Il Brut 130 di Casa Valduga ovvero lo spumante brasiliano col cuore italiano!

Durante i recenti mondiali di calcio ho rotto così tanto le scatole per poter degustare un vino brasiliano di qualità che alla fine il mio amico Gianluca Zucco, wine consultant residente  a San Paolo, per soddisfare la mia curiosità mi ha portato lo scorso Natale l'agognato regalo: uno spumante metodo classico made in Brazil!!!

Gianluca mi avverte subito, non devo aspettarmi grandi cose soprattutto se il target di riferimento è lo Champagne, il Franciacorta o il Trentodoc anche se in Brasile, è chiaro in questo, la qualità media dei prodotti si sta alzando notevolmente e questo metodo classico ne è un chiaro esempio.

Casa Valduga, l'azienda non mi è nuova e il nome fa trapelare chiaramente le origini italiane dei fondatori che, leggo sul sito internet, sono partiti da Rovereto (Trentino Alto Adige) arrivando in Brasile nel 1875 dove hanno coltivato i primi vigneti all'interno dello Stato del Rio Grande do Sul.

Casa Valduga, oggi, è gestita dai fratelli Erielso, Juarez e João Valduga ed è diventata nel tempo sempre più importante tanto che rappresenta la più grande cantina di vino spumante in America Latina col merito, indiscusso, di aver dato vita al primo progetto enoturistico in Brasile grazie ad investimenti strutturali molto importanti nella Valle dei Vigneti (Vale dos Vinhedos Region) che si trova a circa 120 km da Porto Alegre ad una altezza di oltre 600 metri s.l.m.

Erielso, Juarez e João Valduga
Il Brut 130, prodotto a partire da uve chardonnay e pinot nero, è un metodo classico in tutto e per tutto ed affina sui lieviti per almeno 30 mesi prima del processo di dégorgement che, nel caso della mia bottiglia, è avvenuto nel 2014.

Foto: alicevarajao.wordpress.com

La veste cromatica del vino, come si vede (spero) anche dalla foto, è rappresentata da un giallo dorato abbastanza carico che suggerisce immediatamente fragranze di pesca gialla e frutta esotica assieme a sensazioni di glicine, mimosa ed echi tostati.


Al sorso non tradisce le aspettative giocando più sulla morbidezza che sulle durezze che, in tal caso, sono caratterizzate più dalla freschezza acida che dalla mineralità abbastanza latente. Persistenza non certo da record.

Considerazioni finali: aveva ragione Gianluca, non siamo certo ai livelli dei migliori spumanti europei, ma il Brut 130 mi è comunque piaciuto soprattutto per il suo non prendersi troppo sul serio e per la sua bevibilità che rimane il suo più grande pregio grazie anche ad una gradazione alcolica limitata (12%). Casa Valduga, inoltre, nonostante le dimensioni non certo artigianali, ha dalla sua una qualità media, non solo per gli spumanti, davvero invidiabile ed è una delle aziende brasiliane da tenere sott'occhio nel prossimo futuro.

Gianluca, tutto questo per dire che la prossima volta che rientri in Italia può portare dell'altro :)))


Il Fiano di Avellino Rocca del Principe alla prova del tempo: verticale storica 2007-2013

Chi ama il Fiano di Avellino, come me, non può non adorare un grande vignaiolo come Ercole Zarrella di Rocca del Principe che da anni, in punta di piedi, sta dando vita a vini dalla grande personalità territoriale.

Lo ero andato a trovare due anni fa e, da quel giorno, mi ero ripromesso di portarlo a Roma per una verticale del suo Fiano di Avellino. E' vero, sono passati circa due anni, ma alla fine ce l'ho fatta ed Ercole e sua moglie Aurelia li ho portati finalmente a Roma per la verticale storica del loro Fiano di Avellino che è stato degustato nelle annate 2007-2013 (anteprima).

Foto: Campaniastories.com

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2007: l'annata non è stata certamente facile visto il caldo intenso che ha trasformato la vendemmia, anticipata di 15 giorni, in un lavoro di selezione certosino. All'olfattiva il vino si presenta con una vesta aromatica da grande Fiano invecchiato grazie ad una dotazione idrocarburica, da fare invidia ai riesling della Mosella, accompagnata da tanta frutta gialla matura, fieno e tocchi di mineralità. Alla gustativa si fa gradire per struttura, rotondità e, soprattutto, per una progressione di ottima fattura grazie ad una dotazione acida, ancora, di tutto rispetto. Piccola ma importante informazione: è la prima annata con l'enologo Carmine Valentino.

