Il Rosato 2014 di Podere San Lorenzo

Ho sempre pensato che i produttori dei vini rosati si dividessero in due categorie ovvero quelli che li producono perchè ci credono fortemente e quelli che, ahimè, li generano perchè il loro "commerciale" gli dice di farlo.
Questa mia convinzione, che è anche quella di altri miei amici, ultimamente è stata avvalorata dagli amici di Slowine che hanno scritto un articolo proprio un articolo dal titolo "O fate dei Rosé fatti bene oppure è meglio che lasciate stare!" dove viene scritto esattamente questo:"Purtroppo esiste anche un’altra categoria di Rosé, che faccio fatica a definire con precisione: sono quelli che non sono né “da prima” né “da dopo”. Sono quelli senza identità, senza un’idea precisa del perché sono stati fatti (oltre al generico “perché adesso si vendono …”), che nessuno sa dove collocare".


Tutta questa premessa per dire che ogni volta che un produttore mi fa degustare un nuovo rosato questo viene inquadrato e valutato tenendo in considerazione la restante gamma di vini dell'azienda. Non è chiaro il concetto? Spiego meglio. Se, come capita spesso, il rosato si colloca all'interno di un assortimento aziendale molto esteso di vini, diciamo una decina, tenderò sempre a non aspettarmi moltissimo da questi vini che, per esperienza e non pregiudizio, rientrano spessissimo nella categoria dei "senza identità".

E' per tutto ciò che ho esplicitato in precedenza che ho appreso con grande curiosità la nascita del primo rosato di Luciano Ciolfi (Podere San Lorenzo), piccolo produttore di Montalcino che da anni, ormai, è diventato un punto di riferimento per noi appassionati di Brunello, ma anche Rosso, di qualità. 


La prima cosa che gli ho detto, quando l'ho visto a Sorsi di Vino pochi giorni fa è stata:"Luciano, pignolo come sei, sto rosato o l'hai fatto come il tuo Brunello di Montalcino oppure, se è una ciofeca, il mondo sta cambiando realmente!!"

Mentre ridiamo assieme mi faccio spiegare il vino che, nella sua prima annata, è stato prodotto in sole 500 bottiglie che, a detta dello stesso produttore, sono state concepite più per gli amici e l'autoconsumo che per il commercio vero e proprio.

Il Rosato 2014, si chiama semplicemente così, è stato ottenuto mediante salasso ed è stato fermentato in barrique usate dove è rimasto fino allo scorso mese per poi essere successivamente stabilizzato in acciaio prima di essere imbottigliato senza aver subito malolattica.


Il risultato? Un godibilissimo rosso travestito da rosato o, meglio, un rosato travestito da rosso dove il terroir unico di Montalcino, ovviamente, ha messo lo zampino in termini di complessità e, soprattutto, freschezza e bevibilità. 


Luciano ha fatto la sua "prova" e ora starà a lui confermare questo Rosato anche per il futuro. Nel frattempo, non ci rimane di bussare a casa Ciolfi sperando di trovare ancora questo vino perchè, se tanto di mi dà tanto, le restanti bottiglie se le scola tutte lui....

18 Luglio 2015 - Sorsi di Vino a Valmontone

I protagonisti di “Sorsi di Vino”, manifestazione nata con lo scopo di favorire il contatto diretto tra le aziende vitivinicole e della gastronomia, gli operatori del settore e gli amanti del vino e del cibo di qualità, saranno alcuni fra i migliori vini nazionali.
Sorsi di Vino vuole contribuire alla valorizzazione dei prodotti del territorio - con particolare attenzione a quelli del Lazio, regione che vanta una forte identità in termini di cultura, tradizioni e sapori - trascinando gli ospiti ed affascinandoli attraverso la loro conoscenza e riscoperta.
Il festival è il risultato della passione, della competenza e dello spirito propulsivo del “Gourmet Errante” e della professionalità della AB TEK srls ed ha fra gli obiettivi quello di proporre un’esperienza sensoriale difficile da dimenticare. Il logo dell’evento rappresenta l’ideale connubio tra eleganza e curiosità dei sapori.
La manifestazione accoglierà circa 200 aziende rappresentative dell’intero territorio nazionale, che presenteranno 400 vini, tra spumanti, bianchi, rosati, rossi e passiti accuratamente selezionati.
Nei banchi di assaggio saranno presenti produttori e sommelier per raccontare agli ospiti i vini spesso realizzati nel rigoroso rispetto di una agricoltura biologica e biodinamica attraverso l’utilizzo di lieviti naturali e fermentazioni spontanee.
L’itinerario del gusto si articolerà nel centro storico di Valmontone all’interno delle stradine attorno alla favolosa location di Palazzo Doria Pamphilj con la terrazza panoramica che domina sulla splendida cittadina alle porte di Roma.

