Cappella di Sant’Andrea: l’anima rurale della Vernaccia di San Gimignano

Flavia e Francesco stanno assieme da una vita, frequentavano la scuola superiore assieme, e quando nel lontano 2011 li andai a trovare per la prima volta a Casale, frazione di San Gimignano, avevano da pochissimo iniziato la loro avventura di vita, chiamata CappellaSant’Andrea.

Flavia e Francesco

Il loro obiettivo? Portare avanti il sogno agricolo di Giovanni Leoncini, il nonno di Flavia, che nel 1959 acquistò il podere con l’idea, una volta in pensione, di produrre vino di qualità all’interno della storica DOC Vernaccia di San Gimignano grazie alla costruzione di una cantina efficiente e, soprattutto, grazie all’enologo Paolo Salvi e alla collaborazione di Giulio Gambelli. Una sfida importante per entrambi che dopo la morte di nonno Giovanni, che nel frattempo aveva insegnato a Francesco tutto ciò che sapeva sia di agronomia sia di cantina, si sono rimboccati le maniche dando vita alla loro prima vendemmia targata 2006.

Vernaccia

Sono tornato a Casale dopo nove anni e ritrovo Flavia e Francesco in ottima forma, con una bella bambina in più e, fortunatamente, con una azienda che trovo più viva e florida che mai. Già, perché Cappella Sant’Andrea non è solo una impresa vitivinicola ma, soprattutto, un micromondo rurale ed autosufficiente fatto a loro immagine e somiglianza dove vecchie viti, asini, cavalli e capre, utilizzate per ottenere compost da usare nei terreni, convivono in perfetta sinergia tra loro creando una dimensione di assoluta armonia ed artigianalità. Tutto ha un senso presso Cappella Sant’Andrea anche se apparentemente, soprattutto per me che vengo dalla città, non si può cogliere.



L’azienda, grazie anche a recenti acquisizioni, vanta oggi circa 7 ettari e mezzo di vigneti, tutti di proprietà e coltivati secondo pratiche biologiche (certificazione ufficiale dal 2013) dove possiamo trovare piante di sangiovese, merlot, ciliegiolo e, ovviamente, vernaccia, l’uva bianca regina della DOC Vernaccia di San Gimignano (1966).
I terreni variano a seconda delle zone ma, mediamente, sono sabbiosi di origine pleocenica, ricchi di scheletro, anche se non mancano parcelle dove prevale l’argilla e dove, in maniera saggia, si sono piantate viti a bacca rossa.


Con Francesco abbiamo cercato di fare il punto della situazione della Vernaccia di San Gimignano attraverso la degustazione di tre mini verticali di Clara Stella, Rialto e Prima Luce tutti prodotti tramite fermentazioni spontanee, poca aggiunta di solfiti e, come dice spesso lui stesso, moltissima passione.

Cappella Sant’Andrea - Vernaccia di San Gimignano 2014: prima di diventare ufficialmente Clara Stella (il nome si ispira alla figlia di Flavia e Francesco), è abbastanza palese, degustando tecnicamente il vino, che anche in annate difficili come questa si può dar vita ad una Vernaccia di San Gimignano guizzante, tesa e dalla prorompente spinta sapida. Il segreto di tutto questo? L’amore per la propria Terra e la susseguente capacità di “capire” il vigneto vivendolo 365 giorni all’anno. Nota tecnica: dopo una decantazione a freddo inizia la fermentazione spontanea in acciaio dopo la quale il vino resta sulle fecce fini per tre mesi.


Cappella Sant’Andrea - Vernaccia di San Gimignano “Clara Stella” 2017: figlio di una annata climatica totalmente all’opposto della precedente, è una Vernaccia di San Gimignano pacioccona la cui rotondità gustativa viene fortunatamente smussata da una vena acido/sapida di grande veemenza che regala dinamicità e lunghezza al sorso.


Cappella Sant’Andrea - Vernaccia di San Gimignano “Rialto” 2013: il vino proviene da una selezione di uve dalla vigna più vecchia (circa 50 anni) e, senza giri di parole, possiamo dire che trattasi di un vero e proprio Cru dell’azienda. Francesco ha voluto propormi la 2013 in quanto ultimo anno di utilizzo delle barrique per l’affinamento. Il vino, di conseguenza, risulta ancora leggermente segnato da una sensazione di “tostatura” che non comprimono ma, bensì, forniscono carattere ad una Vernaccia di grande struttura e complessità. Sorso intenso, aromatico, finale sapido. Nota tecnica: la fermentazione è spontanea e il vino ottenuto resta sulle fecce fini per almeno 6 mesi.


