Un Tram carico di ragù (di pecora) - Garantito IGP

di STEFANO TESI


Dov’era la fermata del “tramway” (il vecchio orario dice proprio così) tra Firenze e Poggio a Caiano è rimasto lo storico alimentari-trattoria. E lì fanno ancora le penne al sugo di pecora (e un sacco di altre buone cose all’antica).

Non nascondo di avere un debole per certe vecchie trattorie da carrettiere nate millanta anni fa lungo le grandi vie di comunicazione dell’epoca per offrire un economico ristoro ai viandanti e rimaste, più o meno, tali e quali. Leggendaria, in proposito, la gag realmente accaduta nelle campagne fiorentine d’inizio ’900 che mi raccontava mia nonna: un tipo un po’ male in arnese entra defilato in osteria, fa capire di essersi portato il pane da casae ordina sottovoce un piatto di fagioli: al che il perfido oste, contrariato per la modestia della comanda, bercia beffardamente alla cucina: “Qui un piatto di fagioli, vino beve acqua e il pane l’ha da sè“.

Altri tempi, davvero.

Erano le stesse trattorie che, con l’avanzare della modernità, si sono ritrovate pian piano incastrate in quella terra di mezzo oggi chiamata hinterland: un’area nè carne e nè pesce, sospesa tra città e campagna, nel suburbio di paesi e frazioni diventate satelliti. Molte sono defunte, ma le sopravvissute hanno saputo mantenere la propria identità e hanno continuato a fungere da punto di riferimento per la gente del posto, i pendolari, icommessi viaggiatori e i nostalgici di una certa sana, riconoscibile, rassicurante cucina tradizionale.

E’ questa la prima cosa che ho pensato quando, dopo lunghe insistenze, un amico mi ha convinto ad andare a cena a “L’Antica Trattoria di’ Tramway” a Signa, agli estremi confini occidentali della provincia di Firenze (ma in un comprensorio tradizionalmente fiorentinissimo), in bocca a Poggio a Caiano e alla sua famosa villa medicea.


Già il nome dice tutto: è un vecchio negozio di tabacchi e generi alimentari, con bancone e vendita ancora in piena attività, sorto dove una volta c’era anche la fermata del tranvai (chissà perchè nel nome del locale mantenuto all’inglese, tramway) che collegava, appunto, Poggio a Caiano a Firenze.
Ancora più esplicito il biglietto da visita sui cui, all’antichissima, sono stampigliati alcuni motti popolari. Tipo “Isolina, dove vai? Al Poggio col tramway!“, oppure “Piace alle donne, assai assai, girare in su sul tramway, godere in tutte e a tutte l’ore, ballare e far l’amore“.
Insomma avete capito il genere.

Sempre il biglietto recita: “Alimentari, tabacchi, cucina casalinga, cacciagione, funghi e tartufi. Pagare, sorridere e ringraziare!“, specificando che l’esercizio è di “Bacchereti Morando in arte Giorgio“.
Il quale Morando (la sua famiglia gestisce l’attività dal 1961) si aggira ancora, ciarliero, tra i tavoli. I camerieri sono vispi e hanno la parlantina facile. Alle pareti, in allegra anarchia, quadri di artisti del comprensorio. Mobili ingombri di bottiglie di vino e immancabile giardino per mangiare al fresco d’estate. Fronzoli, zero. Clientela diversa da quella abituale: nessuna o quasi.
Cucina ricca, toscanissima, nel suo genere perfino opulenta con i salumi, le finocchione, i fritti, tutto in grandi porzioni e cucinati con mano felice. Ottima la bistecca. Tanto buona che me ne sono fregato di chiedere razza dell’animale, certificati e altre amenità. Pappa e ribollita, va da sè.
Ma il vero motivo per il quale, atmosfera a parte, il mio amico ha insistito per portarmi lì e io consiglierei di farci una sosta è l’inusuale specialità della casa: le penne al ragù di pecora. Sì, pecora: “Fatto come un ragù normale, ma con la carne di pecora“, ribadisce la cameriera ridendo. Un’antica tradizione locale, retaggio di quando le greggi pascolavano i terreni marginali della piana.

Un sugo ottimo, credetemi. Tanto da far regredire la proverbiale diffidenza dei toscani verso le carni ovine diverse dall’agnello. Robusto, pieno di sapore, asciutto quanto basta, rustico ma a suo modo gentile e niente affatto eccessivo nè stopposo. Un “primone” d’altri tempi e una curiosità piuttosto difficile da reperire altrove.
frequentatori abituali della trattoria, gente dal palato esperto, mi hanno parlato anche di altre pietanze a base di pecora: pappardelle e perfino bistecche. Ma io, lo ammetto, non le ho ancora assaggiate.
Giuro, però: dopo aver testato il ragù, appena posso ci torno.
Anche perchè con 35 euro ci si abbuffa.