Palazzo Doria Pamphilj ospiterà seminari, convegni, verticali e cooking show: il seminario sulla pizza con Giancarlo Casa de “La Gatta Mangiona” e Stefano Callegari di “Trapizzino”, la degustazione “Orizzonte Circolare” di Bellenda, la verticale della “Grifalco” di Cecilia Naldoni Piccin, la verticale di “Piana dei Castelli” di Matteo Ceracchi, il convegno “Biodinamica: La natura incontra la natura” tenuto da Carlo Noro durante il quale interverrà Piero Riccardi che presenterà il suo libro dal titolo “Riprendiamoci il cibo”. Gli eventi sono gratuiti, il numero di posti è limitato per cui è obbligatoria la prenotazione.
Durante la manifestazione sarà possibile degustare ed assistere alla preparazione del Sigaro Nostrano del Brenta; i ristoratori di Valmontone proporranno piatti tipici del luogo a prezzi contenuti.
Informazioni
Sabato 18 giugno dalle ore 16,00 alle 24,00
Ingresso: € 15,00
www.sorsidivino.com
email: info@sorsidivino.com

per info: Berasini Alessandro 333 9638100 – Pace Pasquale 333 2314711


Programma degli eventi a Palazzo Doria Pamphilj
ore 17:00 – Seminario sulla pizza tenuto da Giancarlo Casa de “La Gatta Mangiona” e Stefano Callegari di “Trapizzino”.
ore 18:00 – Degustazione “Orizzonte Circolare” di Bellenda (prenotazioni limitate a 30 posti).
ore 19:00 – Verticale della “Grifalco” di Cecilia Naldoni Piccin, condotta da Riccardo Silla Viscardi di Doctor Wine (prenotazioni limitate a 30 posti) :
Grifalco 2004
Bosco del falco 2005
Bosco del falco 2006
Damaschito 2007
Damaschito 2008
Damaschito 2009
Grifalco 2010
Daginestra 2011

ore 20:00 – Verticale di “Piana dei Castelli” di Matteo Ceracchi condotta dal produttore (prenotazioni limitate a 30 posti):
Torre del mare 2006
Torre del mare 2007 prova di botte
Torre del mare 2008 prova di botte
Trama 2009
Follia Rosso 2010
Follia Rosso 2011 in magnum
Grechetto 2012
Follia Bianco 2013
La verticale si chiuderà con una “particolare sorpresa” in magnum.

ore 21:00 – Convegno “Biodinamica: La natura incontra la natura” tenuto da Carlo Noro ove interverrà Piero Riccardi che presenterà il suo libro dal titolo “Riprendiamoci il cibo”

Erubesco Toscana Igt 2013 Villanoviana per il VINirdì di Garantito IGP

di Stefano Tesi


Il Merlot dà naso verace, il CabernetFranc profondità, smeriglio olfattivo e nuance cromatica.


L’assenza di legno invoglia a bere. Bocca diretta e precisa, bel corpo, giusto alcool. Un vino elegante che piace senza farsi troppo notare.
Understatement aristocratico e virile ruvidezza. Mi ha riconquistato alla bolgheresità!

Azienda Agricola Villanoviana è in Loc. Sant’ Uberto, Bolgheri, Castagneto Carducci (LI)www.villanoviana.it – info@villanoviana.it 


Scala Fenicia: vino e musica a Capri per Garantito IGP


Che colore hanno i sogni dei ciechi? Che suoni può avere una voce quando non è articolata in parole? E quanto la suggestione creata da un vino, o del contesto in cui esso nasce, può contribuire a suggerire delle risposte a questi interrogativi, se non a darne qualcuna?
Erano domande che aleggiavano eteree mentre assai orazianamente, sub arta vite (nella fattispecie una pergola puteolana, consociazione di vite e di limone), un mesetto fa sorseggiavo il mio calice di Scala Fenicia, un Capri Bianco Doc che definire singolare è poco. E la cui complessa singolarità giustifica l’attacco un po’ aulico di questo articolo.


