Il Susucaru di Frank Cornelissen

Cornelissen è uno dei tanti personaggi del mondo del vino che un appassionato dovrebbe incontrare almeno per una volta.
Belga, con la passione del vino, ha trovato l'habitat ideale per coronare il suo sogno di vignaiolo a Solicchiata, pendice nord della vallata dell'Etna.

Frank Cornelissen ama la viticoltura naturale e il Nerello Mascalese che, a suo modo di vedere, possiede il frutto e l'eleganza del Pinot Nero di Borgogna e i tannini asciutti del grande Nebbiolo Piemontese.

Diventato quasi un maestro Zen nel suo campo, fonda la sua filosofia produttiva sul principio che l’uomo è incapace di capire la Natura nella sua totalità, la sua complessità e le sue interazioni e, per tale motivo, osservando i vari cambiamenti energetici e cosmici, ha scelto di assecondare Madre Natura anziché fare di testa propria. 
Tutto questo per dire che il nostro vignaiolo lascia la sua terra completamente libera, non solo dalla chimica, ma anche da tutte le altre lavorazioni, anche di tipo biodinamico, perché dimostrerebbero l'incapacità dell'uomo di assecondare la Natura.

Capito perché parlavo di maestro Zen del vino?

Cornellissen attualmente possiede circa nove ettari di vigneto tutto allevato ad alberello mentre la parte restante della superficie aziendale è destinata ad olivi, alberi da frutta (piantati in mezzo alle vigne come una volta), mandorli ed ortaggi.

I vigneti, alcuni dei quali franco di piede, sono caratterizzati da un mix di uve tradizionali dove, oltre al già citato Nerello Mascalese, abbiamo anche Carricante, Grecanico dorato, Coda di Volpe, Malvasia, Moscato nero, Insolia e chissà che altro ancora.

Vigneti a contrada Porcaria

La vinificazione, in linea generale, prevede una fermentazione in contenitori di terracotta (giare) di varie dimensioni (150 - 400 litri) interrati nella pietra lavica macinata. Si lascia insieme tutta la massa (vino e bucce) fino a dopo la fermentazione malolattica al fine, così scrive Cornelissen sul suo sito web, di permettere un maggior contatto con tutti gli elementi cosmici e per estrarre tutti gli aromi territoriali dell’uva. Questa macerazione dura da 4 a 7 mesi secondo il vino e l’annata. Dopo la torchiatura, il vino ritorna nelle giare per concludere il suo ciclo di riposo ed evolutivo per circa altri 18 mesi prima di essere imbottigliato.

pied de cuve per il rosato

Tra i vari vini che amo di casa Cornelissen uno è sicuramente il Susucaru, che il mio amico Alfonso Scarpato mi ha fatto degustare in varie occasioni questa estate. Prodotto a partire da uve Malvasia, Moscato nero, Insolia e Nerello Mascalese, di varie contrade dell’Etna, è il rosato che non ti aspetti perché la sua mineralità è viscerale ed austera come A’ Muntagna da cui deriva. Non bevetelo se cercate l’ordinario e attenzione, può creare dipendenza e di bottiglie in giro ce ne sono poche…

Fonte: Twitter.com

Tre Bicchieri 215 Lazio Gambero Rosso

Lamentavamo una crescita eccessivamente lenta del Lazio, troppo livellata su prodotti ben realizzati, ma senza mai l'ambizione all'eccellenza, quest’anno invece abbiamo registrato con piacere una serie di nuove realtà e situazioni che ci fanno ben sperare. La valorizzazione del Grechetto, a nostro parere il vitigno di quel territorio con le maggiori potenzialità, la rinascita della produzione di valore nell’isola di Ponza, la crescita in senso qualitativo, finalmente, del Frascati.



Biancolella Faro della Guardia 2013 Casale del Giglio 

Cesanese del Piglio Sup. Hernicus 2012 Coletti Conti
Fiorano Bianco 2012 Tenuta di Fiorano 

Frascati Sup. Epos 2013 Poggio Le Volpi
Frascati Sup. Poggio Verde 2013 Pallavicini 

Grechetto Latour a Civitella 2011 Mottura
Montiano2012 Falesco

Tre Bicchieri 2015 Sardegna Gambero Rosso

Cantine storiche, nuove realtà vitivinicole, ma anche territori fino a ora sottovalutati che iniziano a esprimersi con grande efficacia. Questa la fotografia attuale della Sardegna del vino. La qualità media della Sardegna del vino è ormai alta, con nuove eccellenze che si affiancano a quelle che hanno fatto la storia dell’Isola. 


