Le Macchiole: verticale storica di Paleo

Ancora una volta una interessante verticale, stavolta vi (ri)porto a Bolgheri, a Le Macchiole, per parlarvi di come il Paleo, il vino più amato da Cinzia Merli Campolmi, sia cambiato nel tempo snaturando quello che una volta era un “semplice” blend di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc.

In occasione del Roma Vino Excellence & Merano Wine Festival e alla presenza non solo di Cinzia ma anche dell’enologo Luca D’Attoma, abbiamo valutato il vino, anno dopo anno, partendo dal 2000, tralasciando in questo excursus solo il millesimo 2002 per il solo fatto che in azienda ne avevano poche scorte residue.

Paleo 2000 (CS 70% - CF 30%): eccellenti condizioni climatiche in primavera. Invasatura anticipata di circa 10 giorni. Estate inizialmente regolare, poi torrida da metà agosto a metà settembre. Maturazioni anticipate che hanno portato ad anticipi di vendemmia anche di dieci giorni di media. Il Paleo, in tale annata, è estremamente sapido, marino, il profilo olfattivo è rappresentato da erbe aromatiche, frutta nera, note minerali e vegetali che, come ha affermato D’Attoma, col tempo si sono stemperate.
Bocca compatta, lievemente salmastra, manca un po’ la spinta acida che non riesce ad equilibrare la verve alcolica. Le note minerali prolungano a sufficienza la persistenza.

Paleo 2001
(CF 100%): il passaggio totale al Cabernet Franc non poteva avvenire in una stagione migliore, un inverno mite, una primavera fresca ed un’estate non troppo calda hanno permesso alle uve di raggiungere una maturazione ottimale. Naso ricco di frutta nera di bosco, spezie ed erbe officinali che lo rendono estremamente deciso e dai profumi intensi. Al gusto ampiezza, complessità ed equilibrio si fondono come strumenti in una grande orchestra. Lunga la chiusura finale.

Paleo 2003
(CF 100%): autunno ed inverno molto piovosi e rigidi, primavera ed estate calde e siccitose hanno generato, come sappiamo, anticipi di maturazione e problemi i maturità fenolica delle uve. Il vino, nonostante tutto, riesce a mantenere una certa personalità e una discreta profondità olfattiva giocando su opulenti note di frutta rossa, cacao e caffè. Non avrà certo lo spessore e la lunghezza del 2001 però rappresenta sempre una ottimo risultato in una zona non proprio fresca come la costa bolgherese.

Paleo 2004
(CF 100%): non c’è nulla da fare, la 2004 a Bolgheri è stata una grandissima annata, l’andamento climatico è stato il più regolare degli ultimi venti anni e così come accaduto per il Sassicaia, anche per il Paleo siamo di fronte al miglior vino della giornata. Naso ampio e ricco di sensazioni balsamiche, minerali, c’è un cesto enorme di frutta rossa dentro il bicchiere, poi esce tutto il mediterraneo di Bolgheri e qualche effluvio di spezie nere. Al palato è ineccepibile, avvolgente, pieno, sapido, equilibrato, è un vino che possiamo aprire con sommo gaudio ora come nei prossimi dieci anni.

Paleo 2005
(CF 100%): questa annata è stata caratterizzata da un inverno abbastanza rigido, una primavera mite e un’estate con temperature fresche soprattutto in Agosto dove, a metà mese, si sono avute piogge copiose. Questa freschezza climatica la possiamo risentire anche nel vino che è meno potente dei precedenti ma sicuramente più fine, elegante, si apre con sensazioni di mora, cassis, tabacco da pipa, spezie nere e delicati effluvi vegetali. In bocca non manca certo di materia e di equilibrio, il tannino spinge meno rispetto al 2004 e questo regala una fluidità di beva non indifferente. Persistenza finale di buona qualità.

Paleo 2006
(CF 100%): andamento stagionale molto regolare, le temperature non sono state mai né troppo fredde né troppo calde, consentendo la conservazione delle risorse idriche necessarie e uno sviluppo ottimale del potenziale aromatico e produttivo. Naso ben rifinito, cristallino nelle sensazioni di frutta nera (non rossa come il precedente), rosmarino, yogurt al mirtillo, polvere di cacao. Al palato c’è molta concentrazione e meno freschezza rispetto alla 2005, si sente la tanta polpa e forse un’influenza del legno che non si era notata nelle altre annate. Da aspettare nell’evoluzione.

Paleo 2007
(CF 100%): anteprima assoluta per i presenti. Si ritorna verso una maggiore finezza, nonostante il vino sia ancora in fase di affinamento, si intravedono belle potenzialità sia aromatiche che gustative con una bocca già ottimamente equilibrata, senza eccessi né sbavature. Dopo la 2004 forse rappresenta il miglior Paleo in prospettiva. Chi vivrà vedrà!

Tutti contro l'highlander del vino. Il caso Fiat Doblò.



C’ho messo un po’ a pubblicare sto post, molti prima di me mi hanno anticipato, però volevo essere sicuro che lo spot del Fiat Doblò non faceva cagare soltanto a me. E così è stato.

Anzitutto, e lo dico da consumatore, lo spot è ridicolo e non me ne frega un emerito che sia stato diretto da Gabriele Muccino. Anzi, peggio mi sento, visto che si sarà preso fior di quattrini dalla Fiat che, invece di pagare gli operai in cassa integrazione, spende fior di euro per ste scemenze.

Lo spot, mi ripeto, è ridicolo. Guardatelo e poi vedete se facendo queste considerazioni sbaglio:

  • Lambert ormai assomiglia a Babbo Natale, non è più il figo di una volta, e con la spada ormai fa solo che ridere. Mi mette più paura topo gigio cavaliere.
  • Lambert è francese. Cavolo. Ma che a noi i francesi fanno fare la pubblicità della Renault? Ce lo vedete l’A.D. della casa automobilistica francese che chiama Verdone (che è mille volte meglio di Lambert come bravura) che promuove la Scenic facendo il coatto romano che va a prendere Carla Bruni all’Eliseo?
  • Non sono nazionalista ma….la Fiat è italiana, piemontese, Muccino è italiano, e loro che vino vanno a reclamizzare nello spot? Piedra Negra, un vino da uva Malbec. Argentino. Porca misera, e qua riprendo gli amici di Sapori del Piemonte, ma non potevate valorizzare uno dei tanti splendidi vini piemontesi mettendo come panorama le Langhe? Quelli della Leo Burnett, cioè i signori del marketing made in Fiat, sono mai stati a La Morra? Avete visto che razza di panorami che ci sono là? Altro che Mendoza….
  • Almeno, si dirà, Lambert si promuove come produttore di vino….. Sicuri? Il tanto sospirato vino Piedra Negra non lo produce Lambert ma François Lurton. Francese che ha proprietà in Argentina, Cile, Francia, Portogallo e Spagna.