Innanzitutto è uno dei pochi vini che conosco la cui produzione si potrebbe misurare in metri. In metri quadrati, per la precisione: uno a bottiglia. La vigna è infatti di 3.600 mq e dalla cantina escono 3.600 bottiglie. Tutto terrazzato, ovviamente. E tutto biologico. Con l’uva sormontata, ombreggiata, intrigata da un pergolato di enormi limoni, secondo l’antico sistema detto appunto puteolano, pensato apposta per consentire, coi suoi quattro metri di altezza, la circolazione dell’aria e per evitare quindi il ristagno di umidità tra i grappoli di Greco (50%, ciunchese in dialetto caprese), Falanghina (30%) e Biancolella (20%, detta localmente San Nicola). Il che vuol dire raccolta a mano, con una lunga scala.

Scala Fenicia, la vigna
Scala Fenicia, la vigna

In questa nicchia umbratile creata dal bisnonno sul fianco del Monte Passetiello e che in poco più di un ettaro racchiude vigneto, oliveto, villa e cantina (ricavata da una cisterna romana, tanto per dire) il musicista Andrea Kock e il suo fratello, il designer Filippo, producono vino. Con l’aiuto dell’enologo Giuseppe Pizzolante Leuzzi e l’indispensabile assistenza di Giggino e Gilda Esposito, i veri custodi dell’arcano. O le radici del medesimo, visto che quanto i fratelli Kock sono cosmopoliti (il primo di norma è di stanza a Berlino, il secondo in Olanda), i fratelli Esposito sono stanziali: hanno lasciato l’isola di rado e sempre di malavoglia (“il mare mi piace, ma poco”, afferma lui, oggi ottantenne).

Andrea Kock
Andrea Kock

La mondanità caprese, che in alta stagione tende ormai a somigliare sempre di più a una movida giovanile, pare lontana anni luce. E filtrato attraverso le suggestioni che il luogo ispira, anche questo bianco delicato, di un oro leggero appena venato di riflessi metallici, con un naso profondo e composito, vagamente agrumato, e in bocca di una freschezza pungente, ariosa, sapida, diventa anch’esso un vino da meditazione.

Scala Fenicia 2014
Scala Fenicia 2014

Così, un bicchiere via l’altro (e grazie al cielo addio agli assaggi tecnici), i raggi solari che tralucono dai tralci portano il discorso sulla musica che Andrea Koch sta componendo per accompagnare un documentario sul colore dei sogni dei non vedenti, a cavallo tra ipnosi e immaginazione. E da qui sulla maritabilità sonora tra voce umana e batteria, canti armonici e salmodie. Dalla pergola agronomica alla pergola sonora, sotto cui tutto lentamente e dialetticamente matura.
Vabbè, discorsi da simposio primaverile.
Vi chiederete allora dove si trovi questo vino singolare, cioè dove si compri o si beva.
Visti i volumi, non è cosa facile (considerato che neppure i ristoranti capresi pare lo servano troppo). Io me lo sono comprato in azienda a 12 euro la bottiglia e me lo ricomprerò al prossimo giro, tenuto conto che a Scala Fenicia stanno pure aprendo qualche alloggio agrituristico.


Vi chiederete poi che se ne fanno dei limoncioni che il pergolato produce in abbondanza.
Per scoprirlo questo basta andare al porto, visitare la gelateria “Il Gelato al Limone” e assaggiare (indovinate quale gusto?).

Scala Fenicia
Sede via Fenicia, 15
Capri (Na)
Tel. 081.8389403



Colombera & Garella, i due enfants prodige dell'Alto Piemonte

Sono in tremendo ritardo, odio far aspettare le persone. Queste parole risuonano in macchina per oltre mezz'ora, il tempo che ci vuole per andare da Cavallirio, zona di Boca DOC, fino a Masserano (località Cascina Cottignano) dove, invece, regna il Bramaterra DOC. Sono le 19 e, nonostante le rassicurazioni al telefono di Giacomo Colombera, non mi resta molto tempo per fare le foto per i vigneti.

Arriviamo e Giacomo, prontamente, scende ad accoglierci e ci conduce all'interno dei vigneti che sono stati piantati appena sotto la sua casa. Gli chiedo un po' della storia famigliare e di come hanno iniziato a produrre vino. 