Antica Trattoria di’ Tramway

via Pistoiese355, Sant’Angelo a Lecore (FI)

tel. 055/8778203 o 333/4636068
Chiuso domenica sera e lunedì
trattoriatramway@gmail.com




Tre Bicchieri 2016 Puglia Gambero Rosso

La Puglia si conferma in crescita nonostante qualche ombra legata all’annata 2014.
Per quanto riguarda le note positive vanno sottolineati almeno due aspetti: quello economico e quello qualitativo. Il successo sui mercati, in particolare quelli esteri, continua senza rallentamenti. Due i brand vincenti: il Primitivo, ormai un passe-partout che suggella il successo di vini ricchi di frutto e toni speziati, freschi, non troppo tannici, raramente maturati in legno. L’altro è il magico nome Salento, sotto il cui ombrello troviamo tutta la produzione del Grande Salento, area più vasta rispetto a quella storica, che ingloba tutta la parte peninsulare della regione sotto direttrice Bari-Taranto, a prescindere dal vitigno e dalla zona di produzione.

In questo contesto le Denominazioni di Origine, però, stanno perdendo importanza. Ma la crescita qualitativa è palpabile proprio nei territori delle denominazioni d’origine. Gioia del Colle e Manduria propongono vini competitivi nel panorama nazionale e internazionale, forti di una tipicità mediterranea che li rende unici.
Faticano le altre due denominazioni importanti della regione, Salice Salentino e Castel del Monte, la prima impegnata in una difficile ricostruzione del profilo del vino e del territorio; mentre la seconda è preda della confusione generata dalla sua stessa struttura e da quella legata all’uva più significativa del territorio, il nero di Troia, che stenta a trovare una vera identità.
Le difficoltà riguardano la produzione di bianchi e rosati. In particolare questi ultimi, un comparto importante della vitivinicoltura pugliese, hanno sofferto l’annata 2014, con vini al di sotto della media degli scorsi anni.
In chiusura torniamo sulla questione delle bottiglie ultrapesanti, che molti produttori riservano ai loro vini di punta. È uno spreco e una pratica che va contro l’idea di un’agricoltura sostenibile, che non porta alcun beneficio.

Castel del Monte Rosso V. Pedale Ris. '12 - Torrevento
Gioia del Colle Primitivo 17 Vign. Montevella '12 - Polvanera
Gioia del Colle Primitivo Et. Nera Contrada San Pietro '13 - Plantamura
Gioia del Colle Primitivo Marpione Ris. '11 -Viglione
Gioia del Colle Primitivo Muro Sant'Angelo Contrada Barbatto '12 - Chiaromonte
Masseria Maime '12 - Tormaresca
Negroamaro '13 - Carvinea
Primitivo di Manduria Raccontami '13 - Futura 14
Primitivo di Manduria Talò '13 - Cantine San Marzano
Primitivo di Manduria Zinfandel Sinfarosa '13 - Racemi
Salice Salentino Rosso Per Lui Ris.'13 - Leone De Castris
Salice Salentino Rosso Selvarossa Ris. '12 - Cantine Due Palme
Torre Testa '13 - Tenute Rubino

Tre Bicchieri 2016 Sicilia Gambero Rosso



Cerasuolo di Vittoria Cl. Dorilli ’13 – Planeta
Cerasuolo di Vittoria Cl. Giambattista Valli Paris ’11 – Feudi del Pisciotto
Contea di Sclafani Riserva del Conte ’10 – Tasca d’Almerita
Etna Bianco A’ Puddara ’13 – Tenuta di Fessina
Etna Rosso Arcurìa ’13 – Graci
Etna Rosso Calderara Sottana ’13 – Tenuta delle Terre Nere
Etna Rosso San Lorenzo ’13 – Girolamo Russo
Etna Rosso V. Barbagalli ’12 – Pietradolce
Etna Rosso Zottorinotto Ris. ’11 – Cottanera
Faro ’13 – Le Casematte
Harmonium ’13 – Firriato
Lorlando ’14 – Alliata
Marsala Sup. Semisecco Targa 1840 ’04 Ris. – Florio
Sicilia Bianco Maggiore ’14 – Rallo
Sicilia Deliella ’13 – Feudo Principe di Butera
Sicilia Nero d’Avola Saia ’13 – Feudo Maccari
Sicilia Noà ’13 – Cusumano
Sicilia Rosso Ramione ’13 – Baglio di Pianetto
Tancredi ’11 – Donnafugata
Timperosse Mandrarossa ’14 – Settesoli

Château Mas Neuf a piccoli sorsi

Luc Baudet l'ho conosciuto circa un mese fa grazie al mio amico Mike Tommasi che gli ha dato i miei riferimenti durante la sue vacanze romane. Avevo già letto alcune cose interessanti di Luc e del suo Château Mas Neuf nella guida di Bettane & Desseauve per cui, una voltà in città, non mi sono fatto sfuggire l'occasione di bere un paio di bicchieri con questo talentuoso vignaiolo del Sud della Francia.