Vogliamo ancora farci del male?

Ah, ecco un vecchio spot. Notare la differenza.


Giovedì 22 Aprile 2010. Podere San Lorenzo all'Antica Osteria l'Incannucciata di Roma

Luciano Ciolfi è sicuramente uno dei giovani e talentuosi produttori di Brunello di Montalcino. La sua piccola azienda, Podere San Lorenzo, sarà ospite dell'Antica Osteria l'Incannucciata in una serata dove scopriremo tutti i segreti del più importante e famoso vino italiano al quale saranno abbinate le creazioni di Dino De Bellis.

In degustazione: Rosso di Montalcino 2007 e 2008 e Brunello di Montalcino 2004 e 2005.

Menù

La trippa non c’è più (omaggio ad Arcangelo Dandini)
La vignarola a modo mio

Carrè di maialino croccante con purè di mele e mosto cotto
ù
Coda di vitello alla vaccinara su tortino di sedano rapa

TiraTisu

Costo della cena: 35 euro

Inizio della cena ore 20.30

Info e prenotazioni: 389/6726923 oppure 06/45424282

Perchè quando parliamo di guide del vino ci facciamo del male?

Dopo la presentazione ufficiale di Slow Wine durante l’ultimo Vinitaly la bomba è stata innescata e, complice il clima spesso poco amichevole tra gli esperti di vino, sia essi giornalisti o blogger, ci è voluto pochissimo per far esplodere la polemica.
Dal mio punto di vista, vecchi rancori e una certa dose di insana competizione, hanno portato Slow Food, Porthos e Gambero Rosso ad attaccarsi tra di loro in una guerra fratricida che non porta a nulla se non a convogliare forze in direzioni sbagliate non capendo che il mondo del vino ha bisogno di tutto tranne che di rivalse, risentimenti ed animosità. La lotta si svolge su più fronti.

C’è Luciano Pignataro (Slow Food) che dalla pagine del suo wine blog attacca Daniele Cernilli, deus ex machina della Guida ai Vini d’Italia, per l’editoriale apparso sulla rivista Gambero Rosso.
Un editoriale, se leggete bene, in cui si critica Carlin Petrini per alcune sue recenti prese di posizione (vedi Repubblica o la trasmissione di Fazio "Che tempo che fa"). Sarò ingenuo, ma leggendo bene non ho visto attacchi diretti alla nuova guida della chiocciolina anche se, temporalmente, l’editoriale potrebbe creare inutili dietrologie.
Ultim'ora: dai commenti che leggo sul blog noto che Pignataro e Cernilli abbiamo sotterrato l’ascia di guerra. Meglio così.

E Porthos in tutto questo? La cellula di resistenza creativa con a capo Sandro Sangiorgi, dalle colonne della sua (bella) rivista, pubblica un editoriale a firma di Gianpaolo Di Gangi, dove si critica in maniera più o meno costruttiva Slow Food accusando l’associazione di non essere così innovativa e trasparente, soprattutto per quanto riguarda la correlazione tra l’incarico di Giancarlo Gariglio e la FIVI, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, con sede in Bra (Cuneo) in Via della Mendicità Istruita 45 (pochi civici dopo la porta di Slow Food, al numero 14).
Giancarlo Gariglio, che conosco personalmente come persona competente e corretta, risponde punto su punto a tutte le perplessità, soprattutto di carattere personale, lanciate dalle Di Gangi che rilancia, a mio modo di vedere positivamente, invitando lo stesso Carlin Petrini a “parlare con loro” al fine di chiarire tutti i punti aperti (che potete leggere qua) e raggiungere assieme, finalmente, un nuovo punto di equilibrio. Speriamo l’incontro si faccia a breve.

In tutta questa “guerra delle guide” fortunatamente manca l’Espresso. Vizzari sarà come la Svizzera? Beh, chi vivrà vedrà anche se auspico, di tutto cuore, che Pignataro, Cernilli, Ziliani, Gariglio, Sangiorgi (o chi per lui) la smettano di litigare tra loro visto che noi, semplici utenti finali, abbiamo bisogno di vera cultura del vino e non di cultori della polemica del vino.

Ultimissima ora: stai a vedere che anche la Svizzera...

Le foto sono tratte dal wine blog di Luciano Pignataro

A Sud del Vinitaly c'è anche Nanni Copè e il suo "Sabbie di sopra il bosco" 2008

Per inquadrare l’azienda non posso far altro che prendere a prestito le bellissime parole del produttore stesso.

Nanni Copè nasce dalla passione viscerale per il vino di Giovanni Ascione e dall’incontro con u
na vigna straordinaria, a Castel Campagnano, nell’alto casertano. La zona è bellissima, incontaminata, con vigneti intervallati da macchie di bosco, suoli di sabbie arenatiche estremamente drenanti, pendenze che raggiungono il 25% e correnti d’aria tutti i giorni, tutto l’anno. Il massiccio del Taburno e quello del Matese sono vicini, con il mare a circa trenta chilometri ed il corso del medio Volturno che scorre non lontano.

Vigna Sopra il Bosco
ha un’estensione di due ettari e mezzo ed è collocata a circa 215 metri s.l.m., con un’esposizione prevalente a nord-ovest. L’età media delle piante
è intorno ai venti anni. Il vitigno principe è il Pallagrello Nero, tardivo, dalla buccia spessa, austero, dai tannini finissimi, in grado di dare vini dalla personalità estremamente marcata. Nei suoi filari, orientati da oriente ad occidente, si trova anche dell’Aglianico, per dare il suo contributo alla struttura ed alla spalla acida del vino; completa il quadro una piccolissima dose di Casavecchia, proveniente da vecchi ceppi ultracentenari a piede franco di proprietà, a pochi passi dalla cantina di vinificazione, nell’area di Pontelatone.

Quella per la Vigna Sopra il Bosco è una vera e propria ossessione. Le piante sono censite una ad una e l’intero vigneto è se
parato in settori, con potatura, gestione del verde, gestione della superficie e raccolta nettamente differenziati.
L’intera gestione agronomica mira a limitare al minimo possibile gli interventi, bandendo del tutto diserbanti e insetticidi. La vendemmia avviene filare per filare, a volte pianta per pianta, in base alla maturazione voluta, in un arco di tempo che va da fine settembre a metà ottobre. L’uva viene selezionata
grappolo per grappolo e vinificata in uvaggio, senza distinzione di vitigno, con masse omogenee solo per maturazione.

