Nero di Troia 2012 di Valentina Passalaqua

Traslocare, a volte, ha anche dei lati positivi soprattutto se, come è successo al sottoscritto, lo spostare scatoloni ti fa scoprire l'esistenza di bottiglie dimenticate o, meglio, nascoste all'interno della propria cantina che col tempo sta assumendo dimensioni non umane.

Il Nero di Troia di Valentina Passalacqua, donatomi dagli amici di Radici del Sud nel 2013, stava in un angoletto sperduto con la sua bella etichetta bianca sulla quale campeggiava la scritta "vino biologico a fermentazione spontanea da uve raccolte a mano".

Prendo il mio tablet e cerco di avere maggiori informazioni sulla vignaiola pugliese scoprendo con interesse che, dopo una laurea in Master in Business Administration e essersi dedicata per qualche anno all'azienda ortofrutticola di famiglia, ha deciso di occuparsi di viticoltura attraverso la gestione di oltre 40 ettari di vigneto che si estendono alle pendici del Parco Nazionale del Gargano a circa 180 metri s.l.m.


Il progetto, nato assieme all'agronomo Nazario Giagnorio e alla consulenza enologica di Leone Cantarini e Mirco La Gatta (allievo di Lanotte e Moio) ha previsto la coltivazione in regime biologico, certificato Suolo e Salute dal 1999, di varietà come Bombino, Fiano Minutolo, Falanghina, Greco, Nero di Troia, Negroamaro, Primitivo, Montepulciano ed Aleatico che Valentina, così scrive, con il tempo ha imparato ad ascoltare, capire e lavorare seguendo le fasi lunari per tutte le lavorazioni senza tecniche invasive e con pochissimi solfiti aggiunti.

Incuriosito da tutto questo non mi rimane che stappare il Nero di Troia 2012 che mi affascina subito per la lucentezza del suo colore rosso rubino le cui trasparenze, per quelli come me, sono carezze al cuore e all'anima.


Le coccole il vino continua a fartele anche al naso dove regala accattivanti profumi di fragoline di bosco, erbe aromatiche e fiori rossi del Mediterraneo. 
Nessuna pesantezza, nonostante i 14 gradi di alcol, ma tanta freschezza anche al gusto che rimane morbido e suadente con tannino decisamente vellutato e sapientemente intarsiato all'interno di una struttura decisamente in equilibrio che concede un finale decisamente sapido e persistente.

Davvero interessante questo Nero di Troia che rappresenta un vitigno decisamente interessante e di personalità se vinificato in modo leggero come ha fatto Valentina Passalacqua la cui gamma di vini sarà oggetto di approfondimento futuro su Percorsi di Vino.

Ultima postilla per i più tecnici: il vino proviene da un vigneto di circa 3 ettari allevato a tendone con una densità di 2.500 ceppi per ettaro. Vinificazione in acciaio e affinamento sulle fecce nobili per circa 6 mesi all'interno di botti di rovere da 50 hl.


Champagne da record!

Non fa quasi mai notizia, o almeno non quanto i grandi nomi di Borgogna e Bordeaux, ma al terzo posto, in termini di prezzo medio, tra le denominazioni più “battute” sul mercato delle aste internazionali, ci sono i vini di Champagne, riferisce il sito Winenews.it, che negli anni hanno messo in fila un record dopo l’altro, da New York ad Hong Kong, da Krug a Dom Pérignon.

A mettere in fila le aggiudicazioni più alte di sempre, ci ha pensato il magazine Uk “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com): il record di sempre risale all’aprile 2008, quando due bottiglie di Dom Pérignon Rosé 1959, mai disponibili sul mercato, hanno superato qualsiasi aspettativa e, a fronte di una valutazione di 4.000-6.000 euro, hanno raggiunto i 74.692 euro, 37.346 euro a bottiglia.