L'azienda, infatti, si trova nel territorio chiamato Costières de Nîmes, estremità sud della Valle del Rodano che, grazie alla vicinanza delle lagune e del mare, sfrutta le fresche brezze del Mediterraneo per mitigare le elevate temperature medie che risultano essere anche 5° inferiori rispetto alle zone interne.


"E' il Paradosso del Rodano" - mi dice con un sorriso - "e grazie al mio microclima riesco a produrre Syrah, Grenache e Mourvèdre nel rispetto della maturazione e dell'eleganza".

Luc, grande amante del buon cibo e con un passato di analista sensoriale, oggi gestisce circa 65 ettari di vigneto, età media di 30 anni con punte di quasi un secolo, costituito principalmente da Syrah (45%), Grenache noir (25%), Carignan (10%), Mourvèdre (16%), Cinsault (5%), Grenache Blanc (4%) e Roussanne (5%). Il suolo è molto simile a quello che troviamo a Châteauneuf-du-Pape ovvero molti ricco e con grande presenza di ciottoli.


Per la maggior parte dei vigneti aziendali viene praticato l'inerbimento e si usano, solo se necessario, solo fertilizzanti organici.

Luc produce un sacco di tipologie di vino che etichetta in maniera molto chiara e diretta: "I Conviviali", "I gastronomici", "Gli essenziali", "Le selezioni parcellari" e "I Cru" che sono nati e pensati assieme ad altri eminenti colleghi come Louis Mitjavile di Tertre Roteboeuf (Saint-Émilion), Roc de Cambes (Côtes de Bourg) e Domaine de l’Aurage (Côtes de Castillon).


Ci sediamo all'interno di un Mostò ancora in fase di lavori pre-apertura e, da dentro una valigetta degna della borsa di Mary Poppins, Baudet tira fuori tre bottiglie condite da un sorriso travolgente.

Il primo vino, un bianco, è il Rhône Paradox Condrieu 2013 (100% viognier) le cui uve provengono dal Comune di Chavanay il cui suolo è ricco di quarzo e granito. Il vino, vinificato in barrique, viene messo in commercio dopo almeno 10 mesi di affinamento "sur lies". Al naso si presenta ricco, grasso, con imponenti note di frutta gialla e decisa mineralità mentre al sorso si conferma un bianco di grande struttura che sarà difficile domare se non con l'aiuto del tempo.


Il secondo vino bevuto è stato il Rhône Paradox Saint-Joseph 2012 (100% syrah) le cui vigne, piantate su suolo di granito decomposto e quarzo, hanno una media di circa 25 anni e provengono da differenti parcelle situate nei Comuni d'Ardoix, Chavanay, Félines, Limony e Saint Pierre de Bœuf. Ho semplicemente amato questo vino non tanto per la sua territorialità ma, soprattutto, per il sua godibilità e leggerezza. Una bottiglia volata via, come i pensieri più tristi.


Chiudiamo con un Cru, ovvero con lo Châteauneuf-du-Pape 2011 che, come scritto in etichetta, rappresenta il frutto dell'incontro tra Pascal & Vincent Maurel e Luc Baudet. 
Il vino (90% grenache 5% syrah 5% mourvèdre) nasce da varie parcelle situate nei comuni di Châteauneuf du pape, Orange, Bédarrides, Sorgues e Courthézon e, in linea col suo terroir, esprime tutta la forza e il dinamismo del Rodano. Tanta frutta, tanta profondità, tanta struttura che accompagnano un sorso lunghissimo che chiede solo carne, tanta carne, per sublimare l'incontro.


Ringraziamo Luc per questo incontro, sarà il primo, spero, di tanti altri perchè la voglia di passare a trovarlo in cantina, nella sua Gallician è davvero alta come elevate sono le speranze di poter trovare i suoi vini in Italia visto che, purtroppo, non sono ancora distribuiti nel mio Paese. A qualcuno fischieranno le orecchie....

