Gli Oscar del Vino 2013 sono l'inno alla Prima Repubblica enologica

Caro Franco Ricci, sicuramente non frequenti il mondo del web ma, spero, che tra i mille impegni tu riesca almeno ad accendere la TV per guardare il telegiornale.
Se lo facessi costantemente ti accorgeresti che da anni il mondo sta cambiando e, con lui, stiamo cambiando anche noi. 
E' crollato il muro di Berlino, la Russia e gli Stati Uniti non sono più in guerra fredda e, notizia di questi ultimi tempi, le cose stanno cambiando anche nei paesi di religione islamica dove dal 2010 sta andando avanti quella che viene definita la "Primavera Araba". 
Anche in Turchia, è notizia di questi giorni, c'è voglia di cambiamento. Pensa, addirittura i nostri politici (!) hanno capito che in Italia c'è voglia di innovazione e di riforme concrete e, per questo, anche se con grande fatica, si stanno adeguando.

Mentre tutto cambia c'è un mondo che non solo non va avanti ma, anzi, sembra anacronisticamente arretrare. Quel mondo, caro Franco, è il tuo e gli Oscar del Vino 2013 ne sono la fulgida espressione.


No, aspetta, non sto dicendo che i premi che hai consegnato (vedi ad esempio Sassicaia 2009 Five roses anniversario 2011), sono scandalosi, ovviamente ci possono stare, ma dal centro culturale del vino più importante del mondo, così come lo hai ribattezzato tu, mi aspetto ben altro e non una selezione di premi degni della Prima Repubblica del Vino. 
Se apro una qualsiasi guida degli anni '90 trovo gli stessi nomi: Tasca d'Almerita, Tenuta San Guido, Bellavista, Cà del Bosco, Feudi di San Gregorio (premiata come migliore azienda), Franz Haas, Riccardo Cotarella......

Sai che mi sembri? Uno feudatario degli anni 2000 chiuso nel suo castello che vive solo in base a logiche di potere circondato da una serie di vassalli che, ogni tanto, vengono compensati non mediante denaro ma tramite concessioni di benefici che una volta erano costituiti da terre. Ogni tanto, poi, vengono ricompensati col cibo migliore anche i servi della gleba.

Caro Franco sai quale è il mio rammarico più grande per gli Oscar di ieri? Che il miglior scrittore di vino ce l'hai all'interno del tuo staff e non lo sai...o non lo vuoi sapere.

Gli altri premi? Tranne forse il riconoscimento al Gran Cuvèe XXI Secolo 2007 D’Araprì (atto di benevolenza?) per gli altri non vorrei spendere nemmeno una parola. Sopratutto per Vespa.

Caro Franco ora ho da fare e, sicuramente, anche io ti avrò stancato con le mie vane parole. Vorrei solo che leggessi quest'ultima frase, il pensiero è di Harold Wilson: "Chi rifiuta il cambiamento è un vero e proprio architetto della decadenza e del disfacimento. La sola istituzione umana che può rigettare il progresso è il cimitero".

Gli Oscar del Vino 2013 in sintesi:

Miglior vino bianco
Chàrdonnay 2010 Tasca d’Almerita
Miglior vino rosso
Doc Bolgheri Sassicaia 2009 Tenuta San Guido
Miglior vino rosato
Five roses anniversario 2011 Leone de Castris
Miglior vino spumante (ex aequo)
Franciacorta Gran Cuvée brut 2007 Bellavista
Gran Cuvèe XXI Secolo 2007 D’Araprì
Miglior vino dolce
Alto Adige Moscato Rosa 2010 Franz Haas
Migliore etichetta
Trebbiano d’Abruzzo Vigna Capestrano 2010 Valle Reale
Miglior vino di grande Qualita-prezzo
Franciacorta Cuvée Prestige Ca’ del  Bosco
Migliore azienda vinicola
Feudi San Gregorio con Fiano di Avellino Pietracalda 2011
Migliore olio raccolto 2012 (ex aequo)
Olio extravergine frantoio Muraglia
Olio extravergine Biologico Monterisi
Olio extravergine Raggiolo denocciolato Felsina
Miglior enologo
Riccardo Cotarella
Miglior ristorante
Ristorante La Parolina (Acquapendente – Viterbo)
Migliore enoteca
La Casa del Barolo (Torino)
Migliore scrittore del vino
Giovanni Negri
Migliore Innovazione nel Vino 
Cooperativa Agricola La Guardiense
Migliore Direttore Commerciale
Giovanni Lai di Saiagricola