La vinificazione si basa sul controllo della temperatura costante, una macerazione non inferiore alle due settimane ed una fermentazione malolattica svolta in legno nuovo, in tonneau da 500 litri, dove poi il vino matura per un anno, prima di un lungo affinamento in bottiglia di circa otto mesi. Alla base di tutto, sola la ricerca della massima eleganza possibile. Nessuna surmaturazione, nessuna concentrazione eccessiva, solo l’espressione più pura di due vitigni nobili, piantati su suoli estremamente vocati alla viticoltura di qualità.

Ho incontrato Giovanni Ascione lo scorso sabato, durante il Vinitaly, era seduto un po’ in disparte perché temeva un po’ timidamente il grandissimo afflusso di gente che
solitamente c’è in feria durante il week end.
Il suo unico vino, il Sabbie di Sopra il Bosco 2008, è il vino che non ti aspetti, presenta sensazioni nette ed intense all’olfatto, correlate ad accattivanti note dolci di fiori rossi macerati, frutti di bosco, cannella, chiodi di garofano, grafite, terra vulcanica.

In bocca si conferma nitido, freschissimo, il vino circonda il palato carezzevolmente, sorretto da una struttura significativa e una trama tannica di buona qualità. Quello che colpisce è la totale assenza di qualsiasi nota vanigliata da legno nuovo. Un vino piacevolissimo che sono curioso di sentire tra qualche anno. Ah, mi sono dimenticato una cosa importante: si beve che è un piacere ed è l’unico vino che ho bevuto due volte nel giro di pochi minuti.


Vorrà dire qualcosa tutto ciò?


Le foto sono tratte dal sito dell'Ais Napoli e dal wine blog di Luciano Pignataro

Slow Wine, la nuova guida ai vini di Slow Food - Al Vinitaly svelati titolo, copertina e filosofia

Slow Wine, la nuova guida ai vini italiani di Slow Food che uscirà in ottobre, è stata presentata oggi in anteprima nazionale al Vinitaly. All’appuntamento sono stati svelati titolo, copertina, filosofia e collaboratori.

Ha aperto la serie di interventi Roberto Burdese, presidente Slow Food Italia: «Questa guida è figlia dei numerosi stimoli che continuamente ci giungono dagli amanti del vino della nostra rete associativa: l’enologia è sempre presente nel pensiero e nelle iniziative Slow Food. Voglio perciò sottolineare che questa pubblicazione è solo una parte del nostro impegno dedicato alla vitivinicoltura. Abbiamo infatti altre iniziative editoriali, i Master of Food, il sito slowine.it, ripartiranno i Presìdi del vino, il vino è protagonista in tutti gli eventi dell’associazione… La guida è un progetto che nasce con molte nuove idee e il contributo di molte nuove persone».

Marco Bolasco, direttore Slow Food Editore: «Slow Wine è anche il frutto del notevole sforzo e lavoro della nostra casa editrice, con l’impiego di risorse e intelligenze nuove e un partner importante come Giunti. A prova di questo voglio annunciare che ci saranno le edizioni in inglese e tedesco, il formato elettronico e le relative applicazioni per smartphone, e il libro avrà grafica e linguaggio innovativi. Slow Wine uscirà con una presentazione ufficiale il 20 ottobre, degna anteprima del Salone Internazionale del Gusto (21 – 25 ottobre, Torino)».

Introdotti da Gigi Piumatti, Presidente di Slow Food Editore, sono quindi intervenuti i curatori della guida.
Giancarlo Gariglio: «Era necessaria una riflessione e un sostanziale cambiamento nell’affrontare il mondo vino, un panorama molto dinamico. Secondo noi bisogna spostare l’attenzione dal mero bicchiere a tutto ciò che sta dietro, a partire dalle cantine, per avere una valutazione completa, precisa e affidabile. Slow Wine scaturisce da questo nuovo approccio, grazie al quale il vino è diventato veicolo per descrivere il territorio. Infatti la vera svolta che c’è dietro alla guida sono le 2000 visite in cantina con più di 150 collaboratori coinvolti. Un fatto unico nel panorama delle guide enologiche nazionali e possibile grazie alla rete associativa Slow Food. Abbiamo voluto conoscere le donne e gli uomini che lavorano in vigna».
«Adottando questo nuovo approccio» continua Gariglio «abbiamo voluto mettere in campo una diversa metodologia di valutazione, che si basa su tre parametri: rapporto qualità prezzo, eccellenza del prodotto e vicinanza alla filosofia Slow Food nelle pratiche dell’azienda (ecosostenibilità, legame con il territorio, valori socio-culturali quali il recupero di vitigni autoctoni o impianti tradizionali, l’appartenenza a realtà territoriali particolari quali la montagna…). Siamo così riusciti a esplicitare nella guida il vino in tutta la sua complessità, valore e peculiarità unici di questo mondo. E con i tre parametri valuteremo anche le cantine. Non utilizzeremo però punteggi, ma giudizi. Un metodo che garantisce completezza e profondità alla valutazione per conoscere gli uomini, le vigne e i vini, le tre parole chiave di Slow Wine».

L’altro curatore, Fabio Giavedoni: «Abbiamo organizzato incontri su tutto il territorio italiano per definire il format dei giudizi. Slow Wine si basa sulle visite in cantina per un rapporto diretto con i produttori. Ma non si sono abbandonate pratiche assodate. Successivamente infatti si passerà alla fase dell’assaggio, che si è svolgerà in maniera tradizionale (alla cieca). Novità e continuità accompagnano così il giudizio. Nelle schede ci saranno inoltre “carte d’idenità” delle cantine con le informazioni che i vignaioli ci hanno fornito sotto propria responsabilità, una sorta di autocertificazione, ma con la garanzia del rapporto che abbiamo instaurato con loro. Oltre ai 150 collaboratori, al panel di valutazione si è aggiunto un team di “ospiti” italiani ed esteri, costituito da giornalisti, grandi appassionati, enotecari, blogger e importanti sommelier. Segno che Slow Wine è un’opera aperta: novità, tradizione e contaminazione».

Fonte: Slow Food

Palari, Elena Fucci, Gianfranco Fino, Cantine Viola: il mio Vinitaly rotolando verso Sud

Il mio cuore, nell’unica giornata passata al Vinitaly 2010, si è fermato più volte presso lo stand di Volpe Pasini, importante produttore friulano di cui ho parlato anche qua, dove erano presenti tutti i produttori che la stessa azienda distribuisce Palari, Elena Fucci, Gianfranco Fino e Cantine Viola. Un tuffo nel profondo sud dove l’uva è solo frutto di passione e grande tradizione.