Luc Baudet


Verdicchio dei Castelli di Jesi 2009 di Stefano Antonucci - Il VINerdì di Garantito IGP

di Luciano Pignataro


La mia grande passione sono i bianchi invecchiati. Così quando inciampo in cantina con questa cassa di Verdicchio 2009 di Stefano Antonucci, un nome, una garanzia, me ne concedo una. La prima. E si conferma, questo itigno, essere insieme al Fiano di Avellino al top nel nostro Paese. Ricco, opulento, ma anche fresco. Una goduria in riva al mare cilentano di Sapri.


Azienda Santa Barbara, Borgo Mazzini, 35. Tel 071.9674249. www.vinisantabarbara.it. 70 ettari, 650mila bottiglie.


A Cantina Astroni la Falanghina di Napoli si fa in tre - Garantito IGP

I Campi Flegrei sono un frullato di terra e mare che inizia a Napoli e arriva sino alla piana Aversana: cento vulcani, un territorio in continuo movimento nel quale sono comprese anche Ischia e Procida.
Qui la viticultura è eroica perché è assediata negli ultimi 40 anni da un cemento selvaggio e ottuso. Ecco perché i 25 ettari coltivati da Cantine Astroni attorno all’omologo cono del vulcano spento sono un atto di coraggio e di fede prima ancora che di passione. Ed è l’unico caso di grande città con più di un milione di abitanti che può vantare simili estensione di vigneti coltivato.
Gerardo Vernazzaro, erede di una tradizione secolare, ha studiato Enologia a Udine e adesso produce vini di carattere, sperimentando in continuazione, girando per il mondo e assaggiando tutto il possibile insieme alla moglie Emanuela Russo. Adesso in azienda c’è anche il cugino, Vincenzo Varchetta, anche lui enologo con esperienze maturate in giro per il mondo, tra cui l’Australia.


Il progetto Falanghina è ormai compiuto e noi ve lo vogliamo presentare perché conferma come sia poliedrico questo vitigno e quanto lavoro si può fare con questa uva.

Dalla stessa azienda Gerardo tira fuori tre etichette completamente diverse fra loro.
Lasciamo parlare proprio lui, così  facciamo prima e siamo più precisi.

COLLE IMPERATRICE 2014 FALANGHINA CAMPI FLEGREI DOC
Vigna Imperatrice si trova a nord del cratere Astroni, alla sommità di una collina di origine vulcanica posta nell’areale dei Camaldoli. E’ una vigna interamente vitata a Falanghina.
Età dei vigneti 16 anni Altitudini dei vigneti 150 – 200 metri s.l.m.
La vigna di falanghina, franca di piede,  è allevata a spalliera ed esposta a Sud.
Il suolo di origine vulcanica è sabbioso con modeste quantità di limo, esso è molto sciolto, composto da particelle finissime. Si fa sovescio autunnale con leguminose di diverse specie, interramento dello stesso in primavera con integrazione di ammendante organico. Inerbimento spontaneo primavera – estate con sfalcio meccanico.
Note tecniche: date di vendemmia 10 Ottobre. Diraspatura e pressatura soffice fino 0,6 atm, fermentazione intorno ai 16-18 gradi centigradi, sosta su lievito per 3 mesi. Maturazione/Affinamento Acciaio per 6 mesi e in bottiglia minimo per 2 mesi prima della commercializzazione.
Bottiglie prodotte 18.000 Prezzo di vendita Ho.re.ca. (Iva Esclusa) 5,70
Il bicchiere è fresco e ricco, la beva snella e appagante.

VIGNA ASTRONI 2013 –Cru di Falanghina campi Flegrei doc

La vigna Astroni è a ridosso del cratere omonimo, a confine con il muro di cinta borbonico settecentesco fatto realizzare da Carlo di Borbone a difesa della sua riserva di caccia personale, oggi riserva naturale gestita dal WWF. Il vigneto si estende per 2 ettari.
Età dei vigneti 17 ANNI Altitudini dei vigneti 180 – 216 metri s.l.m.
La vigna è interamente distribuita nel comune di Napoli ed è disposta sul versante est – sud est del cratere. E’ suddivisa su diversi terrazzamenti, sui quali sono presenti prevalentemente viti di Falanghina con una piccola presenza di viti di uve Piedirosso. La vigna di Falanghina, è franca di piede ed è disposta a spalliera con architettura di guyot bilaterale da conversione della palmetta originaria. I filari con sesti di 2 m x 1,5 m presentano una densità di 3300 piante/ettaro. I filari sono orientati tendenzialmente sulla direttrice nord-sud.
I suoli hanno origine vulcanica e forma piroclastica, certamente legata alle ultime eruzioni flegree comprese tra 5000 e 3500 anni fa, definita da una struttura litologica stratificata a reazione neutra o subacida, con importanti dotazioni in potassio, anidride fosforica e ossido di calcio, anche se ridotta di carbonati. Si fa sovescio autunnale con leguminose di diverse specie, interramento dello stesso in primavera con integrazione di ammendante organico. Inerbimento spontaneo primavera – estate con sfalcio meccanico. In regime conversione biologico
Note tecniche: vendemmia 16 ottobre. Le uve raccolte a mano (dalle terrazze da 180 a 200 m.s.l.m.) e consegnate in cantina in piccole cassette sono diraspate e leggermente schiacciate e lasciate in presse pneumatiche, dove le bucce e il succo macerano per un paio d’ore. Solo il mosto fiore è utilizzato e fermentato in acciaio. La prima parte della fermentazione è innescata per opera di lieviti indigeni, ma poi sono inoculati lieviti selezionati.
Maturazione/Affinamento: Dopo che la fermentazione alcolica è terminata, il vino è travasato e affinato sulle fecce fini per 8 mesi. Affinamento in bottiglia per sei mesi Bottiglie prodotte 2650 Prezzo di vendita Ho.re.ca. (Iva Esclusa) 8,50
la beva è molto equilibrate, con note floreali e di frutta pianca, al palato è ben sostenuta dalla freschezza. Sapida e amara.

