Habemus di San Giovenale. Il Lazio ha il suo futuro?

"Blera fino ad ora è stata famosa per tre cose: il suo ottimo olio, gli allevamenti di animali, specialmente ovini, e i suoi tartufi. Il mio sogno è che un giorno diventi importante anche per il vino che produce. Io sto iniziando a perseguire l'obiettivo!!"

Queste sono le parole di Emanuele Pangrazi, giovane proprietario di San Giovenale, mentre con la sua Range Rover tutta ferro ci porta tra i vigneti della sua azienda. Prima di arrivare, tra una buca e l'altra, mi faccio spiegare perchè, lui che è un importante imprenditore del settore dei servizi aeroportuali, ha deciso di stravolgere quasi completamente la sua vita diventando un aspirante vignaiolo.

Aspetta a rispondermi finchè non arriviamo in cima alla collina da dove è possibile vedere gran parte dei suoi vigneti, panorama compreso.


"Vedi Andrea, quando tanti anni fa sono arrivato da queste parti ho capito subito che questo posto, come minimo, doveva accogliere la mia casa di campagna. Da qua lo sguardo spazia a 360° e, partendo dai Monti Cimini, Sabatini e della Tolfa, proseguendo per la Valle del Mignone, arriva fino al Mar Tirreno. La Natura da queste parti è ancora selvaggia e incontaminata, come facevo a non investire in questo posto? 
Dopo aver costruito la mia casa avevo deciso di produrre olio ma poi, visto che non c'erano le condizioni adatte a fare qualità e quantità, il mio agronomo mi ha confidato:"Secondo me su questo terreno ci verrebbe un gran vino". Quello è stato per me il momento del non ritorno. Da lì è partito tutto! Di vino non ne sapevo molto per cui ho cominciato a girare per capire come dovevo impostare il mio progetto, cercavo qualcuno che mi consigliasse la strada migliore senza però stravolgere ciò che avevo già in mente: puntare al massimo dando vita ad un grande vino. Ho contattato e parlato con molti consulenti, anche blasonati, ma nessuno mi ispirava fiducia finchè non ho incontrato Marco Casolanetti. Con lui è stato amore professionale a prima vista, l'unità di intenti era al massimo e così gli ho chiesto di passare a visitare questa collina".



Emanuele è un fiume in piena ma una domanda ancora non gli ho fatto: perchè la scelta di questi vigneti?

"Quando Marco è venuto a Blera ed ha camminato su queste colline meravigliose non ha avuto dubbi nel dirmi che ci rivedeva il Rodano visto che secondo lui le condizioni pedoclimatiche sono le stesse di quell'area. Siamo nel 2007, si parte, e decidiamo di impiantare grenache, syrah e carignan. Non pensare che siano uve totalmente alloctone da queste parti. Il carignan, ad esempio, è il nostro cannonau e questa è una zona dove ci sono molti pastori sardi che, già moltissimo tempo fa, avevo piantato e selezionato questa uva. Se fai un giro ne troverai molti di filari. Ovviamente, ma questo già lo sai perchè ne abbiamo parlato a Cerea, siamo certificati biologici e usiamo solo prodotti vegetali per le nostre viti, a volte anche propoli".




I terreni della zona, di impasto argilloso, hanno inizialmente visto la dimora di circa 4.5 ha di vigneti, disposti a circa 300/400 metri s.l.m., che poi col tempo sono arrivati agli attuali 10 ha (in produzione nel 2013 solo 7.5 ha) grazie anche all'introduzione di varietà come il cabernet franc (3 ha) e tempranillo (1.5 ha). Grenache, syrah e carignan, attualmente, si estendono rispettivamente per 2.5, 1.5 e 1.5 ha.

Con Emanuele entriamo a fare un giro nei vari vigneti aziendali, tutti  che sono stati concepiti ad altissima densità d'impianto, siamo a 11.000 piante per ettaro che producono rese "ridicole". E quando parlo di "ridicole" intendo uno o, al massimo, due grappolini di uva per pianta. Roba da estremisti del vino.





