Boca Le Piane, una verticale storica in onore di Antonio Cerri

Quando senti parlare Christoph Künzli di Boca comprendi fin da subito che, la sua, è una storia di amore con un territorio e il suo vino. Con gli occhi emozionati ama ripetere spesso che: ”quando ho conosciuto la regione viticola di Boca, ho compreso immediatamente che questa terra era davvero unica per la qualità dei suoi vini e per la bellezza del paesaggio, immerso nei boschi del Parco Naturale Monte Fenera. L’incontro con Antonio Cerri, uno degli ultimi produttori seri dell’area, mi ha convinto poi di creare qui la mia azienda vinicola per ritrovare e sviluppare vini di un terroir, a mio avviso, unico nel centro Europa. Vini inconfondibili nel loro carattere deciso, concentrati ma allo stesso tempo di grande eleganza e finezza, complessi nel profumo e nel gusto, longevi e che si sviluppino nel tempo”.

La zona del Boca

Boca si trova in provincia di Novara, tra la valle Sesia e il lago d’Orta, ad un passo dalle Prealpi e al centro di quella zona chiamata Alto Piemonte che, nel XIX secolo, era una delle zone vinicole più importanti di Italia con i suoi 40.000 ettari vitati.
Quando Christoph, che allora faceva solo l’importatore di vini, ed Alexander Trolf, suo amico ed enologo, arrivarono più di venti anni fa a Boca la situazione era ben diversa: l’industrializzazione degli anni ’50 aveva svuotato di manodopera le fertili colline dove i vigneti, ormai incolti, cedevano il passo al bosco e all’incuria generale. Alla fine degli anni ’90 a Boca gli ettari vitati erano meno di 10, la sua storia ed il suo vino rischiavano l’estinzione.
Antonio Cerri, illuminato produttore della zona, all’epoca era l’ultimo baluardo di una resistenza enologica che il mercato di quegli anni stentava a capire, il suo vino era in grande sofferenza commerciale tanto che le botti vecchie che custodiva gelosamente in cantina erano stracolme di Boca di vecchie annate. Compiuti 80 anni aveva deciso di ritirarsi, con la morte nel cuore, non voleva più combattere contro chi non aveva senso estetico, contro chi ricercava nel vino solo colore e concentrazione. Li conosciamo bene gli anni ’90…..
Cerri, però, non aveva fatto i conti con questi simpatici ed alternativi svizzeri che, durante una degustazione, rimasero talmente folgorati dal Boca del Cerri che vollero subito conoscerlo.
Christoph capì subito le intenzioni del vecchio vignaiolo che gli ripeteva continuamente"Quando morirò, Boca muore con me!!".


Il grande Cerri con sua moglie

Troppo triste per esser vero e così, con molta fatica, Künzli e Trolf (morto purtroppo per un incidente nel 1998) convinsero Cerri a farsi dare in gestione prima il vigneto (“Campo delle Piane”, 0,6 ettari di Spanna di età superiore ai 50 anni) e poi la cantina. In seguito acquisirono altri piccoli appezzamenti di terreno, piantando nebbiolo e vespolina, fino ad arrivare agli attuali 8 ettari comprendenti anche splendidi vigneti centenari di croatina.
Antonio Cerri muore nel 1997 ma il Boca, grazie a Christoph ed Alexander, non morì con lui. Nel 1998, dopo una pausa di circa 5 anni, viene commercializzata la prima annata di Boca Le Piane dell’era Künzli.


Christoph Künzli durante la verticale

Durante la piacevole serata, in compagnia di 20 integerrimi appassionati, abbiamo degustato:

Le Piane - Mimmo 2010: è l'ultimo nato della casa ed è un omaggio a Domenico (Mimmo) storico collaboratore dell'azienda che è venuto a mancare poco tempo fa. Il vino è un blend di nebbiolo (70%), croatina (25%) e vespolina (5%) e fa della grande piacevolezza di beva il suo punto forte. Un vino da tavola di grande interesse e che sono sicuro avrà il meritato successo.


Mimmo e il suo...Mimmo

Le Piane - Colline Novaresi DOC - 2008: sarà la Terra, sarà Christoph o chissà che altro ma a Boca sembra che anche la croatina sia dotata nel DNA di classe innata. Künzli ha selezionato le migliori uve da vigneti vecchi fino a 100 (!!!) anni situati nelle posizioni storiche di Montalbano, Traversagna e Santuario e, unendo un 30% circa di nebbiolo, ha dato vita ad un vino morbido, caratterizzato da tanta frutta rossa, tabacco e spezie. In bocca è fresco, levigato, di buona progressione e persistenza. Un'altra scommessa vinta e un altro contributo a rivalutare le uve tradizionali degli splendidi vigneti di Boca.

Le Piane - Boca 2008: figlio di una delle migliori annate degli ultimi tempi, a parere di Christoph seconda solo alla 2012, è un vino che nonostante la gioventù si fa apprezzare per una grande eleganza di fondo caratterizzata da un equilibrio circense e da un tannino morbido e setoso. Pericolo in fase di beva per essere allo stesso tempo trascinante e psicadelico. 

Le Piane - Boca 2004: avevamo due bottiglie di questa annata, due molto buone mentre quella che avevo io non era molto performante. Rispetto alla precedente annata paga decisamente dazio, il vino è sicuramente più complesso visto che oltre alla frutta rossa, ancora integra, si percepiscono sensazioni di ruggine, viola macerata, legna da ardere, spezie nere. In bocca tradisce un pochino essendo forse meno tridimensionale della 2008, vino molto verticale che paga una persistenza non da record. I miei compagni, come detto, avevano una bottiglia migliore per cui, se fossero loro a scrivere, avrebbero dato giudizio ben più trionfalistici.