Val delle Corti, un Chianti Classico da brividi

Roberto Bianchi oltre che essere una persona speciale dotata di rara sensibilità, è anche un grande vignaiolo che, per dirla alla Armando Castagno, interpreta in maniera eccellente un terroir unico come quello di Radda in Chianti.
L'ho invitato a Roma un venerdì di Maggio, al Porto Fluviale, era tanto che gli facevo la corte per organizzare assieme un verticale del suo Chianti Classico. Volevo fargli una sorpresa, ad aspettarlo c'era tanta gente ma, una volta scaricate le casse di vino, ci siamo accorti che è lui che ha fatto la sorpresa a tutti noi perchè, tra le varie bottiglie che stava scaricando dal furgone, figuravano anche i millesimi 1996, 1997, e 1998


La sala prima della degustazione
Si inizia a stappare

Quelli sono gli ultimi Chianti Classico prodotti da Giorgio Bianchi, scomparso prematuramente nel 1999, anno a partire dal quale Roberto, assieme alla mamma Lis, prende in mano l'azienda per proseguire e migliorare il lavoro iniziato tempo prima dal padre che nel lontano 1974 vendette la casa di Milano e lasciò il lavoro per trasferirsi in Toscana, a Val delle Corti, che a quel tempo, pieno di rovi e muri a secco crollati, non era certo quel paradiso che è oggi.

La nostra verticale, pertanto, oltre a sfidare l'emozione del tempo, ci dirà anche se e come il lavoro di Roberto si sia differenziato da quello del padre. Due generazioni a confronto ed un unico filo conduttore: l'amore per un Terra e per il sangiovese.


Roberto racconta...

Val delle Corti - Chianti Classico 1996: Roberto mi dice che di questa annata ne ha ancora pochissime in cantina e, mettendo un pò le mani avanti, dichiara pubblicamente che non sa cosa aspettarsi da questo vino che è da troppo tempo che non lo degusta. Apro la bottiglia come una reliquia e lo verso nel mio bicchiere. Il colore è ancora integro, vivo, così come il naso che non lascia molto all'ossidazione e alle "classiche" note brodose di altri Chianti pari annata degustati in passato. Mettendo il naso nel calice, la prima cosa che colpisce è il profilo austero di questo sangiovese che sembra possedere un’anima profondamente ematica e minerale. Inizialmente riottoso, col tempo prende vigore, si apre, spalanca le finestre alla primavera e fa entrare al suo interno ventate agrumate che prendono la forma dell'arancia sanguinella e del pompelmo rosa. Poi arrivano i fiori, la viola e l'iris tratteggiano un contorno soave del vino che col passare dei minuti diventa etereo, sublime. Il sorso è connotato da una freschezza che tutti stentiamo a credere, c’è tanta sostanza e progressione in questo sangiovese di razza che chiude sapido, minerale, grintoso. Commovente.


Val delle Corti - Chianti Classico 1997: questo sangiovese non riesce mai, a differenza del precedente, a scrollarsi di dosso un certo rigore aromatico che prende la forma della terra di Radda. E’ profondo, a tratti viscerale, risente dell’annata calda ma, soprattutto in bocca, ha ancora tanta ricchezza ed energia. Gli manca quel tocco di acidità per farlo persistere come vorrei ma la sua materia e il suo essere passionale gli rendono ampiamente l’onore delle armi.


Val delle Corti - Chianti Classico 1998: l’ultimo vino di Giorgio Bianchi lo beviamo con grande rispetto e Roberto, presentandolo, non può non tradire un pizzico di commozione. Sangiovese gagliardo, una via di mezzo tra la ’96 e la ’97 dove, accanto alle sensazioni “tipiche” scure del vino, si affiancano aromi di erbe aromatiche, frutta di rovo e fiori secchi. La bocca conferma la grinta del vino caratterizzato da tannini duri che il tempo ha solo parzialmente smussato. Fortunatamente la struttura e la verve acida sono tali da garantire un supporto tale da rendere la beva estremamente misurata. Chiude sapido anche se, come per la ’97, manca quel guizzo tale da renderlo indimenticabile come per la ’96.




