Il Feuduccio – Pecorino delle Colline Teatine IGT 2018


La tenuta Il Feuduccio è ad Orsogna, nel cuore del Parco Territoriale dell’Annunziata, e dai suoi vigneti di alta collina, posti ad oltre 400 metri s.l.m., nasce questo splendido Pecorino dai toni minerali e agrumati e dalla lunga persistenza sapida. 


Lontano mille anni luce da certe versioni al gusto papaya e frutta della passione…….

Tenuta I Gelsi: il Vulture nel bicchiere

Tenuta I Gelsi nasce nel 2003 per valorizzare il patrimonio viticolo della famiglia Potito in quello che è uno degli angoli più suggestivi della Basilicata per bellezza naturalistica e paesaggistica. Il nome si ispira al viale di ingresso della cantina, puntellato a destra e sinistra da centenari alberi di gelso utilizzati per l'allevamento del baco da seta (allevamento molto presente in zona fin dalla metà del XIV secolo). Ruggiero Potito è la colonna aziendale, vignaiolo di grande esperienza che ha affinato le sue conoscenze soprattutto delle vigne attraverso scambi di informazioni con i più importanti consulenti agronomici ed enologici italiani.


Siamo a Rionero in Vulture (PZ), nella frazione Monticchio Bagni, a due passi dai celebri laghi di origine vulcanica e dalle fonti dove sgorgano alcune delle acque minerali e oligominerali più apprezzate del Bel Paese. E’ il versante del Vulture che si affaccia sulle colline dell’Irpinia, a circa 400 metri di altitudine, tra l’altopiano calitrano e la Valle dell’Ofanto, dove le ceneri e i lapilli vulcanici si mescolano a giaciture argilloso-calcaree di medio impasto.


La superficie aziendale si estende su circa dieci ettari di vigneto, quasi tutti ubicati nel comune di Rionero in Vulture e potati a cordone speronato doppio. La varietà dominante è naturalmente l’Aglianico, coltivato in tre parcelle: ai tre ettari che circondano la cantina, chiamato “Vigneto I Gelsi”, piantati nel 2004, se ne aggiungono quattro in un unico corpo denominato “Vigneto Ferrovia” piantato nel 2005, sul versante che volge verso Melfi. I vigneti piantati ad Aglianico sono completati da una vecchia vigna di circa cinquanta anni (un ettaro) denominata “Vigneto Calaturi”, dal quale nasce l’omonimo cru di Aglianico del Vulture DOCG, ubicata su un poggio ad un chilometro dalla cantina. il quadro delle vigne aziendali e perfezionato due ettari dedicato alla Malvasia, la varietà a bacca bianca tradizionalmente coltivata nel comprensorio vulturino.


Dal 2018 la Tenuta ha iniziato un nuovo percorso, non ancora terminato, che ha determinato già una serie di cambiamenti significativi: dalla direzione enologica a quella agronomica, ora affidata ad uno dei tecnici più talentuosi d’Italia Dott. Enologo Sebastiano Fortunato, fino ad arrivare alla nascita del progetto bollicine che vede l’azienda impegnata anche nella produzione di vini spumanti utilizzando sia il Metodo Charmat (Brut Bianco e Brut Rosé) che il Metodo Classico (I Cinque Cerri) con soli vitigni autoctoni. Il totale di bottiglie prodotte, per quanto riguarda i vini fermi, si aggira attorno alle 60.000 unità, mentre sono circa 30.000 le bottiglie di spumante, sia metodo charmat che metodo classico, che l’azienda produce annualmente.

Cantina


Durante la manifestazione Beviamoci Sud, svoltasi a Roma, ho potuto degustare quasi tutta la produzione della famiglia Polito e, le seguenti, sono le mie note di degustazione:


Tenuta I Gelsi – Spumante Metodo Classico “Cinque Cerri” 2017
(100% aglianico): caratterizzato da perlage fine, questo spumante si fa apprezzare al naso per una chiara espressione minerale a cui seguono slanci di fiori bianchi, agrumi, pesca e pan brioche. Teso all’assaggio, dalla spiccata sinergia acido-sapida e caratterizzato da un finale leggermente ammandorlato. Interessante espressione di aglianico spumantizzato che consiglio come aperitivo. Nota tecnica: vinificato ed affinato in acciaio. Presa di spuma in bottiglia, sboccatura dopo 12 mesi sui lieviti e successivo affinamento in bottiglia per almeno altri 6 mesi.


Tenuta I Gelsi – Gelso Bianco Basilicata IGP 2019
(100% malvasia): in un territorio giustamente consacrato al vitigno lucano per eccellenza, cioè l’Aglianico, la Malvasia è tradizionalmente una delle poche varietà a bacca bianca coltivate, specialmente nelle vigne più fredde ed acclivi, dove l’Aglianico ha difficoltà a maturare in maniera efficace. Il vino ha un profilo aromatico molto delicato, ha fragranze di mineralità vulcanica, mela golden, salvia e gelsomino. Il gusto è segnato dall’apporto di acidità, quasi agrumata, e da ritorni intensi di sapidità vulcanica. Il finale è piuttosto salino, intenso. Nota tecnica: vinificazione e affinamento in acciaio.


Tenuta i Gelsi - Basilicata Rosso IGT Gelso Rosso 2019
(100% aglianico): il piccolino di casa, come lo chiamo io, è un vino proveniente dalle vigne aziendali più giovani e, a mio giudizio, proprio ad un pubblico giovanile, scusate il giro di parole, è destinato questo aglianico vinificato per rendere l’approccio con questo vitigno, soventemente austero, più facile e sbarazzino e quindi destinato ad un pubblico anche di neofiti. Piacevolmente fruttato, scattante, senza eccessi tannici e di insistita freschezza è il classico vino quotidiano che dovrebbe accompagnare la tavola di molti italiani. Nota tecnica: vinificazione in acciaio e affinamento, sempre in acciaio, per sei mesi sulle fecce fini.