Boca - Campo delle Piane 1990: è uno degli ultimi vini fatti dal Cerri, dimenticato volutamente in botte grande per circa 10 anni e imbottigliato da Christoph come atto d'amore verso quest'uomo e questo vino che è splendido. Lo anticipo. Colore granato, ancora vivissimo, al naso pare di stare di fronte ad un grandissimo Barolo. Quando dico questo Christoph mi riprende e con voce calma ma decisa mi risponde che:"No, siamo di fronte ad un grandissimo Boca...". Il naso è stupefacente per ampiezza e freschezza, sa di agrume, pompelmo rosa, incenso, fiori rossi da diario, menta e poi, e poi......Bocca di classe eterna, austera, ancora caratterizzata da un tannino graffiante e una spina acida di grande fattura. Non lascia mai il palato. Commovente.

Boca - Campo delle Piane 1985: molto simile alla precedente annata per integrità e ventaglio aromatico. L'unica differenza, a mio parere, era data da una splendida nota minerale che, come una cornice, racchiudeva tutte le sensazioni odorose del vino che mai, e dico mai, scadevano in un terziario poco fine. Christoph ha ripetuto spesso durante la cena che il Boca non vira mai verso sentori, ad esempio, di dado da brodo. Altra osservazione: questi vini sono stati aperti almeno due ore prima di essere degustati e, in tutto questo tempo, nonostante l'età, non si sono mai seduti ma, anzi, si sono dimostrati sempre all'altezza migliorando e cangiando col passare dei minuti. Chapeau!!




Boca - Campo delle Piane 1975: Christoph mi ha spedito tre bottiglie di questa annata. La prima lo spedizioniere me l'ha disintegrata. La seconda sapeva di tappo . La terza, purtroppo, non era all'altezza in fase gustativa. Quando si dice la sfiga.... 


Disastri....

Boca - Campo delle Piane 1961: quando ho cominciato ad aprire questo vino ero pienamente cosciente che il mio gesto andava oltre la semplice apertura di una vecchia bottiglia. Sapevo perfettamente che quel Boca era probabilmente il pezzo più pregiato dell'eredità storica e morale di Antonio Cerri. Un pezzo della sua vita tra le mie mani. Appena aperte e scaraffate le due bottiglie che avevo a disposizione, tutta la stanza ha cominciato pian piano ad essere invasa dall'odore incredibile di questo Boca dal colore ancora fisso sul vivo granato. Giuro, ancora mi commuovo al ricordo. Più passava il tempo e più il vino si apriva, respirava, prendeva forma e sostanza, si trasformava, stregava. Riflettendoci, immedesimandomi nel Cerri, ho capito in quel momento, davanti a quel vino, la sua frustrazione, la sua rabbia. Un Boca così andrebbe osannato, gridato e mai dimenticato, sottovalutato, rinnegato. Come fai a non inebriarti con le sue sensazioni di rosa, arancia, iodio, canfora, terra, grafite, unguenti balsamici. In bocca è un altro capolavoro, è vivissimo, fresco, setoso, inebriante. Alla cieca gli daresti almeno venti anni di più visto che il tannin è ancora ben presente ed integrato in una struttura salda e per nulla traballante. Persistenza lunghissima, sapida, eterea. Un altro monumento al vino italiano senza se e senza ma.



Trasparenze del '61..

Gianfranco Soldera produrrà il Toscana IGT 2006. Preparate, intanto, oltre 200 euro...

E vabbè, diciamolo, alla fine tutte le profezie attorno al vino di Gianfranco Soldera che in molti, me compreso, davano per scomparso per oltre cinque anni si sono rivelate quasi del tutto infondate.
A rallegrare gli animi degli appassionati, speculatori compresi, c'ha pensato lo stesso vignaiolo che in data 23 marzo ha pubblicato questo comunicato stampa con cui, sostanzialmente, annuncia lo scampato pericolo per parte del vino delle annate che vanno dal 2006 al 2012. Evviva, Evviva.


La notizia bomba di queste ore, invece, riguarda la nascita di un nuovo vino dell'azienda Case Basse, un IGT Toscana 2006, sangiovese 100% affinato 64 mesi in botte grande che, secondo il portale Montalcino News, verrà venduto in 6500 esemplari a fianco al Brunello Case Basse 2006 che Heres a rimesso in distribuzione in questi giorni.



Per i patiti del "voglio sapere tutto di questo vino", l'IGT sarà corredato di scheda tecnica, che potete scaricare al seguente link, dove si può trovare ogni informazione sui lieviti usati in fermentazione (Kloeckera apiculata e Metschnikowia pulcherrima che poi vengono, già dal terzo giorno, sostituiti dai più forti e comuni Saccharomyces cerevisiae), sul profilo antocianinico e sensoriale, eseguito col metodo del Trial Test condotto dal prof. Luigi Odello, e sulla tracciabilità molecolare il cui studio è stato condotto stavolta dalla dottoressa Rita Vignani dell'Università degli Studi di Siena.

Il costo del vino? Una bella sorpresa per tutto gli appassionati che dovranno sborsare almeno 220 euro per acquistare questo sangiovese.

Complimenti al marketing di Case Basse che, ormai, ha "brandizzato" il nome Soldera a scapito delle nostre tasche. Purtroppo, a questi prezzi, Soldera diventerà per me solo un vecchio ricordo.

Grazie a tutti.


Oscar del vino 2013: sotto il cielo AIS Roma e Bibenda nulla di nuovo!

Evviva, anche quest'anno sono state annunciate le nomination per gli Oscar del Vino 2013. Presentazione in pompa magna con un Ricci baldanzoso per aver vinto la causa contro l'Academy che rivendica l'utilizzo esclusivo del termine Oscar.