Cappella Sant’Andrea - Vernaccia di San Gimignano “Rialto” 2016: sarà l’annata “perfetta” che in Italia sta regalando grandi vini, ma questo Rialto è davvero un vino emozionante sia per la complessità aromatica che riporta a note di ginestra, iodio e sfumature quasi fumè sia per la consistenza palatale caratterizzata da acidità bilanciata e piacevolissima vena sapida a condurre tutto l’assaggio. Chiusura lunghissima su toni salmastri.


Cappella Sant’Andrea - Vernaccia di San Gimignano “Prima Luce” 2014: per capire meglio questo vino bisogna partire dalla sua tecnica di produzione che prevede una fermentazione spontanea in anfora terracotta, sulle bucce, per due settimane. Il vino resta poi sulle fecce per almeno un anno dopodiché passa in legno per alcuni mesi. Il vino in questione, dal colore giallo carico, ha sostanza e struttura, è ricco di ricordi aromatici di frutta secca e spezie gialle, ma la sua carica ossidativa, ricercata dallo stesso Francesco, risulta un po’ troppo coprente andando a vanificare un territorio che andrebbe lasciato più “libero” di esprimersi.


Cappella Sant’Andrea - Vernaccia di San Gimignano “Prima Luce” 2015Francesco, senza troppi giri di parole, ci fa capire che in questo millesimo ha ridotto moltissimo le follature manuali sul vino che, perciò, è stato “lavorato” in maniera estremamente ridotta rispetto alla 2014. Il risultato è evidente sia al naso, dove accanto alle sensazioni di frutta matura e spezie si elevano anche aromi minerali e salmastri, sia soprattutto al sorso ora decisamente più leggiadro e marcato da una decisa spinta di freschezza che tende a stemperare la struttura di una Vernaccia di San Gimignano la cui bottiglia, stavolta, è finita molto prima del previsto.


L’ultimo vino proposto in degustazione è un rosso, una vera e propria chicca tanto che Flavia e Francesco ancora non lo hanno inserito nella gamma dei vini aziendali presenti sul loro sito. Si chiama “Le Maritate”, anno 2017, proveniente da uve sangiovese (meno del 50%), colorino, alicante, ciliegiolo, trebbiano e malvasia (più altre uve locali non ben identificate) provenienti da un vecchissimo vigneto acquistato nel 2016 dove le viti sono ancora maritate, alcune centenarie, all’acero campestre che in Toscana, anticamente, veniva chiamato dai contadini col nome di “chioppo”. Le uve, raccolte tutte lo stesso giorno, sono vinificate in cemento per circa un mese. Dopo la svinatura il vino passa in barrique usate per altri 12 mesi. Il risultato è un vino assolutamente delizioso, per certi versi arcaico, dove le sensazioni di frutta di rovo e pepe sono nitidissime anche se la parte più divertente di questo vino è il sorso, succoso e freschissimo, che invita continuamente alla beva. Vino assolutamente delizioso che rappresenta un affresco di ciò che in passato era la civiltà contadina di San Gimignano

Hermon Golan Heights Winery – Galilee Mount Hermon White 2018


di Lorenzo Colombo

Hermon è un marchio appartenente alla Golan Heights Winery con sede in Galilea.


Le uve per la produzione di questo vino (Sauvignon e Viognier) provengono da vigneti situati sulle alture del Golan settentrionale, la più fredda delle regioni d’Israele, tra i 400 ed i 1.200 metri e questo influisce sulla sua freschezza agrumata.

La magia dello Chablis del Domaine Laroche


Di Lorenzo Colombo

Il Serein è il fiume che attraversa la cittadina di Chablis, affluente dell’Yonne, che a sua volta confluisce nella Senna. Durante il suo percorso sfiora la parte orientale della cittadina di Chablis, e, sulla sua riva destra si trovano i sette Climats che nel loro insieme costituiscono lo Chablis Grand Cru.