Tenuta i Gelsi - Aglianico del Vulture DOC “Casello 105” 2017
(100% aglianico): proveniente dai migliori grappoli del vigneto “Ferrovia”, questo vino rappresenta ovviamente un step successivo rispetto a quello precedente. Si apprezza, infatti, una maggiore complessità olfattiva grazie ad un ventaglio aromatico dove si riconoscono le more selvatiche, il gelso, viola che fanno da contorno ad un timbro territoriale di grafite e ferro. La non forzata astrigenza tannica e il moderato contenuto alcolico (13,5%) lo rendono scorrevole ed equilibrato tanto da richiamare continuamente il sorso. Nota tecnica: vinificazione in acciaio mentre la maturazione, per il 50% continua in acciaio mentre il restante 50% avviene in anfora Tava per 12 mesi. Infine, dopo l’imbottigliamento, affina altri 12 mesi in bottiglia.


Tenuta I Gelsi – Aglianico del Vulture Superiore DOCG “Calaturi” 2015
(100% aglianico): il Cru aziendale, che nasce da un ettaro di vigneto di circa mezzo secolo, non può che essere il vino più importante e complesso della gamma dei vini di Tenuta I Gelsi. E’ l’Aglianico delle grandi occasioni, il vino che ti incanta appena metti il naso nel bicchiere e rimani incantato dal turbinio aromatico che rimanda alla frutta scura e matura, al rosmarino, alla viola appassita, al ginepro con guizzi di pepe rosa e terra rossa. In bocca le componenti gustative sono una vera e propria summa di autorevolezza e piacere; persistenza nettamente minerale e di meravigliosa lunghezza. Nota tecnica: vinificazione in acciaio e affinamento in bo­tti di rovere di Slavonia da 10 ettolitri per circa 18 mesi ed in bo­ttiglia fino al quarto anno dalla vendemmia.

Intervista a Francesco Iacono, direttore di ONAV - Delivery IGP


di Lorenzo Colombo

Dopo aver intervistato, per la rubrica Delivery IGP, produttori di vino, direttori di consorzi, enotecari, ristoratori, distributori, comunicatori, diamo ora la parola alle associazioni che si occupano di diffondere la cultura del vino.


Eccoci, quindi, a dialogare con
Francesco Iacono, direttore di ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino).

Ciao Francesco, inizia col presentarti, cioè illustraci in poche parole il tuo C.V.

Dopo la laurea, ottenuta nel 1983, ho iniziato a lavorare come ricercatore presso l’Università di Piacenza e presso l’ex Istituto di San Michele all’Adige (oggi Fondazione E. Mach), dove sono rimasto sino al 1999. Nel 2000 ho contribuito alla fondazione dell’azienda Fratelli Muratori che ho diretto sino a maggio 2018, da giugno dello stesso anno sono diventato il direttore di ONAV.

Come ha vissuto ONAV il periodo successivo al primo lockdown?

Come tutti quanti siamo stati colti alla sprovvista, ma sin da subito ci siamo attivati per mantenere il contatto con i nostri soci in un periodo nel quale non si potevano organizzare iniziative in presenza. Quindi già dai primi di marzo abbiamo attivato dei contest -come ad esempio #ilvinociunisce che prevedeva l’invio di brevi filmati, da parte dei soci, duranti i quali si presentava e si degustava un vino- da condividere con i nostri iscritti, che hanno avuto notevole interesse. Altri esempi di contest attivati sono stati #onavraccontacovid che prevedeva l’invio e la condivisione delle proprie esperienze durante il periodo di lockdown e #scattodivino, una specie di concorso fotografico legato ovviamente al mondo del vino. Abbiamo quindi messo mano ai social, che sino ad allora avevamo un poco trascurato e che erano principalmente utilizzati dalle varie delegazioni, potenziando sia Facebook che Instagram a livello nazionale.

Per quanto riguarda la formazione quali strumenti avete messo in atto?

Abbiamo attivato numerosi webinar, sia gratuiti che a pagamento, con notevole partecipazione da parte degli associati, relativi a diversi argomenti, come i diversi sistemi di tappatura del vino, il commercio del vino al tempo del covid, il vino tra naturalità e terroir e così via affinando sempre più gli argomenti sino a giungere al ciclo #lascienzaciracconta con relatori del calibro del Prof. Vincenzo Gerbi, presidente del comitato scientifico ONAV, il prof. Luigi Moio, l’enologa Graziana Grassini, il prof. Osvaldo Failla,il prof. Attilio Scienza, il prof. Mario Fregoni ed altri.
Nel frattempo abbiamo rispolverato un progetto di e-learning che da qualche tempo era nel cassetto e lo abbiamo attuato in collaborazione WhiteManager, una società specializzata nel settore del “digital training”. Si tratta di un corso -dal titolo #vinodentro- da tenersi in remoto che prevede 21 lezioni delle quali 16 pre-registrate con docenti selezionati e cinque in collegamento diretto durante le quali il docente conduce la degustazione dei vini e ne spiega le caratteristiche. Il corso infatti prevede l’assaggio di 21 vini che vengono inviati ai corsisti in bottiglie da 50 ml. Realizzati con travasi sotto atmosfera controllate (gas inerte).
Lanciato lo scorso 15 dicembre il corso, con numero massimo di partecipanti fissato in 50 per ciascuna classe, sta ottenendo un successo persino superiore alle aspettative, sinora infatti abbiamo già riempito 4 classi e abbiamo apertole iscrizioni alla 5ª. Il primo corso è iniziato lo scorso 29 gennaio, mentre in febbraio ed ai primi di marzo seguiranno gli altri: alla fine di questo percorso, per i partecipanti che lo vorranno, ci sarà la possibilità, frequentando due specifiche lezione del corso istituzionale in presenza, e sostenendo l’esame, di ottenere la qualifica di Assaggiatore.

Durante il lungo periodo di forzata inattività come vi siete comportati con i dipendenti?

Servendo meno personale in ufficio abbiamo utilizzato le loro ferie residue e poi lo strumento della CIG, riducendo la presenza in ufficio a quattro giorni a settimana.

Nel breve periodo intercorso tra i due lockdown c’è stata una ripresa di incontri in presenza?