Devo dire che mi sono divertito a leggere le varie candidature che mi sono parse molto "Prima Repubblica del Vino" visto che troviamo nomi come Feudi di San Gregorio, Jermann, Tasca d'Almerita, Castello della Sala, Bellavista, Antinori, etc, etc.

Fonte: Bibenda.it

Per carità, ci sono anche degli outsider come D'Araprì, Fattoria San Francesco o Valle Reale ma, per il resto, se apro la guida Duemilavini 2000 i premi sono sempre gli stessi. 

Sul perchè, poi, si insista su certe cantine meglio glissare, vorrei evitarmi querele unitili....

Ci sono poi i premi a sorpresa che verranno dati il giorno stesso della cerimonia, tipo miglior enologo, migliore innovazione del vino e migliore comunicazione televisiva sul vino.

Faccio le mie previsionì, così, a caso: tra i migliori enologi qualcuno che ha organizzato un evento all'AIS Roma e come innovazione del vino mettiamo il Wine Reserch Team. Scommettiamo che....

Ecco, comunque, le nomination annunciate e che potete votare a questo link:

MIGLIOR VINO BIANCO: Chardonnay 2010 Tasca d'Almerita; Cervaro della Sala 2010 Castello della Sala; Vintage Tunina 2010 Jermann.

MIGLIOR VINO ROSSO: Bolgheri Sassicaia 2009 Tenuta San Guido; Amarone della Valpolicella 2003 Quintarelli; San Leonardo 2007 Tenuta San Leonardo.

MIGLIOR VINO ROSATO: Five Roses Anniversario 2011 Leone De Castris; Il Rogito 2010 Cantine del Notaio; Ciro' Rosato Ronco dei Quattroventi 2011 Fattoria San Francesco.

MIGLIOR VINO SPUMANTE: Franciacorta Gran Cuvee Brut 2007 Bellavista; Gran Cuvee XXI Secolo 2007 D'Arapri'; O.P. Pinot Nero Brut 1870 Gran Cuvee Storica 2008 Giorgi.

MIGLIOR VINO DOLCE: Passito di Pantelleria Bukkuram 2011 Marco De Bartoli: Bacca Rossa Passito 2008 La Palazzola; Alto Adige Moscato Rosa 201 Franz Haas.

MIGLIOR ETICHETTA: Trebbiano d'Abruzzo Vigna Capestrano 2010 Valle Reale; Bolgheri Superiore Grattamacco 2009 Grattamacco; Piancastelli 2009 Terre del Principe.

MIGLIOR VINO DI GRANDE QUALITA'/PREZZO: Franciacorta Cuvee Prestige Ca' del Bosco. Roero La Val dei Preti 2010 Matteo Correggia. Lacrima di Morro d'Alba superiore 2010 Stefano Mancinelli.

MIGLIOR AZIENDA VINICOLA: Antinori con Tignanello 2009; Feudi di San Gregorio con Fiano di Avellino Pietracalda 2011; Podere Castorani con Jarno Rosso 2008.

MIGLIOR OLIO RACCOLTO 2012: Frantoio Muraglia; Biologico Monterisi; Raggiolo denocciolato Felsina.


Le Casalte, il Vino Nobile di Montepulciano con la tenacia e l'orgoglio di Chiara Barioffi

Il fango si attacca alle scarpe, il vento freddo mi entra tra i vestiti ma non posso tornare indietro, Chiara è già dieci metri avanti a me e, quando si trova da queste parti, sembra non subire fatica ed intemperie.
"Quando mi trovo a Quercetonda sento che c'è qualcosa di diverso nell'aria, è per questo che con la mia famiglia abbiamo scelto questa terra come sede di elezioni del Cru aziendale ". Me lo ripete spesso Chiara da quando sono a Le Casalte, non mi vuole convincere e non ne ha bisogno, cerca solo di farmi entrare nel suo mondo per qualche attimo.
Quando arriviamo nel punto migliore per apprezzare tutti i 6 ettari del vigneto Quercetonda divisi tra filari (4.5 ettari) ed alberello (1.5 ettari) allora sì, ti rendi conto che questo è un posto speciale. Il sole, che improvvisamente si fa largo tra le nuvole nere scaldandoci con i suoi raggi, conferma la tesi. 

Chiara sorride.

Le Casalte non è un'azienda certificata "bioqualchecosa" ma, se si cammina tra queste vigne di prugnolo gentile (il primo ettaro piantato nel 1992, gli altri tra il 1998 e il 2001) noti che la gestione del vigneto segue criteri agronomici di grande saggezza contadina. 
Facendomi osservare l'inerbimento tra i filari di alberello Chiara mi spiega che:"Non uso diserbi di alcun tipo, vivendoci a stretto contatto, tratto il vigneto SOLO se ce ne è bisogno e uso in questo ambito esclusivamente rame e zolfo. Rivendico il diritto di non appartenere a nessun gruppo in particolare, di fare vino a modo mio, credendo in me stessa e nei miei vigneti. Come convinzione, sono molto biologica, biodinamica e naturale, ma non faccio parte di nessuno di questi club. Non solo. Tocco le viti solo con le mani dell'uomo e non con le macchine, cerco di sentire il vigneto ed i vini con la pancia più che con le analisi (anche se le guardo sempre con estrema attenzione perchè fidarsi di se stessi va bene, ma una conferma scientifica mi piace averla). Ah, ultima cosa: là sotto c'è il fiume. Sai che abbiamo rinunciato a vitare quella parte di collina per evitare di trattare contro la muffa che inevitabilmente attaccherebbe quelle uve?".