Alghero Marchese di Villamarina 2009 Sella & Mosca
Barrile 2011 Contini
Cannonau di Sardegna Barrosu Franzisca Ris. 2011 Montisci
Cannonau di Sardegna Cl. Dule 2011 Gabbas 
Cannonau di Sardegna Ris. 2012 Pala 
Capichera 2012 Capichera
Carignano del Sulcis 2010 6Mura - Cantina Giba
Carignano del Sulcis Sup. Arruga 2009 Sardus Pater
Carignano del Sulcis Sup. Terre Brune 2010 Santadi
Mandrolisai Sup. Antiogu 2011 Fradiles
Turriga 2010 Argiolas 
Vermentino di Gallura Sup. Sciala 2013 Surrau 
Vermentino di Gallura Sup. Sienda 2013 Mura

E su Repubblica.it va in onda la sagra dello strafalcione made in Sud

Se si continua così avranno ragione tutti quelli che sostengono che la Rete non è una fonte attendibile di informazioni.

Se si continua così, ovvero a far scrivere di vino chi non ne sa nulla, la cultura nel nostro Paese farà sempre più ridere.

Ieri su Repubblica.it, all'interno del blog Pane Nostrum, è stato scritto questo in merito all'Aglianico. Trovare gli errori è abbastanza facile e divertente.

Dicono che sia il Barolo del sud, ugualmente elegante, rapinoso e allergico all’istituto della pronta beva. Una creatura enologica per nulla semplice, roba per esperte mani contadine, nasi sapienti e palati esperti. Perché l’Aglianico è come un purosangue, che non sai mai fin dove spingerti a domare. Può disegnare un arco armonico fra testa e collo, chiudendo il profilo come un cavallo ammaestrato, e un attimo dopo impennarsi, ribelle per noia o cattivo polso del cavaliere.
Non a caso, la sua terra è terra vulcanica. Non proprio l’antro della fattucchiera Amelia e del fido Gennarino di disneyana memoria, ma comunque le zolle scalpitanti e minerali che abitano le alture dell’Irpinia. Dove l’Aglianico dà il meglio di sè, con tanto di ventennale Docg dedicata, l’unica a bacca rossa della Campania: si chiama Taurasi, come il nome di uno dei diciassette comuni avellinesi autorizzati alla produzione, fortunatissimi al di là del numero scaramantico, se solo per questo rosso profondo è stata coniata la definizione che lo assimila al re dei vini (o vino da re).


Non solo una questione di terra, ma anche di aria e acqua: detesta caldo e siccità, la vite che resiste (quasi) impavida a oidio e peronospora, le pesti della vigna, permettendo di ridurre al minimo – o addirittura azzerare – gli interventi chimici. Spigolosa eppure malleabile, se è vero che scollinando tra Beneventano (Aglianico del Vulture Superiore Docg), Basilicata (Aglianico del Taburno Docg) e Molise, e spingendosi poi giù fino alla Puglia – dove domina la doc Castel del Monte – sa adattarsi quanto basta a metter radici e rendersi preziosa nelle produzioni vinicole della zona.
Una robustezza genetica millenaria: l’uva approdata in Meridione grazie ai Greci con il nome di Ellenikon (la doppia elle venne mutata in “gl” dalla fonetica spagnola, durante la dominazione aragonese del XV secolo), infatti, ha attraversato la storia della viticoltura, risplendendo fin dai tempi dei Romani, che l’avevano adottata per realizzare il mitico Falerno, esempio di doc ante litteram, capace di associare solidamente per la prima volta vino e territorio (le falde del monte Massico).
La pratica di enologi e vignaioli non consente margini d’errore: l’Aglianico pretende dosi generose di sapienza, pazienza e sensibilità, perché l’assemblaggio di tannini esplosivi e acidità ben presente fuoriescano dalla bottiglia con la soavità maestosa di un genio della lampada. Solo a queste condizioni, nel calice si mostra vellutato e intenso, profumato di prugna e marasca, eppure così fine che i degustatori lo avvicinano senza bestemmiare il dio dei vini ai grandi di Borgogna.
Per anni, inseguendo i miti di muscolarità e giovanilismo, molti vignaioli hanno costretto i vini a disvelarsi prima di essere pronti, come ragazzini spinti controvoglia sulla passerella. Proprio come il fratello langarolo, invece, l’Aglianico incarna l’elogio della lentezza, a partire dalla maturazione: pur senza chiamarsi Nebbiolo (l’uva-madre del Barolo) ha bisogno di rabbrividire per concedersi alla forbice dei raccoglitori. Organizzate una gita sulla dorsale campana nelle prossime settimane e andate a visitare le aziende che aderiscono a ”Cantine aperte in vendemmia” (Movimento Turismo del Vino): tra un’insalata col pane cafone e un bicchiere di buon vecchio Aglianico, l’autunno sarà davvero magico.