Foto: www.extravaganzi.com

La seconda e la terza bottiglia di Champagne più pagate della storia hanno un’origine comune: facevano entrambe parte dello straordinario tesoro di 168 bottiglie ritrovato su una nave commerciale affondata nel Mar Baltico nella metà dell’800, ritrovata per caso nel 2010.
La prima è una bottiglia di Veuve Clicquot 1841 (vedi foto sopra), battuta all’asta da Merrall & Condit’s per 30.000 euro. Si è fermata a 24.000, invece, una bottiglia di Juglar dei primi dell’Ottocento, di cui non è stato possibile stabilire l’annata esatta. Nel 2009, invece, fece notizia l’aggiudicazione, nella prima asta di Acker Merrall & Condit’s di scena ad Hong Kong, di una bottiglia di Krug 1928, una delle più grandi annate di sempre in Champagne, a 18.700 euro.
Foto: www.tennants.co.uk

Nel dicembre 2006, Christie’s ha portato, tra i lotti dell’asta di New York, una vera rarità: una delle 2.000 Methuselah (6 litri) di Cristal Brut Millenum 1990, prodotte da Louis Roederer per celebrare il nuovo millennio: se l’è aggiudicata un collezionista per 16.580 euro. A chiudere, infine, la classifica, un’altra bottiglia di Krug, questa volta dell’annata 1929, ma a rendere unica la bottiglia finita sotto il martello di Sotheby’s, a Londra, nel 2004, sono le firme di Henri e Remi Krug, che hanno spinto i rialzi fino ai 2.470 euro.

Il Chianti Rùfina: appunti di degustazione di un vino identitario

"Il Chianti Rùfina ha tutto per camminare con le proprie gambe ed auspico che un giorno possa uscire dal calderone della denominazione Chianti".

Ho fatto tardi ed entro in sala quando Armando Castagno sta pronunciando queste parole, una sorta di preambolo a cui seguirà una degustazione di Chianti Rùfina con la presenza di 14 aziende su un totale di 22 produttori che, per l'occasione, sono capitanati da Federico Giuntini Masseti di Fattoria Selvapiana
Si capisce che l'evento è abbastanza imperdibile visto che probabilmente in Italia non è stata fatta mai una ricognizione così approfondita di questa piccola sottozona del Chianti (le altre sono Colli Senesi, Colli Fiorentini, Montalbano, Montespertoli, Colline Pisane, Colli Aretini) situata nella provincia di Firenze e distribuita nei comuni di Pontassieve, Rùfina, Londa, Pelago e Dicomano. 

Mappa della Rùfina - Foto: Lavinium

La denominazione attualmente si estende per oltre 12.000 ha e vanta una produzione di circa 3.000.000 di bottiglie di vino composto da sangiovese, per una quota minima del 75%, a cui possono concorrere le uve provenienti da vitigni idonei alla coltivazione nell'ambito della regione Toscana facendo attenzione al fatto che i vitigni a bacca bianca non potranno, singolarmente o congiuntamente, superare il limite massimo del 10% e che i vitigni Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, non potranno, singolarmente o congiuntamente, superare il limite massimo del 15%. Potenza dei disciplinari moderni!

Come ricorda anche il Consorzio all'interno del suo sito, che andrebbe aggiornato, gli elementi che caratterizzano i vini di Rùfina sono: 
  • la conformazione geologica del terreno, composto da pietre calcaree, galestro e alberese; 
  • l’esposizione solare a Sud Sud-ovest su terreni di altitudine fino a 400 mt slm che consente all’uva dei vigneti di raggiungere una ottimale maturazione; 
  • il microclima con temperature diurne alte e notti fresche d’estate, che contribuisce al mantenimento delle note aromatiche, a sviluppare spiccate acidità. 


Come già detto in precedenza, per valutare la bontà della denominazione, il Consorzio ha presentato ben 14 vini, tutti Riserva (invecchiamento di almeno due anni di cui almeno sei mesi in fusti di legno), con riferimento alle annate 2011, 2010 e 2009

Cosa ne è scaturito? Continuate a leggere!!

Poderi Il Balzo - Chianti Rufina Riserva 2011: si caratterizza per un bel frutto ciliegioso associato a sbuffi alcolici ed a una nota minerale grigio/nera, che odora di ghisa, che spesso caratterizza i Chianti di questa denominazione. Sorso in sintonia col naso.

Dreolino - Chianti Rufina Riserva 2011: rispetto al precedente ha una tendenza ossidativa più marcata che determina in questo vino odori abbastanza inusuali di frutta esotica in purea, pelliccia, propoli, paprika. Un naso morbido che al sorso si scontra invece con una vena acida abbastanza debordante e spiazzante. Più del primo ha subito l'annata decisamente calda.

Cantine Fratelli Bellini - Chianti Rufina Riserva 2011: vino abbastanza estroverso e tipico grazie ad una dotazione aromatica di frutti di bosco ancora croccanti, genziana e gomma vulcanizzata. Alla gustativa il vino sembra abbastanza indietro grazie soprattutto ad un tannino crudo, deciso e, in generale, ad un equilibrio che si rivela ancora abbastanza traballante. Ha bisogno di tempo.