In lontananza vediamo un cavallo che corre. Chiara ci confida, nostalgica, che ne possedeva uno nel lontano 1995, ed è grazie all'amore verso questo animale che ha cominciato a passare i fine settimana a Montepulciano assieme ai suoi genitori.
Le Casalte, infatti, è stata acquistata da suo padre Guido e sua madre Paola nel 1975, inizialmente era un vecchio casale toscano abbandonato ma, col passare degli anni, diventò  una vera e propria azienda vinicola.
"Quello che Le Casalte sono oggi lo devo tutto a mio padre che, essendo bancario, inizialmente non aveva alcuna intenzione di vendere vino. Inizialmente lo faceva per sè e per gli amici, poi, per rientrare di alcuni investimenti fatti, cominciò a vendere le uve alle aziende del luogo. La passione e i successi furoni tali che cominciò a studiare agronomia ed enologia e così, tra tante difficoltà, nel 1979 è uscita la prima annata del Nobile di Montepulciano.




Chiara, nonostante la sua giovane età, dopo aver affiancato suo padre è alle redini dell'azienda da circa 20 anni. E' decisa, ha le idee chiare, e durante questi anni ha perseguito obiettivi di grande spessore qualitativo che, purtroppo, non tutti i consulenti enologi che l'hanno affiancata si sono dimostrati all'altezza dei suoi sogni. 
La svolta stilistica è avvenuta solo a partire dal 1999 quando entrano a far parte della famiglia Paolo Salvi con la supervisione del compianto Giulio Gambelli. Un sodalizio che, materialmente e spiritualmente, continua fino ad oggi con grande soddisfazione per tutti.



E' tempo di ritornare, ci sono degli amici che aspettano in cantina, un luogo che, nel corso degli anni, pur essendosi ampliato ed ammodernato, ha sempre mantenuto un profilo di grande tradizione e rigore. Vinificazione in acciaio e maturazione in botti grandi (dai 15 ai 34 Hl) per un anno, nel caso del Rosso di Montepulciano, e due anni per Nobile e Quercetonda. La Riserva, quando è prodotta, affina per tre anni. La famiglia Barioffi ha anche una piccola produzione di Vin Santo, non prodotti tutti gli anni, che affina in caratelli di legno per almeno 10 anni.



Durante il nostro tour in cantina Chiara ci parla delle difficoltà climatiche di questi anni:"Purtroppo il caldo delle ultime annate non ci sta dando una mano, ed è per questo che ho preferito uscire con l'annata 2011 solo col Rosso e, tanto per fare un altro esempio, non uscire per nulla con la 2009 perchè non mi rispecchiavo il quel vino. Certo che se continua così sarà dura anche perchè le spese qua a Le Casalte sono alte e non diminuiscono mai.....".

Girando notiamo tutti, su una vasca, la targhetta "2012". Ma non era un'annata calda quella dello scorso anno? Chiara sorride, pensava di non produrla ma, come dice lei stessa, "pensavo venisse un vino di scarso valore, le viti lo scorso anno erano in grande sofferenze, ed invece, non chiedetemi perchè, la Natura ci ha messo lo zampino e ha dato questo vino. Attenzione, va valutato in prospettiva visto che è ancora in vasca..."

Aveva ragione, il (vino atto a diventare) Nobile di Montepulciano 2012 spillato ha un bel colore violaceo e ha un'espressione di frutto intensa, nobile, ma della calura non si sentono cenni. In bocca è già rotondo, ampio, lungo, cavolo se promette....



Visto che siamo in cantina, e in attesa di degustare i vini imbottigliati, verifichiamo anche le condizioni dell'annata 2010 che ci viene servita nelle due varianti, Nobile di Montepulciano e Quercetonda. Pur essendo giovanissimi, andranno in bottiglia tra breve, sono già buoni e riconoscibili, con un Quercetonda che mette una marcia in più grazie ad una profondità ed ad una complessità che lascia ben sperare per un futuro ricco di premi. 

Chiara sorride.

Il vino le piace e sa che è un grande risultato per lei.




Saliamo tutti in casa, sopra un tavolone ci aspettano tante bottiglie, nuove e vecchie annate da scoprire.

Il Quercetonda 2007 si fa notare subito tutti per la sua grinta e la sua progressione. Ha un naso molto scuro, compatto, fatto di frutta selvatica e visciola. In bocca ha un corpo importante ma la freschezza dona equilibrio e sobrietà. Tannino ben integrato. La sapidità finale accompagna il finale di beva.

Il Quercetonda 2006, da annata più fresca della precedente, è invece un vino che ti conquista subito per i profumi più intensi di frutta e fresca balsamicità, per la bocca intensa e profonda che si avvale di un tannino raffinatissimo ed una lunghezza da primo della classe. Ad oggi è un grandissimo bere.



Tra i vari vini degustati successivamente, sicuramente l'acuto maggiore l'ha eseguito il Nobile di Montepulciano 1998, bottiglia che ha anche una storia particolare visto che il vino è stato fatto da Guido Barioffi in solitaria in quanto il rapporto con Cipresso, suo enologo per qualche anno dopo Bernabei, era cessato pochi momenti prima della vendemmia?.
Bene, sarà felice il papà di Chiara di sapere che tutte le ore buttate sui libri per imparare l'arte della vinificazione sono state spese alla grande, il Nobile è ancora bello vispo, integro, austero quanto basta e un sorso davvero entusiasmante visto che tutte le componenti della struttura, dai tannini all'acidità, sembrano cesellate da mani esperte ed artigiane. Una grande sorpresa e un grande vino, una rivalsa per chi non credeva nel progetto Le Casalte.


E' ora di mettersi in viaggio verso Roma ma, a Chiara, viene riservata una grande sorpresa: un bellissimo millefoglie di arrivederci. La ragazza se lo merita davvero e darà a noi appassionati, in futuro, ancora tante soddisfazioni!! 




Angelo Gaja Presidente della Repubblica? Oh my god!!