Foto: Luciano Pignataro
Fiano di Avellino Rocca del Principe 2008: sono innamorato dei Fiano di Avellino di questa annata che trovo, alla pari della 2010, davvero incantevole per qualità media dei vini prodotti. Il Fiano di Ercole è stato il vero "Coup de coeur" della serata non tanto per la sua veste aromatica, giocata su toni di frutta secca, roccia, agrumi canditi e un pò di miele, ma quanto per il suo sorso che, rispetto alla 2007, è ancora più verticale e sapido chiudendo con una nota quasi salmastra di grande fascino. 

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2009: due anni fa scrissi che il vino si apre su toni di muschio, foglie secche, farine di castagne. Oggi la situazione non è cambiata moltissimo visto che, a queste fragranze, aggiungerei un aroma idrocarburico che fa somigliare questo millesimo alla 2007. Al sorso si conferma di buon equilibrio e sapidità anche se, a mio parere, è un gradino sotto, per personalità, dei precedenti assaggi.

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2010: non è affatto facile descrivere questo vino. Per niente. Potrei dire che oggi ha tutte le caratteristiche per essere un grande Fiano di Avellino perchè ha una complessità olfattiva davvero impressionante visto che, odorandolo, possiamo individuare la grande mineralità che lo caratterizza assieme a sentori di agrumi, melone bianco, ginestra, zagara,nocciola, spezie orientali, ghiaia e legna combusta. Il sorso è lungo, tridimensionale, di freschezza inondante e generosa sapidità. Perchè, allora, è difficile descrivere questo vino? Semplice, perchè è davvero arduo capire come sarà la sua parabola futura visto che la mia razionalità mi dice che l'eccellenza non può essere migliorata. Staremo a vedere...

Foto: larcante.com

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2011: tempo di novità in casa Zarrella! Cambia la bottiglia, che da bordolese diventa borgognotta, cambia l'etichetta che diventa bianca e più "aristocratica" e, soprattutto, cambia il tempo di uscita del vino che viene immesso sul mercato con un anno di ritardo privilegiando un maggior affinamento in cantina. Il risultato di questa nuova "filosofia" è un vino dalla grande eleganza, agrumato, compatto nella sua granitica mineralità che fa ricordare la roccia bianca fredda dei fiumi. Bocca tesa, freschissima, per certi versi ancora "cruda" e insicura. E' un Fiano che ha bisogno ancora di tanta bottiglia per esprimersi al meglio. Ili consiglio è di tenerlo ben conservato in cantina e riaprirlo tra almeno due anni.

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2012: Ercole metti in piedi un altro cambiamento nella vinificazione che ora è caratterizzata da macerazione con le bucce per 6 ore per il 50% della massa. Il risultato è un vino dall'impronta setosa, femminile nelle sua nuance floreale che riportano al sambuco, al biancospino, al lime, alla pera verde e a sbuffi mentolati e di bianca mineralità. Il sorso conferma che anche questo sarà un grande Fiano grazie ad una persistenza lunga, sapida, agrumata che richiama il terroir di Lapio in maniera ancestrale. E' un best buy da comprare finchè ce ne è!

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2013 (campione di botte): Ercole non si fa mancare nulla e anche per questo millesimo ha posto in essere due cambiamenti produttivi che riguardano il solo uso di mosto fiore in vinificazione e la totale eliminazione della vigna a Contrada Campore (esposizione sud), impiantata ora ad aglianico. Il risultato, anche in questo caso, è un vino nettamente verticale, quasi nordico per spina acida e sgargiante mineralità. E' troppo presto per dare un giudizio ma, se tanto mi da tanto, anche questa versione promette un luminoso futuro.

Foto: Campaniastories.com



Enzo Tiezzi, un nome e cognome che significano Brunello di Montalcino e Sangiovese

Ripenso a questa estate e la prima cosa che mi venne in mente è scrivere della breve ma intensa visita fatta ad Enzo Tiezzi a Montalcino. La prima persona che incontro giungendo in podere Soccorso, sede della cantina, degli uffici e dell'agriturismo, è sua figlia Monica, l'altra anima dell'azienda, che quasi si scusa perché suo papà non è ancora con noi. Con un sorriso chiedo dov'è e lei, un pò imbarazzata mi dice:"Eccolo, è là che gira per la vigna...". 
Alzo lo sguardo e vedo Tiezzi scendere e salire da podere Soccorso (il nome si ispira all'adiacente Santuario della Madonna del Soccorso) come uno scoiattolo. Oh, mamma, provo fatica solo a guardarlo. Poco dopo, senza un filo di sudore e con occhiali molti rock, ci raggiunge. 