"Andrea, tutto nasce nel 1992 quando mio papà Carlo, che a breve ci raggiungerà, stufo di lavorare nei campi di riso del vercellese decide di acquistare questa proprietà, che prima era un rudere, con l'intento di produrre vino grazie a questa vigna che vedi qua. Ha avuto bravi maestri visto che in quegli anni, non so se lo sai, ha lavorato per Antoniolo come trattorista. Man mano che si appassionava, e quando c'era possibilità, acquistava altre vigne intorno a queste e così, nel 2001, dopo varie prove casalinghe, ha prodotto il suo primo vino etichettato. Nel 2010, invece, dopo aver studiato enologia ad Alba, sono entrato in azienda io e Cristiano Garella che è stato enologo in passato di Tenute Sella da cui facevo le vendemmie. Il nostro intento era quello di coadiuvare mio papà, maggiormente concentrato sul vigneto, nella gestione della cantina perchè i vini che produceva erano di grande potenzialità ma mancavano, forse, di un minimo di finezza".


Oggi Colombera & Garella possono lavorare uve che provengono da circa otto ettari di vigneto suddivisi in questo modo: 
  • 2 ettari in zona Cascina Cottignano, dove siamo ora, suddivisi a loro volta in più fazzoletti di terra dove risiedono anche piante vecchie 60 anni di nebbiolo, croatina e vespolina. Il terreno in questo caso è argilloso in superficie mentre in profondità troviamo porfido e quarzo. Da questa zona si produce il Bramaterra e il rosato Coste della Sesia

  • 5 ettari a Roasio dove le vigne, di circa 30/35 anni, poggiano su suolo vulcano di colore giallo. Da questa vigna si produce il Coste della Sesia DOC;
  • 1 ettaro a Lessona piantato nel 2006 su suoli ricchi di sabbia.
Mentre scendiamo velocemente in cantina, con Giacomo parliamo della filosofia aziendale in tema di vinificazione. La risposta è molto chiara:"In linea generale non usiamo lieviti selezionati ma, caro Andrea, noi viviamo col vino per cui in annate particolari come è stata la 2003 non potevamo non usare i Saccharomyces altrimenti la fermentazione non partiva. Non potevo mica buttare via un anno di lavoro così?".

Ha le idee chiare il giovane Colombera che mi mostra la sua piccola cantina di vinificazione e affinamento formato da vecchie botti di cemento, usate per il Bramaterra e il Lessona, e 
vasche di acciaio usate per gli altri vini. Qua e là, sparse secondo un ordine ben preciso, vecchie barrique usate per affinamento dei vini più importanti.

Foto: http://gliamicidelbar.blogspot.it/

Se non voglio far mangiare Giacomo a mezzanotte come i vampiri dobbiamo rapidamente tornare su e cominciare a degustare i suoi vini o, meglio, quello che gli è ancora rimasto visto che fortunatamente non ha problemi di vendita. Anzi, l'idea è proprio quella di ampliarsi man mano senza fare passi avventati.

Il primo vino che degustiamo è il Coste della Sesia Rosato 2014  (100% nebbiolo) le cui uve provengono da una parte vigneto di fianco che appartiene ad un clone di nebbiolo che ha acini mediamente grandi che, mi confida Giacomo, sono molto profumati ma non garantiscono la struttura ideale per il Bramaterra. Ha ragione, il vino è intenso nei profumi che ricordano la viola e la terra rossa, vulcanica, da cui proviene. Berlo significa pensare ad un bicchiere d'acqua nel quale sono stati sciolti vari chicchi di sale rosa dell'Himalaya. Non lo consiglierei a chi ha problemi di pressione alta. A parte gli scherzi, sto vino va giù che è un piacere.



Passiamo al Coste della Sesia 2011 (nebbiolo 65%, croatina 20%, vespolina 15%), un vino che si caratterizza per la brillantezza, non solo del colore, ma anche dei profumi che richiamano il blu e il rosso della frutta e dei fiori. Sorso in pieno equilibrio per finezza e corpo. Finale sapido e corroborante. Si trova in giro a circa 10/11 euro. Ecco, se lo trovate fatene dovuta scorta perchè a questo prezzo è davvero un regalo ma, acqua in bocca, non ditelo a Giacomo.


Il Bramaterra 2011 (nebbiolo 70%, croatina 20%, vespolina 10%) ha profumi ricchi e articolati che esprimono sensazioni di rosa, ciliegia, arancia sanguinella, timo, terra rossa e spezie. Grande valore anche al gusto dove la struttura rivela un notevole apporto sapido-tannico che Cristiano e Giacomo sono riusciti a rendere snello e dall'andamento elegante.E' un vino che non smetteresti mai di bere per l'assenza assoluta di pesantezze e piacionerie. Solo territorio al 100% e tanta voglia di stupire. Bravi ragazzi!