Val delle Corti - Chianti Classico 2002: quanta paura aveva Roberto di presentare questo vino figlio di un’annata che molti, causa piogge, hanno giudicato quanto meno difficile. Quanto paura aveva Roberto e quanta soddisfazione deve aver avuto quanto tutti, alla fine della degustazione, hanno quasi decretato questo vino come il campione della serata. Esile, elegante ed etereo è un vino senza tempo che, per molti tratti, prende la fisionomia di una ballerina classica che danza sulle punte. E’ uno dei migliori 2002 degustati nella mia vita.




Val delle Corti - Chianti Classico 2004 Riserva: se avessi bevuto il vino alla cieca avrei detto che davanti a me c’era un il Monprivato di Mascarello. La prima riserva di Roberto mostra un sangiovese di purissima luce, è un diamante che brilla per freschezza ed integrità col suo naso ampiamente agrumato, aromatico e floreale e la sua bocca fine e di giuste proporzioni dove tutte le componenti sembrano modellate ed equilibrate da un laser di precisione. Per chi ama i grandi sangiovese, quelli senza spazio e senza tempo. La Riserva viene prodotta solo nelle grandi annate e con le migliori uve Sangiovese (100%), selezionate dai vigneti più vecchi del podere.




Val delle Corti - Chianti Classico 2005: dopo la 2002, l’altra grande paura di Roberto è stata questa annata che, come ci ha spiegato, è stata mantenuta in bottiglia 2 anni oltre la media visto che, inizialmente, questo Chianti non lo convinceva assolutamente tanto da fargli esclamare: ”Perché l’ho fatto?”. Era la Pasqua del 2008 quando, per l’ultima volta, ha provato ad aprire l’ennesima bottiglia che, visto il periodo, era totalmente risorta diventando il sangiovese cercato e voluto. Rispetto alla 2002 è meno vibrante in termini di freschezza ma ha una complessità aromatica davvero affascinante dove dominano le note di cola, timo, menta, ciliegia e terra rossa. Bocca dinamica, a tratti speziata, dotata di soffice trama tannica e chiusura sapida. E per fortuna Robbè!

Val delle Corti - Chianti Classico Riserva 2006: il vino, rispetto alla precedente annata, si fa più intenso sia nel colore che nella gamma aromatica che regala note di mirto, ciliegia, aghi di pino, anice, iris e anice stellato. Al sorso il vino è fresco, agrumato, teso ed in perfetto equilibrio. In chiusura una lieve nota fumè dona ulteriore eleganza a questo Chianti dal volto mediterraneo.




Val delle Corti - Chianti Classico Riserva 2007: questo vino non è solo luce ma anche gioia di vivere ed un inno alla territorialità con sensazioni ancora croccanti di mammola e ciliegia ed una profonda mineralità rossa che ritroviamo anche al palato dove tutto è ancora primario, soprattutto la spina acida è ancora tagliente e dotata di fitti tannini dalla grana fine. Chiude su ampie volute sapide, fruttate e floreali. Probabilmente è la quadratura del cerchio per Roberto che, forse, sta strizzando l’occhio a suo papà che lo guarda fiero da lassù.

Qualche foto della serata alla fine, ricordi indelebili!











Grand Cru d'Italia, il top del vino italiano secondo Gelardini & Romani

Le classifiche, si sa, sono fatte per essere discusse e per scontentare molti. Sicuramente anche questa avrà fatto storcere il naso a qualcuno visto che, parlando di Grand Cru, c'è chi ricorda che questa classificazione in Borgogna l'ha stabilita la storia in base alla reale qualità del terroir.
Gelardini & Romani, invece, ne stabiliscono una tutta loro a fini meramente speculativi visto che il loro mestiere è quello di mettere grandi vini all'asta, soprattutto in oriente dove da poco si sono stabiliti. Peccato, le loro aste a Roma erano sempre interessanti!

Comunque, secondo la Gelardini & Romani Wine Auction, la Top Ten della classificazione dei "Grand Cru d'Italia 2013" presentata il 28 maggio a Roma prevede i seguenti vini: Brunello di Montalcino Riserva Biondi Santi, Masseto, Barolo Riserva Monfortino Giacomo Conterno, Amarone Romano dal Forno, Barolo Riserva Le Rocche del Falletto Bruno Giacosa, Amarone Giuseppe Quintarelli, Sassicaia, Montepulciano d'Abruzzo Valentini, Barbaresco Riserva Bruno Giacosa, Brunello di Montalcino Riserva Soldera.
La catalogazione raccoglie le etichette piu' ricercate ed apprezzate da collezionisti ed investitori di tutto il mondo, articolata in base ai maggiori livelli di prezzo ed alla minore percentuale di lotti invenduti.