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Ma partiamo dall’inizio: lo Chablis, inteso come vino, è in realtà composto da quattro distinte Aoc: Petit Chablis, Chablis, Chablis Premier Cru (suddivisi in quaranta Climats) e Chablis Grand Cru. Nel loro insieme la denominazione s’estende s’una superficie vitata di 5.479 ettari; 1.030 dei quali costituiscono il Petit Chablis, 3.564 lo Chablis, 783 i Premiers Crus e 102 ettari l’unico Grand Cru, composto, come dicevamo, da sette distinti Climats: Vaudésir, Blanchot, Bougros, Les Clos, Grenouilles, Preuses e Valmur. Degli oltre 238.000 ettolitri prodotti (31,7 milioni di bottiglie), il 18% provengono dall’Appellation Petit Chablis, il 66% dallo Chablis, il 15% dai Premiers Crus e solamente l’1% dallo Chablis Grand Cru. L’unico vitigno utilizzato, anche se ci pare superfluo scriverlo, è lo Chardonnay.


All’interno di questo universo, la Domaine Laroche dispone di 90 ettari di vigneti che coinvolgono ben dieci Premiers Crus (cinque sulla sponda sinistra del Serin ed altrettanti sulla più prestigiosa riva destra) per un totale di oltre 21 ettari, inoltre l’azienda possiede vigneti in tre Climats dello Chablis Gran Cru per un totale di 5,99 ettari.
Da questi vigneti ricava ben diciannove diversi Chablis, tra cui dieci Premiers Crud e quattro Grand Crus.


Lo scorso martedì 21 gennaio, il Gruppo Meregalli, distributore dei vini di Domaine Laroche, ha organizzato, presso la sede storica, a Monza, una Masterclass riservata ai loro agenti ed alla stampa, durante la quale si sono potuti degustare sette degli Chablis prodotti, appartenenti a due diverse linee produttive: il Petit Chablis e lo Chablis Les Chanoines, che rientrano nella linea “Les Vins Laroche”, mentre tutti gli altri nella più prestigiosa “Domaine Laroche”.

Petit Chablis Laroche 2018

Dopo la fermentazione il vino sosta sulle proprie fecce per sei mesi, in vasche d’acciaio. Giallo paglierino luminoso di buona intensità. Discretamente intenso al naso, nopte minerali, sentori di pesca. Buona la struttura, bella la vena acida, sapido, verticale, minerale, frutto giallo maturo (pesca gialla), note tropicali, leggeri sentori piccanti di zenzero, buona la persistenza.


Chablis Laroche Les Chanoines 2018

Pressatura tramite pressa pneumatica. Successiva decantazione di 12 ore a 12/15° avviene in botti progettate per accelerare il naturale processo di depurazione e ottenere un succo limpido. Fermentazione a 16° in vasche di acciaio inox per 15 giorni. Invecchiamento per 6 mesi sulle fecce in vasche di acciaio inox. Filtrazione minima per preservare il carattere naturale del vino.
Paglierino intenso, tendente al dorato, luminoso. Mediamente intenso al naso, note minerali, sentori tropicali e di frutto giallo maturo. Di buona struttura, fresco, verticale, sapido, note minerali e leggeri accenni idrocarburici, bel frutto (pesca e ananas), buona la struttura.


Chablis Saint Martin 2018

Per la produzione di questo vino vengono utilizzate unicamente le uve migliori provenienti dai più vocati appezzamenti di proprietà nello Chablis. Fermentazione in vasche di acciaio inox. Invecchiamento in vasche di acciaio inox e in botti di quercia sulle fecce.
Paglierino-dorato luminoso. Bel naso, elegante, frutto giallo ed accenni di nocciole. Di buona struttura, succoso, decisamente sapido, minerale, fresco ed al contempo morbido, frutto giallo, lunga la persistenza.


Chablis Premier Cru Les Montmains 2017

Questo Premier Cru si trova sulla riva sinistra del fiume Serein su un pendio soleggiato, il suolo argilloso e l'eccellente esposizione favoriscono una maturazione precoce in grado di fornire struttura al vino. 1,46 ettari è l’estensione del vigneto di Domaine Laroche in questo Premier Cru. Pressatura tramite pressa pneumatica.  Decantazione di 12 ore a 12/15°. Fermentazione a 17° per 2 settimane in vasche di acciaio inox (77%) e barrique (23%).
Invecchiamento per 9 mesi negli stessi tipi di contenitori.
Filtrazione minima per preservare il carattere naturale del vino. Color paglierino-dorato luminoso. Bel naso, elegante, frutto giallo, accenni floreali, note minerali. Fresco, sapido e minerale, verticale, con spiccata vena acida e lunga persistenza. 