Mentre beviamo l'ultimo sorso di Bramaterra arriva Carlo Colombera che, tra una chiacchera e l'altra, tira fuori due bottiglie. La prima riguarda il Lessona 2011 mentre l'altra, non etichettata, è un "vecchio" Bramaterra che produceva prima dell'avvento di Giacomo e Cristiano. "Prima di cenare" - mi dice - "questi vanno provati!".

Il Lessona 2011 ha un naso che si distingue per ricchezza fruttata intrisa di toni ematici e tocchi di erbe medicinali. La bocca è autorevole, salata con tannini levigati ma compatti e una persistenza molto ricca e profonda. Come prima annata non c'è male. Peccato che in azienda sia praticamente finito...



Carlo Colombera ha voluto lasciare il SUO vino per ultimo, non ricordo nemmeno che anno è anche perchè è stata scaraffata da una bottiglia non etichettata. Carlo guarda non solo me e Stefania ma anche suo figlio Giacomo che ha iniziato il suo progetto lavorativo proprio avendo come riferimento proprio questo Bramaterra. Bevendolo non gli si può che dar ragione, è vibrante, spontaneo, puro e, nonostante certe irruenze, di ottima personalità. 


Carlo ha tracciato la strada al futuro che, sono sicuro, sarò di Giacomo e Cristiano. Due stelle in più nel firmamento dei grandi vini dell'Alto Piemonte!

Piedirosso 2014 Colle Rotondella per il VINerdì di Garantito IGP

Non tutta la 2014 è da buttare. Gerardo lo diceva mordicchiando gli acini alla fine di agosto: l’uva sopravvissuta è di grande qualità. 


Nel bicchiere un piccolo grande Piedirosso dei Campi Flegrei, dieci euro sullo scaffale.

Fresco, scattante, geranio al naso, sapidità e freschezza al palato. 

Una meraviglia coltivata nel cuore di Napoli, la metropoli più vitata d’Europa.

Colle Rotondella, la vigna da cui nasce il Piedirosso. Sullo sfondo: Agnano e la collina di Posillipo

Ciro Picariello e il Fiano di Avellino 2013 visto da Garantito IGP


L’euro è sicuramente responsabile del crollo della rendita rurale. Mentre il valore reale della spesa nei bar e nei ristoranti è raddoppiato, in vigna si è dimezzato ed è per questo che tanti piccoli conferitori che usavano coltivare la terra come reddito integrativo hanno pensato di mettersi in proprio.
Il modello irpino non sfugge a questa regola ed è bello passare dalle analisi generali a quelle concrete, alle storie delle persone. Ciro Picariello avviò la prima vinificazione in proprio nel 2004, in piena crisi dovuta al blocca del mercato americano che ha paralizzato per la prima metà dello scorso decennio il vino italiano.
La sua è però una storia di successo mentre quella di molti altri conferitori no. Come mai? La prima risposta che mi viene, bevendo questa eccezionale 2013, annata veramente benedetta per il Fiano di Avellino, è Ciro non ha pensato di scimmiottare le aziende leader proponendo tutte le tipologie di vino secondo il protocollo classico Falanghina (acquistata a Benevento), Greco, Fiano, Aglianico, Taurasi e magari pure spumante. Chi ha scelto questa strada, cioé la non specializzazione, ha dovuto giocare nel campionato del ribasso dei prezzi a prescindere dalla qualità e spesso si è ritrovato la cantina piena dopo i primi omaggi e i primi ordini.


Ciro Picariello, nonostante avesse anche aglianico nella vigna del pasre, ha impostato l’azienda solo sul Fiano.
Il secondo motivo è stato imitare i suoi vicini Marsella e Antoine Gaita, ossia aspettare un anno prima di commercializzare. Un piccolo grande segreto che è stata la chiave di volta perché questa impostazione, solo apparentemente più difficile, è stata la chiave di volta che ha posizionato il suo Fiano fuori dalle decine di proposte concorrenti.
Il resto, che poi è la premessa, lo ha fatto l’incredibile qualità di questo vino, giocata essenzialmente sull’acidità e la mineralità e che gode del passare del tempo come ha dimostrato la prima recente verticale aziendale organizzata ad Avellino.
Ecco perché ogni millesimo ha una sua storia, il Fiano di Ciro e Rita Picariello conserva un sapore artigianale che altre etichette, magari delle stesse dimensioni, non riescono ad avere.
C’è poi un altro elemento: si tratta di uno dei primi vini di successo che si sono affermati prima con il passa parola sui blog specializzati che sulle guide cartacee. E’ dunque stato adottato con piacere da un pubblico sempre più vasto di appassionati stanco di aspettare i responsi di fine anno per decidere il proprio acquisto. Non è da sottovalutarte, infatti, il fenomeno di molto enotecari e ristoranti che per fare i fighi hanni iniziato a snobbare le guide specializzate.