Tre Bicchieri 2015 Liguria Gambero Rosso

La viticoltura ligure è difficoltosa, i muretti a secco indispensabili, i vigneti spesso frazionati, il lavoro richiesto certosino. Ma i risultatiripagano degli sforzi, con vini unici che racchiudono i tanti sapori del Mediterraneo. Ai pionieri succedono già nuovi proseliti che percorrono lastrada della qualità mentre le aree vitivinicole hanno acquisito, ormai, una loro identità. E intanto tutta la regione cresce. I premiati sono 7 di altrettante aziende. Ecco quali.



Cinque Terre 2013 Bonanini
Colli di Luni Vermentino Et. Nera 2013 Lunae Bosoni
Colli di Luni Vermentino Il Maggiore 2013 Lambruschi
Dolceacqua Bricco Arcagna 2012 Terre Bianche
Dolceacqua Galeae 2013 Ka' Manciné
Riviera Ligure di Ponente Pigato Cycnus 2013 Poggio dei Gorleri
Riviera Ligure di Ponente Pigato U Baccan 2012 Bruna

Tre Bicchieri 2015 Valle d'Aosta e Basilicata Gambero Rosso

Un territorio particolare che genera vini particolari, purtroppo ancora costretti a prodotti di facile consumo. Così la Valle d'Aosta non esprime ancora in pieno il suo potenziale, anche se il panorama è vivace, con la nascita costante di nuove aziende e nuovi investimenti. Non sempre si centra l'obiettivo: manca un'analisi più approfondita al connubio vitigno/terroir, per esempio, ma l'attitudine alla sostenibilità e l'interesse ai vitigni autoctoni segnano due importanti punti a favore. Discorso diverso per la Basilicata: qui la star è ancora l'Aglianico del Vulture, ma le denominazioni crescono, e con loro i produttori determinati a fare qualità e sfruttare le potenzialità della regione. Anche Matera inizia a proporsi con maggiore decisione sui banchi degli assaggi a testimonianza di una regione in crescita tanto per quantità che per qualità.



TRE BICCHIERI 2015. VALLE D'AOSTA

Valle d'Aosta Chambave Moscato Passito Prieuré 2012 Crotta di Vegneron
Valle d'Aosta Chambave Muscat 2012 Vrille
Valle d'Aosta Fumin 2012 Ottin
Valle d'Aosta Petite Arvine 2013 Le Crêtes
Valle d'Aosta Pinot Gris 2013 Lo Triolet


TRE BICCHIERI 2015. BASILICATA 

Aglianico del Vulture Il Repertorio 2012 Cantine del Notaio
Aglianico del Vulture Re Manfredi 2011 Terre degli Svevi
Aglianico del Vulture Rotondo 2011 Paternoster

Tra Santorini e il Domaine Sigalas....

Avevo già parlato di Santorini e del Domaine Sigalas per cui la domanda è: come mai un altro post? Semplice, ho passato la mia estate nella bellissima isola greca e non potevo non passare in azienda per scoprire tutti i segreti di questi particolarissimo terroir.