STRIONE 2011 Campania igt

La vigna è la stessa della precedente.
Date di vendemmia: 25 ottobre. Le uve raccolte a mano e consegnate in cantina in piccole cassette sono diraspate e leggermente schiacciate e lasciate a fermentare/macerare in presenza delle bucce per metà della fermentazione alcolica (in media una settimana di contatto con le bucce). Il mosto vino separato dalle bucce continua la fermentazione per il 15% in legno di terzo e quarto anno e il restante in acciaio. Alla fine della fermentazione il tutto viene assemblato in acciaio dove affina per 24 mesi sulle fecce fini. Affinamento in bottiglia
Bottiglie prodotte 2000 Prezzo di vendita Ho.re.ca. (Iva Esclusa) 11,00
Un vino da attendere e da ascoltare. La macerazione non lo banalizza, ma lo esalta. Note di frutta matura e anche di idrocraburi.

Che dite? Vale la pena di andare a trovare Gerardo?



Eminenza Bianco Passito Colvendrà per il VINerdì di Garantito IGP


Ammetto: la Glera passita non me la sognavo nemmeno nei sogni. Invece te la trovi davanti, la scruti, l’annusi, l’assaggi e ti dai del coglione perché fino ad ora ti eri perso questo bendiddio. Un passito eccezionale dalle stesse uve del Prosecco: un vino che Colvendrà produce in poche (ma buonissime) bottiglie.


Colvendrà è in Via Liberazione, 39 (loc. Drio Col) 31020 Refrontolo (TV) Tel. +39 0438.894265 Fax +39 0438.894626 www.colvendra.it info@colvendra.it


Antica Osteria di Via Brandolini a Solighetto. Garantito IGP a tavola


Uno di quei locali che non può non piacerti: un misto tra un bel bistrot parigino e una piacevole e ordinata locanda italiana di qualche tempo fa. Inoltre i soffitti non certo alti, e gli arredi in legno scuro non danno assolutamente una sensazione claustrofobica ma mi ricordano qualche bel pub inglese di campagna, quelli dove (stranamente per l’Inghilterra) si mangia bene. Queste tre idee mi passarono velocemente in testa la prima volta che entrai, ma quasi immediatamente il mio occhio vene subito attratto dalla vera caratteristica del locale: un girarrosto che troneggia quasi al centro della sala principale e con il suo eccezionale aroma conferisce al locale la patente di “luogo godurioso” ancor prima di sedersi.

Antica Osteria di Via Brandolini, l'insegna
Antica Osteria di Via Brandolini, l’insegna

Dopo una prima volta ci sono tornato altre volte, cioè ogni giorno che mi trovavo a Solighetto per degustare Prosecco DOCG al consorzio. Qualche volta ci sono andato a pranzo e pure a cena.
Innamorato dello spiedo? In effetti ad una vista del genere non si può rimanere insensibili ma la proposta del locale non si ferma certo a quel profumatissimo camino di un metro per un metro, il cui calore si riesce a sopportare bene anche nelle caldissime giornate del luglio scorso.
Antica Osteria di Via Brandolini, lo spiedo
Antica Osteria di Via Brandolini, lo spiedo

Antica Osteria di Via Brandolini, l'arrosto
Antica Osteria di Via Brandolini, l’arrosto

Ma prima dei piatti le persone: Giovanni ha fatto il cameriere per una vita in un altro famoso locale della zona e poi ha pensato bene di mettersi in proprio, trasferendosi “in centro” a Solighetto e rilevando questa storica locanda assieme alla signora Carla, che da dietro le quinte controlla che tutto scorra alla perfezione. La cucina è magistralmente casalinga, veneta di base con alcune “scappatelle” e con una grandissima attenzione alle materie prime. Ho ancora in mente il sapore del pomodoro crudo su alcune piccole bruschette di pane e quello della caponata (che ti portano come antipasto)…e per adesso mi fermo qui.