Sia come sia, il Fiano di Ciro resta uno spettacolo, capace di comunicare la qualità anchea chi non è esperto perché si tratta di un bianco che piace, efficace nell’abbinamento.
La 2013 è un po’ tutto questo: un millesimo perfetto in cui tutte le componenti sono al posto giusto, ricca di acidità, nota leggermente fumé, agrumato. Un sorso lungo insieme dolce e amaro, equilibrato e veloce, tagliente. Imperdibile.

Ciro Picariello è a Summonte in località Acqua della Festa Via Marroni – www.ciropicariello.com – info@ciropicariello.com


L'Antico Borgo dei Cavalli di Sergio e Silvia Barbaglia

Ogni promessa è un debito e così, dopo che con suo marito era stata a Roma per la splendida verticale di Boca, siamo andati noi a trovare Silvia Barbaglia e tutta la sua famiglia che, ultimamente, si è ingrandita con la nascita di Margherita.
Cavallirio, piccola frazione vicino a Borgomanero, è un posto dove il tempo scorre lentamente e la vita sembra prendere ritmi decisamente diversi da quelli imposti dalla mia Roma. Mentre aspettiamo Silvia, il silenzio dell'Antico Borgo dei Cavalli è rotto solo dal raglio dei due asini che gironzolano vicino a noi e ci guardano come se fossimo due alieni.
Leggiamo, gironzolando nella sala degustazione, che l'azienda è stata fondata nel 1946, poco dopo la fine della guerra, da Mario Barbaglia che, prima con la bicicletta e poi grazie ai primi camion, ha fatto conoscere i suoi vini in tutto il territorio circostante in anni in cui valorizzare i vini dell'Alto Piemonte, poco conosciuti anche oggi, era un compito da veri "visionari". Mario, Sergio ed infine Silvia, tre generazioni dove il filo conduttore è stato, e sarà, preservare il territorio e le sue tradizioni vinicole che non possono fare a meni di vitigni unici e preziosi come l'erbaluce (greco novarese), la vespolina, la croatina, l'uva rara e, ovviamente, il nebbiolo. 


Silvia sembra leggermi nel pensiero e di colpo mi fa:"Dai Andrea, andiamo a vedere al volo i vigneti prima che Margherita reclami la prossima poppata!". 
Passando tra aspre stradine che si fanno largo tra boschi che negli anni hanno "divorato" vecchi vigneti ormai abbandonati, arriviamo quasi magicamente all'interno di un piccolo spiazzo da dove si apre, quasi come un anfiteatro, il principale vigneto della famiglia Barbaglia (sono quasi quattro gli ettari gestiti) dove nebbiolo, vespolina, uva rara ed erbaluce poggiano le loro radici su quella terra ricca di porfido che, studi recenti, fanno derivare all'attività del supervulcano della Valsesia (290 milioni di anni fa) la cui caldera, sottolinea Silvia, si trova proprio sotto i nostri piedi. Vigne vecchie, giovani piante e, al centro, custode di questo enomondo, una vecchia casa colonica che la nostra giovane amica vignaiola sogna di ristrutturare per viverci con tutta la sua famiglia. 




Respiro l'aria pura di questi luoghi mentre torniamo verso la cantina passando, tra l'altro, accanto al Santuario del SS. Crocifisso di Boca. Silvia, nel mentre, ci confessa che non vuole fermarsi qui e sta già trattando l'acquisto di altri appezzamenti di terreno.
In cantina, dove ci aspetta Sergio Barbaglia, facciamo un rapido giro iniziando dalla sala di fermentazione, dove troviamo solo vasche in acciaio inox, per poi passare per quella di affinamento, dominata da legni di varia grandezza e tipologia, e terminare nella buia saletta dove riposa il metodo classico dei Barbaglia sia a base di Erbaluce, sia a base di Uva Rara. Chicche che, mi promettono, degusterò tra qualche minuto...





Nella piccola ma accogliente sala di degustazione arriviamo dopo aver fatto una rampa di scala. Ci ritroviamo tutti attorno ad un tavolo imbandito dove nei calici già ci stanno versano il primo metodo classico prodotto dall'azienda ovvero il Curticella Caballi Regis Brut. Spumante 100% erbaluce che affina sui lieviti per circa 66 mesi, si apre aromaticamente su sensazioni di agrumi, frutta secca e fieno mentre al sorso è vibrante, sapido e decisamente lungo.


