Fosso di Corsano 2014 ovvero il Colli di Luni DOC Vermentino Superiore di Terenzuola

Il magico mondo di Terenzuola si compone di circa 15 ha di vigneti che, tra i 50 e i 450 metri s.l.m., si snodano tra i comuni di Fosdinovo, Castelnuovo Magra e Sarzana.
Già dai tempi dei Romani il territorio era votato alla coltivazione della vite: rossa a valle, dove predominano i terreni di carattere limoso e argilloso, e bianca in collina dove invece prevalgono le sabbie arenarie.


In questo ambiente già di per sé poliedrico, filosofia aziendale è il pensare che l'uomo in natura debba essere un arbitro, sicuramente un moderatore che lascia un grappoli in più o in meno in base all'andamento stagionale, che coltiva o inerbisce in base alla piovosità, pone in essere sovesci o lavorazioni in base alla vigoria della pianta, usa rame e zolfo in base all'umidità e adatta l'altezza del filare al naturale estendersi dei tralci.


Per favorire questo ambiente, Ivan Giuliani realizza o recupera impianti fitti, come si praticavano una volta, con 8500 ceppi per ettaro e filari larghi solo 1,70 Mt. Le piante tra di loro distano 70 cm, un archetto semplicissimo a 6-8 gemme che sviluppano tralci che portano un solo grappolo. I sei, sette frutti sommano da un kg a un kilo e mezzo d'uva per ceppo, in base alle varietà coltivate che, senza bisogno di diradamenti, hanno unequilibrio e un'armonia naturali che permettono di racchiudere tutti i caratteri del territorio.

Ivan Giuliani - Foto: Wytaly

Le vendemmie, manuali e realizzate con più passaggi per singola parcella, sono pressoché tardive al fine raccogliere un'uva dal perfetto equilibrio tra zuccheri, acidità e polifenoli e non intervenire, perciò, in cantina che, proprio per tale motivo, è divisa in quattro livelli. Il primo è stato progettato per il ricevimento delle uve senza coclee ma solo con l'uso della diraspatrice, il secondo per il ricevimento dei chicchi in pressa o in vasca senza uso di pompe mentre il terzo e il quarto livello, sfruttando sempre il principio di gravità, sono stati studiati per passare il vino in legno e per l'imbottigliamento.


Giuliani, che gestisce anche una azienda nelle Cinque Terre, in territorio lunigiano coltiva vermentino, canaiolo, colorino e vermentino nero.

Da appassionato di vini bianchi, grazie all'amico Riccardo Gabriele di Pr Vino, ho potuto degustare qualche tempo fa il Fosso di Corsano 2014, un vermentino in purezza affinato sui lieviti per sei mesi e prodotto in circa 28.000 unità.


L'aspetto che più colpisce del Fosso di Corsano è sicuramente la sua fulgida espressione territoriale visto che il vino profuma di mare e iodio, di macchia mediterranea e frutta gialla estiva. Berlo è come mettersi un chicco di sale in bocca il cui gusto ti lascia solo dopo minuti che sembrano non terminare mai.

Che bello questo piccolo grande souvenir dei Colli di Luni targato Terenzuola. Io ve lo consiglio spassionatamente.

Osar Oseleta 2007 di Masi Agricola - Il VINerdì di Garantito IGP

Di Luciano Pignataro

Il mare d’inverno è bello, meglio quando fai un aperitivo a fine dicembre mentre la città ingoia il suo traffico. Un amico porta un rosso veneto del 2007. Ma come, su calamari grigliati, rombo e patate e polpo alla Santa Lucia. 


Certo, come no: fresco, freschissimo, i tannini morbidi e piacevoli, sapido, lungo e preciso nel finale. La bottiglia finisce in due che è una bellezza. C’è anche un bianco? No, non ci serve più.

Diomede 2003 Aglianico del Taburno Ocone - Garantito igp

Di Luciano Pignataro

Diomede di Ocone nasce negli anni ’90 ma conserva la linea tradizionale, mai spinta o concentrata, che ha sempre caratterizzato questa storica azienda nata ormai quasi cento anni fa.
Anno dopo anno è diventata uno dei punti di riferimento dell’Aglianico del Taburno, l’areale che circonda il comune di Benevento e che prende il nome dal massiccio separato dalla valle caudine dal Terminio Irpinio.