Emanuele, come facilmente si può pensare, vuole il massimo anche in cantina che è racchiusa in una bellissima struttura, di recente costruzione, che si avvale di tetti giardino, pareti e coperture ventilate e di un sistema di controllo della temperatura di tipo geotermico decisamente all'avanguardia ed a basse impatto ambientale. 

Entrando si nota un grande spazio con ai lati le vasche d'acciaio per la fermentazione del vino. Anche in questo caso Emanuele tende a precisare che:"....queste vasche rappresentano delle eccellenze tecnologiche. Qua il nostro Habemus, blend di grenache, syrah e carignan, fermenta per circa 15 giorni e poi, per caduta, viene messo in barrique. Scendiamo che ti faccio vedere....".




Poche scale in discesa ci portano in un altro locale della cantina, un altro grande spazio dove riposano le barrique che, attualmente, contengono quello che diventerà l'Habemus 2012. In tale ambito va sottolineato che San Giovenale vinifica tutti i vigneti separatamente per poi fare massa alla fine.

Se verrete a trovare Emanuele e girerete con lui per la barricaia non esitate, ad esempio, di chiedergli un assaggio della Grenache 2012, un vino mostruosamente buono che ai profumi mediterranei coniuga una freschezza di beva che definirei quasi alpina. Lo sa, gliel'ho detto, è un peccato avere un vino così e poi metterlo in blend. Se uscisse per conto suo ne vedremmo delle belle qua nel Lazio...



Continuiamo con gli assaggi e, dopo aver assaporato le speziature dei vari Syrah in affinamento e ascoltato la schiettezza delle varie anime del Carignan, è il momento di degustare l'Habemus 2011. Lo stile di Casolanetti, la sua mano, è inconfondibile anche in questo vino che si caratterizza per una struttura "monstre", quasi carnosa, cesellata da aromi di spezie scure mediterranee, frutta a bacca nera, cacao, liquirizia, pepe nero e moltissime altre cose. L'Habemus 2011, così come l'annata precedente, è un vino che punta tutto su razza, muscoli e spudorato estratto che, nonostante tutto, rimane mobile e fresco nell'esito. La chiusura è lunghissima, equilibrata, sensuale. Io, come Emanuele, siamo curiosi di capire come evolverà il vino nel tempo. 



Nel frattempo, nella sua testa e in quella di Casolanetti, stanno per partire altre idee. Che fare, ad esempio, del Cabernet Franc e del Tempranillo? Ai posteri l'ardua sentenza....


Tetramythos e la Grecia sbarca su Percorsi di Vino

E' bello avere come amico Costas Linardos, deus ex machina del sito Ellenika.it, perchè oltre a parlarti della sua Grecia, della quale conosce ogni angolo, è anche un grandissimo amante dell'enogastronomia locale e, non di rado, quando ci vediamo in qualche wine bar di Roma porta sempre qualche chicca da farmi scoprire.


L'ultima volta che ci siamo incontrati, come al solito, tra il serio ed il faceto mi ha ripetuto che:"Questi vini, che poi sono quelli che distribuisco, difficilmente vengono proposti ai turisti in vacanza e credo siano lontani, per qualità, da quello che, comunemente, si intende per vino greco. La Grecia del vino non è, per fortuna, solo vino sfuso o solo Retsina di basso livello...e spero, stasera, di dimostrartelo ancora una volta. Ma, per il buon nome (o cattivo!) della Retsina,la prossima volta che ci vediamo ti porterò una Retsina di qualità, BIO e, per buona parte, fermentata in anfora!"

Bere greco mi diverte sempre e per un appassionato come me è sempre una bella sorpresa scoprire l'esistenza di realtà vitivinicole di grande qualità che dietro hanno una storia fatta di intraprendenza e duro lavoro, credendoci sempre nonostante le difficoltà non solo economiche in cui il Paese versa.