"Rispetto all'ultima classificazione che risale al 2009 abbiamo elaborato una lista di 30 etichette contro le 27 della passata edizione" - afferma Raimondo Romani - In particolare un'etichetta e' uscita dalla classificazione per mancanza di record d'asta e quattro etichette hanno invece raggiunto i requisiti per esservi comprese. Altra novita' rispetto al 2009 e' la nuova, prima, fascia di prezzo, oltre ?300, naturale conseguenza della rivalutazione intercorsa in questi quattro anni delle tre etichette che stanno sul podio".

Durante la serata, che si e' svolta presso il ristorante romano Romeo Chef and Baker, a Luca Martini, Miglior Sommelier del Mondo 2013 (AIS), e' stato affidato il compito di presentare quattro delle migliori etichette: il Barbaresco Riserva Produttori del Barbaresco 2005; Il Brunello Castelgiocondo Riserva 2001; Il Paleo Le Macchiole 2001 e il Montepulciano d'Abruzzo Valentini 1993.


"Dopo l'estate abbiamo in programma la piu' grande asta di vini italiani di sempre che si terra' ad Hong Kong. A questo scopo resteremo in Italia fino a settembre per raccogliere le collezioni e completare il catalogo. L'Asta sara' preceduta da un Road Show per promuovere i Grand Cru d'Italia sia nelle principali citta' della Cina che ad Hong Kong" ha preannunciato Flaviano Gelardini.
Per il prossimo appuntamento in Italia si dovra' attendere dicembre per l'ormai tradizionale asta Natalizia dei Grand Cru d'Italia "en primeur", l'unico appuntamento che, anche per questioni affettive, i due giovani imprenditori non vogliono rinunciare a svolgere in patria.

E voi, siete d'accordo con questa classificazione oppure...

Il Wine Italy Tour Heres di Roma

Essere invitati da Heres fa sempre piacere perchè sai che alla fine della degustazione avrai bevuto bene godendo come un riccio. 
La loro selezione, specialmente quella che fa capo a Heres Import, è talmente di alto livello, a tratti inavvicinabile, che spesso le persone fanno la fila e sgomitano solo per quella. 
Come dargli torto se davanti a te si stappano senza problemi bottiglie di grande Champagne o Borgogna? Strano, ma anche io ho iniziato proprio da lì ......

Gli Champagne erano degnamente rappresentati da Pol Roger che proponeva ben quattro tipologie: Pure (non dosato), Brut Réserve, Blanc de Blancs Vintage 2002 e Brut Vintage 2002





La mia preferenza è andata sul Pure e sul BdB Vintage 2002, due prodotti, ovviamente, di diversa complessità ma caratterizzati da una acidità sferzante, tagliente così come piace a me. Vini che dissetano!

Si passa ai bianchi, si va verso i vini di Chablis, gli chardonnay venuti dal freddo come a qualcuno piace chiamarli. Il produttore di riferimento Heres è Billaud-Simon che ha portato a Roma ben cinque vini, partendo dal Petit Chablis 2011, passando per i vari Premier Cru 2010 ( Mont Milieu e Les Vaillons) per arrivare al grandioso Chablis Grand Cru Les Preuses 2010. Le mie preferenze? Il Petit Chablis è davvero agrumato e diretto, piacevolissimo d'estate, ma quando bevi il Grand Cru tocchi davvero alte vette. Didattico, per tutti quelli che lo chardonnay deve sapere di banana..




Gli altri due grandi bianchi della Borgogna facevano capo al Domaine Antoine Jobart. In degustazione il Bourgogne Blanc 2010 e il Meursault "En La Barre" 2010. Rispetto agli Chablis sono vini più rotondi, tridimensionali, mentali, confortevoli. 



La Borgogna, quella rossa, durante la manifestazione era in mano a Luca Santini che era spesso tallonato da questo "losco" figuro che ho ripreso di spalle. Il Maestro e l'Allievo, l'Allievo e il Maestro, chi ha superato chi?


Il pinot nero selezionato da Heres è senza dubbio il fiore all'occhiello dell'azienda. I nomi sono quelli che molti appassionati vorrebbero avere in cantina: Joseph Voillot, Domaine Chandon de Briailles, Bart, Rossignol-Trapet, Domaine d'Eugénie, Domaine des Lambrays, Chateau de la Tour. Non hanno portato tutto, mancavano ad esempio Fourrier e Mugneret-Gibourg, ma sono sopravvissuto lo stesso....