Vista da lontano, insomma, si farebbe fatica a tenere separati  i due territori, anche perché entrambi sono accomunati dalla attività del Vesuvio. Quello che cambia è il microclima: l’Irpinia del Taurasi una sorta di conca che parte dai 300 metri per arrivare anche ai 600, il clima è più umido e freddo. Il Taburno ha le stesse escursioni termiche  ma i valori medi della temperatura sono più alti.


Il risultato si vede nel vino, l’Aglianico conserva sicuramente tanta acidità, ma in genere è pronto prima ed ha un carico fruttato più netto e caratterizzante.
Si tratta ovviamente di generalizzazioni perché come sappiano è poi lo stile della vinificazione a determinare il risultato finale.
Nel caso dell’azienda di Ponte, siamo a dodici chilometri da Benevento, la fermentazione viene fatta in tini di legno, si passa poi alle vasche di acciaio e infine un anno e mezzo in barrique. Il risultato è un vino elegante, non concentrato, nel quale i sentori di frutta sono molto ben assemblati a lievi accenni balsamici e di tostatura.

Proprio di recente abbiamo provato la 2003, annata come ricorderete calda, torrida, tropicale, ma che per l’aglianico ben lavorato si sta rivelando una sorpresa anno dopo anno. Anche in questo caso la materia non ha cenni di stanchezza, il vino, non filtrato, si presenta complessivamente integro anche se al fondo lascia qualche residuo.
Al palato è fresco, tonico, con i tannini ficcanti ma non secchi, il finale è lungo e preciso. Un grande rosso, insomma, che abbiamo goduto sulla cucina di Vitantonio Lombardo alla Locanda Severino di Caggiano.

L’Aglianico del Taburno fatica a farsi strada mediatica, stretto fra il Taurasi e quello del vicino Vulture, ma noi siamo convinti che se i produttori ci crederanno senza cercare inutili scorciatoie, i risultati saranno più che soddisfacenti.

La sede è a Ponte, via Monte 56, località La Madonnella www.oconevini.it Bottiglie prodotte: 250.000 Ettari: 36. Enologo: Carmelo Ferrara. Vitigni: falanghina, coda di volpe, greco, fiano, aglianico, piedirosso


Silenzio 2013 di Coste Ghirlanda

Chi mi conosce sa che non amo molti i vini da vitigni aromatici ma, come al solito, esistono le eccezioni che confermano la mia regola. 

In questo caso la mia "anomalia" proviene dalla splendida Sicilia e, in particolare, dall'isola di Pantelleria, terra dal forte contrasto di colori dove il vento regna sovrano costringendo la natura a svilupparsi al riparo di terrazzamenti di pietra.


In questo aspro territorio, nel 2005, Giulia Pazienza Gelmetti ha dato il via all'avventura di Coste Ghirlanda che fin da subito si è posta l'obiettivo di creare prodotti di grande qualità prestando, al tempo stesso, estrema attenzione al rispetto del paesaggio originario, conservando i sistemi di coltivazione tradizionali e lavorando rigorosamente a mano come i contadini di una volta, con forte passione ed amore per questi terreni unici al mondo.


Oggi, l'azienda si estende per circa 11 ettari di vigneto che viene coltivato in due distinte tenute che presentano terroir molto diversi tra loro: la tenuta principale di Piana di Ghirlanda ha unicamente uve zibibbo allevate ad alberello rasoterra, mentre quella di Montagnole, che si affaccia direttamente sul mare, accoglie tutta la coltivazione di grenache (le viti sono ancora troppo giovani per produrre vino) e in parte quella di zibibbo anch'esso adagiato in piccole conche per trattenere l’umidità notturna e ripararsi dal vento e dai raggi del sole.