Questo è il caso azienda vinicola Tetramythos che si trova in un luogo unico al mondo come il nord del Peloponneso, esattamente ad Ano Diakopto, sulle pendici del monte Chelmos (Aroania). Un luogo unico, come detto, non solo per la bellezza del paesaggio ma anche per il microclima presente che è influenzato enormemente dalla striscia di mare di 25 miglia per 80 costituita dal Golfo di Patrasso e dal Golfo di Corinto i quali creano condizioni di brezza costante con un effetto raffreddamento non indifferente rispetto alle zone del Peloponneso centrale. Mare ma anche e, soprattutto, montagna perchè la viticoltura dell'azienda possiamo definirla quasi estrema visto che gli attuali 14 ettari di vigneto, composto da varietà autoctone (Roditis, Mavro Kalavritino, Agiorgitiko, Malagouzia) ed internazionali (Sauvignon Blanc, Merlot, Cabernet Sauvignon), sono situati ad una altitudine tra i 600 e i 1050 metri s.l.m. Condizioni simili ad una Valle d'Aosta col mare a picco!

Parte dei vigneti. Fonte: www.snooth.com

Tetramythos è stata fondata formalmente nel 1999 dai fratelli Aristides e Stathis Spanos anche se già nel 1997, quando i loro vigneti erano già stati certificati BIO, vendevano le loro uve ad altri vignaioli della zona. La vera svolta della loro vita, enologicamente parlando, i fratelli Spanos ce l'hanno solo qualche anno più in là, nel 2004, quando incontrano l'eclettico enologo Panagiotis Papagiannopoulos, che dà nuova linfa a tutta la produzione portandola a livelli qualitativi eccelsi grazie anche alla costruzione della nuova cantina con tecnologie più moderne e all'avanguardia per il territorio.

Come detto in precedenza, la storia di Tetramythos è costellata anche grandi difficoltà come quando, nell'estate 2007, un vasto incendio di tutta l'area si è portato via nella notte tutta la nuova cantina e buona parte delle viti di proprietà. Un disastro, tremendo, che è stato parzialmente alleviato dagli aiuti dei tanti colleghi vignaioli locali e da quel pizzico di fortuna, chiamiamola così, che ha sottratto al fuoco la parte alta del vigneto le cui uve, fino a quando nel 2009 non si è costruita la nuova cantina con gli aiuti UE, sono state vinificate in altre cantine della zona.

Parte della nuova cantina

Costas mi ha portato a degustare uno dei loro bianchi, il Roditis Tetramythos (100% roditis) la cui uva, dal particolare colore rosa, è molto popolare nell'Attica, in Macedonia, in Tessaglia e, ovviamente, nel Peloponneso.

Grappolo di Roditis

Le uve, provenienti da quattro vigneti tra i 14 e i 34 anni situati ad un'altezza che varia tra i 600 e gli 800 metri di altitudine con esposizione nord, sono state vinificate (in bianco) in tini di acciaio usando lieviti autoctoni per l'80%. Dopo pochi mesi di affinamento in bottiglia il vino esce finalmente in commercio e si presenta con un caleidoscopio odoroso di pesca gialla, buccia di limone, muschio, sambuco che fanno da contorno ad un impianto aromatico di viva freschezza e sapidità. 

Al sorso è equilibrato, elegante, declinato su importanti note di sapidità che bel bilanciano una struttura dove è presente un lieve residuo zuccherino. Bella la scia finale, molto agrumata, che invita nuovamente alla beva. Vino molto diretto e piacevole che farà la sua "sporca figura" soprattutto a tavola. Costas mi dice che spesso accompagna il Roditis Tetramythos a piatti di pesce, fritti e all'immancabile feta greca.  



Nell'attesa di provare gli abbinamenti vi consiglio di fare un giro nel sito e di acquistarne una bottiglia di prova. Vi piacerà!