Senza offesa per Andrea Terraneo, presidente di Vinarius, l’Associazione delle Enoteche Italiane, però quello che ho letto in giro spero sia solo una mera provocazione per farsi sana pubblicità perchè, al contrario, candidare Angelo Gaja come Presidente della Repubblica significherebbe sminuire ed oltraggiare il ruolo della massima carica istituzionale italiana.


Cosa ci garantirebbe Gaja? Franco Ricci come premier? Più degustazioni per tutti?

Terraneo, lei è a conoscenza dei poteri che la Costituzione (art. 87) attribuisce al Presidente? 

Ecco l'elenco:

Può inviare messaggi alle Camere
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere
Presiede il Consiglio superiore della magistratura
Può concedere grazia e commutare le pene
Conferisce le onorificenze della Repubblica
Ce lo vedete il nostro produttore a presiedere le nostre forze armate mentre parla al telefono con Obama o Putin?
Ce lo vedete a parlare con Grillo, Berlusconi e Bersani su chi ci dovrebbe governare?
Seriamente, Gaja è un grande produttore e sicuramente è una figura di autorevolissima del mondo del vino italiano, una nostra bandiera nel mondo enologico ma, all'interno di una fase politica ed economica così delicata, vorrei che il Parlamento facesse altre scelte. 
Non si scherza con la crisi che stiamo vivendo tutti noi e Terraneo lo dovrebbe sapere.
Ah, volete sapere le motivazioni a sostegno della candidatura lanciata da Terraneo? Eccole!
"Ci piacerebbe proporre la candidatura di Angelo Gaja, una delle personalità più significative del mondo del vino, alla Presidenza della Repubblica Italiana".
E' questo l'appello che Andrea Terraneo, Presidente di Vinarius, l'associazione delle Enoteche Italiane, rivolge a tutte le componenti singole e associative della filiera agroalimentare.
Settantatre anni, piemontese, produttore di vino in Langa, a Montalcino, a Bolgheri, Angelo Gaja è in assoluto una delle personalità del vino italiano più conosciute al mondo. Ha straordinarie caratteristiche umane e morali e possiede il carisma necessario per rivestire un ruolo tanto importante. 
Il suo è certamente un nome nuovo, in quanto non è stato coinvolto nelle passate gestioni amministrative del Paese Italia.

"Gaja -spiega Terraneo- rappresenta tutti gli italiani in quanto cittadino, lavoratore, simbolo di eccellenza. È uomo di spicco del mondo agroalimentare, e per Vinarius, in un momento economico tanto complesso, è una vera risorsa avere un candidato di tale levatura per il ruolo di Presidente della Repubblica".

L'idea nasce dall'analisi che Vinarius fa dell'attuale momento di crisi economica e sociale. 

"Da questa crisi - continua per conto di Vinarius, Andrea Terraneo- si può uscire puntando alla costruzione di un nuovo sistema economico e produttivo che ponga al primo punto l'utilizzo di quella che è la maggiore ricchezza del paese, ovvero il patrimonio culturale che attualmente è valorizzato solo in minima parte. Un patrimonio che vede ai primi posti le eccellenze dell'agroalimentare, dal vino alla gastronomia, all'artigianato. Inoltre il made in Italy gode nel mondo di straordinaria attenzione, cosa che contribuisce ad aprire nuovi canali di affermazione del nostro stile di vita con tutto ciò che esso comporta in termini di sviluppo. A questo si aggiunga che la richiesta pressante, emersa anche dalle ultime consultazioni elettorali, è che la cosiddetta società civile metta a disposizione, per l'amministrazione della cosa pubblica, personaggi che non siano coinvolti con la partitocrazia degli ultimi trent'anni. Per tutti questi motivi Angelo Gaja ci appare come il candidato ideale, il personaggio che assorbe tutte le caratteristiche necessarie per rappresentare l'Italia nel mondo".

Nasce Bibenda Tv: nuovi volti enotelevisivi cercasi!

Franco Ricci, sempre lui, ha dato il via alla trasmissioni di BIBENDA TV, la televisione via web che per tutto il mese di aprile proporrà 4 numeri zero.

La notizia più succosa l'ho letta nell'ultimo numero di Bibenda7 dove c'è scritto testualmente che:"la Redazione è pronta a ospitare chiunque dei nostri lettori voglia dire la sua. BIBENDA TV ospiterà tutti coloro che desiderano dare un contributo “mettendoci la faccia”.

Per partecipare basta mandare mail a bibendatv@bibenda.it


Oddio, la voglia di partecipare e dire due paroline a Ricci ce l'avrei ma sono sicuro che non riuscirei a varcare la soglia dello studio di registrazione.

Voi, invece, partecipereste e, nel caso, cosa vorreste dire?

C'è un vino del Lazio che spopola negli Stati Uniti. Lo sapevate?

Strana la vita. In Italia la mia Regione, il Lazio, enologicamente parlando, conta come il due di coppe quando regna bastoni mentre da altre parti, negli Stati Uniti, c'è un IGT Lazio che sta letteralmente spopolando. 
Sono bravi loro o siamo delle capre noi a valorizzare il nostro patrimonio? Sicuramente gli americani ci sanno fare, come i francesi sono maestri nel marketing e questa bottiglia dimostra tutta la loro abilità nel vendere.
Il nome del vino, infatti, è già di per sè una provocazione. 

Si chiama "If You See Key", lo spelling di una parola inglese che un pò tutti conosciamo: FUCK
Un vino che ti manda a quel paese ovviamente non può passare inosservato ed infatti, per essere venduto nello stato del New Hampshire, c'è stato bisogno di una decisione della State Liquor Commission’s, sentenza duramente criticata da due consiglieri dello Stato americano che ritengono l’etichetta controproducente per il turismo locale:“non è certo il tappetino di benvenuto che il turista si aspetta arrivando da noi: abbiamo bisogno di standard ben più elevati”.