Tiezzi nella sua vigna Soccorso
Probabilmente è troppo umile per farlo trapelare ma, da queste parti, il signor Enzo è un vero e proprio monumento al Brunello visto che da sempre cura la viticoltura e l'enologia nel territorio senese dove ha svolto per anni attività di consulente arrivando a diventare presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino.

Probabilmente non lo sa, perché anche io non faccio trapelare molto le mie emozioni, ma per me Tiezzi è un mito soprattutto per le sue battaglie a favore della purezza del sangiovese e, certamente, perché produce da anni uno dei migliori Brunello in circolazione caratterizzato, a mio parere, da uno straordinario rapporto q/p.

Mentre penso a tutto questo, quasi rapito, mi ritrovo con lui all'interno della vigna Soccorso, situata a circa 500 metri s.l.m. in direzione sud-ovest e caratterizzata da viti coltivate ad alberello piantate nel 1999, che rappresenta l'ultimo dei tre poderi annessi all'azienda da quando, negli anni '80, Tiezzi decise di mettersi in proprio acquistando le vigne Cerrino e Cigaleta (situate nel quadrante nord-est di Montalcino ed allevate a cordone speronato) per un totale, ad oggi, di circa 10 ettari di cui 5,50 coltivati a Sangiovese (Brunello di Montalcino) e 3 ad olivi.


Vigna Soccorso
Vigna Soccorso
Mentre ammiriamo il paesaggio e lo splendido vigneto curato in maniera maniacale come se fosse un giardino pensile, chiedo a Tiezzi circa l'annata in corso. "Sai Andrea, molto dipende da questo ultimo mese perché se il clima dovesse regolarizzarsi garantendo tanto sole e poca pioggia forse l'annata potrebbe salvarsi altrimenti si ripresentano le condizioni di millesimi poco felici per il sangiovese di Montalcino come sono stati 2002 e 1992. Ad oggi, come puoi vedere, siamo in ritardo con la vendemmia che, nella migliore delle ipotesi, nella zona sud di Montalcino potrebbe partire attorno al 20/25 settembre mentre a nord dovremmo forse aspettare anche metà ottobre per togliere l'uva nei vigneti più alti. Ma come si fa a dire ste cose con certezza visto questo clima?"

Ci spostiamo verso la piccola cantina aziendale posta a pochi metri dal podere. Come facilmente intuibile, rigore e tradizione sono i principi che ispirano l'enologo Tiezzi che fermenta la sua uva in tini di legno per poi affinare in botti di rovere della capacità di hl. 10/40. 


Oltre ad un Sant'Antimo doc - Chardonnay (da uve situate in podere Cigaleta), Tiezzi produce un Rosso di Montalcino (100% sangiovese da Brunello) e due Brunello di Montalcino: il Vigna Soccorso e il Poggio Cerrino

"Andrea, assaggiamo qualcosa assieme da botte?"

"Se proprio insiste dottore....."


Prendiamo i bicchieri e cominciamo inizialmente a degustare quello che sarà il Brunello 2010, sia Cerrino che Soccorso, e mi accorgo, con le opportune distinzioni dovute alla differenze tra i vigneti, che questa annata sarà davvero importante per questo vino. E' un sangiovese già sublime e cristallino che oltre ad un grande presente avrà un fulgido futuro.


Se il sangiovese targato 2011 mi sembra di buona materia ma ancora molto indietro, l'annata 2012, così come accaduto con gli assaggi da altri produttori montalcinesi, la trovo per il sangiovese di questa Terra davvero incoraggiante. Infatti, sia il Cerrino che la Vigna Soccorso sono fulgidi e di buon equilibrio già ora e non posso non pensare che quando usciranno sul mercato il risultato sarà davvero sorprendente. Gli opportuni scongiuri del produttori sono ben accetti!


Passiamo con buon ritmo a degustare l'annata 2013 che, nonostante il caldo intenso che anche Montalcino ha sofferto, Tiezzi mi assicura che potrebbe dare grandi soddisfazioni se si è scelto il momento esatto di vendemmia. Il suo sangiovese atto a diventare Brunello di Montalcino 2013, per entrambe i Cru, è un piccolo gioiello forgiato da un attento vignaiolo che, grazie alla sua esperienza, è riuscito a contenere l'esuberanza dell'annata. Chapeau!