Attualmente Coste Ghirlanda produce tre vini da uve zibibbo: Jardinu e Silenzio, due vini bianchi secchi ed un Passito di Pantelleria Doc chiamato Alcova

Grazie da Riccardo Gabriele che me lo ha fatto provare, la mia piacevole eccezione si chiama Silenzio 2013, prima annata di un vino che rappresenta l'eccellenza produttiva dell'azienda grazie alla presenza di uve accuratamente selezionate provenienti dai vigneti di Tenute di Ghirlanda e Montagnole.


Come scritto in precedenza ero molto scettico su questo zibibbo in purezza ed invece, esplorando i suoi colori e il suo gusto, non ho potuto che ricredermi visto che era tutt'altro che scontato.

Il Silenzio è un vino che sa di fatica e sole, di sale e vento e, soprattutto, è pura espressione di un Mediterraneo che ti pervade il bicchiere senza le solite "piacionerie" che spesso ritrovo in altre etichette del medesimo territorio. Nella grande bevibilità, poi, trova la sua sublimazione. Con la Stefy la bottiglia è volata via durante la cena.

Per i tanti "tecnici" che leggono il blog posso dire che le uve vengono macerate a freddo con le bucce per dodici ore. Viene eseguita una pressatura soffice seguita dalla naturale decantazione a freddo. La fermentazione avviene in acciaio inox a temperatura controllata. L'affinamento sui lieviti è eseguito in recipienti di acciaio per otto mesi. Gradazione alcolica: 13% vol.

Sono curioso, a questo punto, di provare il resto della gamma. A breve, pertanto, ci saranno novità pantesche!!

Montenidoli Vernaccia di San Gimignano Tradizionale 2009 - Il VINerdì di Garantito IGP

Di Carlo Macchi

Quale vino per celebrare Gambelli? Di certo un rosso! E invece..


Elisabetta Fagiuoli lo chiamava Il Maestro e ogni tanto Giulio le assaggiava i vini, ma le sue vernacce non avevano e non hanno bisogno di Gambelli per essere gambelliane.

Dategli tempo, come a questa 2009.

Giulio avrebbe detto “Lo compro tutto!”



A San Gimignano la quarta edizione del premio nazionale Giulio Gambelli - Garantito IGP

Di Carlo Macchi

Quattro anni fa, precisamente il 3 gennaio 2012, Giulio Gambelli ci lasciava.
La sua vita era stata tutta al servizio dei grandi vini toscani e del vitigno che da sempre li crea, il Sangiovese. Il suo genio, affinato in oltre 70 vendemmie, aveva creato vini che il mondo ci invidia tutt’ora e soprattutto aveva dato vita ad uno stile, “lo stile Gambelli”, che tradotto in pratica voleva e vuole dire assoluto rispetto della materia prima, dare al vino i tempi di cui ha bisogno, non utilizzare o fare forzature di nessun tipo.
Questo stile, in tempi di enologia imperante, vuole anche dire rispetto della natura, delle sue fasi, per arrivare a creare vini nella maniera più semplice e lineare possibile.

Giulio Gambelli
Questo stile, questa idea di vino non poteva e non doveva disperdersi e sono felice che, con i miei amici IGP e con ASET (Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana – www.asettoscana.it) pensammo subito di creare e portare avanti il Premio Giulio Gambelli per il giovane enologo (under 35) che più si è ispirato al modo di fare vino del Grande Giulio.

Il premio ha avuto fin da subito l’aiuto dei principali consorzi di tutela toscani (Chianti Classico, Nobile di Montepulciano, Brunello di Montalcino, Vernaccia di San Gimignano) e delle aziende dove Giulio ha operato per moltissimi anni (Fattoria di Rodano, Il Colle, Montevertine, Poggio di Sotto, San Donatino, Tenuta di Bibbiano e Tenuta Ormanni), ma soprattutto è stato recepito dai giovani enologi come un momento fondamentale della loro crescita.
Oramai siamo arrivati alla quarta edizione, e quest’anno è il Consorzio della Denominazione san Gimignano che ha preso il testimone di organizzatore dal Consorzio del Brunello di Montalcino, organizzatore del premio nel 2015.


