Lalou Bize-Leroy è una delle grandi donne del vino della Borgogna e la sua storia parte da molto lontano. Il Domaine Leroy, infatti, è stato fondato nel 1868 e commercialmente è fiorito grazie all’apporto prima di Joseph Leroy, primogenito del fondatore, e successivamente di Henri Leroy, soprattutto dopo che nel 1942 è stato in grado di acquistare la metà del Domaine de la Romanée-Conti.
Fu grazie all’intraprendenza di Henri che nel 1974 Lalou divenne co-manager del famoso Domaine. La storia narra che, all'interno della prestigiosa azienda, il rapporto di lavoro di Madame Leroy è stato talmente burrascoso che, nel 1992, è stata licenziata senza troppi rimpianti anche perché, in quegli anni, aveva già dato avvio ad una impresa concorrente: nel 1988, con l'aiuto di investitori stranieri, aveva acquistato Domaine Noëllat a Vosne-Romanée che, successivamente, è stato rinominato Domaine Leroy.
Al giorno d’oggi il Domaine vanta cira 23 ettari di vigneti, ripartiti in piccole parcelle in una ventina di prestigiosi Grands e 1er Crus. Tutte le viti del Domaine Leroy sono coltivate seguendo i metodi della biodinamica, filosofia che mette al bando tutti i trattamenti chimici, l'uso di tutti i diserbanti, insetticidi, funghicidi e concimi di sintesi, introducendo la conoscenza dei ritmi cosmici essenziali per il lavoro del suolo, la sua rigenerazione e per tutte le cure da apportare alla vigna durante tutto il ciclo dell’anno. Il Domaine Leroy è famoso per le sue rese estremamente basse, in parte a causa del basso rendimento delle vigne vecchie, in parte a causa di una deliberata scelta di limitare i rendimenti per ettaro, in parte perché i metodi biodinamici fanno aumentare le perdite del raccolto per malattia.
Le appellations prodotte sono:
Fu grazie all’intraprendenza di Henri che nel 1974 Lalou divenne co-manager del famoso Domaine. La storia narra che, all'interno della prestigiosa azienda, il rapporto di lavoro di Madame Leroy è stato talmente burrascoso che, nel 1992, è stata licenziata senza troppi rimpianti anche perché, in quegli anni, aveva già dato avvio ad una impresa concorrente: nel 1988, con l'aiuto di investitori stranieri, aveva acquistato Domaine Noëllat a Vosne-Romanée che, successivamente, è stato rinominato Domaine Leroy.
Al giorno d’oggi il Domaine vanta cira 23 ettari di vigneti, ripartiti in piccole parcelle in una ventina di prestigiosi Grands e 1er Crus. Tutte le viti del Domaine Leroy sono coltivate seguendo i metodi della biodinamica, filosofia che mette al bando tutti i trattamenti chimici, l'uso di tutti i diserbanti, insetticidi, funghicidi e concimi di sintesi, introducendo la conoscenza dei ritmi cosmici essenziali per il lavoro del suolo, la sua rigenerazione e per tutte le cure da apportare alla vigna durante tutto il ciclo dell’anno. Il Domaine Leroy è famoso per le sue rese estremamente basse, in parte a causa del basso rendimento delle vigne vecchie, in parte a causa di una deliberata scelta di limitare i rendimenti per ettaro, in parte perché i metodi biodinamici fanno aumentare le perdite del raccolto per malattia.
Le appellations prodotte sono:
Grands Crus: Chambertin - Corton-Charlemagne - Corton-Renardes - Clos de Vougeot - Clos de la Roche - Latricières-Chambertin - Musigny- Richebourg - Romanée-Saint Vivant;
Premiers Crus: Chambolle-Musigny Les Charmes - Gevrey-Chambertin Les Combottes - Nuits-Saint Georges Les Vignerondes - Nuits-Saint Georges Les Boudots - Savigny-les-Beaune Les Narbantons - Volnay Santenots Les Santenots du Milieu - Vosne-Romanée Aux Brûlées - Vosne-Romanée Les Beaux Monts;
Village: Chambolle-Musigny Les Fremières - Gevrey-Chambertin - Nuits-Saint Georges Aux Allots - Nuits-Saint Georges Aux Lavières - Nuits-Saint Georges : Au Bas de Combe - Pommard Les Trois Follots - Pommard Les Vignots - Vosne-Romanée Les Genaivrières;
In una delle tante serate enologiche che passo con i miei amici, mi dicono che andremo a bere un Leroy. Che emozione penso io, i vini di Madame Leroy sono tra i migliori in assoluto della Borgogna, e mi preparo alla degustazione con un misto di ansia e rispetto reverenziale nei confronti della bottiglia. Appena mi servono il vino, leggo l’etichetta, e mi accorgo che andrò a bere un “semplice” village: Chambolle-Musigny Les Fremières 2001. Piccola delusione, mi aspettavo di meglio, questo sarà un altro di quei vini base privi di anima e che scorderò come ho fatto con tutti gli altri. Così pensavo. Mi versano il vino nel bicchiere e mi accorgo subito di aver sbagliato. Ho davanti a me un Borgogna che ha un naso a dir poco meraviglioso, dove finezza ed espressività si fondono in un equilibrio magico. Un caleidoscopio di profumi in continua evoluzione, minuto dopo minuto, dove i sentori piccoli frutti rossi maturi si fondono e lasciano spazio alla viola, all’iris, alla lavanda e alla genziana. Poi escono le note di arancia rossa, di rabarbaro, incenso e caffè. Non so più contare quante emozioni ci sono in quel bicchiere. Al palato il vino non può che confermare di essere un vero fuoriclasse: morbido, elegante, fresco, riempie la bocca della sua trama tannica vellutata, e chiude con un finale lungo, lunghissimo, con una bella corrispondenza gusto-olfattiva e restituendo una vena sapida molto intrigante.
Cos’altro dire? Ho finalmente capito perché i vini di Leroy sono venerati nel mondo. Se questo è un village, non oso pensare a cosa posso andare incontro se degusterò uno Chambertin Grand Cru. Dovrò soltanto avere la volontà e la possibilità di cercare e, soprattutto, di pagare questi vini magici. Alla prossima emozione.
Ecco il link della bella degustazione orizzontale fatta dal Club CAVE (in francese)
RispondiEliminahttp://blog.cavesa.ch/index.php/2008/04/30/136735-les-1993-du-domaine-leroy-1ere-partie