Terminiamo con alcuni vini che attualmente Tiezzi ha in commercio, ovvero il Rosso di Montalcino 2013 e il Brunello di Montalcino Vigna Soccorso 2009. Il primo, di un bellissimo colore rubino luminoso, ha un bouquet con nitide note di ciliegia e viola ed un sorso che per carattere e complessità rappresenta un piccolo Brunello. 

Il Vigna Soccorso 2009, invece, è la quintessenza del sangiovese tradizionale di Tiezzi dove il profumo di viola, terra e ciliegia ben si fondono con una bocca strutturata ma di grande freschezza acida e con un finale salino davvero corroborante. E' un sangiovese "understatement" di altissimo profilo proposto, lo ribadisco ancora una volta, ad un prezzo che più onesto non si può. Chiedere in cantina.

Foto: vivino.com
Prima di andare via, mentre ringrazio Enzo Tiezzi e sua figlia Monica per la piacevole mattinata, strappo loro la promessa di organizzare assieme una bellissima verticale dei loro Brunello. Stay tuned perchè a breve ci saranno sorprese!!!

Natale 2015 con Percorsi di Vino

Natale, tempo di regali? Nooooo, basta, tanto tutti i vari blog vi avranno "rotto le scatole" con tutti i consigli per gli acquisti in materia di vino ed affini.

Percorsi di Vino, stavolta, non vi vuole consigliare nulla ma intende augurarvi Buon Natale con alcune immagini, trovate in Rete, che potranno esservi utili per creare o decorare il vostro albero di Natale in salsa alcolica.

Fatemi sapere se vi piacciono!!















Fattoria Casabianca e il buon Chianti dei Colli Senesi

Valentino Ciarla oltre ad essere un amico è soprattutto un bravissimo enologo e poco tempo fa mi ha fatto scoprire Fattoria Casabianca, una realtà toscana decisamente interessante che si estende per oltre 600 ettari di proprietà nei dintorni di Murlo, un'area di origini etrusche in provincia di Siena il cui terroir, dicono, è molto simile alla vicina Montalcino.


Di proprietà della famiglia Cenni, l'azienda dal 1997 ha iniziato un grande lavoro di ristrutturazione dei vigneti, che coprono oggi circa 70 ettari in conversione biologica, suddivisi tra sangiovese grosso, canaiolo, cabernet sauvignon, colorino, merlot e vermentino (piantato recentemente).

In cantina troviamo Giacomo Sensi oltre che al già citato Valentino Ciarla.

Tre sono state le bottiglie degustate, il Chianti dei Colli Senesi "base" e due Riserve. Le valutazioni? Eccole qua sotto!

Fattoria Casabianca - Chianti dei Colli Senesi 2013 (sangiovese 80%, merlot, cabernet sauvignon, canaiolo e colorino 20%): il colore rubino vivo permeabile alla luce mi mette già di buon umore che non passo odorando il vino che ha un olfatto variopinto, coeso ed intenso dove ritrovo subito la bella nota di ciliegia rossa che viene accompagna da sensazioni di violetta e ricordi balsamici.In bocca ha un corpo calibrato caratterizzato da freschezza e sapidità e da tannini di buona fattura. Piacevolissimo il finale fruttato. Un Chianti dei Colli Senesi diretto e senza troppo fronzoli che ha proprio della facilità di beva il suo punto forte. Vinificazione in acciaio e affinamento in barrique di secondo passaggio per alcuni mesi prima di passare in bottiglia per almeno due mesi.



Fattoria Casabianca - Chianti dei Colli Senesi Riserva 2011 (sangiovese 80%, merlot 5%, canaiolo 5% e colorino 5%): il respiro profondo di una Riserva lo si percepisce immediatamente mettendo il naso nel bicchiere che emana fini sensazioni di mora matura, tabacco da pipa, humus, cuoio, eucalipto. Al sorso è pieno ed avvolgente e caratterizzato da un equilibrio evidentemente raggiunto grazio ad un fitta trama tannica mirabilmente integrata. Il finale è lungo e sapido anche se un leggero amarognolo nel finale, figlio dell'affinamento in legno, ci avverte che questa Riserva è lungo dall'essere un vino ancora pronto. Vinificazione in botti di legno da 40 hl e in vasche di acciaio mentre l'affinamento avviene in barrique francesi per circa 6 mesi a cui segue un ulteriore riposo in bottiglia per almeno 300 giorni.