Fattoria Nittardi tra Michelangelo, Chianti Classico e Maremma Toscana

Tra le colline di San Donato, Castellina in Chianti e Panzano c'è un posto chiamato Fattoria Nittardi  dove il canone estetico del bello trova la sua massima fonte di ispirazione. 
Nel cuore del Chianti Classico, nella sua splendida tenuta, mi aspetta Leon Femfert che durante la passeggiata all'interno del Parco delle Sculture, con opere firmate da artisti come Miguel Berrocal e Horst Antes, mi racconta un pò della sua vita e della sua azienda.

"Sai, Andrea, è da poco che sono alle redini di Fattoria Nittardi, prima ho lavorato in giro per il mondo per farmi un pò  le ossa, la mia ultima esperienza l'ho fatta in Cile presso Lapostolle. Mio padre Peter e mia madre Stefania hanno acquistato la tenuta nel 1981 e da allora si sono divisi tra la Germania, dove lavorano come editori di arte, e la Toscana, perchè il vino per loro è un'altra espressione del genio umano, proprio come queste sculture o i dipinti che dopo ti mostrerò".

Mentre andiamo a visitare le vigne attorno alla proprietà, passiamo accanto ad una bellissima torre fortificata. Non faccio in tempo a girarmi per chiedere lumi che Leon, con un sorriso, mi dice che:"....qua il connubio tra arte e vino è sempre stato di casa. Nel XII secolo la struttura era nota come 'Nectar dei' e, pensa, nel XVI secolo divenne di proprietà di Michelangelo che nel 1559, mentre realizzava la Cappella Sistina, scrisse al nipote Lionardo di preferire due botti di vino piuttosto che 8 camice. Per l'occasione si fece inviare il vino di Nittardi per fare un dono genuino a Papa Giulio II".

Una breve passeggiata in mezzo al bosco ci conduce verso i vigneti, tutti di proprietà, che si estendono per circa 12 ha tra Nittardi e Castellina in Chianti ad altezze di circa 450 metri s.l.m. La maggior parte sono a sangiovese, con piante sia giovani che vecchie, mentre una zona residuale è dedicata al canaiolo e al merlot.




Passando tra i filari si nota come le vigne poggiano sul "classico" terreno ricco di alberese anche se, a distanza di pochi metri, non mancano zone maggiormente ricche di argilla e ferro.



La cantina, costruita nel 1995, dista solo un centinaio di metri dai vigneti e dalla casa padronale. Questo è il regno di Carlo Ferrini, che segue l'azienda fin dall'inizio, anche se ad attenderci c'è Roberto Geloni, il fido cantiniere. 
Prima di entrare nella sala di fermentazione, composta esclusivamente da vasche d'acciaio a temperatura controllata, superiamo un piccolo cortile con all'interno tre sculture di ceramica firmate Friedensreich Hundertwasser. Arte e vino, il legame continua.


Foto: Hermann Hops

Da notare che in questa cantina vengono vinificate anche le uve della tenuta maremmana di Nittardi che dal 1996, tra Magliano e Scansano, ha messo a dimora circa 17 ha di vigneto diviso tra uve "autoctone" (sangiovese ed alicante) e internazionali (merlot, cabernet sauvignon, syrah, petit verdot, cabernet franc).

La sala affinamento, ça va sans dire, rispecchia molto la filosofia enologica di Ferrini per cui spazio all'uso di barrique e tonneaux di vari legni e diverse tostature.




Decidiamo che è giunta l'ora di andare di bere. Un'altra breve passeggiata ci riporta verso la casa padronale, adibita anche ad agriturismo di charme, dove ci accoglie una bellissima sala degustazione con all'interno una miriade di quadri colorati inerenti al vino. Leon mi spiega che la sua famiglia, fin dal 1981, chiede annualmente ad un artista di fama internazionale di realizzare per il Chianti Classico "Casanuova di Nittardi" l'etichetta e la velina che avvolge le bottiglie. In questi anni hanno collaborato con l'azienda artisti come Yoko Ono,  Günter Grass (Premio Nobel per la Letteratura) e il nostro Dario Fo.