Chablis Premier Cru Les Vaillons Vieilles Vignes 2018

Marne calcaree e calcare del Kimmeridgian sono le componenti dei suoli di questo Premier Cru. Situate sulla sponda sinistra del fiume, le vecchie viti qui impiantate hanno radici profonde ed estraggono molti dei minerali disponibili. In questo Premier Cru l’azienda Domaine Laroche dispone di 2,17 ettari a vigneto. Pressatura pneumatica. Decantazione di 12 ore a 10/12°. Fermentazione a 18° per 21 giorni. Invecchiamento per 9 mesi: 85% in vasche di acciaio e 15% in barrique per 3-4 anni sulle fecce. Filtrazione minima per preservare il carattere naturale del vino.
Paglierino luminoso di buona intensità. Mediamente intenso al naso, fresco, elegante, frutta fresca. Di media struttura, verticale, con spiccata vena acida, accenni vegetali, frutta fresca.


Chablis Premier Cru Les Fourchames Vieilles Vignes 2017

E’ uno dei più prestigiosi Premiers Crus di Chablis, sitato sulla sponda destra del fiume, anche in questo caso si tratta di viti vecchie, collocate su un pendio esposto a Sud ed a Ovest, al riparo dai venti provenienti dal Nord. 3,12 sono gli ettari in proprietà di Domaine Laroche. Pigiatura tramite pressa pneumatica.  Successivamente decantazione di 12 ore a 10/12°. Fermentazione a 18° per 21 giorni. Invecchiamento per 9 mesi: 85% in vasche di acciaio e 15% in barrique per 3-4 anni sulle fecce. Filtrazione minima per preservare il carattere naturale del vino.
Color giallo paglierino luminoso. Fresco, verticale, fruttato, elegante. Sapido e minerale, fresco, verticale, agrumato, lunga la persistenza. Elegante.


Chablis Grand Cru Les Blanchots 2017

Il climat Les Blanchots si trova nella parte più orientale del Grand Cru, il suolo dei suoi 12,39 ettari è costituito da uno strato di argilla bianca che poggia sul calcare del Kimmeridgian. Questa combinazione permette di mantenere la giusta quantità di acqua necessaria alle radici. L'esposizione a sud-est consente una lenta maturazione e favorisce lo sviluppo dei suoi unici aromi.  L’estensione dei vigneti di Domaine Laroche su questo Climat e di 4,56 ettari. La pigiatura viene effettuata tramite pressa pneumatica.  Successivamente il mosto riposa per 12 ore a 12/15° in barili di grandi dimensioni. Fermentazione a 20° per 3 settimane. Il 20% del vino invecchia sulle fecce in barrique, di cui il 25% nuove.
Paglierino luminoso, giallo limone. Mediamente intenso, frutto giallo ed accenni di nocciole. Fresco, di buona struttura, sapido, con accenni vegetali, acidità agrumata, lunga la persistenza su sentori minerali e sassosi.


Sergio Falzari - Tinnari Bianco IGT Toscana 2017

Stappare, versare, assaggiare: sono le tre cose da fare prima di leggere la  (retro)etichetta. 


E capire che tutto ti saresti aspettato in gradevolezza, finezza e equilibrio salvo da un Trebbiano toscano biodinamico, raccolto in fase maturazione diverse e fatto in anfora dalle parti di Vinci. Grande scoperta.

Al Metano da Anna: un indirizzo sicuro per mangiare bene a Verona

Cercavo un ristorante di pesce a Verona, fuori dal centro storico, facile fa raggiungere, con un servizio agile e - si capisce - affidabile, cioè di buona qualità sotto tutti i punti di vista.
Me ne hanno suggerito uno dal nome curioso, Da Anna al Metano, ma non c'era tempo per indagare. Ci sono arrivato in un'umida notte del tardo autunno. Nell'oscurità si intravedevano, tra le caligini e le nebbie di uno scenario cupo, il lento scorrere dell'Adige e un ponte ferroviario di mattoni rossi su cui passavano convogli rari e veloci, coi finestrini illuminati che parevano stelle filanti nel buio padano.

Esterno!