Fattoria di Basciano Chianti Rufina Riserva 2011: se nella Rùfina cercate un vino moderno, globale e alla Parker allora siete sulla buona strada perchè questo è quello che fa per voi. Cioccolatoso, vaniglioso e con un bel frutto scuro a fare da contorno, ha un sorso dove (fortunatamente) il sangiovese riesce ancora a scalpitare non facendosi coprire dalla troppa modernità. Note boisè finali.

Podere il Pozzo Chianti Rufina "Vigna Vecchia" Riserva 2011: è il più mediterraneo di quello finora degustati grazie a chiare sensazioni di erbe aromatiche, prugna quasi in confettura, fiori secchi da diario, cuoio e una ben definita sensazione metallica a fare da cornice. Al sorso è molto rotondo, intenso, nitido e di buona lunghezza nel finale che si contorna di sensazioni sapide. Le vecchie vigne, probabilmente, hanno fatto il loro lavoro.

Fattoria I Veroni Chianti Rufina Riserva 2011: rispetto a Basciano qua la modernità nel vino è portato con maggiore giudizio visto che il Chianti è sì generoso ed estroverso ma rimane moderato nei profumi che spaziano dalla ciliegia sotto spirito alla felce. Magari non è di grande complessità ma anche al sorso mantiene il suo "sporco" equilibrio e la sua bella bevibilità spezzando quell'equazione bislacca che l'annata calda in zona calda (l'azienda ha sede a Pontassieve) debba sempre e comunque dar vita a vini cotti.

Fattoria Selvapiana Chianti Rufina "Vigneto Bucerchiale" Riserva 2011: dopo appena tre anni il vino è ancora di difficile interpretazione grazie ad una presenza di frutto ingombrante che cela la sola ammirevole complessità del Bucerchiale che spesso vira su note di ginepro, curcuma, terra e chiodi di garofano. Al palato, invece, è maggiormente leggibile e alla cieca passerebbe per un piccolo grande vino della côtes du Rhône grazie alle sue note mediterranee di cappero e oliva e alla sua progressione sapida, quasi salata. Da aspettare.



Castello del Trebbio - Chianti Rufina "Lastricato" Riserva 2010: naso florido dotato di note floreali di giglio e lilium legate a doppia mandata da ventate agrumate di arancia sanguinella, foglia di limone e una mineralità bianca, stavolta gessosa, che rende vibrante e meno scuro il profilo olfattivo.Gusto gradevole segnato da buona freschezza di fondo ed ampi e sottili tannini. Finale sapido.

Villa Travignoli - Chianti Rufina "Tegolaia" Riserva 2010: rispetto ai precedenti è il Chianti Rùfina col profilo più dark grazie ad una profondità che tinge di scuro la frutta che stavolta passa in secondo piano e lascia il passo a spunti di china, caffè, terra, orzo maltato. Sorso abbastanza intenso e morbido grazie, forse, ad un residuo zuccherino latente ma, come di incanto, a centro bocca si perde e svanisce abbastanza velocemente. Insoluto.

Le Coste - Chianti Rufina Riserva 2010: non so, probabilmente, spero, che la bottiglia non fosse a posto perchè ho ritrovato nel vino aromi davvero particolari di tamarindo e agrume stramaturo che, in generale, sono sintomatici di una deviazione ossidativa che al sorso fanno ricordare l'agrume candito ricoperto di cioccolato. Rimandato.

Marchesi Gondi - Chianti Rufina Riserva 2009: vino di personalità e di peso che da sempre si fa apprezzare per rigore e classicità. Il frutto, bello rotondo, è sempre sotto controllo così come apprezzabili e caratteriali sono le sensazioni di terra e ghisa che si insediano all'interno di quella nota verticale e fresca tipica del sangiovese. Al sorso l'asse acido/sapido è talmente efficiente da contrapporsi alla grande alla non poco importanti dotazioni morbide del vino che nel finale propone un lungo affondo sapido. Beh, i Marchesi son Marchesi anche nel vino.



Fattoria Il Lago Chianti Rufina Riserva 2009: nonostante sia ubicata in  uno dei luoghi più freschi della Rùfina, l'azienda ha dato vita ad un vino dal profilo maturo con un naso di sottobosco, mora, macis e legno di ginepro. Gusto abbastanza intenso, coerente, il cui contesto più adatto è a tavola dove potrebbe giocare tranquillamente il ruolo di jolly. 