Il quadro con l'etichetta di Dario Fo
L'etichetta di Yoko Ono
Il wine tasting proposto da Leon Femfert ha previsto sia vini chiantigiani che maremmani. Qui seguito le mie considerazioni.

Ben 2012 (100% vermentino): al naso rivela profumi molto franchi di melone bianco, pesca, mandorla con l'aggiunta di sbuffi salmastri. Al sorso si rivela molto territoriale, la salinità del vino passa in evidenza e mantiene il sorso fresco e in ottimo equilibrio. Finale abbastanza persistente e sapido. Il vino fa solo acciaio.


BEN 2012
Ad Astra 2011 (50% sangiovese, 25% cabernet sauvignon, 12,5% alicante, 12,5% syrah): naso molto giovane dove ancora evidenti emergono le note di legno, tabacco trincerato, frutta di bosco e liquirizia. La bocca è di bella struttura, avvolgente, equilibrata e dotata di un finale molto persistente dove ritornano le spezie dolci e la frutta nera matura. Affinamento: parte del vino in contenitori di acciaio inox e parte in barriques di rovere francese da 225 l per 6 mesi.


Ad Astra 2011
Chianti Classico "Casanuova di Nittardi" 2011 (97% sangiovese, 3% canaliolo): naso molto territoriale dove spiccano le note di fiori, ciliegia, muschio, note terrose e spezie orientali. Sorso molto equilibrato, dinamico, con una portante nota fresco-sapida a dare slancio ad un finale di buona persistenza con ritorni minerali. Affinamento: 6 mesi in barriques di rovere francese (secondo passaggio), 6 mesi in bottiglia.

Casanuova di Nittardi 2011

Chianti Classico Nittardi Riserva 2010 (95% sangiovese, 5% merlot): rispetto al suo "fratellino minore" degustato in precedenza questo vino si caratterizza per una maggiore profondità e per una diversa struttura. C'è più concentrazione, nel frutto, nel floreale, nel minerale prevale una componente più maschia e più virile che solo il tempo potranno "alleggerire". Sorso morbido con ampi tannini ad accompagnare un finale lungo dai toni di china e rabarbaro. Da aspettare, rigorosamente, Affinamento: 2 anni in tonneaux, 1/3 di primo passaggio.


Nittardi Riserva 2010

Nectar Dei 2010 (40% cabernet sauvignon, 30% merlot, 20% syrah, 10% petit verdot): il "supermaremmano" di casa Nittardi si rivela ricco fin dall'impenetrabile colore, che ricorda il succo di mirtillo. Segue una avvolgente naso di mora, macis, pepe nero, cioccolato, curcuma e liquirizia. Bocca piena, vellutata, con potenti venature fruttate e minerali e tannini fitti e abbastanza dolci. Chiude, lunghissimo, su note di spezie nere e china. Da provare su una bistecca di vacca Maremmana. Affinamento: 16 mesi di barrique a cui seguono 6 mesi di bottiglia.


Nectar Dei 2010

Sois Mignon di Oliver Lemasson ovvero un altro modo di chiamare il sauvignon naturale della Loira

Alcune bottiglie, a volte, hanno dietro una storia travolgente, fatta di passione e testardaggine. 

Oliver Lemasson è uno di noi. Ha iniziato a lavorare come sommelier all'interno dell'enoteca di Eric Macé a Rennes, una delle prime che in Francia si occupava di vini naturali (la Cave du Sommelier) . 
Oliver confessa che in quel periodo, parliamo di fine anni '90, assaggia tutto ciò che propone in vendita innamorandosi perdutamente di questa tipologia di vini tanto che, pochi anni dopo, chiede a Marcel Lapierre (uno che nel Beaujolais veniva chiamato il Papa dei vini naturali) di poterlo aiutare in vigna. Non c'è problema! Per quattro vendemmie Oliver si occupa dei vigneti aziendale mentre al quinto anno gestisce anche la cantina.