Fuori, una sobria veranda. Dentro, un intimo e curato bistrot dove, con cortesia e rapidità, prima ci offrono e poi ci servono un ottimo crudo di pesce, un ancora più buono pesce alla griglia e una carta dei vini non certo monumentale, ma neppure banale nè per scelta, nè per provenienza.Abbiamo fretta, ma usciamo soddisfatti, facendo in tempo a capire che, oltre al pesce, lì si mangia anche cucina tipica veronese. Passa un mese e con le stesse persone devo tornare a Verona. Sul ristorante non abbiamo dubbi: Al Metano da Anna.

Interni. Foto: L'Arena

Stavolta di giorno, però. Lo scenario è completamente diverso. C'è sempre l'Adige, è ovvio: su una delle anse del quale, a ridosso sull'acqua, si trova il locale. Intorno è zona periferica, quasi semindustriale: capannoni, depositi, aziende, distributori di carburante. Posti dove si lavora. Scopriamo che il nome viene proprio dal fatto che una volta, lì', c'era appunto il deposito del metano. Ma la veranda è apparecchiata accuratamente, l'atmosfera è informale e familiare, stufe e funghi a gas la riscaldano. Insomma l'ambiente diurno è gradevole e l'accoglienza pure.

Gli antipasti di pesce

Arriviamo prima di mezzogiorno e ci facciamo qualche problema a entrare così presto. Invece, sorpresa, ci ricevono senza problemi, come se per loro fosse normale.
Ci sediamo belli rilassati, a nostro agio. Tra noi c'è chi chiede il pesce, chi il lesso con la pearà, chi i tortellini di Valeggio. Il tutto plana sul tavolo con abbondanza, discrezione, sorrisi. Dentice ottimo, antipasto idem, bollito gustoso. Poi, mentre mangiamo il locale piano piano si riempie. Arriva un artigiano da solo, in abito da lavoro. Dopo, un gruppo di amiche di mezz'età, garrule e gaudenti, che ha l'aria di chi si tratterrà a lungo. Dopo ancora, un'altra tavolata di giovani e giovanissimi, composti e educati però.

Spaghetti alle vongole!

Gli spazi sono ampi, nessuno ascolta le conversazioni degli altri. Se il pane (buono e variegato) finisce, se ne accorgono e te lo riportano senza chiedere. Passano spesso per accertarsi che tutto sia a posto, ma te ne avvedi a fatica. In un'ora mangi e hai la sensazione di essere rimasto seduto due ore e passa.

Marquise al cioccolato e frutti di bosco

Io un ristorante di quartiere così fuori quartiere, penso tra me e me, non l'avevo mai visto.
Poi scopri che l'anno riaperto nel 2011 madre e figlia, dopo che la prima ci aveva lavorato una vita. Che fanno anche il menu fisso per la pausa pranzo a 14 euro, ma se vuoi mangi quanto ti pare fino all'ora che ti pare. Arriva il conto: 45 euro più i vini (a prezzi onestissimi).
Paghi, saluti e sai già che li rimetterai alla prova durante il Vinitaly. Salvo ritorni anticipati, si capisce...

Trattoria da Anna al Metano
Via Avesani, 7/9
Verona
tel. 045 595199
Chiuso la domenica.

Questo weekend a Roma arriva Beviamoci Sud, il festival dei grandi vini rossi del Meridione!


Dopo due edizioni di “Aglianico a Roma”, segnate da un grande successo di pubblico, l’agenzia Riserva Grande, Luciano Pignataro ed Andrea Petrini (Percorsi di Vino), hanno deciso di ampliare ulteriormente la sfida creando per la prima a volta a Roma il primo festival dei vini rossi del Sud Italia.


L'appuntamento per operatori ed appassionati è per Sabato 1 febbraio, dalle 14 alle 20, e domenica 2 febbraio 2018, dalle 11 alle 19 all’interno delle sale del Radisson Blu Hotel di Roma dove, attraverso banchi di assaggio e seminari tematici, operatori e appassionati di tutto il mondo potranno scoprire e degustare oltre 200 vini rossi provenienti da Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e anche se, per omaggiare la nostra Regione di appartenenza, ospiteremo una piccola delegazione di vignaioli del sud del Lazio.
“Dopo due edizioni di Aglianico a Roma - dichiara Andrea Petrini, promotore dell’evento assieme a Riserva Grande e Luciano Pignataro – crediamo sia arrivato al momento giusto di portare nella Capitale tutti i grandi vini rossi del Sud e non soltanto una piccola rappresentanza. E’ tempo che tutti i wine lover romani abbiano una manifestazione dove possano degustare tutte le eccellenze vinicole nostro Meridione che è culla di grandi vini intrisi di storia, cultura e territorialità unica al mondo. Siamo davvero orgogliosi di questo evento che segnerà un ulteriore passo per incrementare la conoscenza del vino a Roma”.