Fonte: http://www.huffingtonpost.com

Il vino, prodotto dalla Hundred Acre Winery del vulcanico Jayson Woodbridges (considerato da Robert Parker tra "i più individualisti e non convenzionali produttori della California"), oltre a provocare punta su un deciso e furbetto richiamo territoriale visto che viene venduto con la seguente dicitura:"Coming from the Lazio region of Italy, just south of Rome, the grapes are being nurtured by a climate very similar to the one you'll find here in the Napa Valley with warm summer days and cool nights".

Quindi, traducendo al volo, il Lazio rappresenterebbe una sorta di nuova Napa Valley visto che il clima è molto simile. Capito???????

Fonte: acevola.blogspot.com

Ah, non vi ho parlato dell'uvaggio. Si tratta di un vino a base Cabernet Sauvignon con piccole aggiunte di Petit Verdot e Primitivo. Ok, non saranno vitigni propriamente autoctoni ma da queste parti, nel Lazio, ho visto piantare anche di peggio.

La cosa che conta, secondo me, è che ci sia qualcun altro nel mondo che sta valorizzando il "marchio" Lazio sfruttandone anche tutte le potenzialità. 
Noi, invece, da queste parti stiamo ancora fermi alle guerre tra Strade del Vino ed a un paio di paginette di recensioni sulle principali guide.

Quando cominceremo a svegliarci? Non dico di produrre il vino che ti manda a fanculo ma qualche rudimento di marketing territoriale sarebbe importante che venisse insegnato a tanti vignaioli ed aziende del Lazio.

Jayson Woodbridge. Fonte: Drink Business.com

Negli Stati Uniti il vino sta vendendo tantissimo (costa circa 20$), l'Huffington Post gli ha dedicato un articolo, Robert Parker ne ha parlato, lo scandalo del nome e relative polemiche mantengono alta l'attenzione mentre noi, nel Lazio, a malapena raggiungiamo due paginette di vini recensiti nelle guide.


Franco Biondi Santi è morto. Il Vinitaly gli dia il giusto omaggio!

Strano inizio di 2013. 

Più che strano direi una merda.

Quest'anno si è portato via già Jannacci, Califano, Mennea, il mio amico Simone ed ora Franco Biondi Santi.

Fonte: Luciano Pignataro

Molti, oggi, l'hanno soprannominato "il custode del Brunello" ma, per me, era anche altro. Un vero signore, prima di tutto, un grande esteta ed un rivoluzionario del vino. Solo se hai tutti questi requisiti puoi produrre un vino che è il punto di riferimento per ogni vignaiolo che si rispetti. Di ogni latitudine e longitudine di Italia!

Ecco, domani il Vinitaly dovrebbe dedicargli un minuto di raccoglimento e, se fossi un produttore, la prima cosa che farei è quella di attaccare la foto di Biondi Santi all'interno del mio stand. In segno di rispetto perchè oggi, direttamente o indirettamente, molto di ciò che sono lo devo a questo visionario del sangiovese.


Investire in vino? Mica male!


Un bicchiere di vino può aiutare a scacciare la tristezza per la crisi, ma può anche fare bene al portafogli. L'indice di Borsa mondiale del settore vinicolo elaborato da Mediobanca, una rarità nel panorama finanziario mondiale che raggruppa 46 società quotate attive nel settore del vino (tutte estere, dagli Usa alla Cina all'Australia alla Nuova Zelanda), dal gennaio del 2001 ad oggi ha registrato una performance positiva del 175%, quasi cinque volte tanto le Borse mondiali, che hanno segnato nello stesso periodo un progresso del 37,4%. Lo riporta l'Indagine sul settore vinicolo realizzata dall'Ufficio Studi di Mediobanca.

La migliore performance dei titoli vinicoli, al netto delle dinamiche delle Borse nazionali, spetta al Nordamerica(+193%), seguita dalla Francia (+105%) e dall'Australia (+10%). In altri Paesi, invece, i produttori di vino hanno reso meno delle Borse nazionali (Cina e Cile, -54% ciascuno). I titoli vinicoli sono poco legati al ciclo economico e quindi adatti agli investitori istituzionali, per diversificare i rischi del portafoglio di investimenti.

Del resto, secondo il rapporto, è americana la prima impresa vinicola del mondo per fatturato, mentre la prima italiana, le Cantine Riunite & Civ, si piazza al settimo posto. La leader mondiale è il gruppo statunitense Constellation, con un fatturato di 2.051 milioni di euro. Seconda la francese Lvmh (1.782 mln), specializzata però nello champagne, prodotto dai ricavi unitari mediamente molto più elevati rispetto a quelli del comune vino. Seguono la Treasury Wine, australiana, con 1.321 mln, la sudafricana Distell Group (1.076 mln) e la cinese Yantai Changyu (694 mln), che realizza il 100% del fatturato ma ha un'anima in parte italiana: la famiglia Reina, proprietaria dell'Illva di Saronno (quelli dell'Amaretto), detiene infatti il 33% dello Yantai Changyu Group, che controlla il 50,4% della società operativa Yantai Changyu Pioneer Wine Company. Si trovano poi la Concha y Toro cilena (629 mln) e la Cantine Riunite - Giv (498 mln), al settimo posto. In undicesima posizione figura poi l'italiana Caviro (247 mln); in sedicesima la divisione Vino della Campari (185 mln), in diciannovesima la Cavit (152 mln) e al ventesimo posto la P. Antinori (150 mln).