Salvatore Geraci, vestito come un gentleman inglese, ci illustra brevemente le sue due perle: il Rosso del Soprano 2007 ed il Faro Palari 2006. Qua non c’è nulla da scoprire, semmai ogni volta che li bevo riscopro il rammarico di non berli mai abbastanza questi vini, così simili e così diversi tra loro. Il Rosso del Soprano non è e non deve essere considerato il “secondo vino” di casa Palari, incanta i miei sensi con la delicatezza floreale della rosa e della viola e con una freschezza che da un siciliano verace non ti aspetti. Il Faro Palari è sempre il solito, complesso, ampio, grandioso nelle sue note di frutta rossa selvatica, tabacco, cuoio e note eteree.
La bocca è ricca, fruttata, fresca, incantevole se penso alla trama tannica finissima e alla persistenza da applausi.

Elena Fucci non è nemmeno trentenne ma ha una caparbietà ed una forza da grande veterana del vino. Da quattro generazioni la sua famiglia produce Aglianico, prima conferito ad altri produttori della zona e poi, a partire dal 2000, utilizzato per produrre in proprio l’unico vino aziendale, il cui nome, Titolo, da sempre si identifica col territorio dove sono ubicati i vigneti aziendali, collocati nella parte più alta tra i 250 ed i 600 metri della collina di Barile, nella contrada di Titolo, una delle zona più vocate all’interno dell’area DOC dell’Aglianico del Vulture. Elena, che tra l’altro è anche enologo aziendale, ci presenta l’annata 2008 del suo Aglianico, un vino di grande impatto olfattivo, minerale come il suolo vulcanico e di grande respiro fruttato e speziato. In bocca è caldo, intenso, caratterizzato da un tannino di grana pregevole e da una persistenza minerale che richiama ancora una volta il terroir di riferimento. Da oggi anche l’Aglianico è donna.

Simona e Gianfranco Fino rappresentano il sorriso della Puglia, terra di passione, terra di Es, termine col quale Freud identifica la parte del nostro Inconscio dove si ritrovano fattori ereditari, istinti, impressioni e pulsioni che soggiaciono al principio del piacere e che trovano sfogo attraverso immediate rievocazioni dell'oggetto libidico (sogni, fantasie diurne, fantasticherie). Un nome, un destino. L’ES 2008 è puro edonismo mediterraneo, è l’anima del Primitivo di Manduria disciolta nel bicchiere: marasca sotto spirito, prugna, carruba, liquirizia, terra rossa, soffi marini, sono solo una minima parte dei riconoscimenti aromatici di questo vino di territorio che, al palato, incanta soprattutto per l’equilibrio (siamo quasi a 17 gradi alcolici) e la persistenza. Come perla finale non poteva mancare un bicchiere di quel prezioso nettare chiamo Es più Sole, un primitivo dolce naturale che avevo recensito qualche tempo fa durante l’evento “Dolce Puglia”. Alle mie precedenti lodi non saprei altro che aggiungere se non che il vino, con qualche mese più di bottiglia, ha acquisito ulteriore complessità e finezza , caratteristiche che mi hanno permesso di esclamare al primo sorso la seguente frase:”E’ puro velluto rosso quello che sto deglutendo”.

Passiamo alla Calabria ed ad un grandissimo prodotto della sua terra: il Moscato Passito di Saracena. Presidio Slow Food e presente da tempo immemore presso l’enoteca pontificia, questo vino dolce è alquanto insolito perché prodotto da due mosti ottenuti con tecniche diverse. Il primo si ottiene facendo appassire le uve di moscato per 2 o 3 settimane su graticci, l’altro si ottiene invece sottoponendo a riduzione mediante riscaldamento (bollitura) il mosto ottenuto da uve di malvasia bianca, odoacra e guarnaccia, cioè uve a maturazione tardiva, riducendolo d’un terzo. I due tipi di mosti così ottenuti vengono riuniti e lasciati fermentare lentamente e naturalmente in botti di legno o acciaio (a seconda del produttore), senza aggiunta di lieviti.
Quello che ho bevuto al Vinitaly è il Moscato di Saracena 2007 delle Cantine Viola (miglior vino dolce d’Italia 2008 per il Gambero Rosso), è un nettare davvero delizioso, unico nel suo genere con un profilo aromatico giocato su note di succo di albicocca, frutta esotica, cedro, scorza di arancia, resina, erbe aromatiche, mandorla amara. Al palato è denso, intenso, grasso e di persistenza infinita.
Ottimo il suo rapporto qualità/prezzo: con 30 euro circa lo portiamo a casa con grande goduria.

Ad avercene di artigiani del vino così!

Vinitaly 2010, alle ore 17.00 di ieri

Ore 17.00, padiglione del Lazio. Una voce lontana ma solenne annuncia la vittoria della Roma sull’Atalanta, pochi millesimi di secondo dopo si sente un boato degno della curva Sud.
Tutto viene riportato allo stato primordiale, produttori biologici e amici del pesticida, tradizionalisti e barricaderi, rossisti e bianchisti si abbracciano commossi, in delirio per il primato della loro squadra del cuore.
Tutto è azzerato, tutti solo per un attimo sono tornati amici, fratelli, vignaioli con una grande fede: l’A.S. Roma.
Inizia la festa, a Roma suonano i clacson, al padiglione del Lazio la radio intona Grazie Roma di Antonello Venditti.

P.S.: mercoledì, lo giuro, scrivo qualcosa di più sensato sul vino.

In partenza per il Vinitaly 2010...

Eccoci, siamo in partenza per questo ennesimo Vinitaly, il secondo da quando è nato il blog Percorsi di Vino. Pochi appuntamenti, mirati, e tanta voglia di riabbracciare vecchi e nuovi amici che, per vari motivi, siamo spesso “costretti” ad incontrare annualmente durante la più importante fiera enologica italiana. Nel personale taccuino di Percorsi di Vino (che fa anche rima) c’è segnato sicuramente l’incontro mattutino con tutta l’allegra brigata Zonin che svelerà al Vinitaly la “ricetta” del primo vino “open source” targato Feudo Principi della Butera. In questo caso appuntamento alle 10.30 presso lo stand dell’azienda stessa.