L'azienda, attualmente, coltiva ben 19 ettari di vigneto diviso in varietà autoctone ancora a piede franco come Athiri, Aidani, Assyrtiko, Mandilaria, Mavrotragano (quest'ultime due uve a bacca rossa).
Durante la nostra visita, accolta in maniera eccellente da Elias, facciamo un giro per i vigneti che, come già sappiamo, a Santorini sono spesso molto vecchi e allevati a canestro in  modo che i grappoli siano riparati dal sole e dai venti carichi di sabbia e sale. Le rese, per questo motivo, sono estremamente basse e, di media, non vanno mai oltre i 20-28 hl/ha.




Non solo tradizione nel Domaine visto che si stanno allevando viti secondo metodi sperimentali e più moderni. Vedi foto sotto.


Vigneto Sperimentale

Purtroppo, causa vendemmia in corso, non ci è stato possibile entrare in cantina per cui siamo passati subito al wine tasting di tutti i vini della gamma aziendale disponibili al momento. Seduti, con un vento che accarezzava i capelli e con davanti un piatto di prodotti tipici greci, abbiamo degustato:

Aidani 2011 (100% aidani): un vino bianco che si eleva tra spezie e sole con sorso fresco e sapido con finale di erbe mediterranee. Acciaio.



Aidani 2012 (100% aidani): naso minerale, di terra asciutta, di capperi e olive. Bocca sapidissima dove ritrovo la vena vulcanica, nera, dell'isola. Acciaio.

Assyrtiko-Athiri 2013 (assyrtiko 75%, athiri 25%): fruttato, rotondo, succoso ha un sorso pieno e finale di pesca matura. Acciaio.



Santorini 2013 (100% assyrtiko): uno dei miei preferiti per quella vena tutta minerale e per la sua estrema bevibilità. Un vino bandiera. Acciaio.



Kavalieros 2012 (100% assyrtiko): da singola vigna è un assyrtiko di grande complessità grazie anche all'affinamento sulle fecce fini per circa 18 mesi prima di essere imbottigliato e ulteriormente affinato per due anni. Un bianco freschissimo che profuma di sale e macchia mediterranea e che ha un sorso lungo ed avvolgente.



Santorini Barrel 2013 (100% assyrtiko): sarà anche buono ma il legno è ancora troppo evidente per me.



Nychteri 2010 (100% assyrtiko): rappresenta il vino "tipico" di Santorini essendo prodotto a partire da uve surmature di assyrtiko. Viene fermentato e affinato in vecchie botti di rovere per circa 30 mesi e viene commercializzato non prima di tre anni. Di grande complessità, è un bianco cremoso che profuma di fiori di limone e spezie gialle. Bocca molto rotonda, vellutata e lungo finale.


Ean 2013 (100% mavrotragano):  rosè per nulla scontato, sapido e ben bilanciato.



Krisi (mandilaria, agiorgitiko): è il vino da tavola di casa Sigalas e, come per il rosè, rappresenta un approccio molto interessante e affatto prevedibile al vino rosso di Santorini.

Mm 2012 (60% mavrotragano, 40% mandilara): vino rosso molto diretta con profumi di ciliegia e frutti di bosco. In bocca è scalpitante e di buon allungo sapido. Fermentato una parte in acciaio e una parte in legno, viene affinato un anno in fusti di acciaio.

Mavrotragano 2012 (100% mavrotragano): dall'uva rossa più importante dell'isola, e non solo, nasce un vino di grande speziatura (chiodo di garofano su tutti) e complessità di frutti rossi. Sorso giovanissimo e strutturato con un tannino deciso che avrà tempo di smussarsi. 18 mesi barrique.



Vinsanto 2004 (75% assyrtiko, 25% aidani): la batteria dei vini dolci si apre col classico vin santo di Santorini prodotto da uve bianche. Profuma di frutta gialla disidratata e zuccherina e ha un sorso di grande avvolgenza, cremosità ed equilibrio. Finale interminabile. 




Apiliotis 2008 (100% mandilara): vino dolce da uva a bacca rossa disidratata al solo per 10-12 giorni, profuma di spezie nere e amarena e ha un sorso perfettamente bilanciato tra zucchero e acidità/tannino tanto che il finale non è dolce ma quasi austero.

uva mandilara al sole!