Certamente, durante l’estate abbiamo cercato di chiudere tutti i corsi iniziati e forzatamente sospesi e le varie delegazioni hanno ripreso la loro normale attività legata alle mensili serate formative, purtroppo però, come dici, è stato un periodo piuttosto breve.

Progetti per il futuro?

In attesa di potere ripartire con corsi e serate in presenza abbiamo attivato una nuova serie di webinar che ci accompagneranno per tutto il 2021. Venerdì 5 febbraio è iniziato IVenerdìDelProfessorFregoni, un Corso di viticoltura in dieci incontri che proseguirà, a cadenza mensile per tutto l’anno, mentre è in partenza il quarto ciclo di LaScienzaRacconta, realizzato in collaborazione con l’Università di Piacenza, ovvero una serie di quattro incontri con partenza lunedì 22 febbraio, con cadenza settimanale.
Terminato quest’ultimo ciclo, sempre al lunedì avrà inizio una nuova serie di webinar chiamati #vino&terroir che prevede 4 argomenti costituiti da 5 webinar ciascuno. Ogni ciclo è dedicato ad uno specifico argomento: il Nebbiolo, il Sangiovese, i Vini dei Vulcani, i Vini Rosati, prevedendo l’assaggio di 20 vini che verranno spediti a casa dei partecipanti in campioni da 50 ml.
Non è ancora finita, perché poi seguirà un nuovo ciclo di incontri con #lascienzaracconta questa volta in collaborazione con l’Università di Milano. Insomma, di carne al fuoco ce n’è e non si può certamente dire che i nostri associati resteranno a bocca asciutta.

Ultima domanda, che riguarda per l’appunto gli associati. Ci sono state notevoli defezioni da parte dei soci a causa della mancata attività in presenza di corsi e serate, lo scorso anno? E come sta andando la campagna rinnovi quest’anno?

È inutile negare quanto è avvenuto per tutte le associazioni che si occupano di vino ed anche d’altro naturalmente, ovvero un prevedibile calo degli associati, che per quanto ci riguarda è collocabile attorno al 12%, mentre i rinnovi stanno andando bene ed al momento siamo attorno al 50% e prevediamo che, con la serie di iniziative messe in atto, questa percentuale non potrà che crescere.

Cima - Candia dei Colli Apuani Vermentino Nero DOC 2017


di Lorenzo Colombo

Il Vermentino nero è un vitigno che trova il suo habitat principalmente sui Colli Apuani, a rischio scomparsa è stato riscoperto tra la fine degli anni ottanta ed i primi novanta. 


La versione fornitaci da Cima è caratterizzata da intense note di frutti rossi e da spezie dolci. 
Fresco e croccante alla bocca presenta un tannino deciso ed una buona vena acida.

http://www.aziendagricolacima.com

Trattoria del Muliner ovvero come mangiare grande pesce sul Lago d'Iseo!


di Lorenzo Colombo

Clusane è una frazione del comune d’Iseo che s’affaccia sulla sponda meridionale dell’omonimo lago. Questo piccolo borgo è famoso, per tutti gli appassionati di gastronomia, per la Tinca al forno con polenta, specialità alla quale nel mese di luglio è dedicata un’intera settimana, ma che in realtà è possibile gustare, nei numerosi ristoranti e trattorie durante tutto l’anno. Sono infatti numerosissimi i locali che propongono questa specialità, unitamente ad altre preparazioni dove in genere la fanno da padrone i pesci d’acqua dolce, difatti oltre a trote, lucci, salmerini, pesce persico ed anguille, ci sono altri due ingredienti che vengono molto utilizzati nelle varie preparazioni, si tratta delle sarde di lago e dei gamberi d’acqua dolce. 

Porticciolo di Clusane

Le sarde di lago essiccate sono tipiche di Monte Isola, la più grande isola lacustre europea e sono inseriti tra i Presidi Slow Food, si tratta di agoni, gli stessi pesci che, lavorati in modo differente prendono il nome di “Missultin” sul lago di Como. Qui, dopo essere stati eviscerate, le sarde vengono essiccate al sole appese a fili su apposite strutture molto scenografiche. 


Ritornati in “zona gialla”, dopo un lungo periodo passato sotto altri colori, sentivamo l’esigenza di tornare al ristorante, scegliendo però un giorno infrasettimanale per evitare il possibile affollamento del fine settimana. Ci siamo quindi recati al lago d’Iseo con un motivo ben preciso: era da parecchio tempo che non mangiavamo la sopra citata specialità locale, ovvero la Tinca al forno con polenta, un piatto che generalmente almeno una volta l’anno siamo soliti gustare. Tra i numerosi ristoranti che la propongono ne abbiamo scelto uno dove non eravamo mai stati, ovvero la
Trattoria del Muliner.


Si tratta di un locale storico, che vanta quasi sessant’anni d’età, aperto nel 1964 da Giovanni, detto “El Muliner”, soprannome dovuto all’attività di trasportatore di farine. Una quindicina d’anni fa il locale è stato completamente rimodernato per adattarlo alle cresciute esigenze della clientela, senza però perdere la tradizione in cucina ed è attualmente gestito da Andrea, nipote di Giovanni, che si occupa della cucina e dal suo socio Mauro, addetto alla sala.


La prima impressione che si ha entrando nel locale è quella di trovarsi immediatamente a proprio agio, i colori sono caldi, i tavoli ben distanziati, il servizio sollecito ma discreto e non opprimente. 
All’esterno si trova un ampio dehors con vetrate, molto bello da utilizzarsi in estate, ma che può essere utilizzato anche nelle altre stagioni.
Nel menù, che pur prevede preparazioni a base di carne: manzo, coniglio ed agnello, la fanno da padrone i pesci d’acqua dolce, che troviamo sia negli antipasti come nei primi e secondi piatti. 


La nostra scelta è caduta sull’insalata di gamberi d’acqua dolce e sulla Tartare di trota salmonata per quanto riguarda gli antipasti e, saltando i primi piatti, nuovamente sui gamberi d’acqua dolce per la seconda portata, questa volta in frittura e, naturalmente sulla tinca al forno.