La mattina proseguirà poi, se il tempo non sarà troppo tiranno, con una puntatina alla degustazione-dibattito titolata "
bere col sorriso ovvero elogio della piacevolezza del vino", organizzata assieme alla partecipazione di Fabio Piccoli, Angelo Peretti e Santa Margherita. Un’occasione imperdibile se volete sapere se davvero il vino quotidiano sta tornando di moda. Dalle 11.00 presso 11.00 il Palaexpo A2, (1° piano).

Se rimango vivo dopo il frugale pranzo, il percorso riprende spedito ed eccoci dalle TwittCantine per un tour all’insegna della simpatia, della spensieratezza e, ovviamente, grande qualità dei vini dei produttori aderenti a questo caratteristico web-consorzio. Notizia di servizio: Sig. Ghislandi tenga il Salame Nobile del Giarolo “in caldo”.

Altro giro, altra corsa e via nel padiglione
Toscana per una visita a tre promettentissimi produttori toscani: Podere San Lorenzo di Luciano Ciolfi, Le Ragnaie di Riccardo Campinoti e Monteraponi di Michele Braganti, un tris d’assi che mi/vi faranno degustare due ottimi Brunello di Montalcino e un Chianti Classico col quale farete pace col mondo.

Non ci siamo ancora stancati, lo sappiamo, ci aspettano ancora altri amici di Percorsi di Vino:
Anselmo Guerrieri Gonzaga di Tenuta San Leonardo, Emidio Pepe, Masciarelli e Gianfranco Fino sono le nostre prossime tappe, un viaggio tra nord e sud Italia che vale da solo il prezzo del biglietto.

Prima di tuffarmi nel padiglione del Lazio, la mia Regione, mi aspetta l’ultimo appuntamento della giornata con
Alessandro Dettori che, tra vecchie e nuove annate dei suoi vini, mi presenterà una creatura eccezionale: il Chimbanta&Battoro 2006 (nuovissimo ed annata unica perchè dopo di questo il vigneto non mi ha fatto più uva).

Dite che non ce la faccio più?


Se avanza tempo mi tuffo anche in Campania da
Contrade di Taurasi, Nanni Copè, Ciro Picariello e nelle Marche dove è sempre un piacere scoprire dei grandi Verdicchio.

Basta sono sfinito, ricomincio domenica, forse….

Un altro motivo valido per venire al Vinitaly 2010? Slow Food presenta la sua nuova guida sul vino

In anteprima nazionale viene presentata al Vinitaly, venerdì 9 aprile alle ore 16.00 presso la Sala Vivaldi del Palaexpo di Veronafiere, la nuova guida ai vini italiani di Slow Food Editore.
All’appuntamento saranno svelati il titolo e la copertina, illustrata la filosofia e presentati i collaboratori.
La guida, che uscirà a ottobre, si presenta come una assoluta novità nel panorama delle guide enologiche per concezione ed elaborazione. Roberto Burdese, presidente Slow Food Italia, Marco Bolasco, direttore Slow Food Editore, e i curatori Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni parleranno dei concetti di fondo che stanno alla base del libro, declinabili in tre semplici parole chiave: uomini, vigne, vini.

Uomini
: 2000 cantine visitate alla scoperta dei volti, delle storie, del lavoro dei produttori. Una fotografia fatta sul campo per trasmettere ai lettori l’istantanea dell’attuale mondo vitivinicolo.

Vigne
: più di 2000 vigneti visitati (unica guida in Italia a utilizzare questa metodologia) per comunicare il valore della terra. Non esiste comunicazione del reale senza averlo osservato e sperimentato.

Vini: 20.000 vini assaggiati per 10.000 inseriti in guida, raccontati in modo semplice, diretto, puntuale, preciso. Fatto importante, proprio per discostarsi dal format classico delle guide di settore, non si farà ricorso a punteggi per la valutazione dei vini, ma giudizi ragionati che danno la possibilità di far conoscere meglio e più approfonditamente le diverse produzioni. Alla realizzazione della guida partecipano oltre 150 collaboratori che hanno sostenuto corsi propedeutici alle visite in cantina con agronomi, enologi e consulenti.
Al panel di valutazione si è aggiunto un team di “ospiti” costituito da giornalisti, blogger del settore e accreditati sommelier.


Io della guida qualcosa già so, in anteprima, e voi che aspettate a saperne di più?

Volete un altro motivo per andare al Vinitaly 2010? Protestare contro l'etilometro!

Questo mio post non fa altro che raccogliere una provocazione di Franco Ziliani che nel suo blog "Vino al Vino" sta portanto avanti una campagna di protesta, da avviare al prossimo Vinitaly, contro l'inutilità dell'etilometro.
Tutto parte da quanto scritto tempo fa dal prof. Zappalà che sostiene che "è stato dimostrato scientificamente, che l’etilometro a fiato è un’apparecchiatura che NON è in grado di ottenere ciò che dice". Un dossier svela, attraverso la traduzione di articoli dei più noti fisiologi polmonari mondiali e tossicologi forensi, che l’alcol misurato dall’etilometro non proviene dagli alveoli polmonari che lo catturano dal sangue, ma attraverso uno scambio lungo il cavo orale. Questo significherebbe che la concentrazione misurata non ha perciò nessun collegamento con la percentuale di alcol realmente presente nel sangue.
La legge, atta a scoprire e sanzionare i guidatori “ubriachi”, si basa sulla quantificazione della concentrazione di alcol nel sangue, utilizzando però apparecchiature (ABT) che misurano la concentrazione di alcol nel fiato (che non ha nessun riflesso sulle capacità di guida). Questa scelta conduce alla manifesta anomalia di misurare una cosa (quantità di alcol nel fiato, BrAC) per ottenerne un’altra (quantità di alcol nel sangue,BAC).
Questa sarebbe una delle tante anomalie che troverete scritte nel dossier che vi invito a scaricare e leggere.
Percorsi di Vino, partecipando civilmente alla protesta, non vuole incitare nessuno a bere senza moderazione però, nello stesso tempo, vuole anche evitare che l'alcol sia criminalizzato in maniera eccessiva anche perchè questo è solo uno dei motivi dei tanti incidenti stradali.
Perchè allora non fare test sul consumo di cocaina agli automobilisti? Oppure verificare se questi hanno fatto abuso di farmaci o altre sostanze psicotrope?
Detto che la questione è apertissima e in via di sviluppo, Franco Ziliani, dalle pagine del suo blog, propone di protestare contro questo legge farsa in questo modo: "uscire dal Vinitaly e presentarci in massa, a piedi, perché non essendo ancora saliti nelle nostre auto non ci possono accusare di aver compiuto alcun reato, dai vigili e dalle forze di polizia che si trovano fuori dall’ente fieristico, autodenunciandoci di aver superato i limiti dei consumi di vino consentiti e pretendendo, in massa, di essere sottoposti ai controlli dell’etilometro.
Facciamolo in cento, cinquecento, mille, e ancora di più e se necessario presentiamoci in massa, arrivandoci a piedi o in autobus, al comando dei vigili urbani di Verona in via del Pontiere, a quello della Polizia Stradale in Lungadige Galtarossa, convochiamo i cronisti dell’Arena di Verona e dei principali quotidiani e delle televisioni, solleviamo il caso, facendo clamorosamente risaltare l’ipocrisia di una situazione paradossale che autorizza di fatto l’infrazione ed il reato di massa.
Questo perché sarebbe letteralmente impossibile controllare le migliaia di visitatori che usciti dal Vinitaly salgono sulle loro auto, perché si sa perfettamente – e si fa finta di non sapere – che tantissimi di loro non sono in regola.
Un gesto clamoroso, una protesta plateale, spettacolare. Forse il modo migliore, in quella che per cinque giorni è la capitale del mondo del vino italiano, per sollevare un problema, quello della schiavitù da etilometro, degli eccessi di severità da etilometro, lo ripeto, del “terrorismo” da etilometro, dell’ingiusta criminalizzazione di chi, in fondo, non fa altro che bere due o tre bicchieri".