Le chiocciole Slow Wine 2015


Abruzzo e Molise
Cataldi Madonna
Emidio Pepe
Praesidium
Torre dei Beati
Valentini
Valle Reale
Alto Adige
Nusserhof – Heinrich Mayr
Kuenhof – Peter Pliger
Manincor
Tenutae Lageder
Unterortl – Castel Juval
Cantina Terlano
Basilicata
Musto Carmelitano
Cantine del Notaio
Calabria
‘A Vita
Sergio Arcuri
Campania
Antica Masseria Venditti
Antonio Caggiano
Colli di Lapio
Contrada Salandra
Contrade di Taurasi
Luigi Tecce
Maffini
San Giovanni
Tenuta San Francesco
Villa Dora
Emilia-Romagna
Camillo Donati
Fattoria Zerbina
Paolo Francesconi
Vigne dei Boschi
Villa Venti
Vittorio Graziano
Friuli Venezia Giulia
Borgo San Daniele
Damijan Podversic
Edi Keber
Gravner
I Clivi
Kante
La Castellada
Le Due Terre
Meroi
Miani
Radikon
Ronco del Gnemiz
Ronco Severo
Skerk
Skerlj
Vignai da Duline
Zidarich
Lazio
Casale della Ioria
Marco Carpineti
Sergio Mottura
Liguria
Cascina delle Terre Rosse
Maria Donata Bianchi
Santa Caterina
Walter De Batté
Lombardia
Agnes
Andrea Picchioni
Ar.Pe.Pe.
Barone Pizzini
Dirupi
Fay
Togni Rebaioli
Marche
Andrea Felici
Aurora
Bucci
Collestefano
Fattoria Dezi
Fattoria La Monacesca
Fattoria San Lorenzo
La Staffa
Pievalta
Piemonte
Alessandria Fratelli
Anna Maria Abbona
Antichi Vigneti di Cantalupo
Brovia
Ca’ del Baio
Carussin
Cascina Ca’ Rossa
Cascina Corte
Castello di Tassarolo
Cavallotto Fratelli
Conterno Fantino
Dacapo
Pira & Figli – Chiara Boschis
Elio Altare – Cascina Nuova
Elio Grasso
Elvio Cogno
Fiorenzo Nada
G.D. Vajra
Giacomo Brezza & Figli
Giuseppe Rinaldi
Iuli
Le Piane
Luigi Spertino
Pecchenino
Piero Busso
Roagna – I Paglieri
San Fereolo
Serafino Rivella
Sottimano
Vigneti Massa
Puglia
Agricole Vallone
Attanasio
d’Araprì
Giancarlo Ceci
Gianfranco Fino
Morella
Paolo Petrilli
Polvanera
Sardegna
Giuseppe Sedilesu
Orlando Tondini
Panevino
Sicilia
Arianna Occhipinti
Cos
Ferrandes
Frank Cornelissen
Girolamo Russo
Graci
I Vigneri
Marco De Bartoli
Tenuta delle Terre Nere
Valdibella
Toscana
Badia a Coltibuono
Baricci
Boscarelli
Caiarossa
Caparsa
Castello dei Rampolla
Corzano e Paterno
Fattoi
Fattoria di Bacchereto Terre a Mano
Fattoria di Fèlsina
Fattoria Selvapiana
Fontodi
Frascole
I Luoghi
Il Paradiso di Manfredi
Isole e Olena
Le Chiuse
Le Cinciole
Montenidoli
Monteraponi
Montevertine
Podere Concori
Poderi Sanguineto I e II
Riecine
Salustri
Stefano Amerighi
Tenuta di Valgiano
Val delle Corti
Trentino
Eugenio Rosi
Foradori
Francesco Poli
Gino Pedrotti
Maso Furli
Pojer & Sandri
Redondel
Vignaiolo Fanti
Umbria
Adanti
Antonelli San Marco
Barberani – Vallesanta
Fattoria Colleallodole
Palazzone
Paolo Bea
Tabarrini
Valle d’Aosta
Les Crêtes
La Vrille
Veneto
Le Fraghe
Monte dei Ragni
Corte Sant’Alda
Monte dall’Ora
Villa Bellini
La Biancara
Prà
Fongaro
Leonildo Pieropan
Vigneto Due Santi
Tessère
Casa Coste Piane
Silvano Follador
Sorelle Bronca