Antica Osteria di Via Brandolini, l'interno
Antica Osteria di Via Brandolini, l’interno

Mi fermo qui perché vi ho parlato del dentro ma non del fuori. Davanti al locale c’è infatti un grande giardino con piante secolari dove d’estate si può mangiare all’aperto. Sia dentro che fuori l’apparecchiatura è più che corretta e il servizio è preciso, familiarmente amichevole ma senza eccessi e soprattutto è veloce al punto giusto: raramente aspetti un piatto per più di 5-10 minuti e questo in un locale dove si servono anche 100 persone in contemporanea, è un bel pregio.
Ma veniamo a noi, fermo restando il classico spiedo, composto da carni bianche e rosse, che gira almeno per 4 ore su braci perfette prima di essere servito e che si può trovare praticamente 365 giorni all’anno (in luglio non lo facevano a pranzo solo perché fuori c’erano 38 gradi..) si parte da degli antipasti che rispecchiano la stagionalità: delle bruschette e della caponata ho detto, mi sono scordato dei fiori fritti, dei fagiolini saltati con pancetta e cipolla, delle verdure grigliate. Questi, ripeto, sono solo i sostanziosi antipasti, che variano con il variar delle stagioni. Sempre in estate non perdetevi il raviolo con il sugo estivo. Tre grandi ravioli. Un grande raviolo ripieno di ricotta e spinaci con sopra un sughetto composto da verdure di stagione saltate in padella con un filo di pancetta e con una bella grattuggiata di ricotta salata. Un piatto saporitissimo ma di una freschezza incredibile. Se si volesse altro si potrebbe scegliere delle buone tagliatelle ai funghi o un semplice ma saporito spaghetto al pomodoro fresco. Tra i secondi, oltre al mai tanto osannato spiedo (croccante fuori, morbido dentro, saporito, cotto a puntino..vi basta??) del buonissimo coniglio in tecia accompagnato da polenta bianca.

Antica Osteria di Via Brandolini, ravioli
Antica Osteria di Via Brandolini, ravioli

Antica Osteria di Via Brandolini, tagliatelle ai funghi
Antica Osteria di Via Brandolini, tagliatelle ai funghi

Se poi volete concludere alla grande vi consiglio le crostate alla frutta che fanno bella mostra di sé sulla madia che divide in due la sala centrale o il buonissimo gelato alla vaniglia, che ti fa digerire e venire voglia di rincominciare da capo.

Antica Osteria di Via Brandolini, crostate alla frutta
Antica Osteria di Via Brandolini, crostate alla frutta

E si potrebbe anche rincominciare dall’antipasto, anche perché il prezzo finale difficilmente supererà i trenta euro, vini esclusi.
Eccoci ai vini..forse una maggiore selezione, anche solo di bianchi e rossi locali (ma qui tutti bevono prosecco a tutto pasto, anche con lo spiedo…) servirebbe per far quadrare il cerchio.

Antica Osteria di Via Brandolini
Via Brandolini, 35
Solighetto, Treviso
Tel. 0438.82590


Tauma 2014 – Pettinella per il VINerdì di Garantito IGP




E’ figlio dell’avvocato maceratese Giuliano Pettinella, che ha ereditato la passione per il rosato dallo zio Giovanni.
Due parcelle gemelle a Silvi Marina e Tocco di Casauria, mezzo ettaro, da qui il nome Tauma, in aramaico “gemello”, come le sue due figlie.


Solo 1800 bottiglie di un vino superbo, impreziosito da alcuni mesi in barrique strausate, che regala note di viola, ciliegia e melagrana, fiori secchi, toni salmastri e viva acidità che sostiene un corpo ricco e trascinante.

Azienda Agricola Pettinella è in Contrada San Silvestro, 16 – 64028 Teramo Tel. 338.8279506

Sinergie dei sensi: matrice anarchica, terroir pugliese. Garantito IGP


Il vino parla da solo, non sempre ovviamente, ma in questo caso sicuramente. Quando ho avuto modo di farmi una chiacchierata con Francesco Pezzarossa, fondatore di Anarchico del gusto, agenzia di comunicazione e marketing che ha scelto di operare ponendo un filtro etico nella scelta dei clienti e nell’offerta dei servizi, tenendo conto della particolare situazione di crisi, con l’intento di offrire uno spazio per affermarsi anche a piccole realtà, sono rimasto fortemente incuriosito dal giovanissimo progetto Sinergie dei Sensi, che come primo passo mette al centro artigiani del vino pugliesi.