In Italia comunque il settore è in buona salute. Secondo l'indagine di Piazzetta Cuccia che ha preso in considerazione i bilanci delle 108 principali aziende, l'anno scorso il loro fatturato complessivo è salito del 7%, con forte spinta dell'export, portandosi del 20% sopra il livello pre-crisi mentre il fatturato dell'industria è sceso pesantemente. Bene anche l'occupazione (+2,6%) e le prospettive per il 2013: l'87% dei grandi produttori esclude un calo dei ricavi. Quanto alle tipologie, i grandi vini
(quelli che costano più di 25 euro a bottiglia) e i Docg sono passati al 15,7% delle etichette, dal 9,4% del 1996. Stabili le etichette Doc (36,6%), in calo le produzioni meno pregiate (Igt e vini comuni), dal 54,3% al 47,7%. Il 74% delle etichette è comunque rappresentato da Doc e Igt.


Fonte: Repubblica

Rosso Pradarolo 2008: quando la volatile è tutto!

Chi mi segue, quei pochi, sanno che, in genere, non amo parlare male dei vini perchè rispetto moltissimo il lavoro del produttore che so perfettamente il mazzo che si fa.
Bevendo questa bottiglia a Pasquetta non ho potuto ripensare alla parola che ho usato prima: RISPETTO. E vi spiego il perchè.
Al ristorante, dove ho ordinato il Rosso Pradarolo 2008, con Stefania ci beviamo solitamente una bottiglia in due, amiamo abbinare il buon cibo con il vino e non sapete quanto siamo rimasti contenti nel trovare nella carta dei vini dell'osteria, accanto ai soliti noti, il nome di Podere Pradarolo presente sia con due bianchi che col rosso.


Il Rosso Pradarolo 2008 è una vendemmia tardiva a base di Barbera (90%) e Croatina (10%) vinificate tramite macerazione di 90 giorni e successivo invecchiamento di 15 mesi in botti grandi di rovere. Va in commercio dopo aver fatto almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia. Ovviamente, nessun uso di lieviti selezionati, nessuna filtrazione e stabilizzazione. 

Sembra tutto perfetto ma quando lo apri e lo versi nel bicchiere la poesia cambia. Anzi, non c'è proprio poesia ma solo un grande, grosso difetto chiamato acidità volatile

Troppa, tremenda, invadente!

E col cavolo che, come spesso sento dire, se ne va facendo ossigenare il vino.

Già, il vino. Il mio Rosso Pradarolo era totalmente massacrato dall'acetica che al naso non riuscivo a percepire altro sentore. Le eleganti note di frutta rossa che il produttore riporta nella scheda tecnica? Un atto di fede.
Il problema maggiore, comunque, riguarda la gustativa. L'acido acetico "brucia" leggermente la gola per cui dopo un bicchiere e mezzo, sforzandoci, non riusciamo più a bere. Non siamo masochisti.

Risultato? Bottiglia lasciata per oltre la metà. Soldi buttati. Incazzatura galloppante.

Quello che mi chiedo è se Alberto Carretti, il simpatico produttore che ho personalmente conosciuto tempo fa a Faenza assieme all'ineffabile Nossiter, abbia bevuto il suo Rosso prima di imbottigliarlo e venderlo. Non posso immaginare che un vignaiolo etico come lui, dopo averlo fatto, abbia dato il via alla vendita. Non si può!

E' una questione di RISPETTO! Eccola qua la parolina magica di cui sopra. Non si possono mettere sul mercato bottiglie così anche se le analisi dicono che tutto è ok. Non serve uno chimico per capire che il vino ha un problema e, per una volta, mettiamo da parte il concetto di naturalità se questo è il risultato. Cavolo, non offriamo il fianco a chi sparla dei vini naturali. Vedi la voce: Ricci e Co&. 

RISPETTARE il consumatore finale con vini degni della loro destinazione finale è pur utopia da queste parti?

In tema di acidità volatile, per chi vuole approfondire, consiglio questo link VINIX.

Alberto Carretti in cantina

La Stoppa e i suoi vini in verticale

Deve essere molto difficile il mestiere di Elena Pantaleoni e Giulio Armani, rispettivamente proprietaria ed enologo de La Stoppa, perchè combattere contro i pregiudizi può essere davvero un'attività stremante. 
Dopo la verticale storica dei loro vini tenutasi a Roma qualche giorno fa, ho definito l'Ageno, il Macchiona ed il Vigna del Volta come vini "antagonisti" perchè vanno contro chi pensa che Bonarda, Barbera e Malvasia di Candia siano vitigni buoni solo per lo sfuso da osteria, perchè vanno in contrasto con l'idea che i colli piacentini siano un territorio vitivinicolo sfigato, e , soprattutto, perchè danno una spallata ai tanti commenti presenti nel web che descrivono come "puzzolenti" il Macchiona ed i suoi fratelli.


Elena che spiega....
Giulio che si riposa...
Certo, non sono vini semplici, a volte spiazzano e hanno bisogno di aria e tempo per esprimersi al meglio, spesso bisogna entrarci in sintonia perchè oltre ad essere terreni sono anche vini mentali. Vini "antagonisti" e difficili, certamente, ma dopo questo viaggio nel tempo all'interno del mondo La Stoppa tutto non potrà essere più come prima. Almeno per me.

Ageno 2007 (Malvasia di Candia Aromatica 60%, Ortrugo e Trebbiano 40%): macerato sulle bucce per circa un mese come avveniva per i vecchi vini bianchi piacentini, è un vino che non lascia indifferente sia nel colore, arancione chiaro, sia negli odori che sono ben definiti e decisi. Sensazioni di mandarino, spezie orientali, foglie di the, zolfo. Bocca di grande struttura, ricca, dove acidità e tannino (sì c'è anche lui) la fanno da padroni. Un sorso alternativo che si vedrei benissimo con una bistecca al sangue. Perchè no?