Frascole - Chianti Rufina Riserva 2009: l'espressione colta della Rùfina, questo viene da pensare dopo aver degustato questo buonissimo vino che, anche in annata calda come questa, sa incantare per un naso elegante e territoriale giocato su note di frutta rossa, quasi agrumata, e da sottili effluvi di terra, corteccia, fiori rossi, china e ginepro. Bocca viscerale, elegante, dalla trama tannica efficace e dalla vibrante freschezza che dotano il sorso di una armonia di insieme molto funzionale alla beva. Sapido e interminabile il finale.

Colognole Chianti Rufina Riserva 2009: se si volesse misurare la valenza di un Chianti Rùfina si dovrebbe, nove volte su dieci, prendere Colognole come riferimento imprescindibile per via della sua nitida definizione territoriale e intramontabile sobrietà. Il vino, anche in questo millesimo difficile, non può che affascinare il degustatore grazie alla sua componente fruttata, dal colore rosso, che perfettamente amalgama i suoi profumi con le sensazioni balsamiche, floreali e minerali del sangiovese che non smette di sbuffare ricordi di asfalto e ghisa. Al palato colpisce per equilibrio e tattilità, per classicismo e vigore. Lunghissimo il finale, sapido ed austero che disegna un quadro in bianco e nero  della Rùfina destinato ai nostri nipoti.


Il Barolo nel Cuore questo week end a Roma

Dopo il successo della I edizione, vogliamo ancora rivolgere la nostra attenzione al Nebbiolo nella sua più alta espressione: il Barolo. Il nome che abbiamo dato all’evento manifesta chiaramente la nostra passione per quello che viene definito con cognizione di causa il Re dei Vini italiani.

Banchi di Assaggio, Seminari e Laboratori
L’Evento proposto vuole essere infatti una promozione culturale del Barolo e della sua terra di elezione.
Il territorio italiano del vino che più di ogni altro è legato ai vari terroir che lo caratterizzano e che da sempre, è un esempio di come il territorio può e deve essere valorizzato.
Attraverso i banchi di assaggio e i seminari potremo valutare infatti, la diversa declinazione territoriale.
Grande importanza verrà data proprio ai seminari, che vogliono approfondire il terroir unico del Barolo con la sua storia attraverso vini in comparazione e vari approfondimenti dove verranno messe in evidenza le caratteristiche peculiari dei vari Cru delle principali zone di produzione.
Alla prima edizione dell’evento abbiamo avuto la partecipazione di 138 aderenti tra operatori ed appassionati, nei vari seminari proposti.
PROGRAMMA
Sabato 28 febbraio 2015
ore 14:00 Apertura banchi di assaggio
ore 15:00 Seminario di degustazione. Le zone e i terroirs del Barolo
ore 18:00 Seminario di degustazione. I Grandi Cru di Barolo secondo la tradizionale mappa del 1979 delle grandi vigne del Barolo tracciata dall’Azienda Renato Ratti.
ore 20:00 Chiusura dei banchi di assaggio
Domenica 1 marzo 2015
ore 11:00 Apertura banchi di assaggio
ore 11:30 Seminario di degustazione. Atti di affetto: racconti corali di personaggi del Barolo
ore 14:00 Seminario di degustazione. Confronto tra Barolo e Nebbioli dell’Alto Piemonte.
ore 17:00 Seminario di degustazione. Focus sulla Vigna Rionda. Degustazione comparata dei Barolo Vigna Rionda: il riflesso di un terroir di eccezione nelle microzone di un’unica grande vigna.
ore 19:00 Chiusura banchi di assaggio
In degustazione:
BAROLO DI CASTIGLIONE FALLETTO:
Cavallotto
Mascarello Giuseppe
Sordo Giovanni
BAROLO DI MONFORTE D’ALBA:
Giovanni Manzone
Principiano Ferdinando
Giacomo Conterno (seminario Cru)
BAROLO DI BAROLO:
Brezza Giacomo
Fratelli Barale
Borgogno
BAROLO DI LA MORRA:
Bosco Agostino
Aurelio Settimo
Batasiolo
Marcarini
Oddero
BAROLO DI SERRALUNGA D’ALBA:
Massolino
Palladino
Pira Luigi
Ettore Germano
Anselma Giacomo
Gabutti Boasso
BAROLO DI VERDUNO:
Castello di Verduno
GB Burlotto
Anche su Facebook: https://www.facebook.com/events/660257390749961/

Benvenuto Brunello di Montalcino 2010

Anche quest'anno ce l'abbiamo fatta, sono tornato vivo e vegeto, si fa per dire, dalla due giorni di Benvenuto Brunello che quest'anno era attesissimo da stampa e appassionati per via della super annata 2010 considerata un po' da tutti a 5 stelle.