Tinca al forno con polenta

Per quanto riguarda gli ingredienti principali dei piatti da noi scelti non bisogna lasciarsi ingannare dalla vicinanza del lago -siamo proprio sulle sue sponde-, ovvero dal mito dei prodotti a Km Zero, tanto di moda al giorno d’oggi. A esplicita domanda ci viene onestamente detto che le tinche provengono da allevamenti situati sul lago Trasimeno mentre i gamberi d’acqua dolce da allevamenti dei paesi dell’Est Europa e più raramente dalla Turchia. D’altra parte sarebbe impossibile avere tutto l’anno questa materia prima reperita con la pesca, per di più locale. Tornando ai piatti scelti per il nostro pranzo abbiamo trovata molto delicata e fresca l’insalata di gamberi e più saporita ed intensa la tartare di trota.

Insalata di gamberi

Per quanto riguarda la frittura di gamberi, raramente ne abbiamo trovata una più leggera, asciutta e senza alcuna untuosità, tanto che abbiamo chiesto se non fosse stata preparata con la friggitrice ad aria, eventualità che è stata decisamente negata.

Frittura di gamberi

Ultima annotazione riguarda il piatto clou, ovvero la Tinca, preparazione che abbiamo mangiato numerose volte nel corso degli anni, differentemente da tutti gli altri locali dove l’avevamo assaporata, che normalmente la presentano in un contenitore ceramico immersa nel burro fuso, dove viene cotta, qui il pesce è servito su un piatto piano, senza il burro liquefatto il che la rende meno pesante. Non cambia il metodo di cottura, ci è stato detto, unicamente l’impiattamento. Ci dimenticavamo della polenta, contorno obbligatorio della Tinca al forno, che si presentava ben asciutta ed al contempo cremosa.

Molto interessante, ed onesta, l’ampia carta dei vini nella quale è dato notevole spazio ai prodotti locali -siamo in Franciacorta- non trascurando però il resto d’Italia, viene inoltre data grande importanza ai vini dei produttori aderenti alla FIVI, il locale è infatti uno dei punti d’affezione di questa associazione. https://www.fivi.it/la-fivi/punti-affezione-fivi/


Nella nostra scelta siamo rimasti in Franciacorta, optando per il Cru Perdù millesimo 2011 dell’azienda Castello Bonomi.

In definitiva siamo stati molto contenti della nostra scelta, e certamente ritorneremo in questo locale per provare altre preparazioni che ci stuzzicavano ma che, per ovvi motivi, non abbiamo potuto assaporare.

9x9=47! Arriva il pacco solidale per la ripartenza

Nove giovani aziende, quarantasette ristoratori e un’immagine forte e carica di speranza: una vite sradicata e piegata, legata saldamente da tanti fili rossi ad una struttura metallica. “Sebbene sferzati da venti impetuosi siamo già pronti a ricominciare”, si legge nella lettera che accompagna una scatola contenente 9 bottiglie di vino, provenienti dalle cantine degli autori dell’iniziativa, che in queste ore viene consegnata nelle mani dei ristoratori: “tra i più colpiti in questi mesi, coloro che contribuiscono a dare valore ai vini artigiani. Un gesto per far sentire la nostra vicinanza.”


Un anno, il 2020, che ci ha privati del piacere e della gioia di sedere nei nostri ristoranti preferiti, tuttora nell’incertezza di ciò che potrà accadere, ma senza abbandonarci allo sconforto, nutriamo la speranza che al più presto si potrà tornare a lavorare con impegno e dedizione.


Da qui l’idea di regalare a quarantasette ristoratori sparsi in tutta Italia, scegliendo tra tutti quelli localizzati nelle province più piccole e disagiate a causa del lockdown, nove bottiglie di vino, le più rappresentative di ciascuna delle nove aziende, inserite in una scatola a forma di cubo, simbolo di pienezza, solidità e stabilità.


“Gli stessi valori dei quali abbiamo ora bisogno più di sempre, dopo un 2020 terribilmente brutto e un 2021 ancora pieno di incertezze”, commentano i giovani produttori. Ed è per questo che al cubo è stata associata una pianta di vite, simbolo di vita, di adattamento, di resilienza. Un pacco solidale, che porta con sé un auspicio di ripartenza: soltanto uniti i vignaioli e i ristoratori si può ripartire.


I giovani produttori partecipanti all’iniziativa “9x9=47. Pacco solidale per la ripartenza” e i vini nella scatola sono:

Luigi e Valentina Di Camillo - Tenuta i Fauri Abruzzo DOC Pecorino (Abruzzo) – ideatori e coordinatori del progetto -

Paolo Bertani, Leonardo Di Vincenzo, Alfredo Colangelo, Manfredi La Barbera, Marianna Pastore, Loreto Lamolinara, Michael Opalenski - Masseria La Cattiva “Riposata” vino Rosso (Puglia)

Davide Fasolini e Pierpaolo Di Franco – Dirupi Grumello Riserva Valtellina Superiore DOCG (Lombardia)

Alessandro e Felicia Palombo - Luiano Chianti Classico DOCG (Toscana)

Marco Cirese - Noelia Ricci “Il Sangiovese” Predappio Romagna DOC (Emilia-Romagna)

Luca Baccarelli - Cantina Roccafiore “Fiorfiore” Umbria Grechetto IGP (Umbria)

Alessandra Quarta – Sanpaolo Claudio Quarta “Totó Rosso” Campania IGP (Campania)

Diletta Tonello - Tonello “ioTeti” Lessini Durello Metodo Classico (Veneto)

Rocco Vallorani - Vigneti Vallorani “Polisia” Piceno Superiore DOC (Marche)

Conte Gucciardini: stabilità, esperienza e storia possono battere la crisi - Delivery IGP


di Stefano Tesi

Conte Guicciardini è un'impresa toscanissima, che si autodefinisce "familiare" ma è in realtà strutturata su tre aziende diverse in zone diverse: Chianti Colli Fiorentini (Castello di Poppiano, 140 ha, che è l’azienda storica della famiglia da molti secoli), Morellino di Scansano (Massi di Mandorlaia, 46 ha) e Chianti Classico (Belvedere Campoli, 14 ha). 