Oliver Lemasson. Foto: http://www.oenos.net

Lemasson capisce che è quella la sua strada per cui nel 2002, assieme ad  Hervé Villemade (vignaiolo di Cheverny - Loira), fonda Les Vins contés, un piccolo négoce che i due gestiscono assieme per quattro anni e che poi, per varie vicissitudini, passa definitivamente nella mani di Oliver che, ed arriviamo ad oggi, acquista uva da piccoli vignaioli naturali della zona di Touraine e Cheverny (7 ettari di vigneto in totale) a cui bisogna aggiungere una piccola porzione di vigna, circa tre ettari, che coltiva direttamente nei dintorni di Monthou sur Bièvre e nella valle del Cher.

La diversità dei vari terroir permette di creare ogni anno circa 12 cuvées, a volte anche 14, distinte tra bianchi, rosati e rossi. I primi vengono vinificati in botte grande senza aggiunta lieviti selezionati e zolfo per essere poi imbottigliati senza filtrazione. I rossi, invece, stante la scuola di Lapierre, sono vinificati tramite macerazione carbonica per un periodo che varia tra i 15 e i 30 giorni per essere poi affinati in botte.

Le botti per la macerazione carbonica. Fonte:http://www.wineterroirs.com

Il Sois Mignon 2012 me l'hanno presentato Stefano e Roberto di Remigio che, prima di aprirlo, mi hanno sottolineato ardentemente che si trattava di un vino base, quasi da tavola.
Il Sois Mignon è un sauvignon in purezza da viti di circa 70 anni di età piantate su suoli essenzialmente sabbiosi.
Il naso è quanto più lontano dallo stereotipo che spesso noi italiani abbiamo di questo vitigno: fresco, minerale, leggermente agrumato con tocchi balsamici. La "tipica" pipì di gatto tanto decantata è, fortunatamente, un lontano ricordo.
Sorso tonificante, pulito, cristallino e dotato di allungo sapido e fresco. 

Foto: http://www.amicalementvin.com

Lemasson ama dire che i suoi sono "vini di sete" adatti per essere "bevuti a secchi". Obiettivo raggiunto! Svuotate con grande godimento due bottiglie senza nemmeno rendermene conto. Il costo si aggira attorno ai 15 euro. Meditate cari produttori italiani, meditate....

Sangiovese Purosangue 2013: i miei consigli per gli acquisti "alternativi"

Si è chiusa qualche giorno fa la due giorni di Sangiovese Purosangue, bellissima manifestazione organizzata ormai da qualche anno da Davide Bonucci (Enoclub Siena) e Marco Cum (Riserva Grande).
Come al solito la selezioni dei vini, ovviamente tutti sangiovese di razza, è stata di alto livello per cui fare una scrematura e individuare i migliori assaggi è sempre difficile. Per aiutarmi, stavolta, eviterò di parlare di Brunello di Montalcino (a cui dedicherò post  a parte visto che ho partecipato al seminario condotto da Armando Castagno) e dei "soliti" Chianti Classico al fine di dare il giusto spazio a quelle che per me sono state le grandi rivelazioni della manifestazione, vini di cui non scrive nessuno....o quasi.

Iniziamo con la Vernaccia di San Gimignano "Selvabianca" 2012 dell'azienda Il Colombaio di Santa Chiara che tra aromi di erbe aromatiche, fieno e spiccata mineralità riesce anno dopo anno a conquistarmi anche grazie ad una bevibilità super. Il "Campo della Pieve" 2011 si conferma invece una Vernaccia di San Gimignano di grande profondità e balsamicità e, ad oggi, rappresenta uno dei vini bianchi italiani dal miglior rapporto q\p!!