Al momento sono coinvolti quattro produttori provenienti da differenti zone della regione: Antica Enotria, azienda biologica di Cerignola, nel cuore della Daunia, condotta da Raffaele Di Tuccio con il coinvolgimento del figlio Luigi e degli altri componenti della Famiglia; Agricole Pietraventosa, di Marianna Anni e Raffaele Leo, uniti nella vita e nel lavoro, situata a Gioia del Colle (BA), nella Murgia carsica; con la Vinicola Savesedella famiglia Pichierri ci spostiamo a Sava nel tarantino, qui dimorano i caratteristici “capasoni“, delle giare di terracotta che sin da tempi antichi vengono utilizzate per l’affinamento dei vini. Il loro “Capasonato” rimane per me uno dei vini più emozionanti che mi sia capitato di apprezzare, un esempio di Primitivo di altissimo livello, oggi indubbiamente atipico e praticamente irripetibile, nato dall’assemblaggio di diversi Capasoni di Primitivo di Sava del 1984 e del 1985, trent’anni di storia che nel calice riportano emozioni sorprendenti. Infine, con la quarta realtà pugliese coinvolta nel progetto Sinergie dei sensi, Vinicola Palamà, ci spostiamo nel Salento, nel comune di Cutrofiano in provincia di Lecce. L’azienda è nata nel 1936 dalla passione di Michele Arcangelo, che tutt’ora la segue con l’aiuto del figlio Ninì e del resto della famiglia.
Quattro aziende rappresentative di diversi territori, da cui nascono due vini prodotti in 2.000 esemplari che costano 12,80 euro, distribuiti nel canale Ho.Re.Ca.

Sinergiedeisensi Rosso – 14%: ottenuto da negroamaro (dalle vigne di Vinicola Palamà che ha anche imbottigliato il vino, è allevato a spalliera su terra rossa), primitivo (Pietraventosa, allevato ad alberello su terreno calcareo-sassoso) e nero di Troia (Antica Enotria, allevato a spalliera su terreno calcareo-argilloso); parte del vino è stata affinata in barrique e parte in botte grande per 12 mesi.
Mi ha fatto un’ottima impressione, per la notevole pulizia esecutiva e la grande freschezza che comunica già all’olfatto, fiori e frutti dentro un involucro speziato, la sensazione è armoniosa, si sentono l’amarena, la prugna, la ciliegia nera, la noce moscata, la cannella, il cardamomo e sfumature pepate.
Bocca altrettanto convincente, anche se qui il legno si fa ancora leggermente sentire nelle note dolci e vanigliate, non manca di freschezza, del resto si intuiva già al naso, il tannino è ben dosato, non ci sono quasi asperità e il sorso scorre bene, lasciando sensazioni ampie, sapide, morbide, godibili.

Sinergie dei Sensi Rosso
SinergiedeiSensi Rosso

Sinergiedeisensi Primitivo – 15%: ottenuto dalle uve provenienti dalle aziende Vinicola Savese, che lo ha anche imbottigliato, e Pietraventosa, parte del vino affinata in barrique per 12 mesi e parte in capasone per 8 mesi.
L’impatto olfattivo è deciso, si sente tutta la forza del primitivo, la diversa provenienza, sia come terreni che come altitudini sembra amplificarne la personalità, trama fruttata decisa e intensa, matura ma senza eccessi, affiora la liquirizia, l’amarena sotto spirito, il cacao, note balsamiche e delicatamente vegetali si accostano ad una speziatura importante anche se non dominante, che si chiude su cenni di caffè e goudron.

Sinergie dei Sensi Primitivo
SinergiedeiSensi Primitivo

Al gusto è potente, l’alcolicità non può nascondersi, ma la vena acida ne trattiene l’esuberanza restituendo un corpo dinamico ma equilibrato, con un tannino di giusta consistenza per la struttura del vino.
Fra i due trovo più godibile il primo, che ha dalla sua una maggiore scioltezza e una bevibilità notevole.


Domaine Ragot - Givry Vielles Vignes 2013 per il VINirdì di Garantito IGP


Un pinot nero freschissimo e diretto che mi sta accompagnando in questa estate rovente. Domaine Ragot, che si estende per circa 9 ettari a Givry (Côte Chalonnaise), ha una gamma di vini davvero interessante e dal rapporto q/p eccezionale. Chi l’ha detto che la Borgogna è costosa?


La cattiva comunicazione del vino al tempo dei blog

Se, col 95% dei vignaioli, tocchi l'argomento della comunicazione, la risposta più o meno sarà sempre la stessa: "Tra vigneto, cantina e scartoffie burocratiche non abbiamo mai tempo di stare sui social per raccontare il nostro vino".