Ferdinando Gucciardini

Con le sue circa 400mila bottiglie prodotte, appartiene a quella vasta fascia dimensionale media “non abbastanza piccola per coltivare un mercato hobbystico ma senza l’elasticità delle grandi aziende imbottigliatrici”, come la descrive il titolare, il conte Ferdinando. E’ insomma una tipologia complessa per la quale la crisi da Covid è al tempo stesso commerciale, logistica e sanitaria. 

Come è stata gestita? C'è confronto tra produttori affini su come affrontarla?

In effetti la nostra struttura aziendale non facilita la flessibilità rispetto al mercato e ciò può crearci maggiori difficoltà. Non potendo contare sui grandi numeri, la scelta obbligata è l’affermazione della qualità legata al “terroir” aziendale. Siamo un produttore puro e tale vogliamo rimanere. A monte abbiamo solo la nostra vigna, che non ci fa sconti e ci responsabilizza totalmente. Abbiamo però alle spalle anche una lunga storia legata al mondo agricolo e credo che questo venga percepito. Fare buoni vini ed ancorarli sempre al territorio di origine è l’obiettivo a cui rimaniamo coerenti anche in questi tempi eccezionalmente difficili. In altri termini vogliamo essere identificati sempre di più come azienda produttrice, di medie dimensioni e di livello medio-alto. Nel nostro caso proprio la dimensione media e il carattere “volutamente” familiare ci hanno permesso di formare nel tempo una struttura di risorse umane consolidata e dotata di forte senso di appartenenza. Questo ci permette di affrontare le circostanze “come un sol uomo”. E’ un plus tutt’altro che trascurabile. Oggi tutti soffriamo, ma le difficoltà possono essere solo in parte attribuite alla dimensione aziendale: esse dipendono fondamentalmente dal fatto che il nostro mercato principale, l’HORECA, è stato quello più penalizzato dalla pandemia.

Ritiene che la crisi avrà conseguenze durature? C’è un piano a medio termine per affrontarle?

La crisi sanitaria è degenerata in una crisi economica che purtroppo avrà il suo epilogo in una crisi finanziaria. Questo colpisce particolarmente aziende come noi. Chi fa riferimento alla GDO ha sicuramente pagato meno dazio ed in qualche caso è addirittura cresciuto. Senza dubbio il Covid ha stravolto le nostre prospettive. Di colpo l’obiettivo è cambiato: dallo sviluppo alla sopravvivenza. E questo ha riorientato le nostre scelte. Sul piano della produzione è divenuto imperativo il controllo su costi e su investimenti, con grande attenzione a non compromettere la nostra struttura produttiva e a non penalizzare l’occupazione.
Dal punto di vista commerciale, lavorando con la ristorazione, la prima fase di lockdown ci ha proiettati in uno stallo sul mercato domestico, compensato solo parzialmente dall’export e in piccola parte dalla GDO. Abbiamo quindi messo in campo un “marketing emergenziale” cercando di gestire con buonsenso il problema dei pagamenti e di rassicurare i clienti. Questo ha pagato nel periodo estivo. Durante il blocco autunnale ci siamo concentrati sullo sviluppo di nuovi strumenti commerciali tipo wine club e sulle prospettive di export nel periodo tardo primaverile ed estivo. Abbiamo sempre comunicato al mercato l’importanza della stabilità, dell’esperienza e della storia familiare come nostro punto di forza e di riconoscibilità e in tanti casi ciò ci viene riconosciuto. Questi saranno gli obiettivi anche dopo il Covid.

Fra aziende c’è confronto su quest’ argomento? 

Certamente, anche se non istituzionalizzato. Ogni volta che ci si incontra è l’argomento principe, ma nessuno ha il rimedio per tutti. L’obiettivo di ognuno è la sopravvivenza. Ma poiché ogni attore ha le sue caratteristiche specifiche, lo stesso problema ha risposte non sempre coincidenti.

Qual è o quale avrebbe potuto essere il ruolo dei consorzi di tutela nel fronteggiare la pandemia?

I consorzi sono formati da aziende molto diverse e il loro ruolo è l’affermazione della denominazione, non la difesa del singolo. Il “focus” dei consorzi dovrebbe perciò concentrarsi sul mantener viva l’attenzione sulla denominazione e mettere in campo azioni specifiche per promuovere nuove opportunità di mercato su tutti i canali, fra cui particolare accordi quadro con la GDO di cui potrebbero beneficiare in modo particolare le piccole medie imprese.

Il calendario mondiale delle fiere vinicole è stato rivoluzionato. Tutto tornerà come prima o può essere l'occasione per ripensare qualcosa del "sistema"?

Credo di no: le fiere ed il contatto diretto con i clienti rimarranno sempre importanti. Non si potrà farne a meno. Ma dovremo essere più selettivi nello scegliere le manifestazioni a cui parteciperemo. Il lockdown ha obbligato non solo noi produttori, ma anche i nostri clienti, ad utilizzare intensivamente e molto più che in passato i mezzi informatici. Ed è probabile che questo possa tradursi in una maggiore efficienza del sistema: le nuove tecnologie, le video conferenze e i confronti resteranno come strumento utile e a basso costo in tante circostanze. Le fiere di settore che sopravvivranno dovranno forzatamente tenerne conto.

In questi mesi di crisi ci sono scelte di cui è particolarmente soddisfatto?

L’ inattività ci ha dato modo di concentrarci sulla pianificazione della vendita on-line, in particolare sul Conte Guicciardini Wine Club. Sul fronte produttivo sono lieto di aver potuto mantenere integra la nostra forza di lavoro; in campo commerciale di aver fatto quanto potevamo per non perdere i nostri clienti tradizionali. La scelta di implementare le vendite online e di continuare a seguire i nostri clienti in modo assiduo si sta rivelando corretta, come anche non aver rinunciato del tutto a migliorare la qualità mediante investimenti mirati in vigna ed in cantina.