Il Curticella "Dosaggio Zero" è stata un vera sfida lanciata da Silvia visto che, inizialmente, sua papà non era troppo convinto sulle potenzialità di un metodo classico totalmente secco. Erbaluce in purezza che affina 60 mesi sui lieviti, ha un carattere più nervoso e determinato del precedente per via della sua austerità e di una maggiore sensazione minerale che esalta le durezze del vino rendendolo di beva quasi compulsiva. Da riprovare tra qualche anno per verificare la sua evoluzione.


Il Lucino 2013, l'Erbaluce fermo di casa Barbaglia, profuma di agrumi, mela ed erbe aromatiche. Succoso e fruttato in bocca ha un finale decisamente sapido e ricco. Vino dalla grande territorialità che conferma, se ce ne era bisogno, la maestria di Sergio e Silvia nella vinificazione di questo altro storico vitigno piemontese.


Il Colline Novaresi Croatina Clea 2011, croatina in purezza, si caratterizza per i suoi ricordi di amarena, mora, tabacco, spezie e tocchi di viola. Al gusto conferma struttura, equilibrio e grande generosità sopratutto grazie ad un finale dove persistono sensazioni fruttate martellate da rintocchi di mineralità ferrosa. Una versione molto convincente di un'uva che spesso viene sottovalutata. Affinamento di botti da 500  litri per un anno.


Il Colline Novaresi Vespolina"Ledi" 2011 è molto diretta con le sue "classiche" note di frutta rossa matura, viola e spezie.  Sorso succoso, profondo, nitido e appagante. Finale decisamente speziato. Una Vespolina molto tipica che rappresenta un buon punto di riferimento per chi intendo approcciarsi a questa tipologia di vino.


Boca 2011: Silvia, in anteprima, mi ha voluto far degustare il suo grande rosso del quale sono già invaghito dopo aver saggiato le sue peculiarità olfattive che rimandano alla viola, alla rosa, alle erbe aromatiche e al minerale. Sapore pieno e già gustoso, ha una trama tannica ancora da smussare ed una lunga persistenza sapida. Bisogna aspettarlo per capire quando grande diventerà. Certo che dopo lo splendido 2010 è davvero dura per tutti...


Terminiamo con due ottimi vini dolci. Il primo, chiamato Gocce di Luce (100% erbaluce) è morbido e setoso e, bevendolo, ha il carattere deciso ma equilibrato che ritrovo in tutta la famiglia Barbaglia. Lunghissimo il finale di frutta matura. 


Il Passiolo è ottenuto dall'appassimento delle uve nebbiolo a cui segue una vinificazione e un invecchiamento in legno per circa 3 anni. Ricco, suadente, è un vino dolce "non dolce" come amo chiamarlo e il suo abbinamento ideale è col cioccolato fondente all'80%. Ah, se ci ripenso ora....


Si è fatto tardi, come al solito, Giacomo Colombera mi sta aspettando da un po' e io non so come giustificare il ritardo. E' colpa del vino che mi ha tenuto prigioniero può andare come scusa? 

Vabbè, intanto saluto Silvia e tutta la sua splendida famiglia e mi avvio verso Cascina Cottignano. Il mio #AltoPiemonteWineTour continua...pazienza di Giacomo permettendo.....

Chianti Classico Poggerino 1991 ovvero il VINerdì di Garantito IGP

di Carlo Macchi


1991 annata terribile, fredda” e “un Chianti Classico non può invecchiare più di 10 anni” .
Poi in cantina trovi una delle (per fortuna mia) non poche bottiglie di Chianti Classico Poggerino 1991: in un secondo i luoghi comuni si sciolgono come boiate al sole.
Un grandissimo rosso, finissimo, complesso, incredibile, da urlooooooooo!