Io ci sto e voi?

Volete un valido motivo per partecipare al prossimo Vinitaly 2010? Tweetyourwines!

Galeotto fu il tweet, ma questa volta non per un fidanzamento, ma per la nascita di una bella iniziativa di collaborazione.

Twitter è uno strumento molto apprezzato ed utilizzato dalle cantine italiane e anche diversi abitanti
di Vinix lo usano, tanto che Filippo Ronco ha creato sul social network una lista per poterli seguire tutti insieme.

Così tweet dopo tweet,
Susanna Crociani , dell’omonima azienda vinicola, e Paolo Ghislandi di Cascina I Carpini, in collaborazione con Roberto Colombo (Cromobox), hanno sviluppato il progetto “Tweet your wines!” coinvolgendo altre aziende.

In occasione dell'imminente Vinitaly tutte le aziende aderenti ( non solo cantine ma anche aziende produttrici di olio, che partecipano al Sol) esporranno durante la manifestazione una Cromobox creata ad hoc per l’occasione; la
Cromobox riporterà i loghi delle aziende aderenti e il logo di twitter e sarà personalizzata per ogni espositore aderente al progetto, creando così un pezzo unico come tratto distintivo: una sorta di badge, solo molto più ingombrante.

Così facendo si ricrea un percorso virtuale, all’interno della manifestazione, tra le aziende che usano Twitter le quali, a loro volta, racconteranno il loro Vinitaly in 140 caratteri.

Si accorciano così le distanze tra chi produce il vino e chi lo consuma, ma anche tra gli addetti ai lavori, conoscendosi di persona, degustando e twittando insieme.


E' possibile interagire anche su
Facebook sulla pagina dedicata all'evento e ovviamente seguire grazie all'hashtag #tweetyourwines .

Le aziende che partecipano le trovate sulla TwittPiantina!


Fonte: http://comunicareilvino.it

Il Taurasi Radici di Mastroberardino in una indimenticabile verticale

Mastroberardino, un nome che subito rievoca la cultura contadina, la terra irpina, la tradizione, l’identità culturale e la rivalutazione dei vitigni autoctoni campani, dal Fiano al Greco fino a giungere, ovviamente, all'Aglianico, l’uva del Taurasi, il vino delle ‘vigne opime’ dell’antica Taurasia di cui parla Tito Livio.

Il Taurasi di Mastroberardino è un vino mito, da oltre 130 anni entra nelle nostre cantine in maniera sommessa, mai gridato e fuori dalle mode del momento, rappresenta spesso la mia certezza enologica, una sicurezza che nasce da vigne poste a Montemarano e Mirabella Eclano, per il Radici e dai soli possedimenti di Montemarano per il Radici Riserva. Il vino, dopo una macerazione sulle bucce la cui durata in certe annate sfiora i trenta giorni, prima dell'immissione in commercio matura per almeno 4 anni di cui circa 30 mesi in barrique di rovere francese e rovere di Slavonia.

Con Piero Mastroberardino e Ian d’Agata abbiamo ripercorso 43 anni di Taurasi Riserva commentando così le varie annate:

Taurasi 2003 Riserva
: l’Aglianico, varietà a maturazione tardiva, si è parzialmente salvato da tutte le brutture che ha portato questa annata calda. Il vino è ancora giovane, la frutta rossa matura, non cotta, è ben in evidenza, poi arrivano le spezie dolci e un po’ di tabacco da pipa. Bocca già abbastanza equilibrata, pulita, fresca, con tannini piuttosto ruggenti che segnano la gioventù del vino. Ottimo inizio direi.

Taurasi 2001 Riserva
: amo quest’annata, fino ad ora ho bevuto grandi cose del 2001 e questo vino non è da meno. All’inizio parte con sfumature animali, cuoio, poi si apre su eleganti note floreali e speziate, di chiodo di garofano e pepe verde. Profondo e ampio anche al gusto dove risulta fine, graffiante al punto giusto e di grande persistenza. Sublime.
Taurasi 1999 Riserva
: qua le cose si fanno ancora più interessanti, il vino cresce in eleganza, ampiezza e profondità regalando note di ciliegia, ribes, poi esce una bellissima nota fresca, balsamica, che farà da sfondo ad intriganti ed intensi aromi di rosa, tabacco, cuoio. Un vino alla sua massima maturità espressiva.

Taurasi 1999 “130” Riserva
: questa esclusiva Riserva del Taurasi celebra il centotrentesimo anniversario dall’iscrizione dell’azienda Mastroberardino alla Camera di Commercio di Avellino. Era il 1878 quando il Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia Angelo Mastroberardino, bisnonno dell’attuale Presidente, professor Piero Mastroberardino,curava tale adempimento al fine di avviare leesportazioni dei suoi vini verso i paesi d’Europa e delle Americhe. Un’ulteriore selezione delle uve in vigna ha prodotto un vino che ha tutti i caratteri del precedente ma espressi all’ennesima potenza: struttura, potenza, eleganza, sono esaltati ulteriormente in un mix di esplosione sensoriale che darà vita ad un Taurasi dal lunghissimo invecchiamento.