Castello Monterinaldi - Chianti Classico DOCG Vigneto Boscone 2016


di Stefano Tesi

Dalle vecchie vigne di uno storico cru aziendale ecco un vino asciutto, sobrio e di grande eleganza: 100% Sangiovese, colore rubino profondo e naso boscoso, quasi selvatico. 


In bocca la vena acida ne sostiene l'imponenza, rendendo la bevuta austera e confortante se accompagnato a lasagne domenicali e arrosti.

In Langa con l'Archeo-sommelier Simone Tabusso che produce il vino come nell'Antica Roma!


di Stefano Tesi

A fine del 2020 ha sollevato scalpore mondiale il ritrovamento, in quella cava delle meraviglie che è Pompei, di un termopolio, ovverosia di una “tavola calda” dell’epoca, in quasi perfetto stato di conservazione. Con tanto di bancone, dolia, pitture, graffiti, anfore e contenitori sui resti organici individuati in fondo ai quali si va ancora indagando. Sui gusti e le abitudini enogastronomiche degli antichi romani, del resto, la curiosità è parecchia e di informazioni, più o meno attendibili, ne circolano molte da sempre.

Mesi prima però aveva attirato la mia attenzione anche un’altra notizia, meno importante ma non meno curiosa, che mi è stato facile ricollegare a quella della scoperta pompeiana. Avevo saputo infatti che a Novello, nel Piemonte langarolo e barolista, c’è un archeologo-sommelier che, filologicamente, non solo ha provato a fare il vino come ai tempi dell’Impero Romano, ma lo ha anche imbottigliato e messo in commercio. Si chiama Simone Tabusso. Così mi sono fatto mandare due bottiglie e abbiamo fatto due chiacchiere.

Simone Tabusso - Foto: targatocn.it

L'incipit è da mandare in sollucchero gli amanti del latinorum: "Nella Gallia cisalpina, regio IX, a poche miglia da Alba Pompeia, quattro anni fa iniziai le ricerche per la mia tesi di laurea sulla produzione del vino in età romana, dal titolo ‘Dalla vigna alla cantina: alcuni aspetti della produzione vinicola in Gallia Narbonese’. Seguirono - racconta Tabusso - studi e traduzioni delle fonti latine degli agronomi antichi come Catone, Columella, Varrone e altri, che celavano i segreti della produzione e della conservazione dell’antico vino romano, il quale veniva aromatizzato con erbe e spezie naturali per permettere una durata maggiore nel tempo, ovviando così alla mancanza di solfiti. Dopo due anni di prove di vinificazione ho aperto un’impresa di produzione dell’antico vino romano".


Le tipologie riportate ai nostri giorni da Tabusso sono due: il Purpureum e l’Aureum. "Il primo - sostiene Tabusso - è un rosso da abbinare a dessert e formaggi stagionati, ma che gli antichi romani utilizzavano per la gustatio, il nostro aperitivo. Il secondo è un bianco aromatizzato col defrutum (mosto cotto) e una miscela di erbe e spezie. E' un vino secco che si abbina bene ad aperitivi, primi piatti aromatici, secondi di pesce e carni bianche".


Tabusso in azienda ha creato anche un percorso museale in cui è possibile ammirare la riproduzione di una cantina romana con torchio, anfore e botti. "I vitigni che ho utilizzato sono la Barbera per il Purpureum e l'Arneis per il bianco: le fonti antiche non citano espressamente i vitigni utilizzati, ma per caratteristiche organolettiche questi mi sono sembrati i più adatti", racconta l'archeologo-vignaiolo. "In vigna ho utilizzato invece il metodo biologico, per avvicinarmi il più possibile alle pratiche del mondo antico".

Le difficoltà maggiori?

"Quelle burocratiche: essendo addizionato di aromi e spezie per la legge il mio non può essere chiamato vino, ma 'bevanda aromatizzata a base di vino' (cfr Reg. Ue N. 251/2014). Inoltre per la produzione ho dovuto dotarmi di una cantina totalmente separata rispetto a quella per la produzione convenzionale per non contaminare i prodotti".

Risultati commerciali?

"Siamo all'inizio perchè la prima uscita è stata nel 2019 e sicuramente il covid non ha agevolato il lavoro di comunicazione e di conoscenza del prodotto, che si appoggia molto sulle opportunità di visita esperienziale in cantina. Tuttavia siamo presenti su alcune enoteche del Piemonte e abbiamo aperto un'e-shop sul nostro sito per la vendita in tutta Europa. Il prezzo delle bottiglie al pubblico è di 15€".

Tecnicamente come funziona la produzione?

"Il prodotto è stato realizzato in inox come primo anno, perchè l'intento era quello di concentrarsi sull'aromatizzazione. In futuro verrà realizzato in coccio. Per quanto riguarda l'invecchiamento, sono state fatte delle analisi da parte di enologi che hanno messo in evidenza che il prodotto può essere conservato tranquillamente per 6/7 anni in bottiglia. Tuttavia, essendo appunto tutto nuovo, bisognerà valutare strada facendo l'evoluzione del vino".

In pratica è un prodotto multidisciplinare.

"Sì, infatti io non sono un tecnico, ma solo un sommelier e un appassionato di vino. Durante le prove mi sono però appoggiato a un amico enologo. Le tecniche di produzione e i macchinari utilizzati, tipo pigiadiraspatrici, sono moderni perchè purtroppo l'asl mal volentieri accetterebbe una pigiatura fatta con i piedi in vasche di cocciopesto. Per l'aromatizzazione però i miei vini seguono fedelmente le fonti degli agronomi latini: ho utilizzato gli stessi ingredienti descritti e, dove è stato possibile recuperarle, anche le unità di misura. In antichità queste tipologie di vino venivano definite vina condita, cioè appunto vini aromatizzati".

Non c'era il rischio che un vino antico riprodotto "filologicamente" risultasse sgradevole ai palati moderni?

"In realtà non ho utilizzato espedienti particolari per rendere i prodotti adatti al nostro gusto, anzi ho voluto rispettare le indicazione delle spezie e degli aromi nel modo più fedele. L'unico artificio è stata la filtrazione, per rendere il vino più limpido".