Essendo un degustatore (NON) seriale consapevole che dopo X assaggi la tua lingua diventa della stessa consistenza della felpa che indossi, ho cercato di effettuare ex ante una scrematura degli oltre 135 Brunello di Montalcino in degustazione al fine di "valutare", a mio modo, solo le aziende e i vini che a me maggiormente interessavano. 

Di questi, vi riporto oggi su Percorsi di Vino solo i migliori XX che verranno commentati e contestualizzati utilizzando in linguaggio diretto e popolare. Basta tecnicismi, per oggi.

Le Ragnaie - Brunello di Montalcino "Fornace" 2010: il migliore assaggio della giornata mi ha ricordato un cielo terso, notturno, dove ricercare la stella polare.


Le Chiuse - Brunello di Montalcino 2010: è l'amico che vorresti sempre avere al tuo fianco perchè sai che non ti deluderà. Mai.

Fonte: www.ilbuonconsigliere.it

Tiezzi - Brunello di Montalcino "Vigna Soccorso" 2010: ci sono due certezze nella vita. Una è questo delizioso Brunello, l'altra non ve la dico...

Foto:intermarketandmore.finanza.com

Salvioni - Brunello di Montalcino 2010: corsa e sostanza per il solito cavallo di razza.

Foto: www.cibocanigatti.it

Il Marroneto - Brunello di Montalcino "Madonna delle Grazie" 2010: rappresenta la moglie ideale......in tutti i sensi.

Foto: gossip.nanopress.it

Mastrojanni - Brunello di Montalcino "Vigna Loreto" 2010: se il vino precedente era la moglie perfetta, questo sangiovese rappresenta la sensualità applicata all'amante perfetta.


Tenute Silvio Nardi - Brunello di Montalcino "Manachiara" 2010: berlo è come scoprire che la tua ex compagna di banco, all'epoca bruttarella ed insulsa, sia diventata la ragazza immagine di Lovable.

Foto: Upim.it

Barbi - Brunello di Montalcino "Vigna del Fiore" 2010: è come scoprire che la tua collega con cui lavori da 10 anni è in realtà la tua donna ideale. A saperlo prima....

Foto: www.ilquotidianoitaliano.it

San Giacomo- Brunello di Montalcino 2010: dalla serie "ma fino ad oggi dove eravate nascosti?".Piccoli grandi sangiovese crescono.

Foto: think29.com

San Lorenzo - Brunello di Montalcino 2010: avete presente quei bimbi piccoli piccoli che terminano il cubo di Rubik molto prima di voi? Ecco, bisogna solo aspettare che crescano per dimostrare la loro genialità.

Foto: alessadra.wordpress.com

Fattoi - Brunello di Montalcino 2010: innamorarsi di un produttore e un vino, a volte, è questione di dettagli sussurrati.

Foto: www.ormegrafiche.it

Le Potazzine - Brunello di Montalcino 2010: dopo averlo bevuto ho pensato a questo quadro di Klimt

Foto: http://www.forumlibri.com/

Vignaioli Naturali a Roma 2015: piccoli appunti di degustazione

A Roma, a febbraio, due sono gli appuntamenti fissi: quello con il freddo intenso e quello con i vignaioli naturali di Tiziana Gallo che con questa arriva alla settima edizione.
Come lo scorso anno siamo sempre al The Westin Excelsior Rome di via Veneto, cuore di quella che fu la "dolce vita" romana che questo fine settimana si è trasformata in un raduno di appassionati di vino e vignaioli naturali che, racchiusi tra le braccia di due sfarzose stanze, per alcuni anche troppo, hanno saziato la sete (fortunatamente per Tiziana) di tante persone.
Rispetto alle precedenti edizioni ci sono tante conferme e tanti volti nuovi, tutti potenzialmente interessanti anche se, come spesso mi accade, è francamente impossibile passare da tutti nell'arco di poche ore che scorrono via inesorabili tanto che il programma che ti eri fatto viene inesorabilmente sconfessato grazie anche alle tante chiacchere tra amici che stemperano, fortunatamente, l'ansia da prestazione del degustatore che è in me.