Foto:vinopolis.co

Fattoria Casabianca - Chianti dei Colli Senesi Riserva "Belsedere" 2008 (sangiovese 100%): inizialmente pensavo di aver letto male l'etichetta visto che la scritta è abbastanza stilizzata ma poi, la retroetichetta della bottiglia,ha confermato che si tratta proprio di quella parola che, a parte gli scherzi, deriva dal nome del podere situato in una colle tondeggiante dal quale, mettendosi a sedere, si poteva contemplare lo splendido paesaggio toscano.
Prodotto da cinque cloni di sangiovese, il vino si caratterizza per un'anima irruenta e verticale che, con le dovute distanze, mi rimanda a certi Brunello di Montalcino appena messi in commercio con un quadro olfattivo in divenire fatto di viola, more, lamponi, bacche di ginepro e sbuffi balsamici. In bocca è quasi arrogante grazie alla sua acidità sferzante e ai tannini decisi anche se leggermente verdi. E' giovanissimo, lo grida scomponendosi leggermente nel finale che rimane comunque sapido e con tocchi minerali. Va solamente aspettato, non si sa quanto, ma potrebbe valerne decisamente la pena. Fermentazione in barriques da 225 l in barriques francesi per circa 18 mesi ed affinamento in bottiglia per circa 6 mesi.


Devo ancora degustare il loro Colorino in purezza, rimanete sintonizzate perchè questa è un'azienda da tenere in considerazione. Grazie a Valentino Ciarla per la dritta e a Lorenzo Laschetti, responsabile commerciale, per il supporto informativo. Alla prossima!

Il Colle Gaio di Casal Pilozzo alla prova del tempo

Di culto, secondo il dizionario, è un film, un libro o, nella fattispecie, un vino che, per particolari motivi, continua ad avere un pubblico di appassionati, seppur ristretto, anche per molto tempo dopo la sua uscita.

Prendendo come buona questa affermazione possiamo perciò affermare che il Colle Gaio di Casal Pilozzo è senza ombra di dubbio un vino cult anche perchè, aggiungo io, la sua fama è tutt'altro che dipendente dagli aspetti commerciali della piccola azienda laziale che sembra far di tutto per non apparire nel circo mediatico del vino italiano.


Casal Pilozzo,di proprietà della famiglia Pulcini, è situata nel comune di Monte Porzio Catone su una splendida collina, posizionata a nord/est che domina Roma e il suo hinterland.

Antonio Pulcini. Foto: Winesurf.it

Colle Gaio, in particolare, è un vero e proprio Cru di tre ettari di Malvasia del Lazio piantata sul classico suolo dei Castelli Romani ovvero un terreno di origine vulcanica ricco di potassio, fosforo ed altri microelementi.
Le uve, dopo la vendemmia manuale, vengono vinificate in acciaio e il vino, subito dopo l'imbottigliamento che avviene poco prima della vendemmia successiva, viene messo a maturare nelle grotte di tufo che si trovano sotto l'azienda per un periodo variabile che può raggiungere e superare anche i venti anni.

La prova, a quanto appena scritto, lo avuto qualche giorno fa durante la verticale storica di Colle Gaio tenuta da Marco Cum e dallo stesso Antonio Pulcini che, dalle proprie cantine, ha tirato fuori le annate 2004, 2001, 1998, 1997, 1994 e.... 1992.


Colle Gaio - Casal Pilozzo 2004: iniziamo la verticale dal più "giovane" al fine di comprendere, nel tempo, come questo vino evolve grazie alla sua lenta maturazione. Questa malvasia del Lazio si presenta subito come te l'aspetti, molto legata al terroir di provenienza, per cui largo spazio agli aromi di ginestra, frutta gialla non troppo matura e l'immancabile cornice minerale, che in questo caso prende la forma della grafite, che ci accompagnerà lungo tutta la degustazione anche se con profili diversi. Bocca piena, intensa, di struttura, che viene compensata da una importante vena sapida.


Colle Gaio - Casal Pilozzo 2001: opulento già dal ventaglio aromatico che regalo sensazioni di crema di limone, cedro, mela cotogna ed erbe aromatiche essiccate assieme ad un pizzico di miele di castagno. L'orizzontalità del vino emerge anche al sorso la cui parte fruttata, copiosa, viene (fortunatamente) raddrizzata da una nota fresca che, probabilmente, è maggiore rispetto alla 2004 anche se non è così intuibile dato lo spessoro del vino. 