Tre Bicchieri 2015 Lombardia Gambero Rosso

23 premi confermano lo stato di grazia dell’enologia lombarda, frutto di decenni d’investimenti, sperimentazioni e impegno nello studio dei terroir. I prima linea troviamo i vini spumanti sono in prima linea con la Franciacorta e l'Oltrepò Pavese. Poi ci sono Valtellina e bresciano. Un quadro d’insieme positivo, con denominazioni classiche in primo piano. Ma la Lombardia del vino non si esaurisce in questi terroir. Dalla Valcamonica al Mantovano, da Botticino alla collina milanese di San Colombano c’è molto ancora da scoprire. E ne vale la pena. E i due premi speciali aggiudicatesi dalla Lombardia coronano l'ottimo andamento della regione.



Brut 'More 2010 Castello di Cigognola
Brut Cl. Nature Monsupello
Franciacorta Brut Cuvée Alma Bellavista
Franciacorta Brut Nature Barone Pizzini
Franciacorta Collezione Grandi Cru 2008 Cavalleri
Franciacorta Extra Brut 2008 Lo Sparviere
Franciacorta Extra Brut Cuvée Annamaria Clementi Rosé Ris. 2006 Ca' del Bosco
Franciacorta Extra Brut EBB 2009 Il Mosnel
Franciacorta Extra Brut Lucrezia Et. Nera 2004 Castello Bonomi
Franciacorta Pas Dosé 33 Ris. 2007 Ferghettina
Franciacorta Satèn Palazzo Lana 2006 Berlucchi & C.
Lugana Brolettino 2012 Ca' dei Frati
Lugana Molin 2013 Provenza - Cà Maiol
OP Cruasé Oltrenero Tenuta Il Bosco
OP Pinot Nero Brut Cl. 1870 2010 F.lli Giorgi
OP Pinot Nero Brut Cl. Conti Vistarino 1865 2008 Conte Vistarino
OP Pinot Nero Giorgio Odero 2011 Frecciarossa
OP Rosso Cavariola Ris. 2010 Bruno Verdi
Valtellina Sforzato Ronco del Picchio 2010 Sandro Fay
Valtellina Sfursat C. Negri 2011 Nino Negri
Valtellina Sfursat Fruttaio Ca' Rizzieri 2010 Aldo Rainoldi
Valtellina Sup. Dirupi Ris. 2011 Dirupi
Valtellina Sup. Sassella Stella Retica Ris. 2010 Ar.Pe.Pe.

Castello Tricerchi a Montalcino

Il primo contatto con Castello Tricerchi è avvenuto una sera d'estate al Simposio di Roma quando Gianni, mitico oste del wine bar, mi ha piazzato un bicchiere di vino rosso in mano dicendomi:"Andrè, senti questo Rosso di Montalcino quanto è buono, lo produce la persona che è al tuo fianco, l'avvocato Squarcia!!".

Gianni aveva ragione, era un gran sangiovese.

Squarcia, inizialmente, era un pò intimidito da tutti questi complimenti ed è comprensibile se si conosce la sua storia. Lui, che ufficialmente è un uomo di diritto, da poco è diventato anche produttore di Rosso e Brunello di Montalcino. Stop, correggo: è ridiventato produttore. Castello Tricerchi, infatti, era un marchio gestito totalmente dagli Agricoltori del Chianti Geografico e solo pochissimo tempo fa, non sto a scrivere i motivi, è ritornato in mano alla famiglia Squarcia che da secoli è proprietaria della tenuta di Montalcino e dei relativi vigneti. Insomma, Emanuele è ufficialmente un avvocato ma, come mi ha confessato, la sua passione è l'agricoltura e per lui, neo vignaiolo, questa è una sfida stimolante.


Castello Altesi - Foto: valdorcialife.it

La nuova vita della famiglia Squarcia oggi gravità attorno al quattrocentesco Castello Altesi,al confine con il comune di Buonconvento, zona nord-est dell'areale di produzione del vino di Montalcino. 
Emanuele, la cui azienda confina con Altesino e Caparzo, quando può scappa da queste parti e sovente lo potrete incontrare sopra il trattore mentre cura le sue vigne che, piantate su terreni di medio impasto ad una altezza di circa 250 metri s.l.m., si localizzano più o meno tutte intorno alla storica dimora.