LE AZIENDE PRESENTI 

BASILICATA

BasiliscoBarile - PZ
Cantina Il Passo, Barile - PT
Cantine Del Notaio, Rionero in Vulture – PZ
D’Angelo, Rionero in Vulture – PZ
Tenuta I Gelsi, Rionero in Vulture - PZ
Tenuta Parco dei Monaci, Matera - MT(Le ali di Mercurio)
Terre Degli Svevi Re Manfredi, Venosa - PZ

CALABRIA

A’ Vita, Cirò Marina - KR
Cantine Viola, Saracena - CS
Casa Comerci, Badia Di Nicotera - VV
Cataldo Calabretta, Cirò Marina - KR
Librandi, Cirò Marina - KR
Sergio Arcuri, Cirò Marina - KR
Tenuta Del ConteCirò Marina - KR
Terre Di Balbia, Altomonte – CS
Vignaioli Artigiani di Cosenza - CS

CAMPANIA

Antico Castello, San Mango Sul Calore – AV
Boccella Rosa, Montemarano – AV
Bosco De' Medici, Pompei, NA (Le ali di Mercurio)
Cantina di Solopaca, Solopaca - BN
Fattoria la Rivolta, Torrecuso - BN
Fontanavecchia, Torrecuso – BN
Fratelli Addimanda, Taurasi, AV
Il Verro, Formicola – CE (Le ali di Mercurio)
La Fortezza, Torrecuso – BN
La Guardiense, Guardia Sanframondi - BN
Macchie Santa Maria, Montemiletto – SA
Mila Vuolo, Salerno - SA
Montevetrano, San Cipriano Piacentino - SA 
Mustilli, Sant'Agata De' Goti - BN
Tenuta Cavalier Pepe, Sant'Angelo all'Esca – AV
Tenuta Sant'Agostino, Solopaca – BN (Le ali di Mercurio)
Tenuta Scuotto, Lapio – AV
Tenute Bianchino, Mondragone - CE
Terra Di Lavoro - Sessa Aurunca - CE
Verrone Viticoltori, Cannetiello - SA
Villa Dora, Terzigno - NA
Villa Raiano, San Michele di Serino - AV
Viticoltori De Conciliis, Prignano Cilento - SA
Viticoltori Lenza, Potecagnano Faiano – SA


LAZIO

Cantine Palombo, Atina – FR
Cantina Sociale Piglio\L’avventura, Piglio - FR
RaimondoAffile - RM
Poggio Alla MetaCasalvieri – FR

MOLISE

Claudio CipressiSan Felice Del Molise - CB
Cantine CatabboSan Martino in Pensilis - CB
Di Majo Norante, Campomarino Lido - CB
Tenute Martarosa, Nuova Cliternia - CB

PUGLIA

Antica Enotria, Cerignola - BA
Conti Zecca, Leverano – LE
Masseria Faraona, Corato – BA (Le ali di Mercurio)
Masseria Jorche, Torricella - TA
MenhirBagnolo Del Salento - LE
Ognissole, Canosa Di Puglia - BA
Severino GarofanoCopertino - LE

SICILIA

Cantine Russo, Castiglione di Sicilia - CT
Casa di Grazia, Gela - CL
Ciro Biondi, Tre Castagni - CT
FazioFulgatore – TP


SARDEGNA

Audarya, Serdiana - CA (Le ali di Mercurio)



PROGRAMMA

SABATO 1 FEBBRAIO 2020

Ore 14:00 - Apertura banchi di assaggio



Ore 20:00 - Chiusura banchi di assaggio


DOMENICA 2 FEBBRAIO 2020

Ore 11:00 - Apertura banchi di assaggio

Ore 14:00 – Seminario: I Grandi Rossi del Sud Italia


Ore 19:00. Chiusura banchi di assaggio

Modalità di acquisto dei biglietti di entrata
Ingresso alla manifestazione (banchi di assaggio): 25€
Ingresso alla manifestazione più un seminario: 45€
Ingresso alla manifestazione più due seminari: 70€
Per i seminari iscrizione obbligatoria: eventi@riservagrande.com

Convenzioni
Sommelier: 20€ (previa dimostrazione con tesserino valido anno corrente)
Soci Riserva Grande/EnoRoma 20€
All'ingresso della manifestazione è richiesta una cauzione di 5€ per il calice di degustazione. Tale cauzione verrà restituita al termine della degustazione, previa restituzione del calice.