Così domenica prossima 17 gennaio a San Gimignano, nella sede del Consorzio, una giuria composta da dieci tra colleghi IGP e da giornalisti soci ASET deciderà, durante una degustazione rigorosamente bendata, chi sarà il giovane enologo under 35 che quest’anno riceverà la targa commemorativa e i 1500 € di premio.
Il premio lo riceverà durante le anteprime toscane, in particolare in una cerimonia apposita che si svolgerà martedì 16 febbraio, naturalmente a San Gimignano.

A questo proposito vorrei ricordare i nomi dei tre precedenti vincitori:
Premio Gambelli 2013 – Fabrizio Torchio
Premio Gambelli 2014 – Gianluca Colombo
Premio Gambelli 2015 – Francesco Versio

Come vedete tutti piemontesi, a dimostrazione che nel premio Gambelli non conta saper lavorare il sangiovese ma saper rendere in maniera rispettosa qualsiasi vitigno, dal Nebbiolo al Nero d’Avola.
La cosa più bella però di questi tre vincitori è che in qualche modo “erano” già gambelliani senza saperlo. Tutti e tre non certo sotto le luci della ribalta enoica, quasi sempre timidi, riservati, quasi impauriti dalla responsabilità che il premio gli dava.


Durante le premiazioni mi sembrava quasi di veder aleggiare il pacato sorriso di Giulio, a dimostrazione che la scelta fatta era quella giusta.
E noi siamo convinti che anche quest’anno, a San Gimignano, uscirà dalla degustazione il nome di un giovane enologo in perfetta linea con il modo di fare vino di Giulio. Del resto l’undicesimo membro di commissione, il mio amico Giulio, controllerà dall’alto che tutto vada nella maniera migliore.

Per saperne il nome non dovrete fare altro che…..aspettare il 16 febbraio quando, all’ombra delle meravigliose torri medievali di San Gimignano premieremo, per la quarta volta, chi porta avanti nella maniera migliore possibile il dettato di Giulio Gambelli.

Appunti di degustazione. Verticale storica di 7 annate di Taurasi Docg di Michele Perillo sul Gambero Rosso Web

Quando inizi ad appassionarti del mondo dell'enogastronomia, così come me, e cresci col mito del (Forum) Gambero Rosso, scrivere sull'edizione web della rivista è quasi un sogno.



Questo è l'inizio del mio articolo:

Se in Italia c’è un vignaiolo che non ama la luce dei riflettori questo ha un nome ed un cognome: Michele Perillo. La sua storia, ufficialmente, inizia nel 1999 quando, aiutato da Carmine Valentino - ancora oggi il suo enologo - imbottiglia la prima annata di Taurasi. Prima di quella data Michele Perillo, un passato da dipendente della Ferrero, si era fatto il vino per sé e per gli amici conferendo il resto dell’uva ad altre aziende irpine. E per molto tempo rimaneva disorientato quando qualcuno si spingeva fino a Castelfranci, sud-est dell’areale del Taurasi Docg, per visitare le sue vigne e la sua piccola cantina.

Se volete scoprire il resto cliccate su questo link!

Langhe Nebbiolo Nòtu 2012 Fabio Gea - Il VINerdì di Garantito IGP

Di Roberto Giuliani

Nòtu forse come nebbiolo e Pòtu, il soprannome del nonno, non importa...

Fabio Gea ci regala un rosso che canta del nebbiolo tutta la bellezza, l'energia, il calore, Langhe solo per comodità ma con la ricchezza di un Barbaresco di Neive.

Imperdibile, infinito, magnifico, inimitabile, e ciò vi basti.


Ristorante Il Pascoli: quando la materia prima fa la differenza - Garantito IGP

Di Roberto Giuliani


Non è certo una scoperta, Mimo Caio Pascoli e Angela Morani sono ormai un'istituzione nell'hinterland milanese, sebbene nella mentalità di molti meneghini Cusago sia considerato un comune "fuori le mura", sufficientemente lontano per non ritenere Il Pascoli una meta appetitosa e facilmente raggiungibile.
Fra l'altro c'è da dire che, una volta entrati nel locale, si ha la sensazione netta di trovarsi in un altro mondo, circondati da un giardino curato e in assoluto silenzio, totalmente in antitesi con i rumori e il paesaggio del capoluogo lombardo, una vera oasi di pace.