Il primo ettaro e mezzo di sangiovese è stato piantato nel 1998 per arrivare ad oggi a circa 10 ettari a cui si aggiungono piccole percentuali di merlot e colorino per un totale di oltre 12 ettari di vigneto gestito usando i principi di una agricoltura il più possibile rispettosa dell'ambiente.




La cantine di Castello Tricerchi facevano parte degli ex granai della storica dimora dove oggi trovano alloggio vasche d'acciaio, botti e barrique di rovere francese. Lorenzo Landi, consulente enologo dell'azienda, stabilisce un protocollo di vinificazione e affinamento che prevede un anno di affinamento in barrique per il Rosso di Montalcino mentre per il Brunello di Montalcino l'affinamento prevede una parte in barrique (40% circa) e una parte in botti grandi da 20 hl (60% circa).
Per ora si prosegue così ma non è detto che in futuro, soprattutto per quanto riguarda i lieviti usati in vinificazione, non ci siano sorprese....





Con Emanuele Squarcia mi incontro una sera di Luglio a Montalcino per aprire qualche bottiglia nuova e, soprattutto, vecchia del suo sangiovese. Non so perché ha scelto me ma aveva bisogno di capire se la sua azienda era sulla rotta giusta.

Per perseguire questo obiettivo bisognava degustare tutte le annate del vino a disposizione attingendo anche dalla riserva di famiglia. Il futuro dipende fortemente dal passato.

Castello Tricerchi - Rosso di Montalcino 2012: tripudio di frutti rossi, ciliegie, lamponi e more con qualche nota terrosa. Sorso complesso, fresco, di personalità. Buon biglietto da visita!

Castello Tricerchi - Brunello di Montalcino 2003: l'esposizione nord dei vigneti probabilmente non ha fatto soffrire molto le uve in questo millesimo torrido. Il sangiovese, infatti, è strutturato, caldo ma al sorso non cede nulla rimanendo diretto, austero e con un finale balsamico molto intrigante. E' un vino pronto e noi siamo pronti a berlo.



Castello Tricerchi - Brunello di Montalcino 2005: da un millesimo per me sottovalutato nasce ancora una volta un sangiovese di carattere dotato di un'armatura solida, inespugnabile ma, al tempo stesso, di un'anima molto fine ed elegante. In bocca vale la stessa descrizione del naso ovvero duro apparentemente ma dotato di grande materia interiore che potrà solo migliorare col tempo.



Castello Tricerchi - Brunello di Montalcino 2006: sangiovese sanguigno in tutti i sensi visto che al naso è talmente ematico che potrebbe diventare il vino simbolo di CSI Miami. A parte gli scherzi, è un Brunello molto più austero degli altri, più chiuso e minerale rispetto al precedente dal quale si differenzia anche per una complessità olfattivo diversa. In questo millesimo, infatti, ci sono toni impregnanti di prugna scura ed erbe aromatiche con un sorso dal tannino vivo e dal finale decisamente sapido. Intrigante!



Castello Tricerchi - Brunello di Montalcino 2009: giovanissimo ancora, al naso diffonde aromi di viola, ciliegia, resina e lieve sottobosco. Generoso al sorso dotato di grande forza gustativa interpretata da un tannino vigoroso ed in definizione. Finale lungo, persistente, con ritorni importanti di frutta rossa e fiori.



Terminiamo la degustazione con l'immancabile prova della annate ancora in botte. La 2010, che uscirà a febbraio per l'immancabile anteprima di Montalcino, ha dato vita ad un sangiovese cristallino e floreale che sono sicuro darà molta soddisfazione non solo a Castello Tricerchi. La 2011 è ancora chiusa e dura mentre la 2012, come accaduto anche per altre aziende della zona, ad oggi sembra un vino già pronto per equilibrio e piacevolezza. Infine, la 2013, di grande struttura che solo il tempo potrà dire come evolverà.

Castello Tricherchi è un'azienda che ancora in pochi conoscono ma che, sono sicuro, grazie ad Emanuele Squarcia avrà un futuro molto più fulgido rispetto ai suoi trascorsi che, scusate il giro di parole, probabilmente sono passati un pò troppo sotto traccia. Wine lovers avvistati...