Se in questo contesto si escludono aziende strutturate come ad esempio Santa Margherita o Zonin, che hanno una loro direzione marketing, la soluzione ai problemi di questi "poco social" vignaioli, che comunque capiscono l'importanza di essere in Rete, è sempre più spesso delegata alle c.d. web agency la cui scelta mi viene soventemente motivata con le seguenti parole: "Non avendo possibilità di stare su internet lascio fare a loro. Chi me l'ha consigliato? Beh, so che anche Tizio e Caio hanno fatto così…...."

Il principio di causa ed effetto, in questo caso, è lampante e prende forma nella immensa e variabile quantità di comunicati stampa che ogni giorno i comunicatori del vino 2.0, IGP soprattutto, ricevono all'interno della casella di posta elettronica.

A parte la quantità di missive del tutto inutili per contenuto informativo, ultimamente mi è capitato di imbattermi in una serie di mail la cui lettura dovrebbe avermi provocato le seguenti espressioni:

Foto: www.filmtekercs.hu
Foto: Giornalettismo.com

No, non sto esagerando, leggere certi comunicati, come ad esempio l'ultimo che mi è arrivato pochi giorni fa, genera proprio questo tipo di reazioni e non potrebbe essere diverso se, aprendo la mail, ti ritrovi il seguente messaggio:
Siamo degli entusiasti produttori friulani della zona DOC Isonzo, desiderosi di far conoscere un pò di più la ns regione e la ns DOC. Non molti sanno, di fatto, che la DOC Isonzo, per mineralità  e struttura dei vini, è denominata la "piccola Borgogna" .
Foto: www.tenutacasate.it

Dopo aver (invano) riletto la mail per almeno tre volte sperando di aver capito male o, comunque, di aver interpretato male lo scopo della comunicazione, la successiva domanda che mi sono posto è stata la seguente: PERCHE'?

Perchè, cara azienda vinicola, scegli una agenzia di comunicazione la cui conoscenza del vino è paragonabile alla mia cultura in tema di isotopi del carbonio?

Perchè scomodare la Borgogna, trattata in questo caso in senso generale, se poi mi presenti vini a base sauvignon blanc e friulano?

Ma, soprattutto, perchè caro mio amico vignaiolo non rileggi ciò che viene scritto su di te prima che tutta la Rete non ti spernacchi come è successo in questo caso?

Soldi buttati che, invece di portare benefici, recano solo danni di immagine all’azienda visto che i destinatari non sono, con tutto il rispetto, le casalinghe di Voghera ma seri professionisti ed appassionati di vino. 

Se queste persone, dopo anni di esperienza non sanno che la DOC Isonzo è conosciuta come la Piccola Borgogna un motivo ci sarà. O no?

Cari amici vignaioli, mentre vi faccio riflettere su questi pochi concetti, vado a domandare al signor Leflaive i motivi per cui Montrachet dovrebbe essere denominata la piccola Isonzo.....


Il Village Winery Club di New York è vera gloria??

Ieri, leggendo le news di Repubblica.it, sono incappato in questa notizia:


Village Winery Club, così si chiama la prima cantina realizzata in un appartamento di 50 metri quadrati nella zona di “Alphabet City“ nel cuore dell'East Village di Manhattan a New York. L'idea di questo progetto originale è venuta a Matthew Baldassano, un italoamericano con una grande passione per il vino, ma da un altro punto di vista, quello dei Winemakers. Ma quello che è iniziato come un semplice hobby per mantenere in vita la tradizione del nonno siciliano, si è rapidamente trasformato in un fenomeno di cui ha parlato anche il New York Times. 
Diventando membro dell'esclusivo club infatti si può, oltre ad assaggiare il vino la cui produzione ammonta a circa 750 litri l'anno, anche assistere a tutto il processo della vinificazione, delle vere e proprie feste secondo l'approccio imposto dal suo fondatore.

Poteva sembrava una notizia molto "cool" ma vedendo le foto mi è venuta un po' di tristezza. Non so quanto si paghi per diventare membro di questo "esclusivo" club ma entrare nella cantina di mio nonno è ancora gratis e, probabilmente, più divertente.....

FOTO©Village Winery Club/IBERPRESS
FOTO©Village Winery Club/IBERPRESS
FOTO©Village Winery Club/IBERPRESS
FOTO©Village Winery Club/IBERPRESS
FOTO©Village Winery Club/IBERPRESS
FOTO©Village Winery Club/IBERPRESS

FOTO©Village Winery Club/IBERPRESS
Fonte: Repubblica.it