Taurasi 1997 Riserva
: quest’annata non mi convince e anche in questa declinazione irpina non è che mi faccia cambiare idea. Il vino parte un po’ chiuso, poi a poco a poco si apre su note mature di frutta e spezie ma il tutto avviene in maniera poca dinamica. In bocca ha un buon impatto, è caldo, di buona fattura anche se il tannino mi pare un po’ sgranato, sembra quasi scindersi dal resto del vino. Fino ad ora è la versione che mi ha convinto di meno, forse una bottiglia sfortunata.

Taurasi 1980
: è l’anno del terremoto in Irpina, inizia un periodo difficilissimo per tutti, compreso Mastroberardino che proprio a Novembre ha iniziato la fermentazione dell’Aglianico che per i primi giorni, confessa lo stesso Piero, viene vinificato in condizione davvero selvagge, senza alcun controllo. Dopo il 23 Novembre 1980 tutto in questa Regione cambierà, compreso lo stesso nome del vino al quale, da quel momento in poi, verrà aggiunta la parola Radici, termine che sta ad indicare l’indissolubile attaccamento del vino e della cantina al suo territorio ora devastato.
Il vino ha sentori di frutti rossi disidratati, humus, foglie secche. In bocca è austero, monolitico, non si dona moltissimo e lo capisco, è come se in qualche maniera risentisse della tragedia e, giustamente, non vuole regalare troppo.

Taurasi 1977
: l’annata è stata buona e si sente subito, rispetto al 1980 il vino ha un passo sia come materia sia come profondità di espressione. Color mattone, ha lo spettro aromatico che richiama i vecchi liquori alla ciliegia, poi escono rabarbaro, note medicinale, una sorta di amaro dei frati in rosso. Bocca di grande struttura, giovane col suo tannino ancora graffiante e l’acidità da barolo appena svinato. Buona la lunghezza finale su ritorni di frutta rossa disidratata, liquirizia e erbe medicinali.

Taurasi 1968
: ve lo anticipo, siamo di fronte al capolavoro assoluto, ad un dei migliori vini rossi usciti in Italia. Sarà la grande annata, sarà per una serie di alchimie che stento a comprendere, ma il vino è ancora di color rosso granato intenso e presenta un’intensa e penetrante apertura olfattiva dove si riconoscono chiaramente gli aromi di ciliegia, mora, caffè, liquirizia, humus, erbe aromatiche, china, nocino, corteccia e via così all’infinito.
Bocca monumentale, tutto è perfettamente integrato, la freschezza è da lacrime così come la persistenza finale. Stento ancora a credere che sulla bottiglia ci sia l’etichetta 1968. Emozioni da grande Bordeaux. Una curiosità: all’epoca il vino costava 720 lire.

Il 6 Aprile 2010 a Roma un grande pranzo di beneficenza in onore di Medici Senza Frontiere

Grazie alla collaborazione della colonna pugliese del forum del Gambero Rosso il 6 aprile presso il ristorante "Antica Osteria L'Incannucciata" di Roma sarà organizzato un bellissimo pranzo di beneficenza in favore di Medici Senza Frontiere. In cucina, per l'occasione, si alterneranno grandi chef nazionali: Arcangelo Dandini (l’Arcangelo, Roma), Dino De Bellis (l’Incannucciata, Roma), Beppe Schino (Perbacco, Bari), Franco e Catia Solari (Trattoria dei Mosto di Conscenti di Ne, Genova) e Luciano Lombardi (Vignadelmar, Monopoli).

Il menù sarà il seguente: Prezzo per il pranzo di 40,00 euro vini inclusi.

Ma non finisce qua perchè, subito dopo la grande mangiata, è tempo di altra beneficenza e, per l'occasione, saranno messe all'asta le seguenti bottiglie:

1 Chateau Montrose 2001 mgn

1 Chateau d’Yquem 1999 (0.75 lt)

1 Chateau de Pez 1998
1 Barolo Bussia di Monforte d’Alba Prunotto 1964
1 Barolo Oddero 2004 mgm

1 Barbaresco Pora Prunotto 1967

1 Barbaresco Riserva Asili Bruno Giacosa 1996 mgn

1 Barbaresco Asili Bruno Giacosa 2004 dmgn

1 Rosenmuskateller Abtei Muri 2006

1 Weisseburgunder Terlano 1987

1 Le Pergole Torte Montevertine 2001 mgn

1 Decennale Poggio di Sotto 2001 mgn

1 Chianti Classico Riserva Il Campitello 2006 mgn

1 Brunello di Montalcino Riserva Marchesato degli Aleramici 2003 (5 litri)

1 Brunello di Montalcino Cinelli Colombini 2004

1 Brunello di Montalcino Le Ragnaie mgn

1 Kurni Oasi degli Angeli mgn

1 Fiorano Semillon Boncompagni-Ludovisi 1989

1 Patriglione Cosimo Taurino 1994

1 Pier delle Vigne Botromagno 2003 mgn

12 Vigna del Melograno Santa Lucia 2007 (nero di Troia)

1 Amativo Cantele 2007 dmgn

1 Le Cruste Alberto Longo mgn (nero di Troia)

2 Aglianico del Vulture Macarico mgn

6 Primitivo Old Vines Morella 2007

1 Falcone Rivera 2002 mgn

6 Catapanus D’Alfonso del Sordo (bombino bianco)

6 Casteldrione D’Alfonso del Sordo (nero di Troia)

6 Riserva Chiaromonte 2006

6 Riserva Chiaromonte 2005

6 Muro Sant’Angelo Chiaromonte
Le Braci 2001
1 Sessantanni Feudi di San Marzano mgn (primitivo)

1 Feudi di San Marzano mgn (negramaro)

1 Turriga Argiolas 1999

1 Valle Cupa 2003 – Salento Rosso IGT – Apollonio mgn

1 Sauternes Chateau de Malle 03 mgn


La lista non è definitiva ma in continua evoluzione.Per prenotazioni chiamate Dino De Bellis allo 06.45424282 oppure mandate una mail a oste@vignadelmar.it.

Ma voi ce lo vedete il Brunello di Montalcino nella fiaschetta? No? Eppure sembra che...

E’ stato per decenni il contenitore più caratteristico per presentare il vino, in molti paesi esteri è l’emblema del vino italiano e toscano in particolare, ha una storia millenaria alle sue spalle; stiamo parlando del fiasco toscano che recentemente vede le sue sorti risollevarsi in quanto apprezzato da sempre più numerosi imbottigliatori. E’ di questi giorni la notizia che anche nelle terre del Brunello di Montalcino alcuni importanti produttori, tra i quali Banfi e Barbi, hanno presentato una proposta di modifica del disciplinare che prevede l’imbottigliamento del famoso vino in fiaschi da due litri di vetro chiaro per evidenziare le sfumature color rubino caratteristiche del Sangiovese, fiaschi rigorosamente “vestiti” con paglia di grano esclusivamente raccolto in Val d’Orcia.