Verso Pitigliano incontriamo Poggio Concezione di Susanna Patalacci che dal 2003 ha avviato una bella realtà biologica nel cuore della Maremma Toscana. I suoi vini, prodotti dal 2010 nella nuova cantina e prodotti senza l’utilizzo di lieviti selezionati aggiunti e altri coadiuvanti per la vinificazione, sono espressione diretta e sincera del territorio e, tra i vari presentati, ho scelto di citare il Serment 2010, blend di Trebbiano (80%), Malvasia e Vermentino (20%) il cui profilo olfattivo mi riconduce in tutto e per tutto alla mineralità tufacea e ad una gagliardia che raramente nei bianchi trovo così ben definita. E' la sua prima annata per cui compratene e tenetelo in cantina perchè in futuro darà grandi soddisfazioni!


Sempre in Maremma, stavolta però a Gavorrano, 125 km più a nord di Pitigliano, si trova Tenuta Casteani che presentava il "dimenticato" Sessanta 2007. Perchè dimenticato? Semplicemente perchè la stessa azienda non sapeva di averlo ancora in cantina, nascosto in chissà quale angolo remoto. Devo dire, senza dubbio, che l'ulteriore affinamento di questo IGT Rosso Maremma Toscana (90% sangiovese e 10% alicante) ha dotato il vino di ancora più eleganza e complessità regalando un terziario che spazia dalle note di terra bagnata fino ad arrivare al tabacco da pipa. Vino che dà nuove speranze al territorio venduto ad un prezzo che definire economico è dire poco. Che aspettate a contattare la ragazza qua sotto?


"Passa da Ornina, vai subito prima che finisce il vino" è stato il refrain che ho udito per buona parte della manifestazione. I fratelli Biagioli, occhi chiari comi le loro idee, hanno la loro Fattoria in zona Ornina, nel basso Casentino, dove producono questo sangiovese purosangue che in passato aveva anche una piccola percentuale di merlot. Vista la zona, e il passaggio in barrique di oltre 12 mesi, ti aspetti un vini opulento e "piacione" ed invece ti arriva un sangiovese bello intenso ma dall'equilibrio circense e dalla beva assassina. I ragazzi hanno appena iniziato ma se continuano così diventeranno presto celebri. Ah, io ve l'ho detto!


Roberto Giuliani su Lavinium mi ha anticipato di un soffio ma, anche se lo scoop è andato perso, come non parlare del Sangiovese di Romagna Superiore "Monte Brullo" Riserva 2009 di Costa Archi alias Gabriele Succi. Profondo, intenso, graffiante, è uno dei migliori sangiovesi di Romagna mai assaggiati e, per equilibrio, ampiezza e persistenza, rappresenta quasi un riferimento per la denominazione. Gabriele sta crescendo, migliorando, e questo potrebbe essere solo l'inizio. Da notare anche un ottimo Assiolo 2011 (sangiovese 100%) che, rispetto al fratellone maggiore, ha il pregio di essere più di incisivo e lineare. 


Sempre in tema Romagna, accanto a Gabriele sedeva Elisa Mazzavillani che ha proposto i vini dell'azienda di famiglia targati Marta Valpiani, sua mamma. Tra i vari sangiovesi romagnoli proposti mi ha colpito per eleganza e florealità il base cioè il Castrum Castrocari 2009, il secondo da sinistra nella foto in basso. Vini leggermente diversi da quelli di Costa Archi ma con la medesima impronta distintiva.


Elisa e Gabriele
Il Nobile di Montepulciano, a mio parere, è una DOCG che da tempo, per varie ragioni, sta soffrendo una crisi abbastanza profonda. Tra i pochi produttori che amo in quell'areale spicca sicuramente Chiara Barioffi de Le Casalte la quale, durante la manifestazione, ha portato un fuoriclasse assoluto chiamato Quercetonda 2010. Appena odorato e bevuto con Chiara abbiamo detto che trattasi del miglior Nobile di Montepulciano da lei finora prodotto. Un nuovo punto di riferimento per la denominazione è nato, speriamo che il trend prosegua e si estenda a macchia d'olio!