Basta tergiversare, veniamo al sodo. Tra i vini bianchi sono andato subito a botta sicura da due produttori che erano fianco a fianco: Ciro Picariello e I CliviIl primo va ricordato oltre che per il suo promettente Fiano di Avellino 2013, per ora meglio in bocca dove regala finezza e persistenza, anche per il suo Greco di Tufo da vigne prese in affitto da due anni e che solo ora, grazie alla mano di Ciro, stanno producendo uve all'altezza del vino che meritano.
Faccio un centimetro e mi sposto in Friuli da I Clivi che, come al solito, hanno una batteria di bianchi spettacolare dove svetta, a mio giudizio, un Brazan 2012 da urlo grazie alla sua esuberante mineralità, quasi sassosa, che al sorso si accompagna ad una persistenza quasi infinita. Ah, era presente anche una bottiglia di Brazan 2001 sui cui non esprimerei giudizi per non andare troppo fuori scala...


Tra gli altri bianchi da segnalare la garganega di Giovanni Menti che, per l'occasione, sfoggiava la t-shirt con scritto il suo credo aziendale: Vino Volutamente Declassato. Il suo Riva Arsiglia 2013, il suo cru di garganega, è davvero profondo e tira fuori tutto il territorio da cui proviene.


Non ho fatto in tempo a passar da loro ma mi dicono che, come al solito, i vini di Zidarich, Terpin e la selezione Sarfati erano tutti in splendida forma.

I rosati in degustazione non erano tantissimi ma, su tutti, è svettato il Cerasuolo d'Abruzzo "Le Cince" 2013 di De Fermo che mi ha davvero emozionato con i suoi profumi floreali e la sua beva terribilmente compulsiva. Stefano anno dopo anno migliora e, anche grazie ai suoi maestri, non può che diventare un nuovo punto (De) Fermo nel suo territorio. Giuro che questa non le sa sono preparata. P.S.: attenzione anche ai suoi bianchi a base chardonnay e pecorino e, ovviamente, al suo Montepulciano d'Abruzzo dal carattere intenso e minerale.


Tra i tanti vini rossi degustati, alcuni improponibili, le solite certezze vengono, come spesso accade, dai "soliti noti". Vogliamo parlare di ARPEPE? Isabella Pelizzatti Perego come sempre ha portato a Roma tutta la qualità del suo territorio rappresentata non solo dal grande Rocce Rosse 2002 ma anche, e soprattutto, dai vari Grumello "Rocca de Piro", Sassella "Stella Retica" ed Inferno "Fiamme Antiche" i quali, ognuno con le sue caratteristiche, forniscono luce abbagliante al panorama vitivinicolo della Valtellina.


Altre solite note sono Dora e Patrizia di Poderi Sanguineto che assieme a poche altre aziende di Montepulciano, stanno riscrivendo la storia del Nobile che spesso e volentieri così aristocratico non è stato. Degustate, se la trovate ancora, la loro Riserva 2011 e poi confrontatevi con gli altri Nobile di Montepulciano pari annata. Cambierete idea sul concetto di eleganza legata al prugnolo gentile.



Anche sul Boca delle sorelle Conti (Castello Conti) c'è ben poco da aggiungere se non che l'annata 2010 ha regalato un vino meno ricco ma più seducente rispetto alla precedente annata. Anche in questo caso, se già non lo avete fatto, il mio consiglio è quello di mettervi in cantina una bella cassa che andrà rigorosamente aperta tra almeno 5 anni.


Sempre in tema di classe e stile non posso non segnalare Stella di Campalto che col suo Brunello Riserva 2009, dal colore #ammericanograzie, ha regalato ai fortunati che sono riusciti a berlo un piccolo momento di contemplazione.



Il giro dei rossi prosegue facendo tappa dai Grifalcoche sfoggia come sempre una batteria di Aglianico del Vulture davvero interessante, e termina davanti a due "laziali" ovvero Damiano Ciolli e San Giovenale
Il mio debole per il primo ormai è cosa nota così come è una certezza il Cirsium 2010 (100% cesanese di affile da unico vigneto di un ettaro) che, assaggio dopo assaggio, mi convince del suo essere una delle migliori espressioni di vino rosso prodotto nel Lazio, e non solo, degli ultimi 10 anni. Attenzione anche al Silene 2013, degustato in anteprima, che potrebbe rappresentare un'altra sorpresa per il futuro. Damiano è contentissimo di questa annata e, sempre sottovoce, mi confessa anche che il Cirsium......