La proposta sarà in discussione nella prossima assemblea del Consorzio, prevista per la fine di Maggio, nella quale si nomineranno tra l’altro i membri del nuovo consiglio direttivo del Consorzio stesso. Imbottigliare il Brunello nei fiaschi da due litri appare una vera rivoluzione per questa Docg in quanto fin dagli inizi della commercializzazione di questo vino si è preferita la bottiglia bordolese, tanto che Montalcino è stata la zona vitivinicola che di fatto ha lanciato in Italia questo contenitore di origine francese fin dai primi del ‘900.

La scelta del fiasco, oltre che rispondere alle nuove richieste dei mercati internazionali in uscita dalla crisi, si ispira ad una maggior aderenza alla tradizione italiana e al rigetto di tutte quelle mode filostraniere che hanno imperato fin troppo a lungo nel nostro paese. C’è da rilevare infine che contro questa proposta sono insorti alcuni produttori progressisti, capitanati da Donatella Cinelli Colombini (la quale è famosa per aver eliminato dalle sue aziende qualsiasi accenno ai contenitori tradizionali quali damigiane e, appunto, fiaschi) che ha dichiarato di volersi opporre con tutte le risorse disponibili a questa eventualità, chiamando a raccolta i produttori più esclusivi di questo vino.

Fonte: www.bereilvino.it

Da oggi chiamateli "I Giovani Promettenti". L'unione fa la forza o semplice pesce d'Aprile?

Carlo Macchi (www.winesurf.it) , Luciano Pignataro (www.lucianopignataro.it) e Franco Ziliani (www.vinoalvino.org) si uniscono in un progetto che può rivelarsi interessante per la blogosfera vinicola italiana. Alla base di questo progetto è la voglia di comunicare il vino di qualità, mantenere l'attenzione all'ambiente, appassionarsi alla coerenza stilistica e commerciale dei viticoltori autentici.
Tre blog specializzati nel vino, già leader dell'informazione in rete, uniscono le proprie conoscenze per offrire ai propri lettori più servizi.
Amici nella vita reale, una lunga esperienza di giornalismo alle spalle, la curiosità sempre viva. Sono gli ingredienti che mettono insieme Carlo Macchi, Luciano Pignataro e Franco Ziliani nella navigazione nel web.
Un accordo che mantiene inalterate le specificità di ciascuno e l'autonomia sempre apprezzata dai lettori, ma che consente una consultazione rapida e reciproca dei rispettivi blog offrendo al grande pubblico un servizio in più.
Tre sensibilità diverse, Nord, Centro e Sud, ma una cosa in comune: la passione onesta per la viticoltura di qualità e la totale autonomia e libertà di pensiero.
L'obiettivo è crescere insieme, aumentare i contatti, offrire una vetrina in più a quanti lo meritano realmente.
Insieme in rete si pone già da subito come polo principale di informazione specializzata di settore, disponibile al confronto e al dibattito, un punto fermo di cui non si potrà più fare a meno.
In rete dall'otto Aprile.

Fonte: Winesurf.it

My Feudo, il primo vino “open source” secondo Jacopo Cossater

Dove eravamo rimasti? Ah, sì, al primo vino “open source” targato Feudo Principi di Butera, la tenuta siciliana della famiglia Zonin. My Feudo è solo un nome provvisorio in attesa che un sondaggio on line scelga quello definitivo e, soprattutto, in attesa che 13 wine-blogger, ristoratori, giornalisti, esperti diano vita al loro vino usando come base le uve che hanno generato in vino ufficiale dell’azienda: Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot, prodotte da cru all’interno della Tenuta Feudo Principi di Butera. Da queste basi, con il kit di assemblaggio che è stato spedito loro, i 13 esperti hanno creato il loro blend personale, che verrà poi imbottigliato, senza affinamento, dalla tenuta secondo le indicazioni di ogni partecipante.

Al
Vinitaly 2010 Francesco Zonin e Franco Giacosa inviteranno i 13 partecipanti di Myfeudo a degustare alla cieca e votare i blend proposti assieme al vino “ufficiale” che verrà presentato e messo in commercio in quei giorni. Dalla discussione e sopratutto dal vincitore ci aspettiamo le indicazioni circa la strada da seguire in vigna e in cantina per lo sviluppo qualitativo di questo vino nelle prossime vendemmie.
Detto ciò andiamo ad esaminare che tipo di vino hanno creato i 13 partecipanti iniziando dal mio amico wine blogger Jacopo Cossater.

Su Myfeudo.it, dopo aver “combattuto” con le varie basi, scrive quanto segue: "
Mi sono reso conto subito che poteva essere un taglio un po’ radicale, con quella prevalenza selvatica data dalla presenza di petit verdot. Eppure di strade ne avevo provate tante. Un po’ più di merlot qui, o cabernet sauvignon là. Al conseguente assaggio c’era sempre quel qualcosa che stonava, quell’elemento che non apparteneva al tutto che si era venuto a creare.
Eppure lo sapevo che era un taglio difficile. Allora l’ho aspettato, ed il giorno dopo l’ho assaggiato nuovamente, provando di nuovo percentuali un po’ diverse. Anche rivoluzionando il tutto. Ma no, il blend uscito dalla prima prova rimaneva quella che più mi colpiva. Era compiuto, ma nello stesso tempo aveva quel sapore nuovo, diverso, almeno al mio palato. E poi volevo fosse sfacciatamente mediterraneo, con quella nota alcolica a marcare il territorio, ma accompagnata da quel frutto. E da quelle spezie scure ad introdurre un corpo importante e deciso.
E certo, le mie perplessità riguardavano proprio il suo essere scorbutico, forse complicato. E di certo ignoro come potrà evolvere, con il passare dei mesi. Ma poi ho pensato che, in fondo, la cosa più importante era che fosse calibrato sul mio palato, proprio per potercisi confrontare, dopo.
Le mie percentuali? Petit verdot al 55%, in decisa prevalenza. Molto cabernet sauvignon, con il 40%. Ed appena accennato il merlot, con il rimanente 5%".

A Jacopo, come agli altri, do appuntamento al Vinitaly per scoprire chi l’avrà vinta. So troppo curiosoooooo.