Tra i le aziende ospiti che non proponevano vini a base sangiovese vorrei segnalare The Great Gig in the Wine, azienda di distribuzione vesuviana che, tra i vari vini, presentava un Gattinara "Pietro" 2009 di Paride Iaretti dal grande respiro di rosa essiccata e spezie dolci che vale un ulteriore approfondimento su Percorsi di Vino.


Infine, Giovanna Maccario presentava anche il Rossese di Dolceacqua Superiore "Posaù" e "Luvaira" 2012. Oggi è quasi un delitto recensirli perchè imbottigliati da pochissimi giorni ma...se vi dico che sono splendidi fin da subito? Grande annata 2012, tra poco a Roma cercheremo di approfondire il discorso in maniera più specifica. Stay tuned!


Il Vino come patrimonio culturale mondiale. Sì, ma in Francia!

Proposta di legge al Parlamento di Parigi per ''affermare chiaramente che il vino è parte integrante del patrimonio culturale e gastronomico'' della Francia. ''Il vino, prodotto della vigna, fa parte del patrimonio culturale e gastronomico protetto, in Francia'', si legge nella proposta di legge, presentata dal senatore socialista, Roland Courteau.

Il parlamentare sottolinea che il vino viene inoltre menzionale come parte integrante del pasto gastronomico dei francesi, ''iscritto dall'Unesco nella lista del patrimonio immateriale dell'umanità''. L'attività viticola rappresenta inoltre un elemento ''essenziale'' della bilancia commerciale transalpina, su cui si basano centinaia di migliaia di posto di lavoro, diretti o indiretti. Inoltre, continua il senatore, ''vent'anni di ricerche e lavori scientifici hanno dimostrato che, se consumato con moderazione e regolarmente, il vino porta benefici alla salute''.

Foto: lemarcheduvinenitalieetenfrance.blogspot.com

''Realtà obiettive'', che secondo Courteau vengono spesso contestate da ''persone o servizi ufficiali, che generano confusione tra la necessaria lotta contro l'alcool per la protezione della salute pubblica e i benefici dovuti al consumo moderato di vino''. Per questo, è per lui necessario adottare la sua proposta di legge. 

La viticoltura è la prima attività economica dell'Aude, il dipartimento francese in cui Courteau è stato eletto.

Fonte: Ansa.it

Il ritorno di Sangiovese Purosangue a Roma. Pronti per l'eccellenza?


Programma

SABATO 2 NOVEMBRE

ore 11.00 Apertura banchi di assaggio

ore 13.00 Cheese - Seminario con abbinamenti formaggio-Sangiovese, in lingua inglese, a cura de La Formaggeria con i Sommelier di Riserva Grande

ore 15.00 Seminario Le zone del Sangiovese di Toscana a cura di Marco Cum

ore 17.00 L'Evoluzione del Sangiovese. Seminario di approfondimento sulle vecchie annate del Sangiovese, a cura di Davide Bonucci 

ore 19:00 Presentazione del Corso professionale per la qualifica di Sommelier Masterclass promosso da Riserva Grande in collaborazione con la Regione Lazio e la Provincia di Roma presso La Sala Sette Conference (7 piano dell'Hotel) Brindisi Inaugurale - Ingresso Libero.

ore 19.30 Aperitivo presso la Terrazza di Sette Conference (7 piano dell'Hotel)

ore 20.00 Chiusura dei banchi di asssaggio

DOMENICA 3 NOVEMBRE

ore 11.00 Apertura banchi di assaggio

ore 11 Seminario-dibattito in collaborazione con Wine Entusiast

ore 13.00 Cheese. Seminario di abbinamento enogastronomico formaggio-sangiovese a cura de La Formaggeria con i sommelier di Riserva Grande 

ore 15.00 Seminario sui vari Cru di Montalcino a cura di Armando Castagno

ore 17.45 Seminario I terroir del Chianti Classico a cura di Armando Castagno

ore 19.00 Chiusura dei banchi di assaggio