Ageno 2005 (Malvasia di Candia Aromatica 60%, Ortrugo e Trebbiano 40%): rispetto al fratello minore l'ho trovato più timido e scontroso anche se a livello gustativo si lasciava andare meglio visto che l'età ha giocato favorevolmente sull'equilibrio del vino. Curiosità: Ageno è il nome è un omaggio al precedente proprietario de La Stoppa, l'Avvocato Ageno che per primo ha creduto nella grande potenzialità della zona e l'ha voluta valorizzare. 


Ageno 2007 e Ageno 2005
Macchiona 2005 (Barbera 50%, Bonarda 50%): Giulio Armani, spiegandomi questo vino mi ha chiaramente detto che, ad oggi, è troppo giovane per valutarlo. Sgranando gli occhi e avvicinando il naso nel bicchiere ho capito subito cosa voleva dire. Il Macchiona, per dirla alla Venditti, era "chiuso come le chiese quando ti vuoi confessare" e solo con la santa pazienza e un pò di esperienza riesci a capire il potenziale di un vino che è in mortale ritardo per il decollo finale. Al sorso è puro territorio, sa di frutta matura e terra e tutta l'impalcatura è ben sorretta da una struttura solida e magistralmente definita da una scia sapida finale.

Macchiona 2002 (Barbera 50%, Bonarda 50%): l'annata piovosa ed un maggior invecchiamento danno vita ad un vino più agile del precedente che, a mio parere, è ancora con i piedi troppo ancorati per terra. Questo millesimo, avendo minore "ciccia" da smaltire, cerca nel suo piccolo di mettere le ali e, sospinto da un vento fresco, va ad esaltare tutte le caratteristiche dell'annata che aiuta gradevolmente il sorso e, bicchiere dopo bicchiere, la bottiglia è finita. Certo, non sarà un mostro di complessità ma, ad oggi, è al suo massimo di godibilità. Ora o mai più!


Fonte: Sorgente del Vino
Macchiona 1995 (Barbera 50%, Bonarda 50%): quando ho aperto la bottiglia e versato il vino nel bicchiere, appena odorato, sono subito corso a cercare Elena e Giulio e, con un pizzico di emozione, gli ho sussurrato:"Ragazzi, ho capito il senso delle vostre parole di prima, quando sottolineavate chela 2005 era troppo giovane per essere capita!!". Nel calice, davanti a me, ho un vino nudo, crudo, che ha disperso nel tempo molte delle zavorre che, per dirla come il mio amico Francesco Vettori, lo tenevano distante dal cielo e dalle alte vette dell'eleganza. Il naso è articolato su note di spezie, fiori, ricordi di rosa, viola, foglie secche e fruttini rossi di montagna. Bocca di classe dal sapore terso, minerale, con un tannino perfettamente fuso nella massa e una chiusura lunga e sapida. Alla cieca lo scambieresti per un nebbiolo. Solo una domanda che sa di provocazione: ma si può aspettare un vino per così tanto?

Macchiona 1987 (Barbera 50%, Bonarda 50%): l'artigianalità e la naturalità di un vino che corre nel tempo senza guardarsi indietro. Questo può essere il titolo di questo Macchiona che, a partire dalla bottiglia sporca e senza etichetta portata da Elena, rappresenta un vero tocco di storia per La Stoppa che con questa versione di Macchiona si prende una sana rivincita contro il territorio e contro chi, troppo spesso, ha sottovalutato il potenziale evolutivo dei suoi vini. Pur sottolineando la diversità qualitativa tra le varie bottiglie presenti alla degustazione, il vino nel mio calice si è presentato perfettamente integro, autunnale, con tocchi balsamici e salini. Sorso di grande personalità, sapido, pericolosamente compulsivo. Chapeau!

Chiudiamo la serata in bellezza con le annate 2007 e 2005 del passito Vigna del Volta (Malvasia aromatica di Candia 95%, Moscato 5%).  Tra i due millesimi ho preferito l'annata più giovane per una maggiore precisione ed ampiezza aromatica e gustativa che ricorda la frutta disidratata, la scorza di agrume, il miele di acacia. Sorso cremoso, avvolgente, agrumato, freschissimo e dotato di un finale che si arricchisce di canditi e sbuffi iodati. 


Fonte: Altissimo Ceto
P.S.: visto che non ci sente e non ci legge nessuno.....Elena mi ha confidato che se passate in azienda a nome mio vi apre anche un Macchiona '83 e, se siete stati bravi, anche il Buca delle Canne, uno dei più grandi vini dolci italiani di sempre.... Shhhhhhhh, acqua in bocca........

Rocco Siffredi.....e il suo Magnum

'Rocco non solo magnum', è questo il nome, inequivocabile, del vino nato da un'insolita unione professionale  tra il celebre attore del cinema hard internazionale, Rocco Siffredi, e l'ex pilota di Formula 1 Jarno Trulli.

Fonte: Globalist.it

La bottiglia, frutto della Colline pescaresi Igt e a base di uve Montepulciano, sarà presentata in anteprima al Vinitaly. Il vino farà parte di un progetto commerciale dell'attore, che ne prossimi mesi aprirà a Budapest il primo 'Rocco's world caffè', un locale inteso come luogo di ritrovo coviviale e tappa irrinunciabile per gli amanti del genere hard, sarà infatti possibile acquistare oggetti vari e gadget, mentre 'sullo sfondo' verranno trasmessi video con i backstage dei set cinematografici dello studio di Siffredi.

"Il vino, ha spiegato l’attore, ha un legame profondo con l'erotismo e con la persona giusta è in grado di creare l'atmosfera perfetta per una serata divertente. L'Abruzzo è la mia terra d'origine e Jarno è un caro amico, che produce vini ottimi e che, con la giusta ironia, si è prestato a produrre questa nuova etichetta con il mio nome". Siffredi non è il primo attore hard che si affaccia al mondo del vino, prima di lui Savanna Samson ha cominciato a produrre bottiglie a Montalcino nella terra del Brunello.