Di San Giovenale e del suo Habemus avevo scritto tempo fa sul blog un piccolo articolo che terminava con un punto interrogativo circa il futuro di questa giovane azienda e del suo unico vino. Se, così come è accaduto, l'Habemus 2011 ha spiazzato più di qualche critico a causa della sua arrogante ostentazione strutturale, con l'annata 2012 i detrattori dovranno necessariamente ricredersi. Il motivo? Semplice, Emanuele Pangrazi e tutto il suo staff sembrano aver trovato prima del solito la quadratura del cerchio dando vita ad un vino maestoso ma, al tempo stesso, straordinariamente equilibrato in ogni componente. Qualcuno molto più bravo di me lo ha già premiato all'interno della guida AIS e, a posteriori, non posso che applaudire la scelta.




Come al solito le ultime righe le dedico a ringraziare Tiziana Gallo e tutto il suo staff che ha curato come al solito una organizzazione perfetta. Al prossimo anno!

I Signori del vino: la seconda puntata per farci una risata

Roma, un sabato sera silenzioso di inizio febbraio. 

Ore 23.25, un urlo squarcia il silenzio di Roma Nord


"Iniziaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!"

"Stefy metto su la macchinetta del caffè!! Ah, avverti il vicino di casa che anche lui voleva acculturarsi. Che?? Sta vedendo la replica de "La dottoressa preferisce i marinai"??? Beh, ora che ci penso, in effetti, di CULtura ce ne è anche là....".

Come un moderno Fantozzi, in contemporanea, accendo la TV e mi sintonizzo su RAI DUE mentre verso il caffè nelle tazzine e mi collego sui vari social network per fare il live della puntata.


Ore 23.30

"Andrea, ma Pippo Inzaghi è diventato vignaiolo?"

"Ma che cazzo, un altro (ex) calciatore che produce vino? E già lo intervistano?"

Passano venti secondi e altro urlo a Roma Nord....

"Nooooooooooooooooooooooo, ma che palle ste partite, ma proprio oggi dovevano giocare Juventus e Milan???????? Ma sto cavolo di Sabato Sprint fino a che ora dura???? Stefyyy altro caffè che questi si stanno lamentando dell'arbitro e facciamo notte!!!".

Cerco di perdere tempo, mi giro per casa alla ricerca delle pinzette perdute nel 1990, l'ansia mi sta assalendo quando, poco prima dell'ora delle streghe, sento lei, la mia musica preferita.....


DUDURUDUDU TARARARA DUDUDUDURUDUDURUDURU TARARA'


INIZIAAAAAAAAAAAAAAAAA DAVVEROOOOOOOO

Eccoli, sono loro, Tolfa e Masi, detto da oggi #er-bretella, seduti all'interno dell'immancabile fuoristrada che stavolta percorre le strade siciliane. Bellissima e ad effetto, in apertura di puntata, la frase del direttore:"Dopo il Piemonte ci sembra naturale ripartire dalla Sicilia". Probabilmente il nesso di tutto ciò è contenuto nel quinto segreto di Fatima ma noi siamo stoici, andiamo avanti, quello che conta ora sono le strade che corrono verso Regaleali dove sicuramente li starà aspettando un piccolo contadino del posto.


"I Conti Tasca", per tre volte Tolfa e Masi ripetono la frase tanto che mi impaurisco e penso che la trasmissione abbia cambiato indirizzo rivolgendosi ad un pubblico di casalinghe alla ricerca delle migliori offerte nei supermercati. Oddio, non arriverà pure Luca Sardella?

Ma no, eccolo il primo ospite della puntata che spazza ogni mio dubbio: si tratta di un certo Conte Lucio Tasca d'Almerita, probabilmente un viticoltore locale che, dopo aver terminato il lavoro in vigna, ha voglia di raccontare un po' della sua terra non prima che Masi e Tolfa, con mossa astuta, ci facciano sentire delle emerite merde visto che, a quanto dicono, questo uomo dagli umili vestiti, tra le mille cose fatte nella vita, ha anche partecipato anche alle olimpiadi con la squadra di equitazione italiana. 