In rapida carrellata:

Da bere a secchi, ancora e ancora

Per chi vuole scoprire l'altra Borgogna...

La Borgogna per tutti a prezzi umani

Piccolo grande mostro

Piccolo grande mostro BIS

Un village da acquistare al volo

Quando l'altra Borgogna è grande Borgogna

Incantevole l'annata 2008

Soave ed intenso, è Lui!

Lascio la Francia non senza un senso di nostalgia ma i vini italiani selezionati dalla Heres sono di grande livello e ancora tutti da scoprire. Tanti gli assaggi fatti ma sul mio Moleskine l'asterisco è andato ai seguenti vini:

Una lama datata 2012. Da vasca.

incenso e polpa allo stato puro

Cinzia Merli non sbaglia un colpo. Quale scegliere?

Etna o grande Borgogna?

Il tempo a mia disposizione non era molto, tante le cose che ho saltato, tanti i produttori Heres che meriterebbero ulteriori approfondimenti. La prossima tappa del Wine Italy Tour Heres sarà a Milano il prossimo ottobre. Se siete da quelle parti non dovete mancare, io farò di tutto per esserci e per terminare il giro...


Poderi Sanguineto, viaggio nel Vino Nobile di Montepulciano che ci piace

Quando arriviamo a Poderi Sanguineto, Patrizia ci aspetta davanti all'entrata della cantina. E' vestita come l'abbiamo vista sempre, pantaloni e maglione color verde militare e scarponi. Lei e Dora, che non c'era e che probabilmente era a caccia, sono abituate a lavorare duro, tutti i giorni dell'anno, e la nostra visita non è che un piccolo intervallo all'interno di una giornata di lavoro che andrà avanti fino al tramonto.


Appena usciamo dalla macchina ci saluta cordialmente presentandoci orgogliosamente  Poderi Sanguineto, un piccolo mondo rurale di circa 35 ettari (quasi 4 a vigneto) dove il tempo scorre lentamente tra animali da cortile e vigne (e vino) da curare.
Non esiste una vera e propria zonazione dell'areale del Nobile di Montepulciano ma in tanti indicherebbero proprio Sanguineto, il cui nome deriva forse dal sangue versato da Romani ed Etruschi che proprio da queste parti consumavano epiche battaglie, come una delle migliore aree dove piantare prugnolo gentile anche se, in molti, negheranno la cosa.
Causa pioggia e terreno fangoso non possiamo passeggiare per il vigneto e così Patrizia ci fa entrare subito in cantina, la sua seconda casa, visto che è lei ad occuparsi della parte enologica affidando a Dora quella prettamente agronomica.

Il vigneto in lontananza
Dentro queste mura tutto è all'insegna della naturalità e della tradizione, si usano solo botti grandi di rovere e durante la vinificazione, tranne un pò di solforosa all'inizio, non si impiega alcun tipo di prodotto chimico, men che mai lieviti selezionati, e non viene effettuata alcuna filtrazione.

Le botti
Cinque minuti e siamo subito nella piccola sala degustazione. Patrizia ci apre il Rosso di Montepulciano 2011 e il Nobile 2010
Lo devo ammettere, inizialmente una certa "fretta" della proprietaria ci aveva fatto pensare che si volesse sbarazzare presto di noi, siamo arrivati alle 11.00 e già alle 11.15 eravamo a degustare il loro vino. In fin dei conti è sabato anche per loro, almeno così pensavo.

Patrizia si siede davanti a noi e prende tre bicchieri, ci guarda e ci sorride serenamente, forse ha finito ci studiarci e ha capito che non siamo così rompiscatole, forse si è tolta un peso di dosso terminando il classico tour aziendale che avrà fatto mille volte. Davanti ad un bicchiere di vino, in fin dei conti, tutte le barriere si abbassano!