Beviamoci Sud – Festival dei Vini Rossi del Sud Italia

Sabato 1 febbraio 2020 ore 14.00 – 20.00

Domenica 2 febbraio 2020 - ore 11.00 – 19.00

Radisson Blu Hotel, Via Filippo Turati 181 – Roma

Info e accrediti operatori: eventi@riservagrande.com

Tasca d’Almerita - Cabernet Sauvignon 2016

Ha naso e palato fresco questo storico rosso di Tasca d’Almerita nonostante sia figlio di una estate calda in una terra baciata dal sole quasi tutto l’anno. Ma a questi nove ettari piantati nel 1985 fanno bene i 450 metri di altezza e le escursioni termiche. 


Un grande classico, un riferimento da sempre per la viticoltura di eccellenza italiana.

Il Mistero del Tintore di Tramonti e delle viti giganti


Tintore di Tramonti: il suo riconoscimento ufficiale è avvenuto giusto dieci anni fa anche se coltivato da sempre nel comune di Tramonti. Secondo le ricostruzioni scientifiche, si tratta di un vitigno nato dall'incrocio dell'Aglianico con la Tintora avvenuto molti secoli fa. Per comprendere la sua storia bisogna immaginare la Costiera Amalfitana come un'isola che si poteva raggiungere solo via mare dall'inizio dei primi insediamenti umani sino al 1800 quando i Borbone fecero costruire la prima carrozzabile unendo vari pezzi, una strada che è ancora oggi la stessa che percorriamo in auto da Vietri a Positano.

Vigne di Tintore a Tramonti

Questo isolamento, particolarmente catastrofico dopo il crollo della Repubblica Marinara di Amalfi, ha però consentito di preservare in campagna un immenso patrimonio di biodiversità, dai frutti ai legumi ancora oggi ci troviamo sempre di fronte a qualcosa di particolare quando entriamo nelle case. Una agricoltura povera, poverissima, che ha spinto la maggioranza della popolazione a scappare dalla fame emigrando nel Nord Italia e in America. Il cuore dell'agricoltura è il comune di Tramonti, un comune che non c'è, nel senso che è solo l'unione amministrativa di tredici frazioni, ciascuna delle quali ricche di storia, monumenti e resti di antiche chiese rupestri.


Solo l'apertura del Valico di Chiunzi, un tempo confine della Repubblica Amalfitana a 880 metri di altezza, al traffico veicolare alla fine dell'800, ha consentito di ridurre l'isolamento della zona. Tramonti è dunque un vero e proprio paradiso ampelografico dove il Tintore si è affermato nel tempo come unico vino rosso, coltivato a piede franco perchè il Vesuvio ha soffiato tanta cenere e materiali vulcanici nel corso dei millenni sino a ricoprire il primo stato del terreno roccioso. Confuso con l'Aglianico per tutti questi anni grazie alle caratteristiche sostanzialmente simili in campagna come nel bicchiere (tannini e acidità a go go): ha grappoli conici, dall’aspetto spargolo e allungato, con una foglia dal profilo increspato e una pelosità della pagina inferiore che al tatto si presenta assai vellutata. È un’uva tardiva, vista l’altitudine, vigorosa, ricca di antociani (da cui il nome), con un’invaiatura precoce rispetto alle altre varietà rosse presenti in zona, in particolare l’Aglianico, ma con un periodo di vendemmia che parte dalla terza decade di ottobre in poi.