E l'"archenoturismo" come funziona?

A Novello, con mia madre, abbiamo Villa Anselma, con tre appartamenti per vacanze. A un anno dall'esordio il riscontro del pubblico è positivo. Principalmente lavoro con le degustazioni nella storia, come le chiamo io: ho creato un percorso museale che riproduce una cantina di 2000 anni fa, con le varie tipologie di torchio, le anfore, la riproduzione di una popina, cioè il bancone delle taverne, anche se in una versione più modesta di quella ritrovata a Pompei, e pure il rifacimento di un letto tricliniare su cui ci si può sdraiare per provare a sorseggiare una coppa di vino come gli antichi. Il percorso si conclude con una vera e propria degustazione organolettica del vino”.


Ed eccoci all'assaggio.

Purpureum, bevanda aromatizzata a base di vino, 12,5°

Di colore rubino brillante, caldo, non carico. Al naso rivela subito un intenso sentore mielato (principalmente di castagno) che poi si evolve lungamente in resina, china, rabarbaro, pot pourri di macchia e si chiude con note di nocciola. In bocca è dolce e caldo ma non stucchevole, ben equilibrato, con la melata di castagno e il mirto in evidenza e un lungo ritorno nocciolato al retrogusto.


Aureum, bevanda aromatizzata a base di vino, 12°

Di colore praticamente arancione, brillante. Al naso è intenso e penetrante, con il miele in evidenza su un tappeto melangiato di note macerate, spezie, frutta a polpa gialla matura e un lieve accenno balsamico. Al gusto è appena abboccato e un po' ruffiano, ma preciso, composto non invadente, molto pulito e piacevole. Tutto considerato, è proprio il caso di dirlo alla latina: prosit!

Martin Foradori: questa crisi ci apre le porto al futuro del vino - Delivery IGP


di Luciano Pignataro

Covid e mondo del vino. Abbiamo sentito Martin Foradori, eclettico produttore altoatesino e proprietario di Hofstatter. Ha anche una azienda in Germania e dunque il suo punto di vista può essere più completo.

Si è ormai quasi compiuto un anno, un ciclo intero, dall'inizio della crisi. Quali sono le cose che ti ha insegnato la nuova situazione.  Ossia, c'è qualcosa che hai iniziato a fare, considera, che prima non facevi o che avevi rimandato?

Il mondo vitivinicolo è molto tradizionale. Innovazioni e tecnologie, che in altri settori già presenti ed in uso da anni, non sempre nel mondo del vino vengono adottate con la stessa velocità. La digitalizzazione, indipendentemente se si tratta di online shop aziendali o piattaforme che permettono di comunicare senza filtri da una parte con il consumatore finale e dall’altra parte con il cliente aziendale (grossista, ristoratore, ecc.) sta ora avanzando con passi da gigante anche in questo mondo tradizionale.

Martin Foradori


Sei salito alla ribalta perchè sei andato di persona a prendere personale per la gestione delle viti e la vendemmia. Perchè sei stato costretto a farlo? Qual è la soluzione per quest'anno in cui,  presumibilmente, i termini saranno gli stessi?

Nella primavera del 2020 la pandemia ci ha colto di sorpresa. Tutti noi, in prima linea la politica e chi ci governa, non avevamo punti di riferimento né esperienza su come comportarci in una situazione di emergenza come quella del Covid19. Molte decisioni sono state prese in preda al panico, senza analizzare il peso delle stesse e le conseguenze. Inoltre, in quel periodo l’allora ministra Bellanova era indaffarata con i problemi dei lavoratori agricoli in Puglia che sicuramente andavano messi a posto, ma non si è occupata (così come tutti i rappresentanti di categoria) di comprendere e trovare soluzioni a diverse problematiche di altre zone d’Italia. La mancanza di personale specializzato in viticoltura era ed è un problema rimasto tuttora irrisolto e, finiamola di nasconderci dietro un dito e fare polemica, i nostri connazionali da decenni non vogliono più svolgere lavori manuali in vigna. Inoltre, per soffocare la polemica sul nascere, questi lavori nei vigneti non sono né da “spaccatore di pietre” né da “padrone sfruttatore di manodopera estera a basso costo”.  Per quest’anno, visto che ora un po’ di “esperienza Covid” ce l’abbiamo tutti, non prevedo grandi disagi nel fare arrivare via terra i nostri fidati collaboratori stagionali in Italia dalle loro patrie. Per quanto mi riguarda, la mia squadra prima di partire dalla sua nazione di residenza è tenuta a fare un test e poi, una volta arrivati a destinazione, facciamo fare un ulteriore test. Poi il lavoro in vigna viene suddiviso in più gruppi di piccole dimensioni ed i singoli collaboratori vengono fatti alloggiare in strutture aziendali sempre in gruppi più piccoli che in passato, con i dovuti e necessari distanziamenti.

Molte aziende hanno scoperto, o rafforzato, l'e-commerce. Pensi che sia una attività complementare o è destinata a diventare il canale di vendita principale

Mi collego a quello che ho detto poco sopra: la digitalizzazione non si fermerà più nel mondo vitivinicolo. L’e-commerce in futuro sarà onnipresente anche nel nostro settore e darà un sostanziale supporto alle aziende. L’e-commerce, secondo me, sarà complementare ai canali tradizionali, che saranno sempre prioritari come in passato. Sono convinto, che l’e-commerce e la digitalizzazione daranno molte opportunità di fare business a tutti, dall’enotecario fino al ristoratore. È importante non opporsi a priori alle novità, ma riflettere come poter al meglio adattare le nuove tecnologie ed opportunità nel e per il proprio business.


Tanti hanno riconsiderato la partecipazione alle fiere, ai convegni, al world show. Qual strategia pensi per la tua azienda? Confermerai tutto o rinunci a qualcosa?

Sinceramente le fiere ed i grandi incontri mi sono meno mancati dal punto di business, ma più da un punto “umano” di incontro personale con i clienti. Le fiere, e anche questa tematica non è nuova, vanno ripensate: più business e meno festa. Se in futuro sarà di nuovo possibile partecipare alle principali fiere del settore, io sarò il primo ad essere presente. L’aspetto “d’incontro” nel mondo del vino è importante e va curato.