Mimo e Angela vanno avanti con grande energia e una passione mai sopita, trasmessagli da Tiberio, papà di Mimo, che negli anni '70 avviò l'attività. Certo Mimo ha seguito un percorso tutto suo, per lui la materia prima è fondamentale, tanto che se l'è sempre andata a cercare, personalmente, facendo spesso centinaia e centinaia di chilometri per trovare burro, formaggio, carni di grandissimo pregio e portarseli in bottega, niente spedizioni, le persone le deve conoscere, sapere come lavorano.


Angela dal canto suo è fondamentale compagna di vita e di lavoro, sommelier AIS di grande esperienza che, oltre ad essere responsabile di sala, gestisce la cantina con lo stesso, meticoloso, impegno del marito, tenendo ben presente i piatti che vengono preparati in cucina.
La scelta dei vini passa sempre e comunque per la sua sensibilità, non c'è spazio per l'ovvio, i vini sono espressione di una ricerca basata sull'esperienza diretta e sulla sensibilità personale.


A quasi sette anni di distanza, esattamente quelli che mancavo da Milano, sono tornato al Pascoli mosso da un desiderio forte di riprovare l'emozione nei piatti preparati da Mimo, ma anche con la curiosità di vedere se qualcosa era cambiato, qual era il punto della situazione.

L'accoglienza di Angela è proverbiale, sa sempre come farti sentire a tuo agio, il mestiere è accompagnato da una naturale disposizione verso gli altri, senza mai strafare o appesantire l'incontro, il garbo con cui svolge il suo lavoro andrebbe preso come insegnamento per tutti coloro che vogliono far parte del mondo della ristorazione e dell'alberghiero.
Mimo, dal canto suo, è persona riservata e al contempo vera, senza atteggiamenti da chef di grido, si vede che è mosso da vero amore per il suo lavoro.


Man mano che ho assaggiato le diverse portate (comprese quelle ordinate da mia moglie e dai miei amici), mi sono reso conto che c'è stata una crescita, chiaramente percepibile, non tanto nell'elaborazione dei piatti, che per quanto riguarda la filosofia di Mimo è quasi minimalista, quanto nella capacità di accostamento dei diversi ingredienti e nell'equilibrio ottenuto fra di essi.

Ho apprezzato il suo foie gras, uno dei migliori che abbia mai assaporato, straordinariamente misurato, giusto, perfetto, tanto che l'ho digerito senza alcuna difficoltà. Il pan brioches con la marmellata di pompelmo rosa e zenzero lo accompagnavano magnificamente rendendo il piatto gustoso quanto raffinato.


Per quanto riguarda i vini abbiamo iniziato con il sempre valido Champagne Arpège Premier Cru di Pascal Doquet, un classico chardonnay della Côte des Blancs proposto da Angela e approvato senza esitazione da tutti i presenti. Una sicurezza, ottimo per gli antipasti ma anche per piatti a base di pesce


Il "Salmone Red King pescato ad amo, gelatina di lamponi, pan speziato con tometta di capra ed erbe essiccate" è un perfetto esempio dello stile di Mimo, dove la materia prima si fa protagonista, lavorata quel tanto che basta per presentare un piatto armonioso e gustoso.



Restando nell'ambito degli antipasti, mi è piaciuta molto la "Crostatina di pasta etoile con carciofo spinoso, fondente di stracchino e crema di olive", qui l'effetto avvolgente è dato dallo stracchino che sembra nato per affiancare il carciofo, la crema di olive e la friabile pasta etoile bilanciano perfettamente il piatto.


Ultimo antipasto fra quelli scelti la "Vitella ottocoste in leggera panatura di caffè, cavolo cappuccio e uva caramellata", piatto a mio avviso riuscito sotto tutti i punti di vista, la panatura di caffè si percepisce quel tanto che serve per dargli la giusta carica espressiva, l'accostamento con l'uva caramellata è superbo.


