Iniziamo col 2005, annata cinque stelle secondo gli “esperti” del Consorzio, si presenta di grande estrazione antocianica, quasi un rubino impenetrabile che, con i suoi riflessi violacei, dimostra la giovanissima età del vino. Naso subito intenso, irruento come deve essere un bambino, ampio con i suoi richiami di mora di rovo, mirtillo, cassis, gelso, visciola, rosa, violetta, accompagnati tutti da tocchi balsamici. In bocca entra con una potenza mediata da una grande morbidezza, una rotondità che mette a tacere l’alcol, siamo sui 15°, e la sferzante acidità. Grande persistenza finale. Vino ottimo, da aspettare ma c’è Lui...
L’annata 2003 è stata difficile, lo sappiamo, il caldo non ha dato tregua e solo chi ha lavorato bene in vigna ha tirato fuori prodotti bevibili. Questo 25 anni è sicuramente figlio dell’annata, rubino carico e col naso che, rispetto al 2005, è più speziato, ci trovo il pepe nero, il chiodo di garofano e il cardamomo, poi esce la frutta rossa, in confettura, tutto è più evoluto e pronto. Bocca potente ma meno fresca del precedente vino e con i tannini ruvidi, un po’ slegati dalla struttura. Difficile da bere se non accompagnato da un cibo che riequilibri il gusto. E poi Lui…sempre Lui…
Il 2001, di colore supremo, impenetrabile, all’olfatto si presenta etereo, variegato, con sensazioni di dolcezza di frutto veramente notevoli: ciliegia matura, boero al cioccolato, mirto, alloro e ginepro, lavanda, humus, sono tutte sensazioni che si fondono amabilmente tra loro e che danno ampiezza al vino. In bocca la sensazione di rotondità del fruttato va a braccetto ed equilibra la parte dura del vino che è sempre netta e ben definibile. Una rotondità amplificata anche dalla “dolcezza” vanigliata data da Lui…
Il 2000, anch’esso figlio di un’annata relativamente calda, si presenta con un colore rosso rubino con unghia granata, segno di una terziarizzazione che inizia a farsi sentire soprattutto al naso dove il naso, pur ricco, è meno esplicito, più austero con le note di fungo, humus, spezie scure, fiori secchi e frutta ormai quasi appassita. Alla gustativa il vino si apre con prudenza, equilibrato, fino ad un’apice di esplosione di frutto speziato che va avanti per minuti. Anche qui, nonostante tutto, Lui era presente, ci guardava da lontano….
L’annata 1998 è stata davvero grande a Montefalco e dopo dieci anni sicuramente si può esprimere un giudizio serio e quasi oggettivo. Il risultato è nel nostro bicchiere, un vino compatto, vivo, lucente, dai profumi (ancora) intensi e stratificati: pepe nero e bianco, chiodi di garofano, cannella, macis, liquirizia, amarasca, sandalo, grafite, humus, Lui, sono tutti riconoscimenti che non facciamo fatica a riconoscere all’olfattiva. L’assaggio ci conferma la grandezza dell’annata con un vino che, pur mascherando la sua potenza, si espande gradualmente, inesorabilmente, fornendo una lunghezza gustativa che dura minuti, tanti minuti, dopo predominano le note di goudron e spezie nere. Sicuramente il miglior vino della batteria, forse il Sagrantino comincia a diventare “potabile” dai dieci anni in poi?
E Lui? Come si fa a sconfiggere?
L’annata 2003 è stata difficile, lo sappiamo, il caldo non ha dato tregua e solo chi ha lavorato bene in vigna ha tirato fuori prodotti bevibili. Questo 25 anni è sicuramente figlio dell’annata, rubino carico e col naso che, rispetto al 2005, è più speziato, ci trovo il pepe nero, il chiodo di garofano e il cardamomo, poi esce la frutta rossa, in confettura, tutto è più evoluto e pronto. Bocca potente ma meno fresca del precedente vino e con i tannini ruvidi, un po’ slegati dalla struttura. Difficile da bere se non accompagnato da un cibo che riequilibri il gusto. E poi Lui…sempre Lui…
Il 2001, di colore supremo, impenetrabile, all’olfatto si presenta etereo, variegato, con sensazioni di dolcezza di frutto veramente notevoli: ciliegia matura, boero al cioccolato, mirto, alloro e ginepro, lavanda, humus, sono tutte sensazioni che si fondono amabilmente tra loro e che danno ampiezza al vino. In bocca la sensazione di rotondità del fruttato va a braccetto ed equilibra la parte dura del vino che è sempre netta e ben definibile. Una rotondità amplificata anche dalla “dolcezza” vanigliata data da Lui…
Il 2000, anch’esso figlio di un’annata relativamente calda, si presenta con un colore rosso rubino con unghia granata, segno di una terziarizzazione che inizia a farsi sentire soprattutto al naso dove il naso, pur ricco, è meno esplicito, più austero con le note di fungo, humus, spezie scure, fiori secchi e frutta ormai quasi appassita. Alla gustativa il vino si apre con prudenza, equilibrato, fino ad un’apice di esplosione di frutto speziato che va avanti per minuti. Anche qui, nonostante tutto, Lui era presente, ci guardava da lontano….