Cosa avrebbe potuto fare lo stato italiano per stare più vicino al mondo del vino che non ha fatto?

Questa tematica è direttamente collegata alle chiusure di ristoranti e alberghi. Questi settori hanno fatto l’impossibile per mettere in sicurezza i loro locali ed alla fine sono rimasti i settori più penalizzati dai vari decreti. Per quel poco che oggi si sa della divulgazione del Covid, i contagi in queste strutture statisticamente sono minimi. Seppur con severe restrizioni e controlli da parte delle autorità, la ristorazione si poteva anche tenere in vita e con ciò tenere in vita tutta la filiera collegata ad essa: dei fornitori di alimentari, bevande, vino, ecc.

Tu lavori anche in Germania: con il passare dei mesi le due situazioni, anche dal punto di vista numerico, sembrano abbastanza simili. Qual è il tuo bilancio: ci sono, e quali, differenze per chi opera nel settore vitivinicolo?

I vini della mia azienda tedesca vengono prevalentemente venduti in Italia. Parlando con i miei colleghi viticoltori tedeschi però vedo molta preoccupazione, poiché una grossa fetta delle loro vendite, così come per la mia azienda altoatesina in Italia, viene generata dal reparto Ho.Re.Ca. . Quello che però differenzia l’Italia e la Germania è che la vendita a clienti privati in e dalla cantina in Germania ha molta più tradizione che in Italia. Questa fascia di clientela è rimasta molto fedele alle sue cantine anche e soprattutto in tempi di lockdown.

Infine: quali programmi per la tua azienda?

Digitalizzazione, digitalizzazione, digitalizzazione, non avere paura del futuro e convincere la propria clientela del settore Ho.Re.Ca. che il futuro ci ha già raggiunti e sorpassati. È ora di prendere questo treno ad alta velocità….

Abate Nero - Trentodoc “Cuvée dell'Abate” Riserva 2008


di Luciano Pignataro

Uno chardonnay trentino al massimo della sua complessità dopo una sosta sui lieviti di 80 mesi. 


Perlage fine ed elegante, grandissima vivacità, naso ricco. Un grande spumante da spendere a tutto pasto.

www.abatenero.it

Cantine Monfort - Monfort Rare Vintage 2008 Trento Doc


di Luciano Pignataro

Fra l'alluvione di metodo classico italiano e Champagne di questi ultimi due mesi il Monfort Rare Vintage è forse la bottiglia che mi ha colpito di più. Non perchè la più buona, ma perchè più caratterizzata e con una lunga storia dietro, che poi nel vino è la stessa cosa quando si sta ad alti livelli. 


La quarta generazione della famiglia Simoni ha deciso di raccontare i suoi primi 75 anni di storia in un modo davvero speciale: con questo spumante metodo classico realizzato da Chardonnay con un saldo di 20% di pinot nero fermentato in barrique di secondo passaggio, sosta di tre mesi sulle fecce e poi per ben undici anni sui lieviti. E con un giornale per raccontarlo! Chiara Simoni, che si occupa della comunicazione dell’azienda, ha voluto raccontare la storia della famiglia raccogliendo testimonianze, foto, poesie, ricette e aneddoti in un notiziario, nella forma di un quotidiano dove si trovano racconti dall’interno dell’azienda ad interventi esterni, frutto delle numerose collaborazioni che negli anni la cantina ha creato con i diversi attori del territorio.


Insomma, quelle piccole grandi imprese tipiche del mondo del vino quasi oniriche in un Paese depresso dove secondo i dettami bocconiani si cerca la ripresa tagliando i costi invece di creare valore aggiunto. 

La storia della famiglia inizia nel 1945 quando si realizza il sogno di Giovanni e dei suoi tre figli Germano, Guido ed Ermete che danno vita ad una piccola cantina per vinificare le proprie uve, prima a Palù di Giovo, in Trentino, tra i vigneti della Valle di Cembra e poi nel piccolo e affascinante borgo di Lavis, nei pressi del torrente Avisio, a nord della città di Trento. Lorenzo, figlio di Germano, nel 1987 crea “Casata Monfort”, una linea di vini pregiati dal carattere tipicamente trentino come il Müller Thurgau e il Traminer aromatico. 

Sono gli anni delle prime prove di produzione di bollicine trentine: nella cantina di Lavis Lorenzo, tra i primi produttori trentini a intuirne le potenzialità, inizia ad affinare le sue bottiglie di Metodo Classico, quando ancora non è nata ufficialmente la denominazione territoriale Trento Doc. Sotto il carattere mite, Lorenzo Simoni cela un intuito creativo, una grande capacità di anticipare i trend e di innovare la propria attività imprenditoriale, promuovendo la tipicità del vino trentino affiancato da tante famiglie di vignaioli delle colline di Trento, della Valsugana e dei vigneti terrazzati della Val di Cembra, che conferiscono le loro uve alla cantina. Nel 2011 entrano a far parte dell’azienda i figli Federico e Chiara, che rappresentano oggi la quarta generazione della famiglia Simoni.


Nel 2008 si vinifica la prima annata di Monfort Riserva dai vigneti di alta collina. All’epoca vengono prodotte 1800 bottiglie. Lasciate da parte 150, eccole qui dunque a girare per l'Italia per festeggiare il 75 anni.


In questi undici anni di attesa la bottiglia ha acquisito una complessità davvero speciale che la rende utile a tutto pasto, anche alle prese con piatti strutturati. La freschezza, il perlage fine ed elegante oltre che persistente, il naso agrumato con rimandi di pasticceria e di miele, il sorso pieno, di corpo, sapido, non piacione, la chiusura precisa ed autorevole ne fanno davvero un metodo classico da incorniciare e premiano lo sforzo comunicativo in un anno in cui finalmente il mondo del vino, incalzato dalle difficoltà della pandemia, ha iniziato di nuovo a lavorare di fantasia e creatività.