Poggerino
Loc. Poggerino 6, 53017 Radda In Chianti
Tel. 0577.738958


Garantito IGP - Una rispettosa e gustosa cucina di pesce FRESCO: Vigna Ilaria a Lucca

Di Carlo Macchi

Volevo iniziare l'articolo con una frase polemica del tipo "Esistono cuochi che stanno in cucina e cuochi che stanno in televisione o da altre parti. Maurizio Marsili, chef di Vigna Ilaria, sta in cucina!" ma poi ho pensato che Maurizio, scuola Paracucchi affinata dalla passione e dall'esperienza, persona schiva e semplice, non avrebbe apprezzato. In effetti le volte che ho mangiato a Vigna Ilaria non sono riuscito a farlo venire una volta che fosse una al tavolo e per parlarci sono dovuto andare in cucina.
Allora mi è venuto in mente di iniziare con una frase a effetto del tipo "Quante volte vi è capitato che al posto del menù vi recitassero il canto XXXIII° dell'Inferno? Con Andrea Maggi, patron del locale e One Man Jazz Band di sala, è successo!" Ma poi ho pensato che di Andrea, uno dei pochi torinisti sfegatati di Toscana, presentavo un'immagine troppo culturale che magari poteva allontanargli qualche cliente. In effetti Andrea è un trottolino mai fermo, gioviale e simpatico, e non ha certo velleità di "tirarsela" recitando versi.
Allora mi sono detto "Ma io come lo inizio 'sto benedetto articolo?" e così ho deciso di partire con una frase semplice e vera del tipo "A Vigna Ilaria ho mangiato proprio bene!" E questo è il vero succo del discorso, che può e deve essere allargato iniziando a dire che Vigna Ilaria vuol dire soprattutto pesce, povero o ricco conta poco (del resto mai vista una cernia con la Diners....battuttona...) conta che sia fresco e pescato in Toscana. 


A Vigna Ilaria ho gustato dei pesci di cui non conoscevo nemmeno l'esistenza, tipo la rètina che io ho subito chiamato retìna facendo, appunto, una figura barbina (non edulcorata dalla rima), o il pesce fico (mio alter ego marino) o altri di cui ho solo sentito dire e visto passare, nel piatto naturalmente, in sala (fresco va bene, ma tutto ha un limite...).
Chi mi conosce sa che quando continuo a scherzare è perché quello di cui scrivo mi è proprio piaciuto e in effetti la cucina di Maurizio mi ha conquistato per un mix di estremo rispetto della materia prima affiancato da una saggia e misurata elaborazione. Così nascono piatti come il tagliolino Nero cotto in brodo di rètina con i suoi bocconcini o il raviolone di cefalo e radicchio in guazzetto.
Questi due piatti sono affiancati però da portate meno definite dal punto di vista del pesce utilizzato, come appunto Il Riso nel mare, il Gran bollito di mare, l'umido di mare. Ricette che forse sono il vero "atout" di questo ristorante poco fuori Lucca: piatti creati e interpretati con quello che quel giorno si trova di fresco al mercato e con la certezza che Maurizio riuscirà sempre a dargli grandi sapori. 


In questo viene molto aiutato dal fatto che Andrea, oltre a trovare dell'ottimo pesce, ha anche rapporti privilegiati con ortolani notevoli, di quelli con i controc... e quindi la verdura che sempre, in un modo o nell'altro si abbina al pesce, è anch'essa un valore quasi a sé stante; prova ne sia l'incredibile insalata della Lia che mi sono sgranocchiato una sera rimanendo stupefatto dal mix di sapori ritrovati in bocca. Per non parlare del pane, anche qui da farine particolari, che rischia di riempirti prima ancora di iniziare la cena.
Non ho provato, per una mia atavica paura, il loro crudo di pesce, che però è stato molto apprezzato da persone al mio tavolo. In compenso io ho goduto come un riccio con la Carbonara di mare "fusione a freddo" e con una serie di antipasti che, anche questi, possono variare a seconda del pescato.


Insomma dove caschi caschi bene, anche parlando di carta dei vini, selezionata da Andrea con etichette assolutamente non convenzionali, molte delle quali a prezzi veramente da affezione. Alla fine, magari utilizzando la geniale formula del Menù Slow, arriverete a spendere (con 4 portate) 35 euro più i vini, o se vorrete veramente mangiare a crepapelle difficilmente supererete i 60 euro vini esclusi. Dato che stiamo parlando di pesce fresco e di una cucina di assoluto livello, mi sembra quasi il minimo.
Chiudo con alcuni indicazioni per i naviganti: arrivare a Vigna Ilaria, che si trova un chilometro fuori Lucca, non è facilissimo. Quindi prima fate una telefonata, che non vi allungherà la vita ma vi abbrevierà il percorso per arrivare a godere (dal punto di vista gastronomico naturalmente).

Locanda Vigna Ilaria
Via della Pieve Santo Stefano 967c, Lucca
Tel. 0583.332091 cell. 3293872159
Mail: info@locandavignailaria.it
www.locandavignailaria.it