L’annata 1998 è stata davvero grande a Montefalco e dopo dieci anni sicuramente si può esprimere un giudizio serio e quasi oggettivo. Il risultato è nel nostro bicchiere, un vino compatto, vivo, lucente, dai profumi (ancora) intensi e stratificati: pepe nero e bianco, chiodi di garofano, cannella, macis, liquirizia, amarasca, sandalo, grafite, humus, Lui, sono tutti riconoscimenti che non facciamo fatica a riconoscere all’olfattiva. L’assaggio ci conferma la grandezza dell’annata con un vino che, pur mascherando la sua potenza, si espande gradualmente, inesorabilmente, fornendo una lunghezza gustativa che dura minuti, tanti minuti, dopo predominano le note di goudron e spezie nere. Sicuramente il miglior vino della batteria, forse il Sagrantino comincia a diventare “potabile” dai dieci anni in poi?
E Lui? Come si fa a sconfiggere?
Bella degustazione Andrea, eccome.
RispondiEliminaHo sempre fatto fatica nell'avvicinarmi al 25 anni ed a tutti i suoi lui ma di fronte alla grandezza di annate come il 1998 tutto diventa più pacifico, intorno.
Il problema, per molti sagrantini e per il 25 anni in particolare è questa eccessiva faticosità di beva che si porta dietro per molti, troppi anni.
Ero anche io sabato in sala consiliare ed ho fatto realmente fatica, un po' come immaginavo prima di arrivare a Montefalco, a "degustare" annate come il 2005, ancora troppo giovane per essere giudicato, o come il 2003, dal tannino troppo cotto, se mi passi il termine.
Poi certo, l'assaggio di un grandissimo vino come l'ultimo della batteria azzera quanto scritto, perchè è la dimostrazione che vale la pena (per chi sa e se lo può permettere) aspettare.
A presto.
Ciao Jacopo, peccato non esserci beccati a Montefalco, mi avrebbe fatto piacere conoscerti.
RispondiEliminaIn effetti dai molti assaggi fatti questo week end penso che il Sagrantino, tranne in rare occasioni, sia bevibile, se di grande annata e se fatto come si deve, solo con almeno 10 anni sulle spalle, altrimenti è difficile sia berlo che abbinarlo.
Altri assaggi che ti son piaciuti?
Un peccato infatti!
RispondiEliminaHo fatto un veloce giro tra i banchi di assaggio, solo sagrantino, ed ho fatto una bella scoperta con Napolini (e Di Filippo anche se avevo già avuto modo di assaggiarlo). Poi i soliti noti. E tu?
Napolini mi manca, io invece ho trovato molto bevibile, fin da subito, il Sagrantino Perticaia, bella azienda che fa anche un interessante Trebbiano Spoletino, da non confondere col trebbiano classico...
RispondiEliminaAssolutamente. Anche a me piace molto Perticaia.
RispondiEliminaSul Trebbiano Spoletino molto buona la versione di Antonelli e, indimenticabile come tutta la sua produzione, quella di Paolo Bea.
Adesso sono curioso di assaggiare Perticaia, credevo vinificassero solo in rosso. ;)
Sarebbe interessante degustare questi trebbiano con qualche annetto sulle spalle..
RispondiEliminaAvrei voluto esserci anch'io....bella degustazione, grandi vini, bell'articolo!!
RispondiEliminaSono stato da Caprai lo scorso gennaio.
RispondiEliminaFantastico ! Veramente bello l'ambiente ! Una sala degustazione spettacolare !
Ma, ragazzi...per il resto una delusione incredibile. Ho comprato un paio di bottiglie di passito giusto perchè ero arrivato lì e non avevo voglia di tornarmene a casa a mani vuote, ma c'ho dovuto pensare parecchio prima di prenderle.
Questo perchè, non neghiamolo, sono solo vini "spinti" dal marketing, null'altro. Se ripenso a quei tannini ancora me li sento in bocca. Polverosi, immaturi, grevi (si, si...ditemi pure che è il vitigno...ma non dev'essere un piacere bere vino ?).
A parte questo, prima della sala degu una signorina ci ha fatto fare una veloce visita in cantina, e i TANNINI li chiamava TANNITI. E sapete che funzione svolgono nel processo di fermentazione del vino ? Danno il colore rosso !
Io posso dirmi tutto tranne che esperto di vini ed enologia, ma dai...NON ESAGERIAMO ! Qua ci si fa proprio prendere per il culo...
Cosimo