Le chiedo la genesi di Poderi Sanguineto I e II. "Purtroppo Dora non c'è, altrimenti te lo spiegava lei, ma tutto questo lo si deve a suo padre Federico Forsoni che, negli anni '60, si è letteralmente indebitato per acquistare questo posto. Lavorando come mediatore di bestiame è transitato tante volte da queste parti e, alla fine, non ha saputo resistere a questa Terra che l'ha folgorato dal primo istante in cui l'ha calpestata.
Nel 1963 pianta la vigna che in gran parte vedete qua di fuori con l'unico scopo di produrre il vino per se stesso e per insegnare alla piccola Dora il rispetto della vigna e, di conseguenza, della Natura.
Nel 1987, quando arrivo io a Poderi Sanguineto, il signor Forsoni era morto da qualche anno e tutto era in mano a Dora che, in quel periodo, vendeva le sue uve, grandi uve, alle aziende del posto come Boscarelli, Romeo o Triacca. 
Dal 1997, poi, la svolta: parte del loro prugnolo gentile, mammolo e canaiolo, viene tenuto per esigenze "interne" mentre il resto viene venduto per finanziare l'acquisto delle attrezzature adatte a creare una nostra cantina e per imbottigliare la prima annata di Poderi Sanguineto I e II che esce in commercio nel 2001. Il sogno di produrre un grande Nobile di Montepulciano si era avverato!".

La conversazione sembra ora intrattenuta tra vecchi amici e, tra un aneddoto e l'altro, ci viene versato il Rosso di Montepulciano 2011, straordinario per espressione di frutto, freschezza e facilità di beva. Lo stile Sanguineto, la sua classe, è facilmente riconoscibile anche nel suo "base".


Patrizia è un fiume in piena, ci racconta delle litigate con Dora quando, durante la prima vendemmia, pensava avesse colto le uve ad un grado zuccherino sbagliato. "Dora ma che cavolo hai combinato? - le ripetevo precipitandomi in vigna - Sei sempre stata perfetta e sto casino proprio alla nostra prima vendemmia lo dovevi combinare???? Ho misurato le uve e hanno un grado alcolico di 18°!! Sapete una cosa? Alla fine mi ero sbagliata o, meglio, il misuratore si era sbagliato visto che alla fine, probabilmente la Natura ci ha messo lo zampino, quel vino aveva un grado alcolico di circa 13,5 gradi di alcol.....

Il secondo vino versato è il Nobile di Montepulciano 2010, sanguigno, profondo, floreale, minerale e, soprattutto, dotato di una leggerezza davvero inconsueta per questa denominazione fatta spesso di vini caricaturali. Anche in questo caso il timbro di Dora e Patrizia è presente più che mai e si chiama "beva compulsiva".

Il tempo scorre inesorabile e noi dobbiamo raggiungere Chiara Barioffi a Le Casalte, è quasi ora di pranzo ma rimangono dieci minuti per una domanda impertinente:"Patrizia sappiamo che producete anche un buon bianco.....non è che potremmo averne?"

Un sorriso e poco dopo arriva la bottiglia di Bianco Toscano 2011, un IGT composto da diverse uve tra cui malvasia bianca, malvasia verde, trebbiano toscano, grechetto e biancame. 
La storia di questo vino è abbastanza curiosa. Inizialmente era il vino della casa di Dora e Patrizia e veniva venduto qua nella zona ad amici ed appassionati locali. Poi, un giorno, viene in cantina l'importatore giapponese che, venuto a sapere di questo bianco ricercato, vuole assaggiarlo a tutti i costi. Ovviamente, piace da impazzire e vorrebbe prenderne qualche bottiglia. Patrizia, però, fa orecchie da mercante, troppo complicato e costoso imbottigliare ed etichettare poche unità del loro Bianco Toscano. L'anno dopo, lo stesso importatore riassaggia il vino e fa la stessa proposta:"Lo voglio prendere!!". Patrizia gli spiega i problemi che l'avevano fatta desistire anche l'anno passato ma lui, deciso, la blocca dicendole:"Aspetta, non ne voglio poche bottiglie, le prendo 2000...3000, va bene?". Il discorso cambia e così nasce quello che oggi è un grande bianco toscano del quale Dora e Patrizia conservano sempre qualche bottiglia per i vecchi clienti. 
Come dare torto a tutte le persone che amano questo vino? Il profumo è un intreccio aromatico di erba tagliata, frutta gialla matura, salvia, menta, ginestra. Bocca aromatica, fine, strutturata, di grande freschezza e sapidità. Patrizia ci fa un'ultima confidenza:"Con Dora, freddissimo, lo beviamo nelle calde sere d'estate, sedute qua fuori a goderci la brezza della sera. Stanche ma felici".


E' con questa immagine mentale che lasciamo Poderi Sanguineto il cui ricordo, indelebile, ci cullerà fino a quanto non ritorneremo da queste parti. Dora e Patrizia ci aspettano ancora. 

A presto!

Dora e Patrizia in un momento delle riprese del documentario Senza Trucco di Giulia Graglia