Nel frattempo Angela ci ha servito un godibilissimo Vin de Paille Côtes du Jura 2008 del Domaine des Marnes Blanches. Ad avercene un scorta...


Se c'è una materia prima che mette a dura prova le capacità del cuoco è il riso, la cottura al dente è obbligata se non si vuole che si trasformi in tempi brevi in una poltiglia informe e immangiabile. La scelta della varietà di riso è fondamentale, anche tenendo conto del tipo di condimento che si intende utilizzare; ho trovato molto convincente il "Gran Riserva Carnaroli con rognoncino di vitello, cedro candito e polvere di limoncella": il cedro stempera molto bene, ma forse meriterebbe qualche fettina in più. Cottura comunque perfetta e risultato di grande equilibrio e saporito.


Davvero gustosi i "Ravioli di farina integrale ripieni di zucca con crema di cavolo, polvere di amaretto e scaglie di pecorino di Gavoi": questa varietà di pecorino del nuorese è splendida e ben si accosta al ripieno dei ravioli integrali, la polvere di amaretto contribuisce a rendere il sapore originale e per nulla stucchevole.


Intanto assaggiamo un altro vino, il "C2012 di Francesco Guccione, un catarratto macerato sulle bucce che, rispetto al passato, sembra avere raggiunto una misura notevole e una complessità invidiabile.


Chi è alla ricerca di un piatto di pesce leggero e digeribile, può contare sul "Trancio di branzino ai profumi mediterranei".


Purtroppo eravamo solo quattro adulti e due bambini, nessuno di noi si è sentito di prendere più di due portate oltre al dolce, del resto è bello alzarsi da tavola senza sentirsi stracolmi. Al dolce però non si rinuncia, ed ecco qua il "Winter love", ovvero "Mousse di cioccolato bianco, biscotto croccante con granella di marron glacé, melograno e pere caramellate", evidente dolce invernale dall'aspetto forse migliorabile ma dalla sostanza davvero superlativa, con una dolcezza ben controllata e un biscotto croccante da urlo.



In chiusura voglio consigliarvi un altro dolce da provare assolutamente: "Il nostro Savoiardo, caffè e crema al mascarpone", vagamente accostabile al tiramisù ma dall'impatto più sobrio, sebbene ad ogni cucchiaino si elevavano commenti di grande approvazione.


Siamo usciti dal locale tutti davvero soddisfatti, con la voglia di tornarci perché pranzare da Mimo è stato un piacere, non solo per la qualità dei piatti e del servizio, ma per l'atmosfera davvero rasserenante, nonostante la giornata fosse orientata al maltempo...

Ristorante Il Pascoli
Via Fratelli Cervi, 5 20090 Cusago (MI)
Giorni di chiusura: domenica sera e lunedì
E' gradita la prenotazione
Tel. 02-9019395
Sito: www.ilpascoli.com



Villa di Capezzana e il suo Carmignano DOC 1974 - VINerdì di Garantito IGP

Vino di grande espressività dove al naso si rincorrono note di torrefazione, orzo e radici che precedono un sorso di pura finezza grazie ad un tannino perfettamente fuso. Una beva scorrevole e quasi spirituale. Se passate in Toscana dalle parti di Carmignano fate una visita all’azienda che ha anche bottiglie del 1925. Esperienza consigliata!



www.capezzana.it


Tutta l'Essenza di Simone Nardoni - Garantito IGP

Non sono un critico gastronomico, probabilmente questo sarà il mio primo e unico articolo su uno chef e il suo ristorante ma, essendo un giovanissimo IGP, non potevo non esimermi dal consigliare tutti i lettori di prendere il prima possibile la macchina in direzione Pontina.....

E dove sta questo posto? Ma fino laggiù devo arrivare per mangiare bene?