L'equazione mafia=Sicilia la quotavo a 1.01 ed infatti, dopo appena 4 minuti, arriva il domandone di Masi che, con aria funebre, chiede al nobile contadino:"In Sicilia incombe l'immagine della mafia, oggettivamente un'immagine cupa. Tu, nel sostenere la tua impresa anche all'estero, hai subito questo peso?". Risposta eloquente:"Sì, all'estero un po' mi domandano ma la magistratura ha fatto un ottimo lavoro, oggi la mafia è un fenomeno in forte diminuzione e questo lo si deve anche dai telegiornali che ogni giorno annunciano decine di arresti....". 

Mentre cerco il cartello di Scherzi a Parte, penso seriamente che alla fine non ci sono più le mezze stagioni e che Gianni Morandi non invecchia davvero mai.

A Regaleali non ci si stanca mai perchè, subito dopo un breve video sulla cantina Centopassi, riparte il pistolotto su quanto son bravi e belli da queste parti anche attraverso le parole di Alberto Tasca d'Almerita che, a confronto, fa apparire Gaia Gaia una liceale al primo giorno di scuola.

Dopo circa 10 minuti (un tempo pari ad un terzo del programma!!) è tempo finalmente di lasciare i Tasca d'Almerita. Peccato, stavo rivalutando la corazzata Potëmkin come nuovo genere di commedia brillante. 

Subito dopo, probabilmente perchè assopito, ho visto un tizio piccolo piccolo aggirarsi nel mondo dei giganti. Dopo la corazzata Potëmkin siamo entrando nel Fantastico mondo di Oz? Per la cronaca il mio non era un sogno ma, effettivamente, l'enologo della cantine Florio sembrava uno gnomo vino le antiche botti di vino marsala grosse quanto tre Bud Spencer.


La scena successiva vede Masi e Tolfa, leggermente impauriti e traballanti sulla Jeep, arrivare con qualche difficoltà sulle pendici dell'Etna. Appena scesi dal fuoristrada, e dopo aver ripetuto per almeno 150 volte la parola mineralità, cercano di spiegare al telespettatore, anche grazie all'aiuto del sempre affannato Simonit (#ossigienoalpotatoreplease), le caratteristiche della viticoltura etnea giocherellando ripetutamente con vecchie rocce laviche che vengano tastate a più non posso. Fonti interne riportano che la scena è stata ripetuta almeno 20 volte in quanto i due non si sono accorti che, inizialmente, hanno più volte strofinato le mani sui testicoli de La Cosa.


Parlando di vitigni e terroir etneo si arriva all'apoteosi quando Masi, con fierezza, parla del nerello (quale direttò?) come vino del futuro in quanto paragonabile per caratteristiche al pinot nero (di che zona direttò?)

Fonti interne sostengono che la Borgogna, dopo la puntata, abbia chiesto alla Francia il ritiro del proprio ambasciatore dal nostro Paese.

Il viaggio prosegue verso Pantelleria dove, pensando ai cannoli (vero direttò?), si intervista Diego Maggio, presidente del Consorzio, che parla del famoso vino dolce avendo come sfondo un carretto siciliano. Purtroppo è mancata la musica de Il Padrino suonata con lo scacciapensieri (marranzanu) ma, fonti interne, sostengono che la produzione abbia eliminato la colonna sonora considerata troppo rivoluzionaria.

Oh, finalmente arriva Arianna Occhipinti che racconta la sua storia di agricoltore fiero della sua terra di origine. Tutto bello, emozionante, ma per noi miseri telespettatori, che abbiamo scavallato ormai la mezzanotte da un pezzo, l'aspetto fondamentale dell'intervista ha riguardato il seguente quesito: perchè la regia ha oscurato le scritte sulle t-shirt dei collaboratori di Arianna

Quali messaggi subliminali nascondevano? 

Forse il tutto è collegato alle scie chimiche? 

Fonti interne dicono che a Vittoria si stia dirigendo la troupe di Mistero.


Arrivano gli ultimi due contributi della puntata ovvero la (finta) intervista via Skype ad Enzo Vizzari (Direttore Guide de L'Espresso) che sfida i telespettatori a non addormentarsi mentre parla dell'epopea del vino siciliano mentre l'ultima scena, come di consueto, viene lasciata a Masi e Tolfa che da attori consumati ripropongono un remake del Kolossal #ostechecazzodivinomiproponi 



Applausi a scena aperta!!!