Ecco le testimonianze letterarie sulla Tintora da cui ha avuto origine il Tintore:

Giuseppe dei Conti di Rovasenda (1877) cita nel suo “Saggio di una ampelografia universale” unaTintiglia Nera di provenienza napoletana, una Tintora di Ischia e una Tintora di Lanzara o VernacciaNera originaria di Salerno. Ma la Tintora descritta da Bordignon (1964) non corrisponde al Tintore di Tramonti, poiché la Tintora descritta possiede solo fiori femminili, caso rilevato solo nel 4% dei vitigni coltivati (dati INRADomaine de Vassal, Francia) e oggi giorno rarissimo. Ciò la rende facilmente distinguibile dal Tintore di Tramonti, suo diretto discendente. Infine la Tintora descritta da Pierre Galet (2000) è quella presente nella Collezione di Vassal, a fiorifemminili e che corrisponde geneticamente alla madre della pianta da noi analizzata in questo studio.

Le condizioni pedoclimatiche sono ben distanti da quelle che si potrebbero supporre: siamo al Sud, certo, e la luminosità non manca. Ma le escursioni termiche sono molto accentuate, l'agricoltura e la viticoltura si volgono su terrazzamenti faticosamente strappati alla roccia che sono sempre a rischio durante le piogge. Non è rara, siamo nel cuore dei Monti Lattari, la nebbia e persino la neve negli inverni più rigidi. Possiamo dunque tranquillamente definire la viticultura di Tramonti una viticultura del freddo. I venti di mare e di terra si alternano in continuazione lungo le vallate che risalgono al Valico di Chiunzi e questo consente una viticoltura faticosa sul piano logistico, ma abbastanza favorevole da punto di vista della sanità delle uve e del terreno.

Nelle verticali sin qui eseguite (soprattutto quella completa della 'A Scippata nel 2016 ea Ravello) , il Tintore di Tramonti dimostra una longevità incredibile: non bastano dieci anni a far rientrae l'acidità ed è per questo che lo si consiglia su piatti solidi e robusti della tradizione contadina.

Il Tintore ha quattro piccoli grandi protagonisti e taglia il traguardo dei 20 anni di produzione.

Giuseppe Apicella 

Il Vino in questione si chiama 'A Scippata Costa d'Amalfi doc, ed è la prima etichetta realizzata da Prisco Apicella dopo aver studiato Enologia ad Alba e rientrato nell'azienda fondata dal padre Giuseppe negli anni '70. Nasce nel 2000. La prima ad imbottigliare il vino che altrimenti veniva venduto sfuso ai mediatori napoletani che lo facevano diventare Gragnano. Qui il Tintore è insieme al Piedirosso, secondo un blend classico che rende più leggeri tannino e acidità. Dopo la vinificazione in acciaio si eleva in botti grandi e poi fa un anno in vetro. L'ultima produzione è di appena 2700 bottiglie a 30 euro circa in enoteca.

Giuseppe Apicella

Monte di Grazia

Come Apicella, anche questa piccola azienda nel suo Monte di Grazia Rosso assembla tintore e piedirosso. 3300 bottiglie a 20 euro circa.

Alfonso Irpino - Monte di Grazia

Reale

Il vino si chiama Borgo di Gete ed è stato il primo Tintore in purezza, realizzato da Gigino e Gaetano Reale in collaborazione con l'enologo Fortunato Sebastiano. Matura in legno grande e vetro. La prima vendemmia è del 2005 Solo 1700 bottiglie a 40 euro circa in enoteca.

Gaetano Reale - Foto: Roberto Sammartino

Tenuta San Francesco

E' Iss Prefilloxera il secondo Tintore in purezza prodotto nell'areale di Tramonti. Così chiamato per le viti giganti tipiche di questo vitigno che sono ancora a piede franco e che coprono interi versanti delle colline.  Prima annata 2003. In questo caso sono 4000 bottiglie a 35 euro in enoteca.
Pur nella diversità di interpretazioni il Tintore mantiene delle caratteristiche molto chiare anche con il passare degli anni. Il colore rosso rubino tiene perfettamente, così come l'acidità che resta scissa a lungo, soprattutto quando è in purezza.

Vigne di Tenuta San Francesco: che vista!!

Cascina degli ulivi - Monferrato Dolcetto DOC "Nibiô" 1998

di Carlo Macchi

Incredibile  e commovente! Un  dolcetto del 1998(!) dal particolare clone grasparossa fatto da Stefano Bellotti.


Oggi, Stefano non c’è più, la vigna è stata ripiantata, ma voglio immaginare  che la sorprendente struttura, finezza e complessità  aromatica di questo vino siano un messaggio da lui per tutti noi. Grazie Stefano.