Colle Gaio - Casal Pilozzo 1998: naso profondo ed enigmatico che inizia leggermente a svelare la terziarizzazione aromatica del Colle Gaio che vira verso effluvi che ricordano il cherosene e la ghisa e che, per certi versi, fanno somigliare la malvasia del Lazio al grande riesling tedesco. Al sorso il vino conferma la sua durezza e la sua aristocraticità ma, sopratutto, entusiasma per equilibrio e persistenza sapida. Qualcuno, durante la verticale, ha parlato di un play boy che, nonostante l'età, non rinuncia a sedurre e conquistare le sue prede...

Colle Gaio - Casal Pilozzo 1997: tornano le note di ghisa e cherosene che sono associate stavolta a sensazioni odorose di foglie autunnali e frutta bianca non matura. Un vino, pertanto, che sembra dipinto in chiaroscuro e che si connota anche per un sorso di grandissima finezza e sobrietà. Il suo perfetto equilibrio e la sua grande bevibilità fanno di questo Colle Gaio una malvasia "di pancia" che avresti dubbi a portare a tavola stasera con un bel piatto di fettuccine ai funghi porcini.


Colle Gaio - Casal Pilozzo 1994: l'annata e l'evoluzione lasciano esplodere, con tutta la loro severità, le note di idrocarburo che, metaforicamente, mettono la freccia alle sensazioni di mineralità vulcanica tipiche della annate più giovani. Vino maschio e difficile per eccellenza anche per via di un contorno aromatico che, via via col tempo, prende i contorni della gomma bruciata, del ferro arruginito, del fieno secco e delle erbe aromatiche (salvia e origano). La bocca è straordinaria per via di una freschezza e di una vivacità inaspettata che portano a rimorchio tutte le note sapide del vino determinando una persistenza lunghissima su note ferrose. 

Colle Gaio - Casal Pilozzo 1992: vino incantevole, un caleidoscopio di sensazioni minerali (cercatele tutte!!) che vengono letteralmente prese a sberle da una esuberanza acida, tipica dei grandi vini del nord, che rimescola e confonde ogni certezza gustativa donando alla malvasia di Antonio Pulcini non solo venti anni in più ma, soprattutto, tutta la dignità che merita un grande bianco dei Castelli Romani il cui territorio, diciamolo chiaramente, dal punto di vista vitivinicolo è stato spesso violentato da scelte quanto meno sbagliate. Piccola postilla elimina polemica: il Colle Gaio 1992 è ancora in vendita in azienda per cui no abbiate timore di contattare la famiglia Pulcini per acquistarlo.


Etichette di vino?????


Forever Amber  


Questo è un vino Sudafricano e l'etichetta mostra una donna che, a mio parere, a un sex appeal pari ad un cartoccio di alici fritte. L'etichetta è stata dipinta da George Paul Canitz, un artista degli anni '20 che pare si sia ispirato nel nome ad un famoso libro del tempo. Il vino è una sorta di moscato fortificato. Dalla serie bere per dimenticare l'etichetta...

Mad Housewife
Mad Housewife Cellars

C'erano una volta le Casalinghe Disperate, oggi invece abbiamo le Casalinghe Pazze che si mettono in testa di bere dello Chardonnay californiano del 2004 al sapore di Ikea, cioè legno..... Forse la pazzia è berlo?

Sogno uno
Savanna Wines

Ecco, forse questa è un'etichetta sexy e non poteva essere altro visto che il vino,70% Cesanese, 20% Sangiovese e 10% Montepulciano, è il "famoso" Sogno Uno prodotto dalla porno star Savanna Samson, un vino dicono ormai introvabile che ha ricevuto attenzioni, ben 91 punti, da quell'allupato di Robert Parker. Ah, volete sapere com'è Savanna Samson? Eccola!

Savanna Samson

Ed infine....

Tiny Bubbles 
Harper Hill

Mamma mia, dopo il vino della porno star arriva il vino della Buzzicona. La cantina produttrice è sempre l'americana Harper Hill's Oildale Winer che ci ha deliziato in passato gli occhi e (non) il palato con il White Trash White.   
Oggi la gamma dei vini di questa imbarazzante cantina si amplia con queste bollicine a base di Syrah e Zinfandel particolarmente consigliato per le feste perchè:"You can't have a party without Tiny Bubbles". Terribbbbile!!!!!!