rosa e chiodo di garofano. In bocca torna la bella nota minerale, è equilibrato, ampio, rotondo, sicuramente elegante anche se non ha quell’aromaticità e quell’intensità che spesso ritroviamo nella tipicità del vitigno. Ottima la persistenza. Beva compulsiva.

IL BUONO

La scelta è stata dura, potevo scegliere il solito
Kolbenhof di Hofstatter, oppure il sorprendente Brenntal di Cantina Cortaccia, invece la palma del più buon Gewürztraminer degustato la scorsa settimana all’AIS Roma l’ho data al Feld di Armin Kobler, piccolo viticoltore della Bassa atesina che dai suoi due ettari di vigneto, di cui il Feld rappresenta un cru, fa uscire dei prodotti davvero interessanti e dall’incredibile rapporto q/p. Questo Gewürztraminer, con solo 3,5 g/l di zucchero residuo, rappresenta un piccolo capolavoro enologico, un vino non per stancare ma per fornire piccole emozioni. Nel Feld non c’è nulla di pomposo, non passano le majorette e non ci sono i clown americani, qua c’è solo eleganza, uno stile aromatico giocato su note di rosa, il litchi, agrumi, pesca, noce e un garbato minerale di contorno.
Al palato il Feld è solo progressione, eleganza, garbata potenza e grande persistenza. Chiude rotondo, senza la classica nota amarognola del Gewürztraminer che molti tendono a contenere con residui zuccherini al limite dello stucchevole.
Beva fantastica. Prezzo f.c. circa 11 euro. Ne voglio un bancale!

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