Queste, probabilmente, sono alcune delle tante domande a cui deve rispondere lo chef Simone Nardoni, 27 anni compiuti, che da qualche anno, dopo essersi fatto le ossa tra i fornelli di importanti ristoranti in Italia e Spagna, ha deciso di prendere finalmente il toro per le corna e perseguire finalmente il sogno di avere un locale tutto suo con l'obiettivo di dimostrare al pubblico le sue capacità. 

A Simone, probabilmente, piacciono le grandi sfide perchè, come scrivevo prima, ha scelto di aprire il suo ristorante, che ha chiamato ESSENZA, a Pontinia, piccolo centro semi sconosciuto in provincia di Latina (100 km da Roma) dove il nulla cosmico, in tema enogastronomico, regna sovrano grazie anche ai tanti ristorantini della zona che propongono da sempre pesce surgelato e ricette anni '80 e che vanno avanti grazie ai pochi turisti che si spostano nell'entroterra pontino durante le loro vacanze estive al Circeo.

Sapete come è stato visto inizialmente Simone dalle persone che vivono (e mangiano) in quel territorio? Come un alieno, una sorta di E.T, col cappello da cuoco che cerca di proporre nel deserto la sua alta cucina. 

Esterno. Foto: Pasquale Pace

Fortunatamente, grazie soprattutto al passaparola, Essenza sta attirando appassionati del buon mangiare da tutto il Lazio che, come me, non sono per nulla impauriti di lasciarsi alle spalle il traffico dell'hinterland romano per buttarsi a capofitto nella tranquillità dell'agro pontino.

Io, con la mia Stefy, ci siamo andati durante il mio compleanno e, appena entrati, siamo stati accolti dalla bravissima Carmen che, con gentilezza e professionalità, ci ha fatto sentire subito a casa nostra offrendoci un calice di Champagne, che non farà parte del conto, assieme a dell'ottimo pane fatto in casa accompagnato da olio locale.

Mise en place. Foto: Pasquale Pace

Sono previsti due menù degustazione: il primo prevede 5 portate a 35 euro mentre il secondo, che abbiamo scelto, si compone di 8 portate al prezzo di 50 euro. Meglio di così!

La carta dei vini è un piccolo paradiso per noi wine lover visto che contiene tante piccole chicche, italiane ed estere, a prezzi più che onesti. Da sottolineare anche una piccola verticale di Trebbiano Valentini che aspetta solo di essere bevuta....

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Prima della partenza del pranzo vero e proprio dalla cucina arriva questo delizioso amuse-bouche

Torrone e alici del Cantabrico

Poi, in un susseguirsi di emozioni vere e proprie, inizia il pranzo vero e proprio. Spero che le foto rendano giustizia ai piatti di Simone.

Pane, tonno rosso e pomodoro

Polpo e patate
Risotto mantecato con yogurt, robiola,fondo d arrosto,polvere di porcini e caffè
Cannolo ripieno di baccalà mantecato, radicchio e rapa rossa
Sgombro con cavolfiore, 'Nduja e gel di mandarino
Seppia nera e topinambur
maialino in crosta di semi, pere, carota panata e fondo di arrosto
Predessert: mela,finocchio e ananas,gelato alla vaniglia,granita di limone e spuma di zafferano
Terrina di cioccolato con gelato alla nocciola

La piccola pasticceria finale

Come detto in precedenza non sono un critico per cui evito di entrare negli aspetti tecnici dei piatti ma una cosa, da godurioso, posso dirvi: i piatti di Simone Nardoni oltre che essere belli da vedere hanno il pregio di essere "progettati" per essere estremamente equilibrati al palato in quanto morbidezze e durezze del cibo sono perfettamente cesellate da una mano che, dopo anni di esperienza, ha cominciato a trovare la saggezza dell'armonia gustativa.

Simone Nardoni
Ovvio, la strada per il successo è ancora lunga ma Simone e il suo staff sono sulla retta via. Andatelo a trovare e non ve ne pentirete. Parola di giovane IGP!

Essenza

Via Giacomo Leopardi, 8

Tel. 0773.848935

Aperto a pranzo e a cena (in estate solo a cena)

Chiuso: domenica sera e mercoledi (in estate solo mercoledi)